RUBRICA “BENI COMUNI”, 36. LE INIZIATIVE PER RICOSTITUIRE IL MUSEO CIVICO

di FRANCESCO CORRENTI ♦

Questa puntata della rubrica fa riferimento alle interlocuzioni intercorse in ambito comunale, per iniziativa del consigliere comandante Pasquale Marino, sull’istituzione e sul funzionamento d’un Museo Civico nel quale, oltre ai contenuti generali sulla storia della Città, siano focalizzati ed illustrati gli aspetti legati al Mare ed alle Tradizioni Marinare.

È noto che, a Civitavecchia, il Museo Civico era stato istituito fin dal 1918, con l’apporto fondamentale dell’Associazione archeologica “Centumcellae”, sulla quale in questa rubrica Carlo Alberto Falzetti ha tracciato una nostalgica sintesi storica fino ai tempi nostri (puntata n° 11 del 12 maggio 2022). Sull’immagine di “copertina” di oggi sono visibili la planimetria e le foto di due sale nel 1930. Un opuscolo della “Centumcellae” datato 29 settembre 1974, giorno dell’inaugurazione della nuova sede sociale in piazza Leandra e intitolato appunto L’Associazione Archeologica “Centumcellae”: origine – scopi – attività, 1911-1974, descrive – con le parole del vice presidente Basilio Pergi – la vita del Museo dall’apertura alla drammatica distruzione. Il primo nucleo, ben visibile nella piantina del ’18 che ho ritrovato (nelle mie esplorazioni del ’75-80) all’Archivio Centrale dello Stato, era ricavato nel portico sul lato verso il mare del chiostro del convento dei Padri Domenicani.

Come sappiamo, il chiostro, in origine uno spazio irregolare di fianco alle cappelle sulla sinistra della navata della chiesa di Santa Maria, fu realizzato dal padre Jean-Baptiste Labat dal 1710 in poi, utilizzando per il quarto lato l’area di alcune case che erano state già acquistate nel 1691 a tale scopo e, per dare un più comodo ingresso al convento dalla prima strada, sul terreno ceduto – grazie ad un onorevole compromesso, con comuni vantaggi – dal dottor Paolo Biancardi, «governatore del Monte di Pietà», uomo di grande fermezza ma anche persona ragionevole, come aveva dimostrato quale capo della Confraternita della Stella, nel famoso caso dei due Angeli di marmo bianco mutilati dal giovane e zelante prete della Dottrina Cristiana e poi “risanati” con un’altra saggia transazione, senza applicare al colpevole la Legge del Taglione. Ampliatesi le collezioni di reperti archeologici, grazie alle tante campagne di scavo condotte dall’Associazione, soprattutto, alle Terme Taurine, il Museo Civico fu adeguato da Francesco Cinciari, allora al vertice dell’Amministrazione comunale, destinandogli tutti i locali a pianterreno intorno al chiostro ed anche al piano superiore, con ampie sale e vari corridoi, mentre in limitrofo locale trovò sede la stessa “Centumcellae” «e la sua ricca biblioteca sempre aperta agli studiosi». Curatore per lungo tempo ed autore della sistemazione scientifica e della guida del Museo Civico (già pubblicata sulla monografia Civitavecchia “vedetta imperiale sul mare latino”, Edizioni Latina Gens, Roma 1932), fu Salvatore Bastianelli, segretario, anima e “cuore pulsante” dell’Associazione, meticoloso investigatore e scopritore dei segreti ancora celati nel sottosuolo. Si deve a lui la prima relazione scientifica sui ritrovamenti, Gli antichi avanzi esistenti nel territorio di Civitavecchia, in “Studi Etruschi”, XIII, Roma 1939, che seguì la Guida di Civitavecchia e dintorni. Compresi i due importanti centri archeologici di Tarquinia e Cerveteri, del 1925, curata con Arnolfo Becchini, a carattere più divulgativo e turistico. Ne hanno parlato lo scorso 9 marzo ai “Giovedì dell’Archeologia”, ideati e presentati da Lara Anniboletti del Museo Nazionale di Civitavecchia, l’archeologa Sara De Angelis, direttrice del Museo Nazionale Etrusco di Rocca Albornoz a Viterbo. Pregio notevolissimo di tali eventi è il fatto di essere trasmessi in diretta sulla pagina Facebook del nostro Museo e di rimanervi poi disponibili per chi voglia ascoltarli, riascoltarli o consultarli (vedi nota 1).

Già le notizie sopra riportate forniscono molteplici spunti da tener presenti nella sistemazione di nuovi spazi museali, come anche di quali debbano essere le ulteriori iniziative a corredo e ad integrazione di quella in oggetto. A questo riguardo, rifacendomi ai programmi ideati quando dirigevo il Dipartimento comunale, resta fermo il principio che si debba provvedere ad una riqualificazione generale della scena urbana (e portuale), ossia degli spazi significativi esistenti, in modo da creare – come vedremo più avanti – un percorso “museale” di forte richiamo rappresentato da molteplici punti di interesse e di attrazione storico-artistica. In tale quadro generale – in cui immagino di valorizzare come spazi espositivi e di accoglienza il Forte Michelangelo, la Rocca, qualche locale della Struttura della Pesca in Darsena con il bel giardino “dei Semplici” (come lo intendo io) e la sede dell’Autorità con la sua prestigiosa Sala convegni ed annessi – può trovare utili funzioni di supporto culturale e turistico il locale privato sito all’interno del porto in Calata Laurenti, davanti al Forte. Questa struttura ha una estensione di circa 1200 metri quadrati ed una altezza che va dai 6 metri agli 8 metri e si presta certamente a realizzare un’ulteriore area museale, come vedo dalle informazioni allegate alla mozione del consigliere Marino. L’’istituzione (e la conferma) di diversi spazi espositivi all’interno dell’area portuale rappresenta un fondamentale incremento della dotazione culturale della città, con una notevole influenza sulla possibile attrazione di turisti, visitatori e curiosi, allettati da un insieme di opere che finora – purtroppo, almeno da una quindicina di anni – sono state trascurate perché non adeguatamente valorizzate da valide forme di promozione pubblicitaria e da contenuti intrinsechi di forte valenza.

In questo senso, risulta essenziale anche la sistemazione del complesso della Rocca, sia nella parte verso piazza Calamatta sia in quella verso la bocca della Darsena, con un percorso che le colleghi, consenta la visita al basolato ed agli horrea, quella agli spazi espositivi didattici da allestire in modo permanente (riservando uno spazio a manifestazioni ed eventi temporanei legati a fattori stagionali, a celebrazioni di ricorrenze o a cicli tematici) e, infine, l’affaccio dalla terrazza panoramica (con eventuale zona di sosta e riposo attrezzata con servizi di accoglienza). A questo scopo assume particolare importanza l’insieme di interventi che si intendono realizzare sia all’esterno e sia all’interno di alcune “emergenze” architettoniche, tali da costituire elementi di attrazione visuale, piacevoli motivi di sosta e occasioni di approfondimento conoscitivo. Forse, senza immaginare impossibili ricostruzioni «dov’era e com’era», possiamo ipotizzare cautamente un elemento da porre a prolungare verticalmente la “reliquia” rappresentata dalla base superstite della Torre costruita con il Palazzo pontificio nel 1467-68 dal cardinale Amico Agnifilo. Potrebbe trattarsi di una forma simbolica, che unisca caratteristiche tecnologiche e scultoree, rievochi e suggerisca l’antica presenza, ne commemori il ricordo ed il rimpianto, sia allo stesso tempo monumento e monito, richiamo volumetrico diurno e luminoso di notte, con la possibilità di “ascendere” su in alto, a godere del panorama a 360 gradi tutto all’intorno, non necessariamente fino ai 33 metri del parapetto originario.

L’uso di murali, oggi normalmente definiti con il termine di “Street Art” – che più semplicemente significa “arte di strada” ma in realtà è una efficace forma di pittura o di grafica per la decorazione di pareti e quindi di edifici – secondo una tradizione secolare in tutto il mondo ma soprattutto nelle città europee ed in particolare italiane – consente di creare veri e propri “manifesti” anche di grandi dimensioni, di sicuro effetto perché immediatamente comprensibili a chiunque con il linguaggio internazionale del messaggio visivo “senza parole”, data l’eloquenza delle immagini.

Da questo punto di vista, ritengo di particolare importanza ricorrere a soggetti che possano accendere l’attenzione del pubblico. Fra i temi utilizzati frequentemente, quello della curiosità suscitata dai luoghi divenuti familiari attraverso film di successo o serie televisive ripetute si è dimostrato vincente per tantissime località, più di quanto avveniva in passato con i luoghi di interesse letterario, di carattere colto ed elitario. È ben noto che Ragusa, Modica, Scicli e varie zone della Sicilia sud-orientale, benché già note per la bellezza della loro architettura barocca o per i prodotti alimentari di vario tipo, sono assurte a meta di turismo “tematico” e quasi più conosciute con i nomi di Montelusa, Vigata e Marinella, divenuti famigliari attraverso le avventure del commissario Montalbano di Andrea Camilleri e la loro diffusione televisiva (peraltro anche con effetti in altri campi). Portando, si può dire, alla riscoperta della bellezza di quei paesi e dell’intero Val di Noto, al loro riconoscimento quale Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, al rapido restauro (esemplare da ogni punto di vista) della cattedrale netina dai gravissimi danni provocati da un cedimento strutturale e alla straordinaria riconversione dell’economia locale – con lo sviluppo di nuove attività di accoglienza turistica – per la valorizzazione di quel patrimonio (costituito dall’ammirevole ricostruzione urbanistica seguita al sisma del 1693, da siti archeologici e naturalistici unici, da aggregati urbani, chiese, masserie, giardini e spiagge incantevoli, da eccellenze gastronomiche e dell’artigianato), che in precedenza erano stati apprezzati solamente dai rari viaggiatori stranieri del Grand Tour.

Si tratta, quindi, di inserire i singoli interventi in un programma operativo più ampio, secondo quanto proposto – ad esempio – per il progetto “La Storia scende in piazza”, studiato di concerto con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale ed in parte già fatto proprio premurosamente dalla Fondazione CaRiCiv, con l’impegno di finanziare la realizzazione delle “scenografie murali” da parte di validi artisti, ma poi temporaneamente rinviato.

Questo criterio – analogamente a quanto avviene in ogni centro d’interesse – deve tener conto delle eccellenze tipiche della città in campo gastronomico, artigianale, commerciale e quant’altro, così da favorirne la frequentazione, ma si articolerà prioritariamente in una serie di episodi che incuriosiscano il visitatore e lo portino a seguire un itinerario che può rappresentare allo stesso tempo una classica “guida turistica” ed una stimolante antologia di nuovo genere sulle vicende storiche e artistiche più significative, peculiari e poco note della città nei secoli: la Fontana di Benedetto XIV del Vanvitelli con vicino lo stemma abbattuto dai soldati napoleonici durante la Rivoluzione francese, la piazzetta Santa Maria con il pozzo del convento domenicano e la simpatica figura del padre Labat che conversa col priore Fazi, il marciaronda del Lungoporto con affacciati ai merli gli armigeri seicenteschi o la famiglia sarda delle foto di Giuseppe Loy (fratello del regista Nanni), la chiesa della Stella con le pitture di Ennio Galice e con gli incappucciati della confraternita che “escono” da una porta con le catene ai piedi, un restaurato Palazzo Manzi che testimonia con la sua “Stanza” (resa accessibile e restituita alla realtà) un capitolo quasi inedito delle attività antiquarie dei proprietari tra fine Settecento e primi Ottocento, i Forni camerali (con le loro diverse localizzazioni nel tempo, la tecnica di fabbricazione, i connessi “granari” e mulini e Molacce) e tanti altri luoghi possono veramente diventare una tipicità, come altrove è avvenuto grazie ad alcune piazze o strade decorate in modo inusuale e suggestivo.

Tra l’altro, mentre è celeberrimo il “Muretto di Alassio”, non si è ancora pensato di realizzare a Civitavecchia il “Muretto di Allasio”, con i vari “giovinastri” civitavecchiesi che ammirano Marisa la Civetta, il cui incedere provoca addirittura uno scontro, distraendo il guidatore d’un’auto di passaggio. Film di un Bolognini anteriore alle opere d’impegno sociale, che oggi ci appare, come molti di quegli anni, ai limiti, tra l’ingenuità del racconto e l’indulgenza furbetta per lo sguardo maschilista dello spettatore. Comunque sia, lo spunto “visuale” io credo sia tollerabile come i tanti analoghi realizzabili con richiami visivi del “Sorpasso”, “Che ora è?” e tante altre pellicole cinematografiche ancora famose.

Oltre a questo, il fatto di disporre di luoghi (tematici) che sopperiscano in varia misura alla mancanza – lamentata fin dal dopoguerra – di quel Museo Civico che era allestito proprio nel convento domenicano, può consentire di conservare in alcuni di essi la superstite (di dieci!) testa di leone di bronzo di Jacopo dell’Opera (eseguita su disegno di Antonio da Sangallo il Giovane nel 1519), i vari stemmi pontifici attualmente conservati nel Maschio della Fortezza, il gruppo statuario di Perseo, Andromeda e il mostro, al momento nella caserma D’Avanzo ad Aurelia e inoltre l’immensa quantità di disegni, di piante e di ricostruzioni della città antica rappresentati dagli studi realizzati nell’ambito del progetto Ricostruire  la città scomparsa con disegni di Paola Moretti, di Francesco Correnti (mi ci devo necessariamente mettere anch’io), di Arnaldo Massarelli, di Rossella Foschi (cui si aggiungono gli studi accademici di Arnaldo Bruschi, di Giovanna Curcio e Paola Zampa, di Angela Marino Guidoni) e le tesi di laurea di Laura Rosati, Lorena Cammarata, Giulia Schietroma, Marianna Craba – per citare solo le più recenti, rinviando alle citazioni delle bibliografie qui pubblicate in tempi recenti – e le ricerche di tanti altri brillanti autori.

Oltre al fatto che una Pinacoteca comunale potrebbe annoverare varie opere di autori viventi e non e, soprattutto, rappresentare il punto di partenza di un itinerario che porterebbe Civitavecchia ad essere – alla pari di Padova e di altre città – una civitas picta di notevolissima qualità artistica. Penso all’insieme di opere pittoriche di cui la città è ricca, dai quadri recuperati dagli anni ’50 provenienti da varie chiese ed enti (elenchi della Variante 30 e schedario CDU) ai dipinti della cappella di San Giovanni di Dio nella chiesa della Beata Vergine nell’antico Ospedale dei Fatebenefratelli (sorprendenti con le loro vedute della Sierra Nevada e di altre parti lontane da noi), dalla chiesa dei Santi Martiri Giapponesi con i dipinti di Lucas Hasegawa all’abside della chiesa di San Francesco di Paola stupendamente decorato da Marzi, dai dipinti al Villaggio del Fanciullo o da quelli di Ennio Galice nella chiesa della Stella, alle pitture settecentesche nell’appartamento di Tarcisio De Paolis nella stessa piazza Leandra, che riproducono una delle Stanze di Raffaello in Vaticano.

E l’elenco può continuare con lo straordinario dipinto del 1948 di Afro Basaldella – uno dei più grandi artisti del dopoguerra ed esponente dell’“Informale Italiano” – con le sculture del fratello Mirko, nell’atrio dell’ex cinema “Bernini”, oggi della Fondazione CaRiCiv (una delle ultime opere del periodo di impostazione figurativa dell’artista, prima del soggiorno negli Stati Uniti che cambierà radicalmente il suo stile), fino ai dipinti di soggetto militare e patriottico delle Casermette del Poligono del Genio, “scoperti” solo nel 2005, che hanno molte affinità di contenuto con quelli del Museo romano dell’ISCAG, l’Istituto Storico dell’Arma del Genio, cioè la sede nazionale dell’Arma, ma hanno in più la genuinità e spontaneità dello stile e i segni molto eloquenti e drammatici delle terribili vicende belliche, politiche e sociali di cui furono testimoni, e tanto altro ancora. Il tutto ordinato e supportato da materiale informatico tale da costituire una vera e propria enciclopedia di Civitavecchia. Qui, penso, il cortese (e fedele) lettore ricorderà il decalogo datato 30 ottobre 1984 e intitolato appunto “Enciclopedia storica di Civitavecchia – Museo Civico – C.d.u.” che avevo inviato all’epoca al sindaco Fabrizio Barbaranelli e che ho ripubblicato su queste pagine di SpazioLiberoBlog nell’articolo “Ultimissime dal Medioevo. IV. Il decennio dell’ottimismo, 1980-1990”, perché i criteri sono ancora validi e comunque integrabili e aggiornabili.

Da sottolineare, per concludere, la grande risorsa rappresentata dalle donazioni già effettuate, come il Fondo Ranalli, la grande incisione sull’Acquedotto di Innocenzo XI di Carlo Fontana del 1699, quelle di Gioia Costa Calisse e le altre annunciate, tra cui i disegni e gli studi di Arnaldo Massarelli, ed altre ancora da incoraggiare e agevolare.

FRANCESCO CORRENTI

NOTE
1) Sull’argomento, il 10 marzo u.s. ho scritto il seguente commento. Le conversazioni sono veramente di grande interesse. Si parla di argomenti basilari per la cultura di Civitavecchia, di fatti della storia anche recente. Quale è la risposta della Città? Nella registrazione non si vede la sala e non si vedono le persone che pongono domande. Mi auguro che all’evidente e appassionato impegno organizzativo della direzione del Museo e di quello ottimo delle persone che curano le relazioni corrisponda un’affluenza notevole, confortante, non solo di abituali cultori ma anche di studenti universitari, di scolaresche, ragazze e ragazzi che domani potrebbero occuparsi per lavoro di questi aspetti della Città, proficuamente per loro stessi e proprio per la Città. Avrei poi davvero molto piacere se sapessi che tra il pubblico non mancano esponenti della società civitavecchiese, di varia provenienza, e amministratori comunali (anche da fuori), consiglieri o altro. Magari in carica o, perché no, di tempi precedenti. Non sono materie inutili, quelle di cui si parla. Servono, anzi sono molto utili, anche per qualsiasi decisione che riguardi la Città di oggi e di domani.
2) A proposito della precedente puntata sull’80° anniversario del Primo Bombardamento che cadrà il prossimo 14 marzo, aggiungo che si tratta d’un argomento importante, in tutta Italia. E non solo. A due mesi da un anniversario che potrebbe sembrare ormai d’abitudine. Cose lontane. Tragiche distruzioni, ricchezze perdute, ma che fare? E vite umane stroncate, vittime innocenti, lutti e pianti… ma ormai! Lontane? Pensiamoci, guardiamoci intorno, ascoltiamo le persone… sicuramente ne conosciamo, le frequentiamo quotidianamente… Qualcuno, qualcuna di loro sono diventate nostri/nostre parenti. I lutti, le distruzioni continuano. Quelle bombe che esplodono, quelle case in macerie non sono di quelle foto in bianco e nero di Blasi, sono di oggi, di questo stesso momento…
3) Le illustrazioni che accompagnano il testo di questa puntata rappresentano alcuni suggerimenti e richiami visuali che propongo al lettore a chiarimento delle idee espresse nell’esposizione delle iniziative in corso.

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