“AGORÀ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI – STORIE DOLCI….
di STEFANO CERVARELLI ♦
Lasciatemelo dire: lo sport è un mondo affascinate, per certi versi fantastico, una vera grande Agorà nella quale confluiscono personaggi capaci di imprese leggendarie, ma anche personaggi senza scrupoli, protagonisti di scelte e comportamenti negativi. Personaggi interpreti di storie dai vari sapori, da quelli più dolci, che ti infondono speranze nel valore dei sentimenti più nobili, a quelli più aspri, che ti lasciano un retrogusto di delusione allorché scopri che, anche nello sport, è venuto meno il rispetto dell’altro; per finire con sapori amari quando vedi che, per tanti, i valori dello sport erano solo parole, che sono stati calpestati, non accorgendosi, in definitiva che calpestavano i valori della vita.
Detto questo, oggi ho deciso di mettere da parte sapori acri e cattivi e raccontarvi tre belle storie di quelle in cui si ritrova lo spirito sportivo.
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Prima storia.
Siamo nel mondo della scherma, che tanto onore ha dato allo sport italiano, con i suoi campioni e campionesse che hanno conquistato titoli e medaglia di ogni tipo e metallo; a. Beauvais (Francia) in pedana a gareggiare per la Coppa del Mondo Under 20, specialità spada, c’è la nostra Maria Clotilde Adosini, alla quale basta una stoccata per vincere; l’azzurra porta a segno il colpo , l’arbitro le assegna la stoccata: ha vinto!
Vittoria importante che dà lustro ed impulso alla sua giovane carriera, ed invece… invece lei sa che non sarebbe giusto, quella stoccata lei non l’ha vinta; errore dell’arbitro che infatti se ne accorge, ma avendo attribuito il punto può solo proporre alla nostra atleta di tornare indietro, chiederle se è disposta a ripetere quell’ultima stoccata. Maria Clotilde potrebbe rifiutare prendersi la vittoria, ma…. potrebbe godersela poi? L’azzurra non ha la minima esitazione,
Accetta l’offerta, ripete la stoccata: perde. Storia finita male? Assolutamente no, è giovane, avrà modo di far valere la sua bravura; per adesso lei ha conquistato un titolo molto più nobile, quello d’atleta, leale, onesta che vale infinitamente di più di una vittoria ombrata dal rimorso.
Maria Clotilde, con grande prova di umiltà e orgoglio, ci ha rinunciato.
Nell’Albo dei Vincitori non comparirà il suo nome, ma una nota a piè di pagina ricorderà il suo gesto. La lista dei vincitori è certamente un elenco dei grandi, ma poi tra i grandi ci sono “i più grandi”, che con il loro esempio hanno nobilitato lo sport ergendosi ad esempio per i giovani, ai quali, e qui purtroppo devo ribadire una cosa detta e stradetta troppo, troppo spesso, si inculca il concetto di “ conta vincere, non pensare come”.
Mariaclotilde aveva vinto il titolo mondiale di spadista; pubblico, osservatori, telecamere così la giudicavano quindi poteva esultare, prendersi il titolo, andarsene, ma poi….. avrebbe vissuto portando il ricordo di un’usurpazione. Vi rendete conto cosa avrebbe provato ogni qualvolta i suoi occhi si fossero posati sul quel trofeo?
Lei sapeva che non era stato come tutti avevano visto, ha accettato di rigiocare, ha perso. Ma siamo proprio sicuri?
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Con la seconda storia cambiamo decisamente ambiente. Andiamo nel calcio e precisamente nel campionato di serie B dove recentemente si è disputato l’incontro tra due squadre ben distanti geograficamente tra di loro: Benevento e Sud Tirol di Bolzano (quest’ultima in lotta per un posto in serie A).
Fin qui nulla di strano, un incontro di calcio come un altro se non fosse stato che questa partita ci regala un avvenimento davvero inedito, forse unico. La squadra ospite aveva al seguito un solo tifoso!
Si, avete letto bene: un solo tifoso al seguito del Sud Tirol; questo in un tempo in cui oramai siamo abituati a trasferte in massa durante le quali i tifosi spesso si incontrano (quando non si danno addirittura appuntamento) nelle stazioni di servizio o in altri spazi, dando vita a violenti scontri.
Invece Damian Gruber ha affrontato completamente da solo questa lunga trasferta, presentandosi allo stadio della città campana con tanto di bandiera. C’è qualcuno che può avanzare dubbi sul suo attaccamento alla squadra bolzanina? Il tifo è davvero una malattia dai sintomi più svariati, ma è da come si tifa che si giudica un tifoso e Damian non è certo un tifoso invasato, ma bensì uno sportivo pacifista.
La sua squadra lo ha ripagato vincendo 2-0; a fine partita i giocatori si sono recati sotto la tribuna riservata ai tifosi ospiti per applaudire lui che, sventolando la bandiera, spiccava nella solitudine degli spalti.
Damian ha ricevuto anche gli onori dei tifosi locali, che gli hanno dedicato uno striscione con scritto: ”Onore a chi macina i chilometri” e lui di chilometri ne ha “ macinati” davvero tanti,
1.700; prima in auto fino a Bergamo, da qui, in aereo, ha raggiunto Napoli dove poi ha preso una macchina a noleggio per recarsi a Benevento.
Troppo stridente il contrasto con le curve pieni di scalmanati che lanciano petardi verso settori occupati da gente tranquilla, da famiglie che vanno allo stadio per godersi la partita.
Affidiamo alla trasferta solitaria di Damin Gruber le nostre riposte speranze per un tifo che possa permettere alla gente di tornare allo stadio senza timore.
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La terza, ed ultima storia, offre il pretesto per riproporre una “antica” domanda: può la classe operaia andare in Paradiso?
Beh, se ci riferiamo agli operai dello sport, direi proprio di sì. Ulteriore prova di questo è arrivata dall’atletica leggera, dove quello che si credeva impossibile si è verificato, e come accadde in una favola di Esopo, la tartaruga ha battuto la lepre.
Ma di cosa sto parlando? Chi è l’operaio che è andato in Paradiso?
Siamo in Turchia, e precisamente a Istanbul, dove si svolgono i campionati europei indoor di atletica leggera. Finale 60 metri, ai blocchi di partenza due italiani, uno campione olimpionico, primo italiano a vincere i 100 metri alle Olimpiadi, conteso dagli sponsor; l’altro è un ragazzo di 23 anni, studente di giurisprudenza all’Università di Pisa, sconosciuto al mondo, ma famoso in Italia perché poco tempo fa ha conquistato il titolo italiano indoor di velocità lasciandosi alle spalle il campione olimpico, alle prese, si è detto, con il suo generoso sponsor per un problema di calzature: non sapeva quali mettere, sembra.
Ripetersi in una gara ancor più prestigiosa come quella che assegna il titolo europeo, significa per il giovane studente essere pronto per una carriera tra i grandi; come potrebbe essere diversamente per uno che per ben due volte, a distanza di poco tempo, batte il campione olimpico in carica?
Fuori dello stadio piove, ma dentro fa caldo, molto: i due velocisti azzurri scendono in pista con stati d’animo completamente diversi; il campione olimpico sa che non può perdere ancora, il titolo che possiede, la fama che lo accompagna non glielo permettono. L’altro ha meno ansia, ha già il campionato italiano, ma vuole dimostrare che quello non è stato un fuoco di paglia, soprattutto perché viene ancora considerato una comparsa, un semplice onesto operaio della pista.
Prima della partenza il campione olimpico si toglie le scarpette chiodate, rimane a piedi nudi, i più maligni pensano che voglia fare della pista la sua moschea e raccogliersi in preghiera, bastano pochi secondi per sconvolgere il loro pensiero; il campione olimpico non tarda ad indossare un nuovo paio di scarpette, color viola, che gli faranno incassare i dollari del nuovo sponsor.
Non ci è dato sapere quali scarpe indossi lo studente campione italiano. L’unica cosa che si nota di lui è che si è tagliato, di molto, i capelli. Che pensasse già alle foto destinate ad immortalarlo in una epica impresa, di quelle che ti fanno.. andare in paradiso (o sull’Olimpo degli atleti?).
Raccontare la breve volata porterebbe via tempo, ed io ho già abusato della vostra pazienza, dirò solo che, nella sua brevità, è stata una bella volata, incerta fino al traguardo, basti guardare i tempi 6”48 per lo studente ,6” 50 per il ricco campione olimpico.
Mi sembra di aver detto tutto. Ah no! Mancano i nomi dei protagonisti.
Samuele Ceccarelli, lo studente, neo campione europeo indoor della velocità; Marcell Jacobs, il campione sconfitto.
Paradiso? Olimpo? Fate un po’ voi. A me interessa solo dire che questa vittoria è ancora una volta la dimostrazione che un “operaio” nello sport può accedere ai “luoghi alti”, occorre però sacrifico e dedizione.
E se li vedessimo insieme sul podio alle Olimpiadi del 2024 a Parigi?
STEFANO CERVARELLI
Grazie, Stefano!! Attendo sempre le tue nobili storie e riflessioni sullo sport, sono sempre bei contributi per chi, come me, da piccola si è nutrita di sport, guardandolo forse un po’ dal buco della serratura, come un approdo negato.
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