I NOSTRI DIRITTI CIVILI : LA DOLCE MORTE
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
-Riempi il mio bicchiere. L’acqua! Voglio ascoltare il suo melodioso incanto. Quante volte? Quante volte abbiamo ignorato la sua meraviglia perché affannati, distratti, assenti. Ora che darei per averla sempre con me!
Quanto ancora è il tempo che rimane?
-Trenta minuti, forse meno.
-Pensa, quante volte abbiamo gettato le ore come fossero….come fossero merci vili ed inutili. Questo attimo sembra essere disperatamente prezioso. Ho paura che mi sfugga, vorrei poterlo fermare io, vorrei potessi farlo tu. Se tu mi ami e tu potessi tanto lo faresti, nevvero?
-Non agitarti. Così acceleri il tempo.
–Sai? Penso che abbiamo fatto la cosa che doveva esser fatta. Non dovrai mai rammaricarti di questo. Io desidero che tu non abbia rimorso alcuno. Io lo volevo, ricorda, io l’ho deciso. Il dolore mi devasta, non posso più convivere con questo estraneo, con questo nemico atroce. E’ solo assurdo ed ingiusto proseguire questa esistenza non più umana. Stringi la mia mano. E’ calda come sempre. Stringila prima che il sangue la raffreddi. Non biasimarti mai, prometti di non farlo….
-Perche’? Che senso ha tutto questo?Quale essere maligno ha potuto far tutto questo? Perché debbo abbandonarti. Perché ? Odio chi mi dice: questa è la vita! Tutto deve avere fine. Che senso …che senso assurdo!Quale rimorso devasterà l’autore di questo assurdo che è la vita.
-Potrei dirti : ci rivedremo un giorno, in altre sembianze, in altri luoghi, con altri affetti. Potrei dirti che assieme raggiungeremo la vera patria. Ma…. non posso, Giorgio, io non posso dirti questo. Capisci? Si’ mio caro la risposta è proprio quella più assurda: questa è l’esistenza, è l’esistenza di una foglia, di un gattino, di questo vetro, di me, di te, di tutto. Tutto ritorna da dove è venuto. E’ assurdo ma è così.
Noi perdiamo la nostra individualità per sempre e ritorniamo nella grande unità indistinta. Dove andrà il nostro affetto, dove andranno i nostri abbracci, dove i nostri sorrisi, i tempi belli, i nostri tempi? Non lo so, caro, non posso dirtelo perché l’ignoro. Io so solo che ti precedo nell’assurdo.
Ma, una cosa vorrei dirti. Ci tengo. Tu, Giorgio, non dovrai “scontare gli anni che mi hai usurpato”, ricordi il verso? No! Io non lo voglio. Io desidero che tu sia felice altrove. Non devi esser solo. Promettilo!! Prometti! Io rimarrò nel tuo cuore e tu mi dedicherai qualche pensiero nei tuoi giorni migliori. Ma dovrai continuare la vita, non da solo…ti prego….
-Taci. Non devi dir questo. Io non posso…..
-Silenzio !
La mano, Giorgio, la tua mano. Stringi fortemente…con più forza, stringi, così ! Soffoco….
. . .
Il diritto civile all’eutanasia non è un principio laico. E’ un principio.
Come tale vale per il mondo che si dice laIco e vale per il mondo che si dice credente. Se per credente si intenda una speranza creduta e non una mera posizione politica per distinguersi da altri.
E’non cristiano, nel senso di ciò che ha testimoniato Cristo nel corso della sua vita incarnate nel Gesù della storia, non con-patire il dolore dell’altro.
CARLO ALBERTO FALZETTI
Caro Carlo Alberto, la scrittura ha una funzione fatica, altrimenti ora io starei a leggere la bolletta del gas o dell’acqua. E la funzione di contatto nella scrittura, mancando un volto o uno sguardo, avviene creando assonanze, rimandi e similitudini.
La tua scrittura mi rimanda, nel titolo, al libro di Simone de Beauvoir: Una moerte dolcissima. Vedi, scrivo moerte e l’ errore mi rimanda a la Santa Muerte, al dia de Muertos, che per noi cattolici è il Giorno dei Santi.
Una digressione per perditempo ( o perdetempo, come ci invita a fare Valentina…)
Sarà felice Paolinelli, dato che invece di richiamarti ad Heidegger, ti richiami a Sartre e Camus, comunisti eretici, ma pur sempre comunisti.
Perché l’ impalcatura del tuo scritto si regge su due parole o concetti tra di loro in opposizione ( l’antitesi hegelomarxiana pertanto rimane) : Assioma e Assurdo. Alla ricerca disperata di un assioma, di un principio autoevidente- sia esso di fede laica o razionale o libertaria- noi , gente del XXI secolo, opponiamo l’ Assurdo, in attesa di una rivolta, che in questi tempi già si sta annunciando.
Ma è un secolo che l’ annunciamo! Centenario degli Arditi del Popolo Civitavecchiese.
Grazie Carlo.
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Caro Carlo
Quanta ipocrisia nei reparti e nelle case. Quelle dosi di oppiacei sempre più alte che addormentano sempre più profondamente, spacciate per terapia palliativa, prescritta da un medico senza un vero consenso e che addormentano anche angosce e eventuali sensi di colpa dei familiari, ma soprattutto arrivano troppo tardi, quando l’esistenza ha perso ogni tratto distintivo di umanità e la consapevolezza viene meno. Il consenso informato, libero, incondizionato che permette di decidere in piena coscienza se la propria vita è ancora degna di essere vissuta: questa è l’alternativa, resa ancora più cogente da una Medicina tecnologica, fredda, impersonale, che si rivolge all’organo non alla persona.
Enrico
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Enrico, sarebbe corretto informare sul consenso informato, sui tempi e luoghi in cui farlo ufficialmente e sul testamento biologico.
Sono in atto anche prima che siamo colti da una grave e definitiva malattia?
Ognuno ha dovuto sopportare l’accanimento terapeutico su di un parente o un amico.
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Io “perdetempo” non lo direi mai, non fosse altro perché sono stata promossa in terza elementare quando mi hanno spiegato la morfosintassi del nome.
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Vale, sto scherzando, continuando la piacevole discussione su Niobe sui social. Le transfemministe hanno censurato il famoso detto: Una risata vi seppellira’!
Ma non è il tuo caso!
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Paola, attualmente la DAT (disposizione anticipata di trattamento) consente di decidere se accettare o rifiutare un trattamento in determinate circostanze qualora il paziente in quel momento non possa esprimere tale scelta (esempio che ha fatto scuola è il caso Englaro). Fra l’altro occorre sapere che se c’è contrasto fra il medico e il fiduciario nominato la decisione definitiva spetta al magistrato.
Come vedi, pur essendo una indubitabile conquista di civiltà, la DAT non parla della libertà di porre fine alla propria vita, o di essere aiutato a tal fine, se questa non vale più la pena di essere vissuta per il paziente che esprime autonomamente e con piena consapevolezza la sua scelta.
Enrico
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Grazie
Enrico
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