Il social-conformista
di ROBERTO FIORENTINI
“Il conformista
È uno che di solito sta sempre dalla parte giusta
Il conformista
Ha tutte le risposte belle chiare dentro la sua testa
È un concentrato di opinioni
Che tiene sotto il braccio due o tre quotidiani
E quando ha voglia di pensare pensa per sentito dire
Forse da buon opportunista
Si adegua senza farci caso
E vive nel suo paradiso…”
Questi sono alcuni versi della canzone di Giorgio Gaber “Il Conformista” tratta dall’album Un’idiozia conquistata a fatica. Gaber 98/99. Si tratta di un doppio album dal vivo, pubblicato nel 1999 e venduto esclusivamente nei teatri durante le rappresentazioni. È la registrazione dello spettacolo omonimo effettuata nell’ottobre del 1998. Per chi non la ricorda consiglio l’ascolto a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=jnzyFvcENAw
Trattandosi di un pezzo di oltre trent’anni fa viene da pensare che il conformismo sia ormai il tratto davvero comune della nostra società, talmente comune da rappresentare l’elemento caratterizzante di un’intera epoca. Il conformismo è talmente imperante che, per come la vedo io, ma anche per molti altri ben più autorevoli commentatori, incide pesantemente anche sul risultato elettorale. Come altro spiegare la “transumanza” di voti dal Pd di Renzi, alla Lega, al M5S e per finire ai Fratelli d’Italia di Meloni nel breve giro di otto anni? Con il conformismo. Si vota per chi votano gli altri. In fondo si pensa “per sentito dire”, come dice Gaber. Ma non è di politica che voglio parlare ma del disperante conformismo che pervade i social network ed in particolare del più cool del momento, cioè Instagram. Se non siete frequentatori di quel social saltate pure a piè pari questo articolo, se invece lo siete sono certo che capirete benissimo quello che sto per dirvi. Il misterioso e onnipotente algoritmo che governa ciò che appare quando vi collegate, probabilmente, ha pensato di me “sessantenne italiano” e conseguentemente mi inonda di post e di reel con donne poco vestite (non nude, perché Instagram è conformista ma bacchettone), calcio e cibo e bei vestiti. Poi, probabilmente, grazie ad una quota di calcolo davvero personalizzata, con reel di musica jazz e rock e di argomento cinofilo. Non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che moltissimi post e stories sono praticamente sovrapponibili. Tantissime canzoni si ripetono in decine di stories simili, quasi sempre per le stesse ambientazioni. Frasette prese dai film o dalla tv si ripetono in continuazione: “questa si chiama meravigghia” con accento siciliano per scene di tramonti, spiagge e persino tavole imbandite. “Non sto facendo niente ma lo sto facendo benissimo” per scene di cani che dormono beatamente, donne su amache e persone che prendono il sole. “Ad un mio cenno scatenate l’inferno” per simpatiche bestiole che giocano, tavolate imbandite e altre amenità. E così via. Anche le musiche che accompagnano le stories sono molto spesso le stesse. Usate per lo stesso motivo. Se decido di pubblicare un bel video di un meraviglioso tramonto ripreso con il mio cellulare mi andrò a cercare quel pezzo che ho visto associato ad altri video di tramonti. E sapete perché? Da un lato perché è il primo che mi è venuto in mente, dato che ho visto che “funziona” con i tramonti. Inoltre, l’algoritmo lo metterà in evidenza, proprio perché quel pezzo è molto usato. Vi faccio un esempio che spero possiate capire, perché credo sarà capitato spesso anche a voi. Tra le stories si succedono molti video di feste, in case, giardini, barche, anche party di matrimonio dove decine di persone cantano a squarciagola, saltando e ballando, una strofa che dice, più o meno, così:
“And if somebody hurts you, I wanna fight
But my hands been broken one too many times
So I’ll use my voice, I’ll be so fucking rude
Words they always win, but I know I’ll lose”
Si tratta di un frammento di “Another Love”, una triste canzone d’amore perduto del malinconico cantautore inglese Tom Odell che, a quanto pare, è diventata la soundtrack della protesta, assieme alla più consueta “Bella Ciao”. Della protesta vera, seria e drammatica ma per come viene raccontata, messa in scena, iconizzata e resa fattore emotivo nella bacheca collettiva dei social – TikTok e Instagram in testa – in primis per i giovani ucraini ed ora anche per la protesta delle donne iraniane. In particolare, viene isolata la strofa del brano di cui sopra in cui Odell canta “Se qualcuno ti fa del male, io voglio battermi / ma troppe volte le mie mani si sono rotte / se userò la voce sarò una bestia / le parole vincono ma io so che perderò”, tratta da una sua esecuzione live, in cui a cantarla più che Odell è un gran coro del pubblico, fatto di voci prevalentemente femminili. La trovate qui:
Da questo uso “nobile”, il brano è diventato la colonna sonora di decine e decine di video di feste in cui le parole riportate vengono cantate da festaioli piuttosto ubriachi, in un calderone dove tutto si mescola e perde significato. Del resto, la stessa cosa era accaduto proprio a “Bella Ciao”, dopo essere stata inserita nella colonna sonora de “La Casa di Carta”, famosissima serie spagnola. Ora la canzone dei partigiani italiani è, nelle stories, lo sfondo preferito di video turistici dell’Italia che illustrano le nostre bellezze, comprese le tavole con le eccellenze della cucina italiana. Chiuderei questa modesta riflessione con le parole di un vero genio italiano, Giorgio Gaber:
“Il conformista
Non ha capito bene che rimbalza meglio di un pallone
Areostato evoluto che è gonfiato dall’informazione
È il risultato di una specie
Che vola sempre a bassa quota in superficie
Poi sfiora il mondo con un dito e si sente realizzato
Vive e questo già gli basta
E devo dire che oramai
Somiglia molto a tutti noi il conformista”.
ROBERTO FIORENTINI