ESSERE O NON ESSERE – Ragionamenti sul DL Zan
di LUCIANO DAMIANI ♦
Mi libero, per quanto possibile e per quanto io ne sia capace, da pregiudizi e preconcetti e mi accingo alla lettura.
L’Art. 1 definisce i termini adottati nel testo.
La lettera “a” del comma 1 recita: “per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico”.
Questa definizione mi lascia perplesso, o é biologico o é anagrafico. Del resto se è vero che una sentenza del tribunale può ammettere il diritto per il richiedente di cambiare il proprio ‘sesso anagrafico’ anche senza aver concluso chirurgicamente la trasformazione (spero sia un termine politicamente corretto) ne discende che i sessi biologici ed anagrafici possono differire. Probabilmente, nell’economia di questo testo di legge, questa differenza non crea criticità, ma conferma però la difficoltà dell’identificazione in quanto, evidentemente, anche in questo testo il concetto di ‘sesso biologico’ non è reso vano o inutile dalla supremazia di quello anagrafico evidentemente scelto dal soggetto titolare del corpo, che brutta espressione questa. Altrimenti non sarebbe stato citato il sesso biologico, evidentemente ininfluente.
La lettera “b” definisce invece il genere: “per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso;”
Dunque mi par di capire che per ‘genere’ non si intenda qualcosa di oggettivo e definito, ma un modo di essere per ciò stesso mutabile ed indefinibile proprio in quanto “manifestazione esteriore”. Coerentemente, alla lettera “d” recita: “per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé………….”.
Mi par di capire, dunque, che la ‘identità di genere’ sia qualcosa di interiore (percepita) ed anche manifesta. Qualcosa dunque di personale, una ‘identità di genere’ non stabilmente definita, bensì potenzialmente variabile nel tempo. La volontà dell’individuo, definita all’anagrafe, è un atto identificativo preciso e certo, l’identità di genere potrebbe essere diversa dal ‘sesso legalmente definito e richiesto oltre il sesso biologico. La domanda allora sorge spontanea: può esistere una ‘identità di genere’ non riconosciuta o comunque non codificata dalla norma e diversa dalle due opzioni riconosciute ovvero dalla biologia e dall’anagrafe? Di fatto tali identità, diciamo terze, esistono, dal che forse dovremmo o potremmo dire che la identificazione maschio/femmina legalmente riconosciuta è inadeguata, riduttiva rispetto alla realtà delle cose. Nel caso la società volesse adeguarvisi sarebbe non poco complicato, vista là molteplicità dei generi nei quali ognuno di noi potrebbe riconoscersi. Più semplice sarebbe certo eliminare dalla legislazione e dalla burocrazia ogni distinzione di genere o sesso, iniziando dai bagni pubblici passando per i questionari sino alle ‘quote rosa’, nessuno si sentirebbe più discriminato per la propria identità, sulla carta, nel reale sappiamo bene come sia invece diverso, tant’è che si è sentito il bisogno di questa legge.
All’art. 2 e 3 modifica il codice penale aggiungendo sesso, identità di genere e disabilità, laddove il codice punisce la propaganda, istigazione e violenza per motivi di religione, discriminazione razziale od etnica.
All’art. 4 “Pluralismo delle idee e libertà delle scelte” si ribadisce la libertà di espressione salvo che non si configuri come una istigazione a delinquere.
Gli articoli 5 e 6 si occupano di aggiungere la casistica in oggetto a leggi e codici che prevedono di sanzionare attività prodotte dall’odio razziale, religioso ecc..
L’Art. 7 “Istituzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia”, ha il titolo che parla da se, ed è forse quello che forse più ha scatenato critiche e fatto nascere perplessità. Questo articolo innalza la dignità della ‘identità di genere’ ad un livello superiore al mero riconoscimento, investe poi la sfera formativa degli scolari nel rispetto dell’art. 16 della legge 107 del 2015 che promuove la parità di genere e la prevenzione della violenza di genere nelle scuole “di ogni ordine e grado” e del ‘Patto educativo dì corresponsabilità’.
In sintesi nelle scuole di ogni ordine e grado sarà possibile affrontare il tema davvero delicato, della ‘identità di genere’, certamente sarà un bel discutere nell’attuazione del Patto educativo di corresponsabilità specialmente nelle scuole dei gradi minori, visto che la legge prevede che la proposta educativa venga discussa ed approvata non solo dai docenti ovvero dall’istituto scolastico, ma anche dai genitori.
Insomma una bella gatta da pelare questo articolo 7, penso che l’aspetto formativo di questa legge manchi di approfondimento, così com’è crea obiettivamente dei problemi seri agli istituti scolastici specie dei gradi minori.
È stato ribadito che ‘la Giornata’ non è obbligatoria per cui dovremmo pensare che gli istituti di ispirazione cattolica non ne terranno conto, sebbene dal testo ciò non paia chiaramente garantito. La criticità nelle scuole minori c’è indubbiamente anche considerando ciò che le famiglie ne potranno pensare si prevede che molte si opporranno con relativi scontri fra genitori e docenti negli istituti pubblici che, verosimilmente, vorranno dar seguito alla istituzione della ‘Giornata’.
L’Art. 8 interviene su una legge attuativa di una direttiva europea “per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica”. Lo fa allargandone il campo alla sfera sessuale ed alla identità di genere, istituisce strutture per la identificazione di strategie utili alla definizione di strategie relative all’oggetto di questa legge.
Gli ultimi due articoli non paiono particolarmente interessanti.
La curiosità é dunque soddisfatta, e le perplessità restano. Penso che la legge sia carente riguardo all’analisi della società nella quale viene calata, innalzare qualcosa di poco oggettivo e definibile come l’identità di genere, basata sulla “percezione” che il soggetto ha di se stesso, allo stesso livello del sesso, della razza, della religione mi pare sia una operazione alquanto ardita e difficilmente accettabile dalla società italiana di oggi che ben comprende il sesso, la razza, la religione, la libertà di pensiero ecc.. ma che ancora non comprende facilmente o per nulla la “identità di genere” così come definita in principio da questa norma. Altrettanto reali trovo le criticità dell’art. 7 “Istituzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia” laddove non si pone il problema dei gradi scolastici minori per evidenti motivi di maturità e capacità di discussione del tema, specie considerando che le famiglie dovrebbero collaborare nello schema
Trovo che questa legge sia particolarmente ideologica e staccata dalla realtà della società che trovo affatto in grado di comprenderla al di la delle posizioni ideologiche.
Davvero penso che abbia bisogno di essere corretta. Intanto iniziamo a cambiare il “Signore e signori il comandante vi augura buon viaggio”, e per i bagni come faremo? Chi vivrà vedrà e magari sarà una delle tante leggi inutili che rimarranno solo sulla carta come tante altre proprio per essere particolarmente ideologiche e staccate dalla realtà.
LUCIANO DAMIANI
L’”identità di genere” è la vera innovazione di questo disegno di legge, introducendo questo concetto per la prima volta nell’ordinamento giuridico, si sancisce proprio che l
Identità di genere, che è diversa dal genere e dall’orientamento sessuale, è qualcosa di complesso, articolato. Non si ferma al sesso biologico ma ingloba le storie, le esperienze, la cultura di ognuno di noi. Non banalizziamo e non arriviamo a ridurre la questione sull’annuncio degli aerei. Perché sessuare il linguaggio è da sempre una esigenza primaria delle femministe e della comunità Lgbtq+a.
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Valentina, l’annuncio dell’aereo non era una banalizzazione, ma, se mai, lo spunto per una riflessione sulle conseguenze nel vissuto della elevazione della dignità giuridica e non solo di ciò che la legge definisce “percezione di se” al livello del ‘sesso riconosciuto’.
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Quando avverrà che il primato dell’individuo si baserà sulla “persona” e non sulla identità di genere?
La lunga marcia dei diritti è partita da una secolare identità che vedeva la base della ideologia sociale basarsi sulla differenza fisiologica. Il gioco dei ruoli nella società basati sulla conformazione fisiologica.La “polarità” è stata essenziale per il dominio di un genere sull’altro. Poi, piano piano si è posta in essere “l’ambivalenza” psicologica(Jung) che ha sconvolto l’identità di genere mettendo in crisi un secolare insieme di codici simbolici su cui scaturivano effetti sociali devastanti.
C’è un momento nel quale è possibile evidenziare il punto di svolta?
Sono in molti a pensare che la “pillola” abbia liberato il corpo femminile dalle strettoie della Natura, dalla ciclicità naturale.
Il corpo della donna non era più corpo di servizio domestico, corpo di riproduzione, ma corpo liberato. Di qui la distinzione fra corpo vissuto (LEIB) e corpo organico (KORPER). Questa
distinzione di Husserl citata da Galimberti in un suo saggio, ci offre un punto essenziale: il corpo come vissuto rispetto al fisiologico.
La confusione dei codici e l’oblio della differenza sono le conquiste ultime.
La osservazione di Valentina circa il linguaggio sessualizzato è conseguenza del primato della ambivalenza. Il linguaggio non può essere mai “neutro” (Irigaray). Di qui l’esigenza della decostruzione dell nostro dire per combattere la visione “fallocentrica” dello specchio lacaniano
( a cui contrapporre lo “speculum” di Irigaray.
Mi accorgo di avere esagerato, mi ritiro in buon ordine.
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Eh.. si hai esagerato…. Comunque credo che la pillola non abbia liberato alcunché se non il sesso per il sesso. A differenza del divorzio… quello si che è stat una pietra miliare poichè fu davvero una novità, rese possibile ciò che prima non era. La pillola, invece, ha reso solo più tranquillo il rapporto sessuale, che, anche prima di essa era praticato sia pur con strumenti diversi, paure e precauzioni.
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Io rimanderei all’articolo “L’odio si combatte con le leggi?” di Simonetta Bisi, il 7 aprile 2021, un articolo di carattere statistico, che vede il Ddl Zan in una oggettiva ottica dei crimini di odio. 7
Se devo aggiungere l’identità di genere, devo considerare che la nostra civiltà si è strutturata in precisi rapporti economici, di produzione, di scambio che hanno definito il ruolo di dominio del maschio cacciatore e della femmina coltivatrice e allevatrice. Si sfugge il nodo del problema, per la collettività, se prima non si abbattono tale economia e il suo sistema di produzione, naturalmente dico per metafora.
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