Domenica 17 luglio 1921: nasce il Battaglione civitavecchiese degli Arditi del Popolo. Vincenzo Benedetti il suo capo.
di ENRICO CIANCARINI ♦
Cento anni fa in una domenica assolata nasceva a Civitavecchia il Battaglione degli Arditi del Popolo forte di più di seicento membri, per la maggior parte portuali, lavoratori della Carbonifera, operai del Cementificio, dipendenti delle Ferrovie dello Stato.
Sarà una delle sezioni più forti e spavalde del movimento, ben salda nel difendere la “roccaforte bolscevica” del Lazio dai ripetuti assalti delle squadre fasciste toscane e romane, supportate dai pochi fascisti civitavecchiesi. Costretti alla resa condizionata nel settembre 1922, di nuovo operativi nel successivo ottobre, definitivamente sconfitti dalla preponderante forza squadristica e poliziesca il 29 ottobre 1922, il giorno prima che Benito Mussolini, sul treno Milano-Roma, faccia tappa nella stazione di Civitavecchia nel viaggio che lo porta al Quirinale dove un re complice e pavido gli conferisce la nomina a presidente del consiglio. Per l’Italia sarà l’inizio della dittatura mussoliniana, per molti arditi del popolo è l’inizio di un calvario di persecuzioni e condanne al confino che terminerà solo con la caduta del regime fascista nel 1943 e la successiva Resistenza e Liberazione della città.
Da Il fascio spezzato. Gli Arditi del Popolo nella “ribelle, irriducibile Civitavecchia” 19 maggio 1921 – 28 ottobre 1922 pubblicato nel 2016:
Tanta la gente che passeggia per le strade di Civitavecchia: è domenica ed iniziano i festeggiamenti per la stagione estiva. Il dinamico comitato cittadino per le feste popolari ha previsto le gare di barche, la tradizionale “trave a mare” che tanto diverte il pubblico e specialmente i forestieri. La tombola di beneficenza a favore dell’Orfanotrofio riesce “splendidissima”, con grande concorso di popolo.
L’iniziativa più apprezzata è senza dubbio la suggestiva illuminazione con le fiaccole del Molo e della Lanterna, che spinge tutti a godersi il fresco del mare fino a tarda sera. Lo leggiamo su Il Giornaletto del 24 luglio 1921.
Quella sera, non tutti si recano con le famiglie in riva al mare a godersi la brezza marina. Alcuni uomini vestiti con l’abito buono della domenica si ritrovano nel salone della Camera del Lavoro. Arrivano alla spicciolata, cercano di non farsi notare. Ma per nostra fortuna non ci riescono, non ne avremmo altrimenti avuto notizia. Qualcuno informa il corrispondente locale de Il Popolo Romano, l’organo ufficiale della Camera di Commercio e dell’imprenditoria capitolina e provinciale, un giornale certamente non benevolo verso la classe operaia. Nel numero di mercoledì 20 luglio 1921 pubblica un trafiletto intitolato “Gli arditi del popolo” datato “Civitavecchia 18 luglio”:
Iersera vi fu la riunione alla Camera del Lavoro di qui. Non si ha la notizia esatta ma è insistente la voce che sia stata deliberata la costituzione del gruppo degli Arditi del Popolo. Si ha ragione di ritenere che l’intervento di autorevoli persone della loro parte riesca a far prevalere il buon senso, tanto che i fascisti hanno lealmente mantenuto il loro impegno di pace e non sono più apparsi in questi paraggi.
Poche righe che rivelano molto sul clima che si respira a Civitavecchia in quei lunghi mesi del 1921: una situazione politica esplosiva che ha già visto giornate ricche di straordinaria violenza. Nei giorni precedenti le vicine Orbetello e Viterbo subiscono sanguinose scorrerie fasciste.
Il cronista tiene a sottolineare che riporta solo una voce “insistente” ma non confermata, altri giornali infatti non pubblicano analogo annuncio. Il giornale anarchico Umanità Nova fra giugno e luglio pubblica spesso l’annuncio della nascita dei battaglioni di arditi del popolo nelle diverse città italiane. Nel suo numero di martedì 19 luglio rende noto il resoconto del convegno romano del Comitato di Difesa Proletaria che si era tenuto lunedì. Vi avrebbero dovuto partecipare anche i rappresentanti civitavecchiesi delle organizzazioni proletarie. Ma all’arrivo in stazione a Roma, la polizia li arresta. Non si fa nessun cenno alla nascita degli arditi del popolo civitavecchiesi. Si può ipotizzare che la riunione civitavecchiese sia propedeutica all’incontro romano. Non dimentichiamoci che il socialista Vincenzo Benedetti oltre ad essere il segretario locale della Lega Proletaria dei reduci di guerra da cui sicuramente provengono gran parte degli arditi civitavecchiesi, è membro del Comitato centrale nazionale della stessa; la polizia sospetta che sia lui l’effettivo capo dell’arditismo popolare in città. Che un socialista sia uno dei capi dell’arditismo popolare a Civitavecchia suona alquanto strano vista la posizione ufficiale del Partito socialista che nel Patto di pacificazione dell’agosto del 1921 giura che “è completamente estraneo all’organizzazione degli Arditi del popolo che, d’altra parte, dichiarano di respingere l’influenza di tutti i partiti politici”.
E’ facile pensare che i convenuti alla riunione serale di domenica abbiano concordato di mantenere il più stretto riserbo sulla notizia onde evitare la messa in guardia degli avversari. Vogliono che l’opinione pubblica prosegua nel credere che essi stiano rispettando il patto di non belligeranza stipulato con i fascisti.
Qualcosa però trapela ed è significativo che a rivelare il segreto (forse di “Pulcinella”) sia l’organo di stampa degli imprenditori romani, rappresentati a Civitavecchia dagli operatori del porto, lo stesso ambiente in cui sorgono gli arditi. Proseguendo nella lettura, balza agli occhi l’auspicio che il giornalista fa di un intervento di “autorevoli persone della loro parte” al fine di bloccare il tutto, per evitare che nasca in città un agguerrito movimento di resistenza operaio. Per scongiurare tale iattura, dal punto di vista del giornalista, si sollecita l’intervento degli esponenti più lungimiranti dei partiti di sinistra. Il pensiero corre subito agli avvocati Pietro Scala, il sindaco, e a Luigi Sabbatini, consigliere provinciale, che rappresentano l’ala moderata del Partito socialista civitavecchiese e che hanno sempre svolto il ruolo di collegamento fra la Sinistra cittadina e il mondo imprenditoriale ed alto borghese della città.
L’ultima riga rimanda chiaramente ai luttuosi avvenimenti del 19 maggio e al successivo patto di pacificazione, a conferma della contingente assenza di una solida presenza locale dei fascisti che invece giungono da fuori per le loro manifestazioni più o meno violente e che “non sono più apparsi in questi paraggi”.
Nel 1985 la Camera del Lavoro territoriale di Civitavecchia in collaborazione con l’Archivio storico della CGIL Lazio pubblica il volumetto “Il porto e le lotte. Movimento operaio e organizzazione sindacale a Civitavecchia dalle origini agli anni cinquanta” a cura di Giuseppe Sircana con la presentazione di Fabrizio Barbaranelli, allora sindaco di Civitavecchia.
In quelle pagine si parla degli arditi del popolo civitavecchiesi. Il professore Fabio Fabbri nel suo saggio “Origini e sviluppo del movimento operaio a Civitavecchia” dedica interessanti parole al movimento di resistenza antifascista civitavecchiese:
incancellabile resta il ricordo di Vincenzo Benedetti, classe 1890, della Lega Proletaria costituitasi nel primo dopoguerra tra tutti gli ex combattenti socialisti, membro della commissione della Camera del lavoro, direttore del periodico socialista “Il nostro giornale” e, soprattutto, comandante in capo degli Arditi del popolo, l’organizzazione decisa, con qualunque mezzo, a sventare l’avanzata dello squadrismo nel 1921-22. Fu in quegli anni tragici che Civitavecchia rivendicò la propria tradizione democratica e, più di altri centri, si oppose fino allo spasimo alla violenza dello squadrismo. Nella città, fin dal 1921, erano presenti ben seicento Arditi del popolo, una delle più cospicue concentrazioni, sopravvissuta anche alle durissime repressioni poliziesche che, nell’agosto del 1922, organizzò – fu tra i pochi casi in Italia – la resistenza armata al fascismo saldandola alla lotta di tutto il popolo. E anche allora i portuali si mostrarono tra le categorie più attive partecipando compatti, nel marzo precedente, allo sciopero nazionale di tutta la categoria.
In “Appunti di vite sovversive” abbozzo il ritratto di Vincenzo Benedetti estratto dalle carte della polizia politica fascista che lo vigila e sorveglia dal 1926 al 1942:
BENEDETTI Vincenzo nasce a Civitavecchia il 19 aprile 1890 da Filippo e Maria Arciprete. Abitante in Via Giosuè Carducci 18, al piano terzo. Coniugato con Emma Ciani da cui ha tre figli: Filippo, Maria e Artemio. Bracciante e successivamente commerciante. Ritenuto di condizioni economiche insufficienti. Nella Prima Guerra mondiale raggiunge il grado di sergente e rimane “ferito con arma da fuoco alla gamba destra, riportandone di conseguenza la frattura del femore e l’accorciamento dell’arto” (Albo d’Oro, 1924). Per cui gode di una pensione come invalido di guerra (fonti malevole riportate dalla polizia dicono che la mutilazione sia stata procurata).
Dal 1926 è schedato, nel suo fascicolo, aperto il 16 dicembre 1926, è definito massimalista, socialista. Vi leggiamo una ricca biografia: fin da giovane manifesta idee sovversive, però fino al 1915 non si iscrive a nessun partito sovversivo. Congedatosi dal servizio militare, si iscrive al partito socialista, dal quale passa in seguito alla fazione massimalista. Di istruzione limitata, gode di notevole influenza sulla classe operaia. E’ dipinto dal carattere violento ed autoritario, tiene un contegno sprezzante verso le autorità, “nell’opinione pubblica non gode di ottima fama.” Nella nota è riferito che nel 1926 gestisce un bettolino in località Farnesiana frequentato dagli operai addetti alla costruendo linea ferroviaria Civitavecchia-Orte. Nel passato è stato impiegato presso l’Associazione agraria. Segretario della “Lega Proletaria” composta da tutti gli ex combattenti sovversivi, in antitesi all’Associazione Nazionale ex Combattenti. Dall’ottobre 1920 al settembre 1922 è assessore comunale; in tale epoca d’accordo con gli altri consiglieri comunali Pietro Biferali, Luigi Marcucci e Benedetto Salerni propone ed ottiene che dall’Aula consiliare e dagli altri uffici comunali fossero tolti i ritratti del re e della regina. Nel biennio 1921/22 appartiene alla Commissione della Camera del Lavoro, segretario del Comitato segreto di Azione e di difesa proletaria, comandante in capo degli Arditi del popolo civitavecchiesi ai quali era riuscito a fornire un armamento completo, comprese anche delle mitragliatrici. Si distingue sempre come il più attivo organizzatore di tutte le manifestazioni sovversive e tutti gli scioperi.
Nel 1921 è direttore responsabile del periodico di propaganda socialista “Il nostro giornale”, che si stampa a Civitavecchia nella Tipografia “La Federale” di cui è direttore l’attivo propagandista sovversivo Furio Pace, che per qualche tempo ricopre il ruolo di segretario della locale Camera del Lavoro.
Benedetti è varie volte arrestato per misure di ordine pubblico, subisce una condanna per lesioni e nel febbraio 1926 è arrestato e denunciato per una presunta complicità nella preparazione di un attentato contro la sicurezza dei mezzi di trasporto.
Non piegato esplica un’attiva e proficua propaganda contro il regime fascista fra gli operai e i lavoratori del porto.
Il 18 giugno 1927 è condannato al confino di polizia per attività antifascista. Deve scontare tre anni di confino a Lipari, ridotti a due il 26 maggio 1929.
Nel suo fascicolo sono conservate delle lettere scritte da lui e dai suoi familiari a Mussolini per ottenere la necessaria tranquillità per sopravvivere. I figli il 3 novembre 1932 scrivono “chiediamo grazia sul padre che lavori tranquillo dandoci il pane a noi piccoli. Una settimana dopo è lo stesso Benedetti a scrivere chiedendo la cessazione dell’opprimente vigilanza poliziesca ai suoi danni. Una successiva lettera del nostro al capo del governo è datata 17 settembre 1934.
Queste richieste di magnanimità hanno scarso successo se il 3 settembre 1936 è di nuovo condannato a tre anni di confino, questa volta da scontare a Ventotene, essendo accusato di critiche al regime. Vi rimane pochi mesi, essendo rilasciato in libertà condizionale il 31 marzo 1937, in occasione della nascita del principe Vittorio Emanuele.
Lo ritroviamo segnalato in un documento del Ministero dell’Interno del 2 marzo 1943 indirizzato alla Direzione Generale della Pubblica Sicurezza che richiede accertamenti e vigilanza su alcuni elementi sovversivi di Civitavecchia. Al nome di Benedetti leggiamo: “Abitante in Via G. Carducci 24, professione commerciante in polleria con esercizio in Via Mazzini, più volte confinato politico, noto propagandista sovversivo, elemento capace di qualsiasi reato.” Il 7 aprile 1944 è arrestato dalla polizia tedesca, su denuncia di elementi fascisti. Dopo la Liberazione fa parte del locale CLN ed è proposto il 20 ottobre 1944 come membro effettivo della Giunta municipale provvisoria in rappresentanza del Partito socialista. Nella relazione di un ispettore prefettizio, nell’autunno 1945, è indicato come il vero capo dell’Amministrazione comunale, vista la “debolezza” del sindaco Scala.
Casellario Politico Centrale, busta 493.
ENRICO CIANCARINI