Il Concordato e la legge 300

di BENEDETTO SALERNI

La cronaca politica di questi ultimi giorni affronta questioni che fanno parte della storia del secolo scorso, in particolare il Concordato del 1929 (aggiornato nel 1984 nei rapporti tra Stato italiano e la Chiesa cattolica) e la legge 300 del 1970 (statuto dei lavoratori). Non si tratta evidentemente di snodi fondamentali della storia del ‘900, ma essi appartengono ai miei ricordi insieme al tema delle grandi guerre o delle atrocità di Auschwitz.  Ritengo altresì che, sia pure attraversata da molteplici contraddizioni, la classe politica del nostro Paese debba sciogliere il nodo degli effetti sociali, etici e politici che, nuovi strumenti formativi e tecnici (dal Wi-Fi all’uso delle nuove tipologie dei macchinari della ricerca scientifica e dei sistemi lavorativi), possono avere sul controllo dei processi di formazione delle classi dirigenti.  Da ciò possono scaturire esiti che, sul piano sociale, incidono tra, le altre cose, anche sulle crescenti diseguaglianze sociali o nella stessa intollerabile sperequazione nei redditi (manager e operai).
Nel corso del dibattito parlamentare sulla legge Zan o in relazione al precariato nel mondo del lavoro, si sono posti al centro dell’attenzione pubblica due aspetti, che attengono al tema dei diritti e della dignità negati, che, pur camminando su percorsi parlamentari diversi, possono, sul piano concettuale, incontrarsi. La costruzione di un impianto legislativo è questione, come è noto, che appartiene ai due rispettivi rami del parlamento dove i nostri parlamentari sono liberi da qualsiasi vincolo di mandato, come recita la nostra Carta Costituzionale. Con la  recente nota della Segreteria di Stato Vaticano, a proposito del DDL Zan, apparsa sulla stampa nazionale, che per molti ha avuto il sapore dell’ingerenza, il disegno di legge a assunto un rilievo politico di natura internazionale, riproponendo il tema del rapporto tra la nostra Repubblica e lo Stato Vaticano. E’ apparso evidente che la preoccupazione, del tutto infondata del Vaticano, fosse che gli venisse impedito lo svolgimento della missione pastorale e la espressione di un proprio specifico punto di vista sul tema della diversità di genere. La nota è stata considerata da molti come un evidente tentativo di violare il principio della laicità dello Stato italiano. La laicità dello Stato italiano non può essere messa in discussione neanche da chi sta cercando nelle pieghe del dibattito sulla legge Zan, di appropriarsi ai fini elettorali dei settori più conservatori e oscurantisti dell’universo cattolico. La destra italiana appare sempre più spostata verso posizioni di tipo medievale, giungendo a sottoscrivere un delirante manifesto dei paesi sovranisti d’Europa. Un manifesto basato essenzialmente sull’antieuropeismo, sulla famiglia tradizionale, sulla chiusura alle migrazioni , sulla negazione delle diversità e dei diritti.
Un altro aspetto è relativo all’impegno politico del campo progressista nel mondo del lavoro. La storia dello statuto dei lavoratori nella legge 300, ci dice che era stata pensata nella logica “fordista”, della grande fabbrica. La rivoluzione tecnologica, la frammentazione del mondo del lavoro ed una conseguente diversa organizzazione dei ritmi e delle forme della produzione, hanno prodotto l’esigenza di una revisione legislativa ancora purtroppo lontana dall’essere realizzata. La precarizzazione del rapporto di lavoro, impone alla politica la individuazione di una serie di garanzie minime contro i rischi di sfruttamento e a tutela dei più elementari diritti umani. Siamo nel nuovo secolo dove un diverso mercato del lavoro e la riorganizzazione del mondo capitalistico, compongono una miscela che stanno logorando il nostro sistema del lavoro e di welfare. Il governo di unità nazionale retto da un uomo delle istituzioni, e sostenuto anche da un ampio fronte progressista,  manterrà la schiena dritta sulle questioni dei diritti civili come su quelle dei diritti sociali al fine di tutelare i più fragili?

BENEDETTO SALERNI