Cassandra e Laocoonte, il mito e l’attualità.
di ENRICO IENGO ♦
Virgilio ne parla nel secondo libro dell’Eneide: Cassandra e Laocoonte mettono in guardia i Troiani, entrambi scongiurando di non fidarsi del “dono” lasciato dagli Achei.
Sono dieci anni che i rispettivi eserciti si fronteggiano e ora sono sfiniti; sono morti eroi, comandanti, soldati.
Cassandra ha la capacità di vedere il futuro, ma Apollo per punirla di essersi rifiutata di congiungersi con lui, l’ha privata della capacità di persuadere, per cui le sue profezie non vengono ascoltate; la stessa guerra di Troia non sarebbe iniziata se Paride avesse seguito l’avvertimento di Cassandra, evitando di raggiungere Sparta.
Laocoonte invece ha lungimiranza politica nel prevedere le conseguenze della scelta dei Troiani: “Timeo Danaos et dona ferentes”.
Ma i Troiani non credono ai loro avvertimenti: una è una folle visionaria, l’altro si è meritato una morte orribile, divorato insieme ai figli da due enormi serpenti per aver peccato di “ybris”, dubitando di un dono destinato agli dei. Meglio credere a Sinone, il greco lasciato dagli achei per ingannare i Troiani con il falso racconto della partenza dei nemici.
Nella “vulgata” del mito l’audace piano di Odisseo è perciò in qualche modo favorito dalla cecità di un popolo sordo ad ascoltare chi li metteva in guardia.
Per tutti coloro che la denigrano, Cassandra è l’emblema dell’irrazionalità. Durante le sue visioni profetiche, ella esprime l’incapacità di adattarsi ad un comodo conformismo dominante. Ma Cassandra non è irrazionale, semplicemente decide di opporsi a ciò che riconosce sbagliato, anche se questo rappresenta la norma, e finirà per distruggerla.
Ma perché i Troiani sono indotti all’errore? Perché con tanta facilità cadono nel tranello?
Dieci anni di guerra hanno indebolito la loro resistenza, dieci anni durante i quali ogni aspetto di una vita sociale, familiare, dai giochi sportivi al lavoro della terra, al commercio, alle serate con amici è stato sospeso.
Il triste conteggio dei morti in battaglia, delle famiglie orfane del padre si ripete quotidianamente insieme alle sepolture e alle lacrime dei genitori, delle mogli e dei figli.
C’è stanchezza, c’è voglia di voltare pagina; ed ecco finalmente, una mattina un enorme cavallo di legno!
Mi sono sempre chiesto da ragazzo: come è possibile così tanta ingenuità? E me lo chiedevo con altrettanta ingenuità.
I Troiani non vollero credere a Cassandra e a Laocoonte perché non sopportavano più le loro verità, avevano scelto di rimuovere una realtà di privazioni e di tragedie a favore di una dimensione dell’animo tesa alla elaborazione di desideri. I desideri come rappresentazione fantasmatica di una vita normale.
Il mito di Cassandra è arrivato integro ai giorni nostri e come ogni mito si presenta nella sua eterna attualità, fornendo paradigmi utili per interpretare la molteplicità del reale e noi “postmoderni” non facciamo altro che tornare più o meno consapevolmente sempre ad esso.
Cassandra non viene creduta.
Costretta all’incomunicabilità della propria posizione, la sua può essere interpretata come una voce rivolta contro una società conformista, in cui il linguaggio è al servizio dell’inganno acheo e dell’opportunismo troiano, sacrificato al facile consenso popolare: così si toglie la parola alla verità. Ma Cassandra non può tacere, anche se è consapevole che non verrà ascoltata, la sua irresistibile vocazione è quella di rivelare la verità contro ogni falsa illusione.
Essere profetica significa non solo vedere e prevedere, ma accompagnare l’altro perché sia consapevole, libero e perda la cecità interiore, ma a lei questo è precluso.
La profezia nel caso di Cassandra coniuga il senso di realtà e la ricerca disciplinata proiettata nel futuro; essi sono uno sguardo e una voce al servizio della comprensione e della crescita; non è azzardato affermare che queste sono le finalità della ricerca scientifica, chiamata a sostituire il pensiero magico.
Tante volte abbiamo incontrato Cassandra nella storia dell’umanità.
Anche oggi c’è qualcuno che interpreta il ruolo di Cassandra e di Laocoonte; viene spesso sbeffeggiato, deriso, considerato menagramo. La profetessa, in particolare, non ha lasciato una immagine propriamente positiva di sé, addirittura nella nosografia psichiatrica è stata introdotta una “sindrome di Cassandra”, patologia che comporta la costante e pervasiva previsione di un futuro nero, pieno di dolore con sentimenti di depressione e di impotenza e con un destino di isolamento dagli altri.
Ciononostante dobbiamo convenire che Cassandra e Laocoonte avevano ragione.
L’incomunicabilità che contraddistingue il rapporto fra Cassandra e la sua gente viene oggi riproposta. Il nemico è fra noi, è dentro di noi, ma si preferisce non vederlo, si costruisce una realtà artificiale dove le morti vengono rimosse, vengono dimenticate le sofferenze di coloro che giacciono soli in un letto d’Ospedale e un delirante senso di invulnerabilità prende il sopravvento.
L’Olimpo è lontano, gli dei hanno abdicato e finalmente lasciato padroni del proprio destino gli uomini: Cassandra e Laocoonte possono essere compresi, la maledizione divina non pesa più sulle loro parole.
Ma i Troiani sono stanchi, vogliono una vita normale, vogliono lavorare, vogliono poter uscire senza la paura dell’agguato nemico e quindi basta, la guerra è finita!
Allora per favore zittite le Cassandre, che hanno un camice bianco al posto del peplo, togliete loro il diritto di parlare, di fare ciò che è stato loro assegnato.
Del resto Apollo, il dio potentissimo, sputò in bocca alla riottosa Cassandra e quello sputo sancì la impossibilità di comunicare con il linguaggio parlato; c’è un termine medico che oggi definisce le conseguenze dello sprezzante gesto del dio: è l’agnosia verbale, una patologia neurologica che consiste nell’incapacità di comprendere il linguaggio parlato: una maledetta agnosia verbale da parte di chi deve ascoltare.
E’ notte, Troiani, il cavallo è dentro le mura, voi avete fatto festa e ora dormite, da domani vi aspetta una nuova vita.
E intanto si offende Cassandra! Si sputa di nuovo a colei che sta parlando a tutti noi, ci esorta a convincerci che la guerra non è finita, che occorre prudenza.
Ma lo affermo convintamente: se è in gioco il destino di Troia, io mi schiero con la sfortunata profetessa.
ENRICO IENGO
Un grande pensatore irlandese, Dodds, pose in rilievo come l’irrazionale fa parte essenziale di quel mondo conosciuto come la culla della Ragione.Il passaggio dalla “civiltà della vergogna” alla “civiltà della colpa” caratterizza lo sviluppo della grecità. Caro Enrico hai perfettamente colto nel segno: siamo nel pieno della civiltà della colpa ma tentiamo di tutto per vivere nella menzogna.
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Caro Enrico, immediatamente prima di leggere il tuo scritto ho avuto una premonizione nel sogno: ho sognato mio “Padre” Bruno che mi rimproverava aspramente perché non indossavo la mascherina. Il sogno è l’ultimo rifugio dei nostri desideri e delle nostre ansie e delle irrazionalità che tuttavia permangono nella ” malattia” della agnosia verbale. C’è una forte ambivalenza nell’uso della mascherina che da una parte ci protegge come corpi biologici che hanno diritto alla vita, che la scienza contabilizza con numeri di contagiati e di decessi. Non ti nascondo che la mia premonizione nel sogno era dettata dall’ inquietudine determinata dalla posticipazione di 35 giorni della seconda dose di Pfizer. Dall’ altra parte l’ ambivalenza dell’ uso della mascherina copre tutto ciò che la scienza non riesce a spiegare, la nostra vita come esistenza, dove siamo con qualcuno o qualcosa d’ altro da noi. La catastrofe e la colpa rimane interdetta sotto l’uso della mascherina , necessaria, obbligatoria e protettiva nei confronti della nostra esistenza fatta anche di irrazionalità. E mi chiedo, verrà mai il tempo di Minerva? Di quella saggezza critica tutta femminile?
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Bello e interessante
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Mi pare importante riflettere sulla solitudine di Cassandra. Ogni visione profetica si elabora nel silenzio, nella distanza. I grandi leader religiosi cercano la materialità fisica del deserto per alimentare la potenza spirituale della visione, sebbene spesso la solitudine del leader o del profeta sia puramente metaforica. Per cambiare il corso delle vicende umane è però necessario promuovere l’azione collettiva. In altre parole: fa irruzione la storia. I troiani saranno sconfitti, vincerà il cinico ingegno di Ulisse. Forse in questa suggestiva narrazione possiamo percepire quel conflitto fra desiderio e principio di realtà, fra essere e dover essere, che attraversa dolorosamente l’humana condicio? NP
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Cara Paola
Condivido ciò che hai scritto. Aggiungo un problema che a me sta a cuore: la scienza non è onnipotente. Non sostituisce il dio che abbiamo perso. (O ucciso?). Questa pandemia lo ha manifestato in modo drammatico. La scienza sta combattendo una guerra con vittorie e sconfitte. Questa considerazione ci rende più soli, più indifesi. E le risposte altrettanto sbagliate sono la negazione e la mitizzazione della scienza.
Come diceva il buon Heidegger: “ la scienza non sa pensare”
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Vero.
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