Un romantico cimitero in riva al mare – I
di ENRICO CIANCARINI ♦
Finché torni l’alba e le ombre si dileguino
Era d’estate, il nuovo secolo, il Ventesimo, era sorto da poco. Una coppia di ricercata eleganza scende dal diretto proveniente da Roma alla stazione di Civitavecchia, con loro hanno due bambini e molti bagagli che sono trascinati da alcuni domestici. Sono accaldati, nel vagone di prima classe per il caldo non si respirava, avvertono forte il bisogno di rinfrescarsi e di bere qualcosa, entrano e ordinano al buffet della Stazione.
Quel viaggio di poco più di un’ora, con fondale l’azzurro panorama del mar tirreno, ha profondamente cambiato il loro umore. Erano partiti furiosi l’uno con l’altra, avevano vissuto innumerevoli giorni marchiati da liti e scenate, da silenzi che non promettevano nulla di buono. Invece, saliti su quel treno avevano finalmente fatto pace e ritrovato la serenità di sempre. Anche i due figli, la femmina e il maschio appena nato, respiravano un’aria diversa.
Fuori dalla bella stazione in ferro, li aspetta la carrozza dei marchesi Guglielmi di cui saranno ospiti per alcuni giorni nel loro imponente palazzo ubicato sulla via principale della piccola cittadina portuale.
La coppia trascorre giorni spensierati, fra bagni di mare al Pirgo e passeggiate nelle campagne del loro ospite. La marchesa Isabella è una perfetta padrona di casa, la cittadina è accogliente e vivace.
Un giorno i due decidono di affittare una carrozzella, lasciano i figli a palazzo e si fanno accompagnare in un giro per i dintorni della città. Il vetturino si dirige verso nord, sulla via Aurelia. A circa due chilometri dalla città, sulla strada che conduce verso l’etrusca Corneto, si avvedono di un monumentale cancello, chiedono al conducente cosa sia. Lui risponde che è l’entrata del cimitero cittadino, uno dei più antichi d’Italia. La sua prima pietra fu posta nel 1789, molti anni prima che nella Penisola fosse introdotto l’editto napoleonico di Saint Cloud. Per anni era stato abbandonato dai civitavecchiesi benestanti che non avevano accettato che vi erano stati sepolti i molti galeotti vittime delle periodiche epidemie che colpivano la città Solo da pochi anni si era tornato a seppellire in quel cimitero i bravi cittadini civitavecchiesi.
Incuriositi, i due chiedono al vetturino di fermarsi e di aspettarli lì, vogliono visitarlo. Per un’ora si perdono per i vialetti del camposanto, ammirano le grandi tombe delle famiglie più illustri della città, rimangono assorti davanti a quella monumentale della Famiglia Guglielmi. Alla fine si guardano, si sorridono: hanno preso la loro decisione: quando verrà il momento il loro ultimo nido d’amore sarà una tomba nel Cimitero di Civitavecchia affacciato sull’azzurro del Tirreno, a sigillo di quella concordia qui ritrovata.
Purtroppo passano pochi anni da quella visita, lui, appena cinquantenne, si spegne nel 1917. Lei è posta al suo fianco nel 1938.
Il racconto che avete letto è il frutto della mia fantasia. Nel novembre 2012 organizzai con l’allora Amministrazione Tidei un tour nel Cimitero monumentale di Civitavecchia alla scoperta delle tombe più significative. Nei giorni precedenti, visitai il cimitero per stilare un itinerario di visita. A fianco delle tombe delle vittime della strage fascista del 19 maggio 1921, mi imbattei in questa candida e pregevole tomba, incuriosito lessi i nomi e feci le mie ricerche. Quando la presentai ai visitatori che accompagnavo in tour, fu generale la sorpresa e la curiosità di saperne di più. Da quelle visite ha origine il bel libro “Il Cimitero monumentale di Civitavecchia” frutto del lavoro congiunto dell’Associazione Cinefotografica e della Società Storica, il tutto finanziato dalla Fondazione Cariciv.
Feci delle ricerche ma non approdai a nulla. Per un caso ne parlai con un amico di Leonessa. Lui mi rispose che il figlio, anni prima, era stato l’autista della nipote di quella nobile coppia. Lo incontrai e mi raccontò il poco che sapeva su questa strana storia che lo aveva visto testimone silenzioso. Ogni anno accompagnava la signora a Civitavecchia per una veloce visita alla tomba dove amava deporre un grande mazzo di fiori. Se i mille impegni che la portavano in ogni parte del Mondo non le permettevano di recarsi a Civitavecchia, incaricava una fioraia di provvedere affinchè la tomba non rimanesse disadorna. Oggi la signora è morta e la famiglia, una delle più potenti d’Italia, ha quasi del tutto dimenticato il sepolcro dei propri avi.
La tomba monumentale, posta a terra, nella sua ricercata semplicità emana a noi frettolosi visitatori fascino e mistero, restiamo colpiti dal nobile stemma e ne percepiamo l’estraneità dal contesto civitavecchiese.
Quattro capitelli posti agli angoli vigilano l’illustre sepoltura. Di marmo bianco, guarnita da quattro gigli e due teschi con tibie incrociate di bronzo, al centro troneggia lo stemma della famiglia: due gigli in capo e uno in punta divisi da una banda, il tutto sormontato da un elmo piumato, inserito in un drappo con sovrastante una corona. In cima alla tomba una frase: Finché torni l’alba e le ombre si dileguino
In quella tomba sono sepolti don Carlo Bourbon principe di San Faustino, marchese di Monte Santa Maria, nobile romano, patrizio di Ancona e di Perugia, nato a Roma il 6 giugno 1867 e ivi morto il 25 maggio 1917, e sua moglie Jane Allen Campbell Bourbon del Monte, nata nel 1863 in New Jersey e morta a Roma il 23 giugno 1938. Lui era un esponente della nobiltà nera fedele al papa re, lei figlia di un milionario americano.
Si erano sposati a Ginevra il 7 giugno 1897 ed avevano avuto due figli: l’erede maschio è don Ranieri, nato nel 1901 che alla morte del padre eredita tutti i titoli nobiliari di famiglia. La primogenita è donna Virginia, nata a Roma il 24 maggio 1899 ed entrata nella Storia d’Italia il 25 giugno 1919 quando sposa a Roma Edoardo Agnelli, figlio del senatore Giovanni, il fondatore della FIAT e dell’impero economico e finanziario della Famiglia Agnelli.
La bellissima Virginia eredita dai genitori nonchalance aristocratica e indipendenza di spirito, charme ed eleganza. Lo trasmette ai suoi sette figli: Clara, Gianni, Susanna, Maria Sole, Cristiana, Giorgio ed Umberto. I nipoti chiamano la nonna “principessa Jane”, lei pretende che frequentino per i giochi e perle amicizie solo i rampolli dell’alta aristocrazia romana. Susanna scriverà “Vestivamo alla marinara”.
Alla morte del marito Edoardo, avvenuta nel 1935 per un incidente aereo, Virginia inizia a frequentare lo scrittore Curzio Malaparte. Si parla di matrimonio ma il senatore Agnelli si mette di traverso, riesce a toglierle la patria potestà sui figli ma nel 1937 i due firmano un compromesso, voluto dai ragazzi, che le permette di riabbracciare i suoi figli. Nel 1945 Virginia muore in un incidente automobilistico ed è sepolta a Villar Perosa nella cappella della Famiglia Agnelli.
È sua figlia Susanna, deceduta nel 2009, ad occuparsi per anni della tomba civitavecchiese dei nonni. Il signore incontrato a Leonessa era uno dei suoi autisti, messi a disposizione dalla struttura romana della FIAT. Per dieci anni Susanna è sindaco di Monte Argentario, la vicinanza fra le due località marine, le permettono di venire a Civitavecchia con una certa assiduità. Poi la nomina a sottosegretario e infine a ministro degli Esteri in vari governi non le permettono come vorrebbe di occuparsene di persona.
Ultimamente l’amico Enzo Di Maio in un post su Facebook è ritornato sul mistero della tomba Bourbon del Monte e ha rivelato che Andrea Agnelli, figlio di Umberto, qualche anno fa visitò la tomba dei suoi bisnonni deponendoci un mazzo di fiori. Lui non sapeva nulla di questa storia né conosce il motivo della loro sepoltura in riva al nostro mare.
Dopo l’ultima guerra, fu fatta la sciagurata scelta di costruire enormi serbatoi di petrolio ed altro ai confini del bel cimitero di Civitavecchia. Negli anni quell’aurea magica che i principi Bourbon del Monte respirarono quel giorno di tanti anni fa è svanita nel degrado e nell’abbandono del nostro cimitero ex monumentale.
Mi auguro che la bella e nobile tomba dei principi Bourbon, nonni degli Agnelli, non finisca un giorno distrutta come accaduto recentemente ad altre sepolture storiche presenti nello stesso camposanto.
Una storia romantica e misteriosa che intriga il pubblico civitavecchiese. Anch’io ne sono rimasto colpito e vorrei scoprire qualcos’altro, di più certo, sulla loro presenza a Civitavecchia.
ENRICO CIANCARINI (segue)
Ho sottoscritto la Lettera per la istituzione della biblioteca di Civitavecchia rivolta al Sindaco, a cura di Fabrizio ed Enrico. In essa si fa riferimento alle molteplici iniziative culturali presenti nella ” Petit ville” e nel territorio. A questo proposito io credo che la Società Storica Civitavecchiese, con il Presidente Enrico Ciancarini, abbia un ruolo privilegiato per la sua capacità di aver creato una estesa relazione tra pubblico e gli scrittori che nel tempo si sono succeduti. I bollettini sulla realtà storica , antropologica ed archeologica di Civitavecchia hanno creato un continuum, che prima della pandemia ha visto gli iscritti ritrovarsi in occasione della presentazione dei bollettini. Personalità che conosciamo, come Odoardo Toti, Silvio Serangeli, Giovanni Insolera, Enrico Ciancarini, Barbara De Paolis, Pietro Mancini, hanno scritto per un pubblico abbastanza vasto.
Non ultimo il tentativo di recuperare il ruolo avuto dalla mitica ” Associazione Archeologica Centumcellae”, della quale ha fatto parte il nostro Carlo Alberto Falzetti.
Conosco la romantica storia sul cimitero in riva al mare per averla ascoltata dalla viva voce di Enrico presso il nostro Campo-Santo.
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Senza dimenticare i due fondatori di Spazio Libero, Fabrizio Barbaranelli e Claudio Galiani, ed i loro scritti centrali sulla storia sociale di Civitavecchia. Anch’essi credo che siano iscritti alla Società Storica Civitavecchiese.
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