APPUNTI DI TEOLOGIA: LA PREGHIERA.

di CARLO ALBERTO FALZETTI

Un giorno, in una chiesetta di campagna vidi Dio inginocchiato presso l’altarino.

 Stava pregando.

 Domandai “A chi preghi?”.

 Egli disse che stava pregando l’uomo. “Figlio mio che sei in Terra sia santificato il tuo nome…”

Poi aggiunse  “Tu credi nell’Uomo? E se credi in lui dov’è? Io sulla Terra vedo solo esseri biologici”

Io replicai “ Ecco, di fronte a te c’è un uomo. Spetta a me, non a te pregare.

Lui disse “Quando tu preghi vuoi solo impadronirti di me perché io possa servirti per la tua salvezza. Preghi me ma per te. Solo gola spirituale. Bramosia di vita oltre la vita. Tu vuoi conoscermi? Non potrai mai! Tu conoscerai me solo “generandomi”. Conosci te stesso e genererai Dio. Ricorda, infine, non nominare mai il nome di Dio invano. Ciò significa che Dio non  deve servire la tua “egoità”.

Ed io replicai di nuovo “ Ma tu sei l’Onnipotente, il Giudice  l’Altissimo l’Ente sommo, come posso io…

Lui disse “ Io sono un Ente solo per i peccatori. Io sono sine modis, non potrai mai conoscermi come si conosce un oggetto. Ciò che ora vedi è solo illusione.  

Ed io, allora, Insegnami a pregare”.

Lui disse “ Prega Dio che ti liberi da Dio.

 

“Io credo che la Juve vincerà. Io credo che il Partito risolverà. Io credo nella scienza. Io credo che ce la faremo. Io credo in te, mio amore”…..  e così via.

Poi, d’un tratto, qualcuno afferma con tono audace: io credo in Dio!

Credere significa rappresentarsi l’oggetto ed avere fiducia in questa rappresentazione. Ma come faccio a rappresentarmi ciò che è Assoluto (sciolto da ogni rappresentazione possibile)? Quando pronuncio il termine Assoluto intendo, da vocabolario, indicare ciò che toglie tutto il relativo. Dunque: quando dico “io credo in Dio” ciò significa solo 2 cose:

  1. a) una incongruenza logica (io credo in Dio = io credo in ciò che non può essere Dio)
  2. b) una manifestazione idolatrica ( io credo in un artefatto, in una statua, in una fantasia, in una rappresentazione).

Basta scegliere tra a) e b).

Ma allora se la fede non può essere una volgare credenza che diavolo è?

La fede non è credenza ma è esercizio della ragione.

Per tentare di approssimarsi all’Assoluto è necessario chiarire ciò che l’Assoluto non è. E’ del tutto inutile e blasfemo immaginarsi Dio, parlare di come sia, trattarlo come un oggetto che mi si pone innanzi.

C’è un solo modo per tentare l’impresa: la via negativa tracciata tanti secoli fa.

E’ necessario togliere il marmo di troppo per cavar fuori il Davide. E’ necessario dire che l’Assoluto non è questo, né quello. Non può essere un Ente perché è oltre l’ente, non può essere Onnipotente perché superiore alla Onnipotenza, non può essere un attributo perché è ad ogni attributo superiore. Si può sapere meglio ciò che non è di ciò che è. Una via più dignitosa per evitare idolatria.

L’Assoluto è senza modo . Dunque, un nulla di ente, nulla  di attributi, nulla di essenza.

Se, invece insistiamo a pensarlo come un qualcosa, come un ente, lo facciamo solo per un fine: l’amor proprio, il nostro tornaconto personale, il nostro ego. Così ce lo raffiguriamo come noi desideriamo. Lo facciamo nostro per i fini che ci convengono: Dio lo vuole, Dio ha detto, Dio salvami, Dio è ariano, Dio è camuso per gli Etiopi, Dio è un cavallo per i cavalli (così ,tanti secoli orsono, tal Senofane).

La fede è ragione, non volgare credenza. Quando è solo credenza ha buon gioco l’ateismo a porre in risalto l’”amor sui” dietro la facciata del Dio “creduto”. Alla fede serve solo la ragione non l’osservanza, il conformismo, il timore reverenziale, il credo oltre ogni dubbio, la frequenza sacramentale, il compiacimento sacerdotale.

Troppa “aristocrazia intellettuale” in tutto questo? Sembrerebbe così!  In effetti, una osservazione prorompe in tutta evidenza.

Se togliamo di torno la “credenza” che ne è della vecchietta che un tempo scaldava le panche di chiesa? Se fede è solo ragione, allora lo sbiascicar giornaliero di ritmate  giaculatorie è atto inutile? La vecchietta e tanti animi, dal cuore pio e semplice, blaterano invano quando pregano e credono di credere?

Esiste da tempo una buona risposta per questa osservazione:  beati i poveri in spirito, beati gli umili…

In sintesi:

– se hai i mezzi, cioè la ragione, devi usarla per pensare  l’Assoluto (intelligo ut credam nel senso di un Assoluto-Spirito, oppure uso l’intelletto per rifiutare ogni possibile Assoluto diverso dalla pura materia-energia).

– se rientri nel popolo del Discorso sulla Montagna sei nel giusto nella tua umiltà sincera.

– Tertium non datur  (nella realtà, invece, risulta che questo raggruppamento di “capacità inutilizzata” sia non solo un dato ma che sia affollato non poco).

Ora sappiamo come pregare, a chi pregare. Ma perché dovremmo pregare quando la vita ci verrà tolta senza pietà, un giorno?

Il problema della morte bussa alla porta, caro lettore.

Dobbiamo trattare con la Comare Secca. Mai conviene irritarla.

Un passo alla volta: alla prossima.

CARLO ALBERTO FALZETTI