ANATOMIA DI DUE BANDE (IV)

di CLAUDIO GALIANI ♦

LA SQUADRA DI BARBARANELLI

Fernando Barbaranelli inizia a formare la sua banda intorno alla metà di settembre, ma occorre circa un mese per completare il gruppo.

Il rapporto con la banda di Allumiere è molto stretto. Sono due rami che si sviluppano da un solo tronco.

Molti partigiani all’inizio fanno la spola tra le due bande e anche in seguito membri della stessa famiglia si dividono tra l’ una e l’altra, come i Bartolini, Romeo e Elio,  gli Zamparini di Veiano, padre e figlio, i Mori, Nicola e Libero, e i Pierucci, Pietro ed Enrico.

La banda di Bieda assume una fisionomia definitiva quando agli sfollati di Civitavecchia si uniscono gli abitanti del posto.

Ad Allumiere l’azione è avviata da un nucleo centrale e coeso,  composto essenzialmente da sfollati, a cui si uniscono alcuni quadri di Tolfa e di Allumiere con cui sono già in contatto.

A Bieda si tratta di integrare gruppi diversi, che vanno amalgamati per costruire un clima di collaborazione.

L’irruzione tedesca del 29 ottobre porta a un temporaneo disfacimento del gruppo.

Solo a dicembre la banda riesce a ricomporsi e inizia la sua attività.

Sostanzialmente questa formazione rimarrà stabile fino a giugno, svolgendo azioni di sabotaggio alle linee telegrafiche, di disturbo al movimento delle forze tedesche sulla Cassia, di attacco mirato a soldati e automezzi.

L’organizzazione

“L’inquadramento della Banda era formato su delle squadre di Partigiani combattenti ai quali fornivano sufficiente ausilio dei gruppi di Patrioti e di collaboratori che espletavano attività di collegamenti, pedinando gli elementi sospetti di essere al servizio dei tedeschi e soccorrendo i prigionieri Alleati.

A tutta l’attività della Banda che si svolgeva nella Zona compresa tra i paesi di Bieda, Vetralla, la Cura, Veiano, Barbarano Romano, Civitella Cesi, presiedevano il Comandante Militare e Commissario Politico Barbaranelli Fernando – l’Addetto all’Organizzazione e Inquadramento Ciliberti Spartaco – l’Addetto all’Armamento Marini Giovanni.

Nei paesi, ove furono costituiti dei gruppi di Patrioti, si nominarono dei Capi Gruppo degli stessi:

 Bieda:                                    Capi Gruppo Patrioti:          Tosoni Pildo e Gnocchi Belardino

Vetralla:                                 Capo Gruppo:                      Tartaglia Ugo

Monteromano:                     Capo Gruppo:                      De Luca Umberto

Veiano:                                  Capo Gruppo:                      Marcucci Edmondo

Barbarano Romano:           Capo Gruppo:                      Di Pinto Giulio

Civitella Cesi:                       Capo Gruppo:                      De Silvi Pietro

S. Giovanni di Bieda:           Capo Gruppo:                      Urbani Libero

Uno dei compiti dei collaboratori era mantenere i collegamenti con il Comitato di zona di Viterbo, per la trasmissione delle notizie ai Comandi Alleati.

 Gli uomini

 “La Banda Partigiani Combattenti fu inquadrata nel modo seguente:

 Barbaranelli Fernando:      Comandante della Banda e Commissario politico

Ciliberti Spartaco:                Vice Comandante e Addetto all’inquadramento

Marini Giovanni:                  Vice Comandante e Addetto all’ armamento

 

1° Squadra Partigiani

Capo Squadra                    Fiorentini Caserio   

Vice Capo Squadra            Pezzi Rodolfo          

Membri: Bartolini Romeo, Ciliberti Umberto, Pucci Spartaco, Benni Amerigo, Arcadi Enrico, Paolillo Giuseppe, Pietrini Angelo, Ciliberti Michele, Montecolli Rinaldo, Fiorentini Benedetto, Colucci Gregorio

 II° Squadra Partigiani

Capo Squadra                    Arcadi Umberto      

Vice Capo Squadra            Bertola Angelo        

Membri:  Urbani Araldo, Mori Nicola, Benni Vittorio, Bianchi Gervasio, Marcelletti Luigi, Mudadu Costantino, Tarquini Umberto, Carucci Augusto, Colonna Carlo, Caruso Eghibert, Arcadi Ottavio, Ciliberti Cesare

 III° Squadra Partigiani

Capo Squadra                    Marini Marino          

Vice Capo Squadra            Colombrini Mario    

Membri:                     Marini Felice, Cesarei Ruggero, Marini Domenico, Galli Antonio, Boncompagni Luigi

 

IV° Squadra Partigiani

Capo Squadra                    Mantovani Vivenzio

Vice Capo Squadra            Mantovani Fiorello 

Membri: Piccini Bruno, Mantovani Lido, Tedeschi Mario, Baldini Giuseppe (ferito il 29 ottobre),  Perla Felice ( ferito il 29 ottobre), De Santis Domenico, Ferri Giulio, Infelli Nicola

 V° Squadra Partigiani

Capo Squadra          Nobili Giulio             

Vice Capo Squadra            Scafa Arcangelo     

Membri: De Silvi Eliseo, De Silvi Settimio, Marabitti Francesco, Scafa Francesco, Fazzi Felice, Angeli Orlando, Ridolfi Remo, Sanetti Luigi, Lucarini Domenico, De Angelis Giuseppe, Santella Severino “

Sono 59 partigiani con cui collaborano 71 patrioti.

Successivamente la Commissione Regionale apporterà marginali modifiche rispetto ai nomi e alle qualifiche.

Le prime due squadre sono formate da sfollati di Civitavecchia, la terza e la quarta da abitanti di Bieda, la quinta dalla frazione di Civitella Cesi.

Le cinque squadre, distinte per residenza, operano però in modo integrato e con reciproca lealtà.

L’identikit

Puntiamo i fari sui partigiani di Civitavecchia.

Fernando Barbaranelli è nello stesso tempo Comandante militare e Commissario politico.

Ha 36 anni. Si è trasferito a Bieda con la famiglia.

Il suo retroterra familiare non ha alcuna contiguità con la tradizione politica dell’ antifascismo attivo. Appartiene a un nucleo benestante,  commercia in profumi, è un intellettuale che si interessa di letteratura, scrive poesie, è appassionato di archeologia.

E’ il suo spirito ribelle, la sua insofferenza per il conformismo di regime, che lo porta a maturare precocemente posizioni antifasciste.

Nel 1929, militare di leva, viene processato per antifascismo presso il Tribunale Militare di Bari.

Stringe amicizia, tra gli altri, con Paolo Antonini, che nel 1936 va a combattere la sua battaglia antifascista in Spagna. Spinge il suo interesse oltre la letteratura e comincia a leggere testi di marxismo, che offrono una cornice politica alla sua vena anarchica.

Entra in contatto attivo con gli ambienti dell’antifascismo e diventa uno dei sorvegliati dell’OVRA.

E’ uno dei casi dell’antifascismo che ha fatto breccia fuori dello stretto ambiente popolare e ha toccato parti della media borghesia cittadina.

Fernando 2

Fernando Barbaranelli

 Leggendo gli altri nomi, si sente un profumo intenso di “album di famiglia”.

Molti dei cognomi che compaiono appartengono alla tradizione dell’ antifascismo locale.

Il capo della prima squadra è Caserio Fiorentini. Marinaio di leva, sbandato dopo l’8 settembre, ha raggiunto la banda per arruolarsi. E’ uno degli arrestati del 29 ottobre ed è il promotore della fuga dal treno partito verso la Germania. Con sé ha trascinato altri 23 catturati, di cui soltanto 11 rientrano nella banda.

Accanto a lui milita il padre Benedetto, portuale, iscritto al gruppo anarchico “Luigi Gentili”. Schedato dalla polizia sin dal periodo prefascista, ha soggiornato a Lipari nel 1927.

Eghilberto Caruso, detto Eghibert, è anche lui anarchico e facchino del porto.

Ardito, formatosi politicamente nel circolo libertario “Pietro Gori” , nel 1927 è stato inviato al confino a Lipari, poi convertito in ammonizione, sempre sotto stretta sorveglianza della polizia.

Tra i patrioti della banda figura anche suo figlio Armando.

Spartaco Pucci è figlio di Archimede, portuale, Ardito del popolo, ex anarchico passato nelle file comuniste, inviato nel 1927 al confino per un anno.

Araldo Urbani, ex fattorino postale,  è segnalato nel marzo 1943 dall’OVRA come sovversivo, mentre sta svolgendo il servizio nella Marina militare a La Spezia. Dopo l’8 settembre si allontana e si aggrega alla banda.

E’ figlio di Amilcare, anarchico, uno degli Arditi più attivi, incarcerato poco prima della marcia su Roma con l’accusa di omicidio per ragioni politiche, condannato tre volte al confino, sia a Lipari che a Ponza. Sorvegliato permanente perchè “altamente pericoloso”, è assiduo anche lui dell’osteria di via Trieste, considerata dalla polizia uno dei covi del sovversivismo locale.

Irriducibile, Amilcare fa parte con la compagna Anna Luciani del gruppo arrestato in primavera.

Non è presente a Bieda, perché è impegnato nel battaglione internazionale dei partigiani nei pressi di Cassino.

Libero Urbani è il fratello di Amilcare.

Gli Arcadi appartengono a una famiglia di comunisti della prima ora.

Enrico e Ottavio sono fratelli di Secondo, socialista, comunista dopo la scissione di Livorno, segretario di sezione nel 1927. Attivissimo nell’organizzazione della difesa armata degli Arditi, si è dimesso dalla cooperativa portuale per non iscriversi al sindacato fascista. Nel 1927 è’ stato arrestato e condannato al confino, poi trasformato in ammonizione, nuovamente arrestato nel 1928 e diffidato nel 1936 per commenti in pubblico sulla guerra civile spagnola.

Umberto è il nipote, figlio di Idilio, morto il 14 maggio sotto il bombardamento, mentre era in servizio. Marinaio di leva, il 7 maggio è stato arrestato a Pola e deferito al Tribunale Militare per antifascismo. Liberato il 4 agosto, è tornato in famiglia e si è arruolato nella banda.

Nelle squadre di Civitavecchia milita anche Rinaldo Montecolli, fornaio, comunista, nato a Vetralla ma residente in città. E’ un’altra vecchia conoscenza dell’ OVRA, anche lui condannato al confino e poi ammonito, arrestato in primavera. Scarcerato il 16 agosto, si è immediatamente tuffato nella lotta partigiana.

Augusto Carucci, meccanico, portuale, è stato per un certo periodo segretario giovanile della sezione comunista.  Schedato dal 1928, ha partecipato con Menotti Salerni alle attività di soccorso ai carcerati politici.

Anche tra i patrioti troviamo vecchie conoscenze della polizia.

Edmondo Marcucci, falegname, comunista è rimasto sotto sorveglianza dal 1931 al 1938. E’ un personaggio irrequieto;  dopo aver tentato l’espatrio, nel 1935 si è avvicinato provvisoriamente al Fascio per potersi trasferire nell’Africa orientale.

 E’ figlio e nipote di Luigi e Vitaliano, cognati di Secondo Arcadi, portuali, con un curriculum politico ricchissimo, che risale agli inizi del secolo. Luigi, consigliere comunale socialista prima del 1922,  è stato dirigente di tante lotte sindacali e per l’occupazione delle terre. Divenuto comunista, sorvegliato permanente, è stato espulso dalla Compagnia Portuale. Vitaliano, anarchico poi passato al comunismo, è stato per un periodo segretario della sezione locale e ha poi proseguito la sua attività antifascista.

Gino Possenti, portuale, è stato seguito dalla polizia dal 1930 al 1936, per aver svolto della propaganda comunista,  poi è stato radiato per aver cessato la sua attività politica.

I fratelli Primo e Ugo Tartaglia, sono figli di Camillo, portuale, comunista, Ardito del popolo, e nipoti di Pietro, anarchico, assassinato dai fascisti nel 1921.

Danilo Milo richiama i tre fratelli anarchici Antonio, Augusto e Raffaele Milo. Antonio è stato tra i fondatori della cooperativa portuale; Augusto, collegato con i protagonisti del movimento anarchico nazionale e internazionale, ha conosciuto il confino, come Raffaele, Ardito del popolo, morto il 14 maggio sotto i bombardamenti.

Altri, come i fratelli Benni, Amerigo e Silvio, o i fratelli Ciliberti, Spartaco, Cesare e Umberto, e il cugino Michele, si affacciano alla lotta senza precedenti esperienze. Sono giovani che hanno sviluppato un’insofferenza istintiva verso i comportamenti autoritari, inaspritisi nell’ultima fase della guerra. Umberto, reclutato nella Marina Militare, ripreso più volte per indisciplina, è tornato a Civitavecchia dopo il 14 maggio, in licenza per i funerali del padre, morto sotto i bombardamenti. Non rientra in servizio e, spostatosi a Bieda con i fratelli, aderisce alla lotta partigiana.

L’identikit della banda ci offre quindi un profilo essenzialmente popolare, con la presenza di molti portuali, tra cui Nicola Mori.

Per quanto riguarda le squadre di Bieda e Civitella, i nomi dei combattenti e dei patrioti mettono in risalto il contributo particolare di alcune famiglie, come i fratelli Mantovani, i Marini, i De Santis, i Perla, i Boncompagni, gli Scafa, i Di Silvio, i Ferri, gli Gnocchi, che costituiscono l’ossatura delle squadre e del gruppo di collaboratori.

Purtroppo, proprio per la diffusa rete dei legami familiari, tanti di questi cognomi  si trovano nell’elenco delle 47 vittime del bombardamento alleato che il 6 giugno 1944 colpisce Bieda proprio nel corso dell’azione partigiana di occupazione della città.

Sotto le macerie, accanto ai tanti morti di Bieda giacciono anche sfollati di Civitavecchia.

Il quadro complessivo ci mostra una formazione coesa, radicata, caratterizzata da una netta fisionomia politica.

Entra in contatto con i militari e prigionieri alleati evasi dal campo di concentramento di Civitella Cesi, per lo più sudafricani, li soccorre e salva dai rastrellamenti tedeschi, ma non li recluta organicamente.

Il battesimo del fuoco avviene il 12 dicembre.

“ Il 12 dicembre 1943, sulla via Cassia, nei pressi di Vetralla, circa le ore 23, le Squadre Partigiani, imboscate dietro le fratte ai margini della strada, attaccavano tre camion di tedeschi. Alla prima scarica di fucileria i camion si fermarono di colpo ed i militari che si trovavano sopra saltarono in terra e si gettarono tra i cespugli al di là dell’altro lato della strada. Il sopraggiungere di altri camion, con a bordo molti militari tedeschi faceva dare luogo ad una forte sparatoria da ambo le parti. L’oscurità, interrotta soltanto dalle luci dei fanali delle macchine in un unico senso, rendeva difficile colpire a segno. Il sopraggiungere di ancora altri camion, e di altra truppa tedesca,consigliò i Partigiani che si trovavano ormai dinanzi ad una superiorità schiacciante, a ritirarsi. Data l’oscurità, non si potette accertare se i tedeschi avessero sofferto perdite, né i danni da loro subiti”.

CLAUDIO GALIANI

… continua (il prossimo capitolo (V) mercoledì 24 luglio 2019)
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