SpazioLiberoBlog, Elly Schlein e il Partito Democratico
di FABRIZIO BARBARANELLI ♦
Sono in molti a osservare che spazioliberoblog può correre il rischio di diventare strumento di dibattiti politici talvolta anche interni ai partiti ed a quelli di sinistra in particolare.
E’ un rischio reale e comunque inevitabile quando si crea uno spazio di libertà senza filtri che non siano quelli che abbiamo segnalato nel manifesto costitutivo.
Si può scivolare nella propaganda, è vero, ma questo aspetto si può cercare di ridurre in vari modi: intanto il dibattito è aperto a tutti e chi ha da dire prenda il pc e scriva dicendo la sua opinione, da sinistra o da destra, non avrà censure. Semmai si alimenterà il confronto ed è esattamente ciò che crediamo utile.
Il secondo modo, che è quello in cui confidiamo maggiormente, è l’uso del buon senso e della responsabilità, ben consapevoli che una deriva propagandistica sarebbe un colpo a questa esperienza che da sette anni arricchisce il panorama culturale della nostra comunità. E, sia detto con chiarezza e fermezza, nessuno di noi sarebbe disponibile a subire un mutamento di tale natura.
Comunque se l’alternativa è il silenzio e l’incomunicabilità, preferiamo rischiare, perché il pluralismo e il dibattito sono le pietre miliari della democrazia e della cultura e solo chi avverte la fragilità delle sue opinioni non le mette a confronto con quelle degli altri.
Continueremo pertanto a ospitare contributi su ogni materia che sia di interesse generale, sollecitando punti di vista diversi e affidandoli alla intelligenza di chi legge.
Ma vengo a una questione molto presente in queste settimane sul blog, esprimendo la mia opinione “partigiana”.
Non mi sorprende che riceviamo frequenti contributi sulla nuova segretaria del PD Elly Schlein: è il tema del momento ed è normale che se ne discuta, come da qualche mese si discute di Giorgia Meloni.
Due donne alla guida delle due principali forze antagoniste del paese non è certo argomento che possa passare inosservato e non provocare riflessioni e considerazioni.
La riflessione inoltre non è circoscritta alla sfera della politica ma investe più complessivamente i mutamenti della società e ne segnala le trasformazioni. Solo pochi anni fa sarebbe stato impensabile uno scenario come l’attuale.
Voglio però fare qualche osservazione di merito.
Leggo e ascolto da più parti un ragionamento che non mi convince, che considera Elly Schlein alla stregua di un estraneo venuto a conquistare il PD e a mettere fuori gioco chi nel tempo ha fatto del PD il suo riferimento ideale e politico.
Premetto di averla sostenuta e quindi di essere al di fuori di facili sospetti.
Elly Schlein è la segretaria del PD e quindi anche della sua storia, dei suoi gruppi dirigenti presenti e passati, del suo essere stato e del suo essere oggi.
Perché un partito, come ogni altra comunità, è innanzitutto la sua continuità. Un segretario che non ne avvertisse il peso e la responsabilità sarebbe davvero un corpo estraneo destinato a fallire.
Dire questo non significa che ogni segretario non rappresenti una linea politica che può essere diversa e talvolta anche sensibilmente diversa da chi l’ha preceduto.
La politica è così e così è sempre stata.
Nello stesso PCI, che poteva sembrare un monolite, il confronto sulla linea politica era serrato e le diverse anime del partito si misuravano spesso anche su posizioni assai contrastanti. Per non dire della DC in cui le correnti erano strutturate ed organizzate.
Alla fine, come sempre nelle organizzazioni democratiche, i numeri decidono, ma i numeri possono cambiare e i congressi e le battaglie politiche interne servono anche a questo, a definire le maggioranze.
E’ pleonastico, forse persino banale? Decisamente lo è. Ma le conseguenze non lo sono.
A coloro che dall’interno o dall’esterno dicono che al PD serve più sinistra oppure, al contrario, che serve più centro, sfugge che la sinistra e il centro sono presenti nel PD, nato proprio per far convivere storie, esperienze, sensibilità politiche diverse e cercare possibili punti di mediazione programmatici.
Poi la linea la danno le maggioranze che di volta in volta si formano e sta alla intelligenza della politica garantire le minoranze e il loro peso.
In questo confronto/scontro permanente, che è il cuore della dialettica democratica, la ragione dello stare insieme è costituita dai valori di fondo condivisi che per il centro sinistra non possono che essere la solidarietà, la lotta alle intollerabili diseguaglianze presenti nella società, la tutela del lavoro in tutte le sue forme, le questioni ambientali, i diritti civili, la difesa delle libertà e della costituzione nata dalla Resistenza e quindi un modello di società basato su questi inalienabili principi che vanno poi declinati in programmi. E in questo declinare possono sorgere differenze anche profonde.
E’ ragionevole dire che quando queste differenze investono valori fondanti, diventa difficile restare insieme
Ma quando le differenze si manifestano su singoli punti programmatici, anche se importanti, la scelta che mi sembra più ovvia è restare nella organizzazione e proseguire a lavorare dall’interno.
Se Bersani, D’Alema, Speranza ed altri non fossero usciti ai tempi della segreteria di Renzi, ci sarebbe stata sicuramente “più sinistra” nel PD e un gruppo dirigente più sensibile ai suoi temi. Lo stesso dicasi per Renzi ed altri che abbandonando il PD hanno sicuramente lasciato un vuoto nel dibattito interno.
Il risultato è stato l’indebolimento del PD e la creazione di due formazioni politiche che hanno non poco complicato la vita e la competitività del centro sinistra, rendendo la strada più facile al centro destra.
L’alternativa allo stare insieme nelle diversità è ciò che si sta vivendo: la estrema frammentazione delle forze politiche e l’inevitabile vittoria del fronte opposto, molto più capace di aggregarsi anche quando le diversità sono di grande sostanza.
Se ognuno pensa alla organizzazione politica come a un vestito che deve calzare a pennello sulla propria taglia, è chiaro che si determinano costanti rotture e divisioni e la formazione di tanti piccoli nuclei, stavo per dire tribù, spesso anche personali e talvolta carichi di risentimenti verso la “casa madre” rendendo sempre più difficile e spesso impossibile la ricerca di una unità persino nelle competizioni elettorali.
E’ un male antico soprattutto della sinistra ed è una delle ragioni della deriva cui stiamo assistendo, che investe anche le basi democratiche del paese.
Continuo a pensare, forse illudendomi, che ci sia lo spazio per una grande formazione politica plurale e democratica, che abbia al suo interno storie e sensibilità profondamente diverse ma con comuni valori, capace di organizzare la democrazia e il confronto, nella tolleranza e nel rispetto delle altrui posizioni, sapendo che la diversità è un alimento essenziale della politica come lo è della società.
E sarebbe utile alla democrazia che anche nel centro destra si sviluppasse un analogo percorso così da avere il fronteggiarsi di due formazioni politiche plurali, in rappresentanza di interessi diversi e confliggenti, perché la politica è necessariamente partigiana, sempre e da sempre.
Le contraddizioni in seno al popolo, si sarebbe detto un tempo, che è naturale che si riverberino nei partiti.
E’ difficile gestire il pluralismo e la diversità, lo so bene, soprattutto a fronte di forme di integralismo e di intolleranza diffusi da sempre ed oggi alimentati in modo esasperato dai mezzi di comunicazione.
E’ sempre più difficile stare insieme in una società atomizzata, individualistica, in cui sono saltati molti dei valori che garantivano la coesione sociale.
Ma è necessario superare tali difficoltà se non si vuole rischiare che il nostro modello di democrazia sia spazzato via e che si affermino modelli illiberali ed autoritari, come sta avvenendo in molte parti del mondo ed anche in paesi europei.
FABRIZIO BARBARANELLI
Mi trovo in perfetta sintonia con quello che Fabrizio scrive nel suo articolo. Viene spontaneo citare una della frasi premessa alla creazione di SpazioLiberoBlog , “Apriamo il blog a tutti e a tutte le idee. Senza esclusione alcuna. Lo apriamo ai commenti liberi, alle diverse opinioni, con un argine solo alla violenza verbale, all’insulto e alla denigrazione degli altri.”. L’impegno è dunque continuare su questa strada.
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Io penso che piuttosto che il ‘contarsi’ delle correnti e l’assunzione come propria del partito la linea di chi ‘ha vinto’, non sia il migliore dei modi per rappresentare un partito plurale, no, non lo é, un partito plurale perde la ricchezza della sua pluralità nel momento in cui assume come propria la linea ‘del vincitore’. Si dovrebbe invece essere capaci di trovare la ‘sintesi’ fra le varie anime e produrre così una linea politica accettata come propria e condivisa. Certo, sono cosciente che é un metodo, o meglio un obiettivo, particolarmente arduo che richiede un cambio di mentalità radicale e l’abbandono delle correnti come entità di potere, ma bisognerà pur uscire prima o poi dalle ‘correnti’ e dalle spartizioni correntizie.
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Il problema non è quello della sintesi fra visioni diverse ma unite da un comune denominatore forte che supera la differenza di quelle visioni. Penso che tutti si sia in accordo su questa unità sostanziale nelle differenze accidentali.
Il problema è che da anni il PD da parte di suoi taluni membri ha “perso la strada”. La moralità di un tempo si è andata attenuando facendo spazio al potere per il potere.
Una deriva pericolosa che ha deluso i votanti.
Nessun scivolamento sul pensiero unico del vincitore. La pluralità culturale non può essere posta in discussione. Le anime diverse debbono coesistere. La cosidetta “fusione a freddo” è una idea aurorale che oggi dopo anni di convivenza rimane un modo di dire desueto.
Riprendere il percorso originario, meditare sugli errori, riflettere sul perchè la controparte ha consensi elevati. Abbiamo fatto il segretario. E’ tempo ora di “svelare” la missione. Non inventarla ma solo riscoprirla, togliere il velo. Essa è lì alla portata di mano, ci attende. Aspetta solo che ci si scrolli di dosso quella patina di tracotanza che tanto male ha arrecato.
Schein non è corpo estraneo nel senso dei fondamentali spiriti del partito.
Schlein, si spera, è corpo estraneo nei confronti della cattiva coscienza che ha contaminato parzialmente questi ultimi decenni.
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Carlo Alberto, io penso che se il partito fosse capace di sintesi produrrebbe una linea politica quasi costante nel tempo da diventare identitaria, se, invece, ad ogni cambio di segreteria si cambia linea ed identità, si crea nell’elettorato un inevitabile smarrimento con ‘fuoriuscite’ di personale ed elettorato una volta da destra ed una volta da sinistra. E non é forse di questo che ci si lamenta?
Poi certo, il fatto che più che una forza politica il partito appare, agli occhi di molti, una consorteria che gestisce il potere, non fà certo bene.
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Condivido l’intervento di Barbaranelli animato da libertà di pensiero.
Con l’elezione di Schlein, secondo me, si pone il problema costitutivo del PD, un partito di ambizione maggioritaria che, mi sembra, non sia ora più interessato a diventarlo. E’ sbilanciato da una parte ma non sembra interessato a tenere insieme le varie componenti, tutte indispensabili per tornare al governo, e dubbioso sul sistema elettorale, allettato da un ritorno al proporzionale. L’unico paradossale collante di quest’ultima stagione è l’avversione a Renzi, anche da parte di coloro che lo seguirono.
Un ritorno a proposte di sinistra/sinistra ha galvanizzato il Partito che si è riallineato con un certo superficiale cinismo, stanco di tante sconfitte. Basterà per essere forza di governo? Ho le mie perplessità
Marcello Luberti
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Condivido l’analisi di Fabrizio, mi sia consentito, solo, di esternare alcune domande che mi sono posto e, di seguito, di sottoporle al dibattito interno sul blog.
Al di là del segretario, bisogna chiederci: che cosa saprà fare il PD? Quale ruolo saprà svolgere nel prossimo futuro? Sarà in grado di compattare quanti (sinistra interna) sono, attualmente, al di fuori del partito, di dialogare con il movimento Cinque Stelle, con il Terzo Polo, di ascoltare per poter poi comunicare con quanti, alle ultime elezioni, pur orientati a sinistra, non lo hanno votato, implementando il numero significativo degli astenuti? Sarà capace di una riorganizzazione interna efficiente ed efficace che sappia far presa non solo sui propri iscritti, ma anche e soprattutto sulla società civile; sarà in grado di interpretare le istanze e i bisogni dei giovani, di chi ha perso il lavoro, di chi è emarginato, discriminato; di proporre soluzioni innovative rispetto ai temi del lavoro, della salute, dell’ambiente, della terza età? Questi punti di domanda, di cogente attualità, dovranno far parte, da subito, della sua agenda politico-programmatica, aperta al dialogo interno e a quello con le altre forze politiche, in primis Fratelli d’Italia ei partiti che, oggi, fanno parte della coalizione di Governo ma aperta, soprattutto, alla gente, al popolo e a chi non ha voce e non si sente più rappresentato, favorendone la partecipazione.
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I punti di domanda che ha esposto Massimo sono fondamentali e non li ripeto, ma vorrei porre la mia esperienza come collaboratrice del Blog SpazioLibero fin dall’inizio e militante del Partito democratico da sempre.
Spazio Libero ha ampliato i suoi propositi dell’ inizio, cresce, così come cresce il consenso al Partito Democratico con la Segretaria Elly Schlein.
Il resto sono mie elucubrazioni , che vi risparmio.
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L’articolazione in una realtà anche partitica non va letta come depauperamento, ma come arricchimento di spinte e proposte purché non siano frutto d’improvvisazione o di fughe ideologiche. Ogni tematica nuova, se afferisce al mondo assiologico del partito, va accolta come apertura e cpn entusiasmo.
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