TI RACCONTO IL MIO SOGNO

di SIMONETTA BISI

Bambini ucraini in fuga nei bunker

 

…Il carro era pieno di bambini… siamo arrivati in un villaggio sconosciuto dove degli estranei ci hanno distribuito nelle chata. Sono rimasta tanto tempo senza parlare…. Non ricordavo più il mio nome. Poi ho ricominciato a parlare… a raccontare di mamma e papà. Di papà che era scappato via da noi… Della mamma stesa per terra … giaceva sul marciapiede con le braccia spalancate. La supplicavo di alzarsi, ma non si alzava. I soldati hanno messo la mamma in un sacco e l’hanno portata via.

(Gli ultimi testimoni, Svetlana Aleksievic)

 

X: Io… io vorrei soltanto raccontarti il mio sogno. L’ho letto in un libro, e stanotte quel sogno è diventato il mio sogno. Guarda il mio viso: non vedi il mio sguardo sereno il volto disteso, una gioia profonda, la luce della mia anima finalmente sgombra di tanti fardelli?  Io oggi sono colma di pace… Lo vedi? Mi guardi?

 Y: E va bene. Racconta.

X: Ho sognato, stanotte ho sognato quel sogno del libro. Mi trovavo su un prato verde smeraldo: era l’alba. Guardavo la luce albeggiante color ciclamino mentre lassù si faceva strada un riverbero azzurro.  Intorno vedevo un paese di case minuscole, baracche e taciti steli splendenti e ritti come cristalli e prati selvaggi.

Ho sognato che camminavo camminavo… ed ecco mi trovo davanti a una casa. C’era sull’uscio un piccolo batocco… toc toc… questo improvviso rumore più antico, più solido, mi rincuorava… toc toc… la porta si apre e una luce rosata si insinua in quella fessura e poi dilaga come un mare color ciclamino fino a laggiù, laggiù. E in quella luce incantata tutto sembrava galleggiare come su un mare di bambagia rosa.

C’erano tanti lettini uno vicino a quell’altro e anche due culle. La luce era rimasta sull’uscio, c’era solo un lumino stringicuore che dava all’ambiente un chiarore pesto e soffocato.  Eppure, io vedevo quei volti di bimbi sereni nel sonno. Non un rumore intorno, forse solo il segreto e remoto pulsare di quei piccoli cuori…Tutta la mia apprensione spariva come dentro un gorgo benigno, spariva in quell’imprevista e straordinaria visione.

Y: Ah… E poi?

 X: Mi sembrò di sentire qualcosa di nuovo, suoni e melodie di cui ero la sola a godere, finalmente sciolta dall’abbraccio fatale dello spirito dei tempi. Finalmente libera e pura! L’aria era leggera leggera… ed ecco… un piccino si sveglia. Si guarda intorno smarrito, singhiozza, una bambina nel lettino vicino mi guarda e mi tende le piccole tenere manine e piange sommessa, poi un altro poi un’altra e ancora ancora. I piccini sono svegli ma non sono felici, cercano, cercano, cercano forse la mamma o il papà o comunque un abbraccio. Io avevo uno zainetto: forse lì dentro, pensai, ci sono ben custoditi e protetti come un messaggio nella bottiglia, sigillati in quello zainetto ci sono forse giochi e favole consolanti? Apro lo zainetto…

 Y: È un sogno lungo … finito?

 No. Il sogno continua. Ero io, mi muovevo tra i lettini. Tendevo le braccia, sollevavo un bambino poi un altro. C’ero io, e quei bambini piangenti. Ero sollecita e trepidante.  E all’improvviso trovavo le parole giuste. La mia voce è pacata, dolce melodiosa: una lingua arcana a me ignota fluisce lieve dalle mie labbra e i piccoli volti si rasserenano, cominciano a spuntare i sorrisi, e poi risatine di gola, tante piccole scarnite braccine si tendono verso di me.

Nel sogno disegnavo i paesaggi dell’anima, e mormoravo: bambini ricacciate giù in gola la disperazione… siate vivi. Siate vivi! Ho sognato che così parlavo…E mentre parlavo disegnavo disegni bellissimi con matite d’argento, di rubino e di giada. Disegnavo montagne, e le vaste distese di neve rosata. Ho sognato che riempivo le stanze, e gli interminabili corridoi di quella cruda casa della sofferenza con immagini d’incanto. Mostravo agli orfani visioni fatate, rimedi fatati per tutti i crucci e le deprivazioni…

 Y: Mah…

 X: Poi mi sono risvegliata e così ho perso la mia gioia. Mi sono risvegliata e ho maledetto il mio risveglio. Perché non continuo a sognare che ancora cammino leggera leggera… Sognare, ancora sognare che racconto altre favole belle…

 Y: Mi senti? Insomma, cosa ti prende? Cos’hai? A cosa pensi?

 X: Alla realtà. Non potrò raccontare favole belle…  Non a quei bimbi rubati, deportati lontano, senza più famiglia e senza più storia. Riusciranno a ricordare? Qualcuno raccoglierà le loro testimonianze su quei giorni orribili, come ha fatto Svetlana Aleksievic con chi era bambino durante la Seconda guerra mondiale? No, non potremo ascoltarli, perché non torneranno a casa i bambini rubati, dispersi nel vasto territorio russo. Solo nel sogno potrò asciugare le loro lacrime, accarezzarli…

Penso alla fortuna dei nostri piccoli, che vivono accuditi e sereni. Cosa dire loro, come spiegare….  No, non posso.

Nasce un sorriso incerto

sul tuo volto bambino.

Mi guardi

ti guardo.

Vorrei poterti spiegare

perché il sangue scorre

prosciuga giovani vite

chiude occhi innocenti

in una barbara strage.

Vorrei poterti spiegare

cos’è il maleficio

che alza la mano di alcuni

dando loro potere di morte.

Vorrei poterti spiegare

la forza annullante del dubbio

che blocca il pensiero,

incute timore

invita alla fuga.

Vorrei, ma non posso.

Non voglio essere io

a privare i tuoi occhi

del loro brillare.

SIMONETTA BISI

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