AMIAMO IL NOSTRO GENIUS LOCI

di CARLO ALBERTO FALZETTI

Che cosa è un luogo?

Un luogo è un agglomerato di edifici, una chiesa, un prato, un cantiere, un porto, una macchia, un corso d’acqua, una rete di strade. Ma questi sono solo elementi che lo individuano.

Un luogo è una connessione fra i suoi elementi. Ma questa connessione si declina attraverso diverse gradualità. Un sopra, un sotto, un vicino, un lontano, un alto, un basso,un armonia, un disordine, un bello, uno squallore, uno spazio rarefatto, un tumultuoso affastellamento. Ma questi sono solo le connessioni fra gli elementi.

Un luogo è un contenitore di persone. Ma anche in questo caso le declinazioni sono varie .Una semplice condivisione di spazio, una coincidenza casuale, una banalità di rapporti relazionali, un conglomerato , qualcosa che è più della semplice somma degli elementi umani, una identità comunitaria, un corpo vivente dotato di personalità con una propria cultura da esibire.

Per capire un luogo, dunque, non basta descrivere i suoi elementi e le sue connessioni. Necessita,  soprattutto, cavar fuori le relazionalità umane e declinarne le gradualità. Come per una persona non basta descrivere le fattezze, l’anatomia, le sue articolazioni, le sue espressioni, le sue azioni. Necessita tirar fuori “l’anima”, la coscienza che ha di se stesso.

Un luogo è degno di essere luogo solo se se ne può conoscere la “coscienza”espressa dai suoi abitanti. Senza questa prova di vitalità il luogo è solo un contenitore, uno spazio condiviso, un insieme accidentale di esseri umani che insistono sullo stesso spazio.

Un luogo per essere tale deve poter esibire, da parte dei suoi abitanti, il genius loci. Lo spirito benevolo che si è stratificato nel tempo naturale e nel tempo storico. Spirito che i suoi abitanti dovrebbero conoscere ed esibire quale simbolo della loro identità che li lega e li fa essere comunità: un plus rispetto alla banale somma delle parti.

 Un luogo, in sintesi, non è solo uno spazio naturale ed organizzato ma è espressione culturale conosciuta, vissuta e trasmessa.

 “Fare luogo” è una impresa culturale. Ancor di più: è l’impresa culturale per eccellenza di una comunità.

Una impresa  essenziale per una comunità per evitare l’anonimia, l’indifferenza, la marginalizzazione sociale.

La nostra area spaziale, l’area di Civitavecchia, ha come sua specificità il dialogo storico tra monte e costa. Un rapporto ancestrale che ha visto l’alternarsi del polo gravitazionale tra monte e costa. Una oscillazione tra i due poli.

 La ricchezza mineraria della collina alle soglie dell’età storica ha determinato  la nascita di un centro di attrazione subordinando la costa al servizio di quella estrazione mineraria. Di seguito, in età romana il porto costruito ha rappresentato il fulcro dell’area. Dopo la decadenza medievale ecco che il polo gravitazionale riprende vigore concentrandosi ancora una volta sul monte ricco di allume. Ed il porto rinasce grazie alle estrazioni.

Una storia, dunque, di relazionalità fra costa ed entroterra all’interno di un territorio disegnato  dall’arco del Mignone e dal mare.

La conservazione di questa memoria fu nel tempo garantita da numerosi storici del luogo. Una fitta serie di studiosi  ininterrotta a partire dal’700 ad oggi (specialmente dal dopoguerra in poi numerosa è la schiera degli appassionati cultori dei luoghi).

In particolare, questo far luogo si cristallizzò in un sodalizio istituito nel 1911 allo scopo di conoscere e diffondere la storia del territorio: l’Associazione Archeologica Centumcellae:

Nomi eccellenti hanno fatto la storia del sodalizio riconosciuto ed apprezzato da grandi nomi dell’archeologia. Un vero e proprio motore per produrre identità civica attraverso il “far luogo”.

Così come la Società Storica Civitavecchiese con la sua rivista zeppa di articoli che ha diffuso la conoscenza di  personaggi ai più sconosciuti. Così come il Fondo Ranalli che è sempre presente nel ricordare i momenti simbolici della nostra terra.

Ed il nostro blog con le sue riflessioni sull’ambiente, sulla politica cittadina, sulla cultura del territorio.

Allo stato attuale la Città sente ancora più pressante il bisogno di abitare uno spazio  acquisendone una maggiore  consapevolezza. La cura di un territorio, esigenza che tanto si invoca da più parti, passa anche attraverso la coscienza che gli abitatori hanno circa gli aspetti valoriali. La lotta per disporre di una sostenibilità  lecita in termini ambientali, economici, sociali non può essere costruita solo sulla immediatezza, sul consenso del momento, sugli stimoli emergenziali  che provengono dall’esterno. La solidarietà tra residenti è anche questione di condivisione di valori, di identità simboliche, La capacità di reazione per soccorrere le fragilità dei luoghi è anche funzione del livello culturale civico degli abitanti

Non si può pretendere di mobilitare a favore dell’ambiente se non si è in precedenza costruito qualcosa per evitare la completa disattenzione della gente verso i luoghi del loro vivere. Le condizioni di contesto cioè la conoscenza, la condivisione, il rispetto, l’ orgoglio di appartenenza, sono gli elementi “invisibili” di ogni azione operativa che tenda a proteggere l’ambiente rivendicando i diritti che sono lesi.

Abbiamo bisogno di patrimonio civico. Abbiamo necessità di iniziative che creino valore, solidarietà. Abbiamo bisogno di un “capitale quotidiano” che produca valori basati su fondamenti condivisi.

Imparare ad amare, conoscendo, il luogo che temporaneamente ci ospita così come lo stesso ha fatto per le tante generazioni passate.

Un libro di storia comunale, la biografia di un personaggio, il ripristino di un monumento, l’esplorazione di un sito archeologico, la pulizia di un lacerto di pietra, la ricerca del senso dei toponimi, la storia di pietra della città, lo svelamento della rete urbanistica celata sotto la struttura attuale, l’ascolto delle storie del passato. Azioni  semplici, tante volte esercitate ma che costituiscono molto in termini di identità comunitaria.

CARLO ALBERTO FALZETTI

https://spazioliberoblog.com/