RUBRICA “BENI COMUNI”, 32. DUE MONUMENTI

di FRANCESCO CORRENTI ♦

A leggere la Guida d’Italia del Touring Club Italiano, di Luigi Vittorio Bertarelli, terzo volume dell’Italia centrale, edizione del 1923, alle pagine 166-167, si ha un’idea precisa (l’ho già scritto altre volte) di quale fosse la considerazione della cultura ufficiale dell’epoca per il patrimonio storico-artistico di Civitavecchia, quando la città era ancora la “città dell’anteguerra”, cioè intatta, integra nell’abitato e nel porto, prima delle distruzioni belliche e postbelliche, priva solo delle opere demolite in tempo di pace, alcune “opere insigni” come il circuito della cinta bastionata – spianato dopo il 1870 – e qualche altra piccola cosa. Eppure, non si parla neppure della chiesa di Santa Maria, del museo civico nel convento domenicano, della chiesa dell’Orazione e Morte e delle “Anime purganti” dell’Errante – integre – nella sua cupola… Dell’Arsenale – anch’esso integro – si accenna solo ai “grandi archi”; la Rocca e la sua Torre sono solamente il Palazzo della Sottoprefettura; non si parla dell’Archetto e delle mura castellane; il Forte di San Michele [Arc]angelo è affibbiato al Buonarroti con grande amarezza (postuma) di Donato di Angelo di Pascuccio; nessuna delle opere di pittura – affreschi o quadri, il “Trittico dell’Assunta” o il “Redentore benedicente” – meritano una parola, né la necropoli della Scaglia, né il “nostro” campanile, manco le Terme Taurine!  Infatti, il giudizio complessivo della guida è severo: “Visita, di scarso interesse, in circa 2 ore; con minor tempo, limitarsi al porto.” Con buona pace di alberghi, stabilimenti balneari e ristoranti: eppure il “Grand Hôtel des Thermes” è integro ed anche il grande “Pirgo” ed una tipica “zuppa di pesce” era una specialità gastronomica che una guida poteva ben raccomandare. Di quelle pagine, pur sempre preziose, ho pubblicato per i lettori le immagini nella puntata n° 29 del 5 gennaio scorso. Qui di seguito ne riporto la fedele trascrizione.

“Dalla stazione a destra nel largo Viale Garibaldi, alberato in parte a palme; a destra, sorgono alti palazzi e alberghi; a sinistra il viale è aperto sul mare. Lungo il percorso, la statua in marmo di Garibaldi, di Filippo Matteini (1890) e il busto in bronzo di Alberto Guglielmotti (1912) da Civitavecchia (1812-93), autore della “Storia della Marineria Pontificia”, di Arnaldo Vignanelli. In fondo al viale si può continuare nella via del Porto, oppure voltare a destra nella lunga piazza del Plebiscito e, subito a sinistra, nella piazza Cavour, che continua nella piazza Vittorio Emanuele, centro della città, con la statua in marmo di Vittorio Emanuele, di Ettore Ridolfi (1890) e, a destra, la bella chiesa di S. Francesco, della seconda metà del ’700, con decoroso interno. Continuare nella animata via Umberto I alla piazza Calamatta (L. Calamatta, 1802-69, incisore di Civitavecchia, le cui opere complete sono nel Palazzo Comunale), con giardino. A sinistra, il Palazzo della Sottoprefettura; entrare nel cortile, da cui, vista del porto. Uscendo, discendere a destra, raggiungendo, circa nella metà dell’arco, il Porto, dell’area di 87 ettari, profondo circa 6 metri, per il quale Urbano VIII fece eseguire ingenti opere e il Governo italiano importanti difese. Davanti alla bocca è un antemurale col faro, una torre cilindrica rastremata. Si percorra prima il tratto a destra, poi il tratto a sinistra, dov’è una fontana di Luigi Vanvitelli, quindi i grandi archi della Arsenale il bellissimo Forte iniziato nel 1508 da Giulio II, che ne pose la prima pietra, su disegno di Michelangelo, compiuto sotto Paolo III da Antonio da Sangallo il Giovane. È una mole di possenti, armoniche linee, in travertino, a pianta rettangolare, con poderosi torrioni cilindrici angolari e un mastio ottagonale a metà del lato che guarda il porto e che ha nel fregio una decorazione dei gigli farnesiani di Paolo III. Per la via del Porto in breve salita si ritorna nel Viale Garibaldi.”

L’atteggiamento, nelle ultime guide del Touring, è completamente cambiato. Il volume Lazio della collana Italia del TCI (le “guide rosse”), pubblicato nell’anno 2005 con la collaborazione editoriale de la Repubblica, riporta un insieme di notizie molto approfondite e aggiornate su tutto il nostro territorio, tanto che l’Istituto Centrale per il Restauro del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali ha attribuito all’intera collana la valenza di repertorio dei beni culturali esposti in Italia, per la conoscenza unica sulla consistenza, qualità e localizzazione del patrimonio storico-artistico del nostro Paese. Non solo, ma la parte descrittiva è integrata da capitoli introduttivi con ottica interdisciplinare (tra i quali un apposito esauriente capitolo sugli Etruschi) e da una ricca appendice che dà conto delle opere in corso e dei programmi di restauro e di riassetto previsti (sia pure con alcune indicazioni immaginarie forse tratte da qualche volantino preelettorale). Anche la cartografia è stata completamente aggiornata, e questo, fin dall’edizione 1996 delle Guide verdi d’Italia, volume Lazio. La “Pianta di Civitavecchia”, infatti, è stata integrata con lo stato di fatto che ho potuto fornire su richiesta dello stesso Touring, con la soddisfazione di veder riportate la nuova Sede comunale, le aree a verde del Giardino del Pincio e dell’Arena, del Parco e Monumento ai Caduti sul Lavoro a Porta Tarquinia e del grande Parco della Resistenza con i casali della Vigna Antonelli e con il Viale dei “Cento Pilastri”, ovvero il tratto dell’antica Via Aurelia Nova, testimonianza residua e preziosa della strada traianea che dalla Aurelia Vetus sulla costa, all’altezza della foce dell’Infernaccio, raggiungeva la statio di Tabellaria (del Cluverius) sul fosso di Pian d’Arcione, verso Forum Aurelii, in circa 19,59 miglia romane, cioè più o meno 29 chilometri, quasi in unico rettilineo, con appena un paio di lievi flessioni tra i vari segmenti diritti.

Ho registrato, nelle diverse relazioni prodotte, insieme ad alcuni collaboratori e cultori della materia, per l’inventario del Dipartimento Territorio, Urbanistica, Beni Culturali e Ambientali, le vicende (meglio, le vicissitudini) dei beni citati nella Guida del 1923 e degli altri da noi catalogati di concerto con le Soprintendenze e con il Centro Regionale per la Documentazione dagli anni Settanta ai Novanta (con il Regolamento del 1992).

Rimando a quelle schede ed a quei materiali informatici, confluiti nei repertori della ben nota Variante 30 del 2000-2005 (quella, per intenderci, adottata all’unanimità dal Consiglio comunale in un momento di forte afflato intellettuale, dichiarata inefficace a colpi di spugna della maggioranza “interessata”, la cui documentazione completa è disponibile nell’articolo del 13 novembre 2020 “Ultimissime dal Medioevo. VI, La famigerata Variante 30, 1991-2000.2009”, sottotitolo: “And Brutus is an honourable man” (William Shakespeare, Giulio Cesare, atto III, scena II). Alcune note pubblicate nelle varie occasioni forniscono il quadro completo della evoluzione cittadina nel campo dei monumenti commemorativi (di vero e proprio monumento, costituito, secondo tradizione, da base marmorea e statua bronzea, abbiamo avuto solo quello del samurai e sedicente ambasciatore Hasekura Tsunenaga Rokuemon, donato dagli amici gemellati di Ishinomaki a celebrazione della Missione Keichô) e delle istallazioni decorative temporanee (cioè distrutte in breve tempo) o di arredo “sentimentale” (in quanto espressione dei variegati sentimenti e moti dell’animo), dei luoghi autenticamente monumentali purtroppo lasciati in totale abbandono, dei concorsi in proposito non fatti e, se fatti, non partecipati o non perfezionati e addirittura non rispettati, dei “Doni alla Città” accolti passivamente e di quelli mai pervenuti, delle proposte rimaste tali e di quelle minacciate e portate a segno, oltre – come sempre da queste parti – alle tante occasioni perdute, opportunità mancate, possibilità ignorate.

In questa puntata della rubrica, quindi, mi limito a parlare dei due monumenti proposti dai cittadini, recepiti dall’Amministrazione, ideati in ambito comunale senza alcuna spesa per la collettività e compiutamente realizzati con la partecipazione attiva dei cittadini. Ne sono stato l’autore a titolo istituzionale, cosa che ne ha consentito la realizzazione integrale, fedele al progetto e direttamente seguita anche nelle fasi ed attività esecutive, nello studio preliminare e nella preparazione manuale dei modelli e nell’intervento materiale in corso d’opera, per una felice quanto non sempre verificatasi assenza di azioni esterne di disturbo, di limitazioni dell’autonomia progettuale di natura impropria e di costrizioni o vincoli condizionanti.

Il Monumento ai Caduti sul Lavoro a Porta Tarquinia (1972-1995)

Trascrivo un articolo

Domenica 12 ottobre 2014, si è svolta presso il Parco dei Caduti sul Lavoro la cerimonia per la 64^ Giornata Nazionale per le Vittime degli incidenti sul lavoro, con una grande partecipazione di associati all’ANMIL e loro famiglie, di esponenti regionali e locali, il Vicesindaco Daniela Lucernoni, il Direttore dell’Inail e l’autore del monumento, architetto Francesco Correnti, che ne ha illustrato le fasi di realizzazione, fin dai primi studi del 1972. Pubblichiamo la sua esposizione.

“Tra la fine del 1972 e i primi del ’73, il sindaco Mario Venanzi mi chiese di partecipare ad un primo incontro con Pasquale Scognamiglio e altri rappresentanti dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro. Nel chiederci di affiancarli e sostenerli al fine di realizzare un’opera per commemorare le Vittime del Lavoro, ci mostrarono dei bozzetti, apprezzabili ma molto ingenui, con colonne spezzate e simili forme simboliche.

Laureato, allora, da meno di cinque anni o poco più, ero convinto che un monumento dedicato a ricordare la tragedia e il dolore di eventi improvvisi e imprevisti come le morti e gli incidenti sul lavoro, in una città come Civitavecchia in cui ancora era scarsa l’attenzione alla sicurezza nei cantieri e nelle industrie e, in particolare, nelle centrali, nel porto e in mare, non poteva essere una semplice scultura, ma una architettura più complessa e significativa. Già, a Roma, il Mausoleo delle Fosse Ardeatine inaugurato nel 1949 ci aveva insegnato qualcosa di diverso. Non mi fu difficile, quindi, far comprendere la mia idea, che mi ero formato con grande partecipazione personale al dolore delle persone e delle famiglie colpite. Immaginare, quindi, non un oggetto da guardare dall’esterno, ma un frammento della città sconvolto, sollevato e spaccato dal dramma, uno spazio, un terreno, lacerato, corrugato, quasi come un evento sismico o un’onda di piena, su cui l’individuo – il caduto, la vittima – resta solo, protagonista e martire. I fatti di questi giorni a Genova sono tremendamente simili a quell’idea. Così è nato il progetto, che prevedeva dimensioni maggiori e una localizzazione nell’area che era stata liberata dalle costruzioni a fianco della Compagnia Portuale, l’attuale piazza XXIV Maggio. Un monumento, uno spazio da percorrere, una struttura in cui entrare, per provare tra le pareti inclinate dello stretto passaggio un senso di disagio, di partecipazione emotiva, di riflessione commossa, leggendo poi le parole della lapide (che dovrebbe essere bagnata da un velo d’acqua e speriamo torni ad esserlo) «dal dolore la speranza». Perché la speranza resta, malgrado tutto.

Quella mia idea del ’72 fu tradotta in disegni esecutivi e in un plastico di studio, con la collaborazione del collega architetto Paolo Taffi, nel ’74, anno in cui sottoposi il progetto alla Commissione edilizia, che diede il suo parere favorevole, e poi con un altro grande plastico per la ricerca di contributi nel ’77, per giungere alla posa della prima pietra il primo maggio del ’79. La realizzazione, in cui abbiamo usufruito della straordinaria esperienza di Guerriero Nenna, caro amico e geniale artista del cemento, si concluse in breve, ma per il completamento con il podio, le epigrafi commemorative e la sistemazione a verde dovemmo giungere al 21 maggio 1995. Ventitré anni, per concretizzare l’impegno appassionato di Pasquale Scognamiglio e il nostro modesto contributo. L’idea del monumento percorribile ha poi avuto esempi celebri nel mondo con il museo Yad Vashem di Gerusalemme, il Memoriale dell’Olocausto di Peter Eisenman a Berlino, inaugurato nel 2005, il Memoriale ai veterani della guerra del Vietnam, realizzato a Washington e ultimato nel 2007.

Il Monumento ai Martiri delle Foibe al Parco dell’Uliveto (2004)

Devo dire che, nel caso di un altro monumento, quello dei Martiri delle Foibe del 2004, data la brevità dei tempi di realizzazione, ho preferito studiare una semplice composizione di elementi lapidei, in cui una grande pietra, già “scolpita” dalla natura, evocasse le cavità carsiche che videro consumarsi la barbarie di quel vergognoso genocidio. Essendomi occupato di urbanistica e di storia urbanistica di Civitavecchia, permettetemi un ultimo ricordo sul tema dei monumenti, che vedo di attualità. Anni fa avevo un sogno… ne avevo parlato proprio a chi avrebbe potuto attuarlo, quando mi era giunta notizia dell’intenzione di realizzare nel porto di Civitavecchia un monumento, una statua a Marco Ulpio Traiano. L’ampio spazio prescelto avrebbe imposto di porre in opera un colosso, qualcosa di simile alla gigantesca statua di Nerone che nel Medioevo diede il nome al vicino anfiteatro dei Flavi, anche per adeguarsi alla statura storica dell’imperatore cui si attribuisce la nascita della città… Insomma, una scultura molto simile, per dimensioni, al famigerato Bacio che ha soggiornato per qualche tempo dall’altra parte del porto. Non pensavo minimamente che in epoca così poco imperiale come la nostra si potesse immaginare un elemento celebrativo del genere, né che si potesse percorrere una via tanto impervia e azzardata come una statua di tipo tradizionale. Un’opera degna del nostro porto, già di per sé monumentale, oltretutto per celebrarne il fondatore, poteva essere realizzata, a mio parere, solo da un artista grandissimo e antiaccademico come Igor Mitoraj, lo scultore franco-polacco autore in tutto il mondo di opere straordinarie che hanno potuto essere ambientate splendidamente in contesti eccezionali, nella Valle dei Templi ad Agrigento e nel Campo dei Miracoli a Pisa. Ma Igor Mitoraj, purtroppo, è scomparso lo scorso 6 ottobre a 70 anni. Quando si poteva, non si ritenne di dare a Civitavecchia ed al suo porto un’opera d’arte autentica e anche di fortissimo richiamo.

Concludo con un ultimo pensiero. Ho letto della recentissima polemica a proposito della avvenuta inaugurazione di quel tributo di riconoscenza che si è voluto dare, meritatamente, all’Arma dei Carabinieri da parte della loro associazione, nel bicentenario dell’istituzione. L’ideatore ne ha illustrato il significato e il linguaggio usato nel concepirlo, citando a sua volta, con un pizzico di cattiveria, Nerone. All’origine, un duro comunicato in cui si afferma: Il problema che ci costringe a questo franco intervento è che, ancora una volta, il responsabile di questa strana soluzione non ha voluto sentire il parere, non certo vincolante, ma doveroso, per il rispetto dovuto agli ambienti culturali cittadini e forse per ignoranza dei nostri ancestrali sentimenti.

Non è chiaro quale fosse il parere ancestrale che doveva essere sentito. Mi risulta che da tempo il Comune di Civitavecchia ha abolito l’organo che emetteva il parere da me richiesto e ottenuto nel 1974, come ha completamente relegato nell’oblio, nonostante le deliberazioni ancora vigenti, anche quel Comitato scientifico che – parallelamente alla Cabina di regia istituita per il porto – operava presso il Comune, con il contributo di tutte le voci più autorevoli del momento, per supportare gli organi elettivi di un autorevole e oggettivo elemento di giudizio. Civitavecchia è una città in cui circa cinquantamila appassionati hanno “sete di cultura”, ma dove non esiste più un organismo pubblico che, gratuitamente e senza iscrizioni ad associazioni private, pur benemerite, soddisfi le loro esigenze come fine istituzionale.” 

Per il lettore che volesse approfondire l’argomento dei monumenti di cui ho parlato oggi, rimando alla quinta puntata di questa rubrica “BENI COMUNI” – 5. Parco dell’Uliveto, pubblicata su SpazioLiberoBlog l’8 febbraio 2022.

FRANCESCO CORRENTI

https://spazioliberoblog.com/