RUBRICA “BENI COMUNI”, 30.III. MAGICI QUADRATI

di FRANCESCO CORRENTI ♦

(3. continua dalla puntata precedente)

Riprendo il reportage nel vastissimo mondo dei cultori del Quadrato magico, ringraziando le amiche (e) lettrici che hanno voluto commentare la puntata precedente: Maria che, sul blog, ha espresso la sua curiosità per il seguito del racconto e Caterina che, sulla chat, ha gradito l’aver potuto – attraverso queste pagine – tornare a interrogarsi sul “busillis” rappresentato dall’enigmatica combinazione di quelle venticinque lettere. Alla fin fine, esse sono un vero e proprio “gioco di parole” e formano una frase dal significato, per restare in campo, piuttosto sibillino. Avendo promesso di impegnarmi a “rendere la puntata all’altezza delle aspettative”, confermo di essermi trovato in difficoltà per “l’infinità di atteggiamenti che vengono fuori da tutte le pubblicazioni”. Meravigliato, oltretutto, d’averne così tante in biblioteca. Anche, un paio, nella casa sabatina (nome doppiamente adatto), nascoste nell’armadio – giusto per aggiungere un tantino di mistero – di provenienza iblea e d’uso miscellaneo ed entomologico. Impossibile riassumerle tutte, forse anche inutile, vista la “stravaganza” di alcune tesi.

Sfoglio uno dei due libri ritrovato l’altro sabato. Di formato 14 x 21, diciamo in-8°, che oggi vien detto tascabile, si presenta con una buona consistenza: 336 pagine. In copertina, con scritte in “giallo segnale” su fondo nero, appare naturalmente – come in tutti questi libri – il Quadrato magico, qui tenue, d’un pallido oro, con i caratteri riprodotti con i segni grafici (le diagonali e i cerchi) della loro “costruzione” geometrica, ciascuna lettera in un quadrato come i caratteri tipografici mobili dei cubetti in legno o piombo. Enorme, il breve cognome dell’autore. Esplicito, il quadrato è anche nel titolo. E nella retrocopertina, tutta del giallo pieno delle scritte anteriori, le frasi per attirare all’acquisto: “Pieter Aspe è il Simenon fiammingo” (LE FIGARO); “Aspe vende i suoi libri più rapidamente di quanto noi riusciamo a leggerli” (DE MORGEN); “Un romanzo che si legge tutto d’un fiato!” (HANDELSBLATT). Aspe è lo pseudonimo, il nom de plume. Il cognome vero è Aspeslag. Leggo sulla bandella di controcopertina: “Nato a Bruges nel 1953. Ex precettore, fotografo, commerciante di vini, venditore di granaglie e cereali, custode di una basilica, impiegato in un’impresa tessile, lavoratore stagionale per la polizia marittima, ha esordito come scrittore nel 1995 con Il quadrato della vendetta. Nel 2001, ha vinto il premio Hercule Poirot come miglior scrittore fiammingo di gialli.” Questa, quindi, la citazione bibliografica del libro secondo i soliti criteri: Pieter Aspe(slag) (Bruges, Belgique, 1953-), Il quadrato della vendetta (tit. orig. Het vierkant van de wraak, Uitgeverij Manteau, 1995), Fazi Editore, Roma 2009.

Confesso che il libro, da me acquistato nel 2009 (ex libris 09/226), per intero, non l’ho letto allora e neppure adesso dopo il ritrovamento. Ho scorso qualche frase qua e là, ho sfogliato le pagine facendole scorrere sotto il polpastrello del pollice sinistro con il libro tenuto incurvato con la destra. Ho capito che si parla di una indagine del poliziotto Van In, la creatura di Pieter Aspe(slag). Ed ho visto che il Quadrato magico, le fatidiche venticinque lettere, sono riportate a pagina 118. Ambiente poliziesco, sullo sfondo la città di Bruges, Brugge in fiammingo, bellissima, come le altre delle Fiandre. E qui apro una parentesi.

Personalmente, posso dire di conoscerla bene, Bruges: mio figlio ha fatto l’Erasmus lì vicino, alla Faculty of Engineering and Architecture di Gand/Gent, istituto di prestigio internazionale, nei primi anni 90, ed io ho avuto all’epoca molti contatti con i miei omologhi degli uffici comunali di quelle città, come anche con altre istituzioni in quella parte d’Europa: in Belgio, Olanda, Germania e Francia. Il mio Manifesto sull’ambiente della regione etrusca / Proposta per una Carta di Manturanum, presentato a Barbarano Romano nel marzo 2007 al convegno comunitario di presentazione del progetto “Landsible/Integrated Landscape Park – A Plan for an innovative and responsible Landscape Governance of Marginal Areas”, si ispirava proprio al Manifeste sur l’environnement bâti pubblicato nel 1976 dalla Association del Villes Historiques de Belgique, sul quale avevo avuto scambi di idee e confronti metodologici. Il Manifesto l’abbiamo redatto nella sede centrale di Civitavecchia dell’Ufficio Consortile Interregionale della Tuscia nel quadro del Prusst “Patrimonio di San Pietro in Tuscia ovvero il Territorio degli Etruschi” ed è stato approvato dai cento Comuni e Comunità montane aderenti, dalle quattro Province e tre Regioni e dagli altri enti pubblici e ministeri sottoscrittori dell’accordo quadro del 31 maggio 2002 presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in Roma.

Tornando a pagina 118 del pingue volumetto, leggo che si parla di templari. Pure qui, con accenti inclini ad indagare ed evidenziare gli aspetti religiosi e mistici di quei monaci-guerrieri. A loro – scrive Aspe – “piaceva un Dio che parlasse di amore, di fratellanza, di tolleranza, di perdono. Optarono insomma per una versione più evangelica della fede, e fecero del loro meglio per cercare di vivere in pace insieme ai musulmani – almeno con quelli che, all’interno del Corano, avevano individuato lo stesso messaggio. Il più grande pregio dei templari è forse aver capito che preghiamo tutti lo stesso Dio. E che sono gli uomini a seminare discordia, laddove invece la soluzione più ovvia è l’unità.” Uno dei personaggi del racconto parla a Van In d’una iscrizione: “Si trovava in Etiopia, in una moschea trasformata in chiesa. Cosa ci facevano lì i templari non è mai stato chiarito. Negli ultimi tempi, si è giunti a pensare che la loro presenza sia da ricollegare alla ricerca dell’Arca dell’Alleanza; ma questa è tutta un’altra storia.

Ora credo sia meglio concentrarci sul testo.” Il personaggio, tale Billen, si alza, andando verso la libreria e prende un taccuino e un pennarello. Billen strappa un foglio di carta e trascrive l’enigma a caratteri maiuscoli. [Qui è riprodotto appunto il Quadrato, le cinque righe orizzontali con le cinque colonne verticali, al centro dello spazio tra i due paragrafi, le sole lettere, senza cornici e basta.]

Et voilà”, esclama, e passa il foglio a Van In. “Nota qualcosa di particolare?” “Una croce…”, risponde esitando Van In, come se temesse di rendersi ridicolo agli occhi del custode. Billen ha infatti segnato in grassetto le lettere che formano una croce. Anche un bambino se ne sarebbe accorto. “Una croce, indubbiamente. E se si estendono le T che formano la parola TENET, si vede addirittura una croce dei templari”. “E quale sarebbe il significato?”, domanda Leo incuriosito. E qui Aspe, il Simenon fiammingo, fa attaccare da Billen, Frans Billen, la solita minuziosa, lunga descrizione di cosa si può fare con le venticinque lettere del Quadrato e cioè l’esposizione dei palindromi, delle letture in ogni direzione, del PATER NOSTER e dell’ALFA e dell’OMEGA. Frans Billen quindi spiega cosa rappresenta quella preghiera e si addentra in chiarimenti teologici e in vari aspetti devozionali. Il poliziotto Van In è stupito e attonito. Si meraviglia del sapere di Billen e vorrebbe chiedere come fa un semplice custode ad avere accesso a tutte quelle informazioni, ma qui io mi fermo, rimanendo nel dubbio, se poi Van fa la domanda, se ottiene risposta e cosa scrive l’autore di quel “romanzo che si legge tutto d’un fiato” nelle rimanenti (336 – 121) 215 pagine del libro, assolutamente convinto che Aspe “vende i suoi libri più rapidamente di quanto noi riusciamo a leggerli”. Certo, merito suo, ma un poco colpa mia…

Dispiaciuto per l’involontario disinteresse  ma assolutamente non pentito, trovo negli appunti la trascrizione d’uno scritto “postato 4th January 2015 da Anonymous” e senza remore, direi quasi senza pudore, copio e incollo, incurante di ripetere cose dette e senza controllare neppure l’esattezza di nomi e fatti: “Il curioso quadrato magico è visibile su un numero sorprendentemente vasto di reperti archeologici, sparsi un po’ ovunque in Europa. Ne sono stati rinvenuti esempi in Roma, nei sotterranei della basilica di Santa Maria Maggiore, nelle rovine romane di Cirencester (l’antica Corinium) in Inghilterra, nel castello di Rochemaure (Rhône-Alpes), a Oppède in Vaucluse, a Siena, sulla parete del Duomo cittadino di fronte al Palazzo Arcivescovile, nella Certosa di Trisulti a Collepardo (FR), a Santiago di Compostela in Spagna, ad Altofen in Ungheria, a Riva San Vitale in Svizzera, solo per citarne alcuni. A volte le cinque parole si trovano disposte in forma radiale, come nell’abbazia di Valvisciolo a Sermoneta (Latina), oppure in forma circolare, come nella Collegiata di Sant’Orso di Aosta. Altre chiese medioevali ancora, nelle quali si registra, in Italia, la presenza della frase palindroma (in forma di quadrato magico oppure in forma radiale o circolare) sono: la Pieve di San Giovanni a Campiglia Marittima, la chiesa di San Potito ad Ascoli Satriano (Foggia), la chiesa di San Pietro ad Oratorium a Capestrano, in provincia dell’Aquila, la Chiesa di San Michele ad Arcè, frazione di Pescantina (Verona), Chiesa di Santa Maria Ester ad Acquavivia Collecroce (CB), ed altri ancora. Gli esemplari più antichi e più celebri sono: quello incompleto rinvenuto nel 1925 durante gli scavi di Pompei [sepolta il 24 agosto del 79 d.C.], inciso su una colonna della casa di Publio Paquio Proculo, e quello trovato nel novembre del 1936 su una colonna della Palestra Grande sempre a Pompei. Quest’ultimo ha avuto grande importanza negli studi storici relativi alla frase palindroma, poiché esso è completo e arricchito da altri segni interessanti che non si sono trovati altrove e fu certamente inciso prima dell’eruzione del 79 d.C. (a partire da questi ritrovamenti, il quadrato del Sator viene anche detto latercolo pompeiano).”

L’elenco dei luoghi nei quali è stata trovata la presenza del Quadrato magico, tra gli elenchi di questa e gli altri della puntata precedente, è davvero notevole e credo che possa contribuire, come mi ero ripromesso, a “rendere la puntata all’altezza delle aspettative”. Nell’illustrazione di queste pagine, come anche nell’immagine di copertina – che ho aggiornato e resa ancora più “quadra” –, ho inserito svariate forme del Quadrato e alcune copertine dei libri di cui ho riferito il contenuto. Tra questi ultimi, ho piacere di puntare l’attenzione sull’opera di Anna Giacomini, SATOR, codice templare, Edizioni Penne e Papiri di Vincenzo Valentini, Latina 2004 (Collana di studi medievali “Media * Aetas”, 11). L’ho acquistata, insieme ad una seconda copia del bel libro di Enzo Valentini, I Templari a Civitavecchia e nel territorio fra Tarquinia e Cerveteri, Edizioni Penne e Papiri di Vincenzo Valentini, Tuscania 20082 (Collana di Storia Medievale “I Papiri”, 37), miei ex libris 13/041 (12/109 la prima copia) e 13/042, sabato 2 marzo 2013, a Tuscania, dove ero per un convegno, proprio nella libreria di Enzo, sede anche della sua casa editrice, vicina al luogo del convegno.

Editore ed autore, studioso ben noto ed amico prezioso in questa lunghissima vicenda di ricerca storico-architettonica e interventi di protezione, conservazione e valorizzazione del Campanile romanico della chiesa templare di San Giulio e poi di Sant’Egidio del Sovrano Militare Ordine dei Cavalieri di Malta, Enzo Valentini ha promosso studi, pubblicazioni e iniziative di grande importanza sul Medioevo e sulla storia affascinante del Cavalieri Templari, contribuendo in modo decisamente fondamentale alla diffusione delle conoscenze e, conseguentemente, dell’interesse di un pubblico sempre più numeroso per i luoghi ed i beni legati a quella milizia dalle imprese leggendarie e dalle vicende sotto certi aspetti ancora da svelare. Ne parleremo nella prossima, inevitabile puntata, concludendo quella odierna con un ricordo che mi è tornato alla memoria nello scrivere, prima, la parola “quadra”. Ossia la nostalgica rimembranza dell’impareggiabile, esilarante avventura ideata da Carl Barks e da me letta quando avevo dieci anni, nel 1949, ad aprile, nei fumetti di Walt Disney, dal titolo “Paperino e le uova quadre”, da allora mai dimenticata. Conservandone una preziosa ristampa, dono del mio amico, molto caro, Francesco C. di Catania.

FRANCESCO CORRENTI                                   (3. continua alla prossima puntata)

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