Intervista a Giuseppe Bomboi, autore del romanzo “Vita senz’anima”
a cura della REDAZIONE di SLB ♦
Buongiorno, Giuseppe!
Buongiorno!
Parliamo di “Vita senz’anima”, il tuo ultimo romanzo uscito nelle librerie il 30 settembre scorso, presentato per la prima volta domenica scorsa a Tarquinia, e che verrà presentato oggi pomeriggio a Roma…
È un romanzo che affronta il tema della malattia di Alzheimer sotto vari punti di vista… Sono stato molto contento dell’accoglienza. Il libro è andato in ristampa per esaurimento copie in meno di quindici giorni dalla sua uscita. Alla prima presentazione di Tarquinia hanno partecipato almeno centocinquanta persone e sono contento perché sempre meno persone partecipano ad eventi culturali. Dimostrazione del fatto che il tema sia molto “sentito”. Poi le recensioni dei primi lettori che hanno terminato il romanzo mi hanno riempito di gioia: nella maggior parte dei casi mi hanno scritto che non riuscivano a staccare gli occhi dalla lettura e questo per uno scrittore è “il massimo”.
Come mai hai scritto questo libro?
Sono un neurologo e, dopo circa vent’anni di lavoro nel campo delle demenze, mi è sembrato giusto dare voce ai pazienti e a chi li assiste. Ho utilizzato un’originale tecnica narrativa in cui il racconto in prima persona del protagonista, un professore di greco e latino in pensione, si alterna alla narrazione di varie figure che ruotano intorno a lui: sua figlia, la sua dottoressa, la sua “badante”, un compagno di stanza in RSA, un infermiere.
Il romanzo è uno strumento che semplifica la comprensione dei problemi rispetto alla letteratura scientifica e raggiunge più facilmente le persone.
Ti occupi di malati di Alzheimer…
Mi occupo di demenze da quando ero studente di Medicina e avevo poco più di vent’anni, poi ho proseguito da medico per altri vent’anni, passando dall’università all’ospedale… Da alcuni anni sono responsabile del Centro Territoriale per i Disturbi Cognitivi e le Demenze di Tarquinia nell’ambito della Rete Demenze della ASL di Viterbo.
Gestiamo pazienti con vari tipi di demenza: malattia di Alzheimer, demenza a corpi di Lewy, demenza fronto-temporale, demenza vascolare… A Tarquinia c’è un eccellente Centro Diurno per pazienti con malattia di Alzheimer e siamo una bella realtà.
Sempre più frequentemente si incontrano casi di demenza, giusto?
Le demenze sono ormai un’epidemia sociale e sanitaria. Un fenomeno che mette a dura prova non solo i pazienti, ma anche i loro familiari. Nel mondo, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre 55 milioni di persone convivono con la demenza, una delle principali cause di disabilità tra le persone anziane. Si stima che si raggiungeranno i 78 milioni di casi entro il 2030. Parliamo di patologie che rappresentano la settima causa di morte nel mondo. Solo in Italia, secondo stime dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre un milione di persone sono colpite da demenza.
Possibile avere più dettagli sul romanzo?
Certo! Il romanzo è la storia di Raffaele, un anziano professore in pensione che sviluppa un quadro di malattia di Alzheimer nel corso della narrazione.
È una storia che ho inventato, ma che si basa su centinaia di storie di pazienti e, a tratti, è piuttosto autobiografica.
Raffaele è una persona molto colta che ha fondato la sua vita sulla memoria: conosce a memoria ampie parti della letteratura italiana, greca e latina. Ho utilizzato questo personaggio per poter dare al romanzo non solo una valenza scientifica e divulgativa, ma anche per poter far riflettere il lettore su tematiche umanistiche ed esistenziali. E poi si toccano argomenti politici, religiosi e sociali nell’arco di tempo in cui è ambientata la storia, cioè dall’autunno del 2014 all’arrivo della pandemia del 2020.
Nel romanzo è lasciato molto spazio alla musica e alle citazioni dei classici. Penso che sia necessario riscoprire la bellezza della musica, dell’arte, della filosofia e della letteratura.
La presentazione presso l’Auditorium San Pancrazio col patrocinio del Comune di Tarquinia è stata organizzata proprio in quest’ottica: le letture e le musiche sono state realizzate da infermieri e da familiari di pazienti con malattia di Alzheimer. Ne approfitto per ringraziare gli infermieri Massimo Gangarossa, straordinario pianista e compositore, e Massimo Di Anne, fantastico lettore e doppiatore, e per ringraziare Claudia Cristofari, lettrice, Francesca Napoli, poetessa, e Gino Fedeli, suonatore di flicorno, persone eccezionali che vivono in casa le difficoltà della gestione di pazienti con demenza.
La presentazione è stata arricchita dalla presenza di un artista del calibro di Nino Scardina, il famoso attore e doppiatore.
All’evento, moderato dal giornalista Giulio Carra, ha partecipato anche il Dott. Brunetto De Sanctis, che lavora con me nel Centro di Tarquinia.
A tal proposito, segnalo il video della diretta della presentazione di Tarquinia, realizzato da Ermes Wi-Fi di Giancarlo Milioni e da Pietro Carra e visibile su:
La pubblicazione del romanzo?
Devo ringraziare Jean Luc Bertoni e tutto il suo staff: Anthony Caruana, il noto scrittore e musicista e direttore della collana Schegge di cui fa parte il romanzo, Amalia Papasidero, editor del romanzo, Eleonora Pascai, per la parte tipografica, Davide Marrollo, per la copertina. La casa editrice Bertoni è una bella realtà che coniuga la passione per la letteratura alla capacità di mantenersi al passo con la tecnologia dei tempi.
Presenterai il romanzo di nuovo?
Oggi pomeriggio a Roma, come hai già detto… Poi… Il sindaco di Castel San Pietro Romano, il Dott. Gianpaolo Nardi, mi ha invitato a presentare il romanzo nel suo paese il prossimo 8 dicembre. Parteciperà anche il Presidente della Commissione Sanità della Regione Lazio. Sono davvero contento di aver sensibilizzato l’attenzione sul tema della malattia di Alzheimer in un periodo in cui la ricerca scientifica fa molta fatica in questo ambito, soprattutto in Italia.
Negli ultimi giorni ho avuto varie richieste di presentazione da parte di librerie, di biblioteche e di scuole superiori e la Federazione Alzheimer Italia mi ha scritto che recensirà il romanzo sul suo notiziario.
Vita senz’anima non è il tuo primo romanzo: hai scritto altri libri, vero?
Sì, con Prospettiva Editrice. Nel 2015 ho pubblicato un romanzo storico, “Terra oltre mare”, di cui ho già parlato per voi amici del blog in una precedente intervista, nel 2018 ho pubblicato un altro romanzo storico, “Radici d’ulivi”, mentre, nel 2010, ho pubblicato una raccolta di poesie, “Vento e polvere”.
Hai nuovi progetti in cantiere?
Sto ultimando un altro romanzo storico…
Torniamo alla memoria storica quindi?
Come puoi notare il tema dei “ricordi” mi affascina. Da sempre sono un “cultore della memoria”. La memoria intesa non solo nella sua accezione scientifica di funzione corticale superiore, ma anche nella sua sfumatura umanistica di “ricordo dei tempi passati”. Insomma, l’importanza della storia, del nostro passato, a partire dai racconti degli anziani, faro dei giovani.
La memoria può essere modificata o distrutta, ma gli esseri umani, soprattutto tramite la scrittura, hanno imparato a preservarla. E la memoria deve essere difesa anche quando sembra che l’oblio possa prevalere su di essa. Il finale del romanzo è un atto di speranza in questo senso oltre a rappresentare la risposta alla misteriosa scomparsa del padre del protagonista durante la Seconda Guerra Mondiale.
Ora ci hai incuriosito: puoi leggerci l’incipit del romanzo?
Certo!
Non ha mai dimenticato nulla. Ma è troppo tempo che aspetto.
La pioggia ormai mi sta completamente bagnando i pantaloni e inizio a sentire una fastidiosa sensazione di freddo e di umido risalire dalle gambe e trasformarsi in brividi.
L’ennesima auto mi sfreccia davanti, le ruote si tuffano per un istante nella pozzanghera di fronte a me e gli schizzi d’acqua vanno a sommarsi a quelli già appiccicati ai miei pantaloni. Inizio a pensare che l’ombrello sia ormai inutile, ma non ho il coraggio di restare senza, forse per non sentire il peso delle nuvole addosso.
Odio ottobre.
Provo di nuovo a chiamarlo: è difficile manovrare un telefono cellulare in mezzo a un diluvio, tentando di tenere l’ombrello tra il collo e la spalla e sorreggendo questa pesante borsa con la mano sinistra.
Risultato: anche la mia testa ora è bagnata.
Provo e riprovo con insistenza e ostinazione a chiamarlo. Il suono del “tuuu” si fa strada nelle mie orecchie, mentre spero che la mia compulsione venga appagata da quel “pronto” che non arriva.
Più passa il tempo, più aumenta la frustrazione. E l’ansia: e se gli fosse accaduto qualcosa di grave?
Penso a quando lo aspettavo da bambina dietro al cancello della scuola ed era in ritardo. Il mio grembiule, il peso dello zaino. Per un attimo scuoto il capo come allora, quando portavo le trecce. La mamma mi intrecciava i capelli mentre mangiavo i biscotti a colazione.
“Sbrigati!” mi ripeteva, “Sei in ritardo!”.
Ma io non sapevo cosa fosse il tempo ed era lei a dettarlo. E quando alzava la voce significava che ne era passato troppo di quel tempo. Poco di quel tempo. Troppo poco di quel tempo. Mi manca la mamma.
Seguo la strada con lo sguardo fino alla curva da cui vorrei veder spuntare ora la sua auto rossa.
Sbrigati! Ma la tua auto non si vede.
Ma che fine hai fatto, papà?
Mi è venuta una gran voglia di leggerlo! Grazie Giuseppe!
Grazie a te e un saluto agli amici di spazioliberoblog.com, siete davvero una bellissima realtà culturale piena di iniziative!
SLB