MI RACCONTO – (6) Il Ritorno
di MARIO BENNI ♦
Il ritorno
Mio padre dice che il fronte sta avanzando seguendo la Cassia e l’Aurelia e che Vetralla non è più tanto sicura.
Decide di trasferirci tutti a Blera dove già si trova il fratello maggiore, mio zio Luigi, con tutta la famiglia.
Un grande casolare fuori del paese, con stalle per i numerosi cavalli. Anche loro erano sfollati!
I miei cugini sono grandi, alti, forti, mi frullano sulla sella del cavallo e via per i campi!!
Per me un ritorno al passato, ma con la guerra che avanza verso di noi.
<<Amerigo porta subito Maria con i figli giù alle grotte!!>> Ordina mio zio.
Blera è attraversata da un profondo canalone, sul quale si aprono profonde grotte scavate nel tufo.
Ci sono già altre famiglie: hanno steso le coperte in terra, circondati da fagotti.
Noi siamo con loro. Passa qualche giorno nel silenzio.
Una notte fu piena di lampi, boati: il fronte sta passando!!
Grillo con il carico della famiglia fa il viaggio di ritorno.
Una colonna continua di mezzi militari ci viene incontro lungo la strada.
Arrivati a Civitavecchia il mare è coperto di navi scure, in cielo tanti palloni colorati, sembra una festa. In realtà sono a protezione delle navi da attacchi aerei. La tenuta dei nonni una distesa di mezzi militari. Uomini di vario colore che si muovono.
Si ritorna alla casa della Cisterna, che nel frattempo è stata migliorata, ma conserva anche lei i segni della guerra.
Una bomba ha fatto un grosso cratere a circa duecento metri e sono rimaste le piazzole dell’antiaerea.
Si è ripetuta la fuga dalla città distrutta nell’823 dai Saraceni, questa volta dai quadrimotori bombardieri USA.
Chi non è sfollato nei paesi interni si è spostato sui colli sopra la città in ricoveri provvisori,
costituendo una piccola comunità.
Una grande baracca militare montata da mio padre sul nostro terreno: è LA CHIESA.
Il parroco Don Pollice ed il direttore dell’oratorio salesiano Don Pandolfi sono presenti, ospiti presso una famiglia. La Chiesa e l’Oratorio sono stati danneggiati.
Oltre alle liturgie di rito, testimoniano nascite, morti, matrimoni e sono il luogo d’incontro di noi ragazzi, missione propria dei Salesiani.
C’è anche una baracca con alcuni carabinieri a testimoniare la presenza dello Stato.
Il Parroco fa circolare la notizia che il giorno seguente sarebbe venuto un camion militare per la distribuzione di cibo, sono gli aiuti UNRA.
Sono soldati alti, alcuni neri, che arruffano i capelli a noi bambini e sorridono alle mamme
Pane bianchissimo, carne in scatola, latte in polvere e CIOCCOLATA!!
Giochiamo con la palla di stracci in un tratto di strada, mettendoci però le scarpe vecchie.
Ma le mamme hanno un fiuto particolare per trovare il modo di mandare i figli a scuola, levandoli dai salutari giochi stradali
Chiedono e ottengono che Don Pandolfi con l’aiuto di un grande realizzi una scuola. Ci dividono in due gruppi: seconda e terza uno, quarta e quinta l’altro.
Qualcuno ha fatto il miracolo di trovare dei libri, qualche quaderno e le matite.
L’anno scolastico inizia ad aprile 1945 per terminare a luglio.
Don Pandolfi ci presenta agli esami, per me quello di terza, e sono promosso in quarta
Non solo ho recuperato l’anno della guerra ma ne ho guadagnato un altro!
In tutti gli anni scolastici successivi mi sono trovato con compagni sempre più grandi di me.
Purtroppo anche le compagne!
È alla baracca dei Salesiani che incontro Vittorio il compagno della mia vita.
Abita poco distante da casa, ha un anno meno di me.
Facciamo subito amicizia.
Mio padre ci assegna dei piccoli lavori sui campi, sempre compensati con qualche liretta: raccogliere i piselli, annaffiare i pomodori, raccogliere i sassi dal terreno.
La società Mario-Vittorio si estende anche ad altre attività, come raccogliere ferro, alluminio, stracci, vetro, il preziosissimo rame e andare a venderli allo stracciarolo.
I ricavati? Comprare le mosciarelle, liquirizia di legno, fave di carubbi e, raramente, caramelle e castagnaccio dal Toscano.
Ci troviamo in possesso di alcune sigarette Chesterfield.
Nel campo dove è stato mietuto il grano, fra le stoppie è rimasta una fossa dell’antiaerea.
Un buon nascondiglio per fumare la prima sigaretta a otto/nove anni
Io ho la sigaretta in bocca, Vittorio strofina più volte su un sasso il solfanello, si accende e lo porta alla sigaretta.
Aspiro e soffio fuori il fumo due tre volte, poi tocca a Vittorio.
Scambio che si ripete non più di due tre volte: gira la testa, vien da vomitare, stiamo male!
Usciamo dalla fossa barcollando e ci avviamo verso casa in direzione dell’abbeveratoio, vasca utilizzata anche per annaffiare.
Con le sole mutande ci buttiamo dentro. L’acqua è fresca, immergiamo più volte la testa, sciacquiamo la bocca.
Mia madre: <<Che fate voi due là dentro! L’acqua è fredda, vi può venire un malanno!!>>.
Noi il malanno lo avevamo già, cercavamo solo di farcelo passare.
MARIO BENNI