RUBRICA “BENI COMUNI”, 23. ALMANACCHI, CALENDARI, LUNARI, STRENNE (PRIMA PARTE)
a cura di FRANCESCO CORRENTI ♦
Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros.
[…]
:sapias, vina liques, et spatio brevi
spem longam receses. dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
(Tu non indagare, è proibito saperlo, quale termine a me, quale a te assegnarono gli dei, Leuconoe, né tentare i calcoli babilonesi.
…
:sii saggia, filtra il vino, e a spazio breve recidi lungo sperare, già mentre parliamo il nostro tempo invidiosamente è fuggito: cogli l’oggi, fidando il meno possibile in quel che verrà.)
Mi sono rifatto, per questo inizio della puntata, alla piacevolissima “lettura” di due famosi carmi di Quinto Orazio Flacco scritta e pubblicata da Giorgio de Marchis nel suo Il poeta, il ragazzo, la ragazza: a Roma d’inverno nel 27 a.C., Sellerio editore, Palermo 1994 (Il divano; 89) ed a quella rimando per evocare l’atmosfera dei momenti descritti dal poeta latino e la loro descrizione partecipe dello storico moderno.
Più che il famosissimo carpe diem, in genere oggi interpretato in modo superficiale, materiale e consumistico, condivido quelle altre parole, le riconosco anche mie… non indagare… ne quaesieris… perché siamo ben consapevoli (ce l’hanno raccomandato fin da ragazzi: Estote parati!) e ne abbiamo la prova, ogni giorno, dalle tristi notizie che inesorabilmente arrivano… fugerit aetas… cosa ci aspetta, domani? O forse oggi stesso?
Questi giorni tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre dell’anno 2022 d.C. (di grazia, del Signore? probabilmente horribilis per alcuni) sono stati segnati da avvenimenti per vari aspetti memorabili, compresi eventi che si possono definire epocali, con varie novità, sorprese, forse ricorsi storici, che danno sempre di che scrivere o di che parlare. Ma la mia fonte di ispirazione per il mio appuntamento settimanale con il Blog (un impegno piacevole ma non semplice), come in tanti altri casi, è stato l’ennesimo “ritrovamento” non del solito manoscritto ma di una piccola collezione famigliare di almanacchi, calendari, lunari. Senza alcun riferimento (giuro! Honi soit qui mal y pense! per restare oltremanica) ad una nota, pregevolissima rubrica storica pubblicata su questo stesso Blog e altri social. Ed uno degli almanacchi d’uno, credo, dei miei nonni è dell’anno 1922. Da lì le immagini in copertina.
Intanto, questo scritto è il mio 90° (XC) su SLB, SpazioLiberoBlog, da quel 18 marzo 2016 in cui uscì BAR-BARIE, il mio primo articolo, inviato in risposta all’invito di Fabrizio Barbaranelli a partecipare alla vita del nuovo sito. Ero stato molto incerto sul “genere letterario” o meglio sulla “categoria tematica” in cui dare il mio contributo, ripescando poi per l’esordio una cosa di molti anni prima, che mi sembrava ancora divertente. Tra le categorie indicate dal Blog (Politica, Attualità, Cultura, Economia e lavoro, Ambiente e Salute, Scienza e Tecnologia, Sport, Altro) a quella trentina di amici cui erano dirette le e-mail esplicative, avevo scelto l’ultima precisandola – nel trasmettere il testo – così: «Giochi (di parole)».
Sappiamo che il sorriso, con il mostrare i denti in modo amichevole, nell’uomo e negli altri mammiferi, è allo stesso tempo un “segno di pace” ed una “espressione di imbarazzo”. Non ho mai dimenticato il “digrignare” seccato/affettuoso del mio volpino Fido, che scopriva tutta la chiostra superiore e inferiore dei suoi dentini, coi canini appuntiti, quando da ragazzino sui dieci anni, in Sicilia, gli soffiavo sul naso, facendogli un fastidioso solletico, proprio per vedergli assumere quella reazione. Così, con analogo intento, avevo ripreso quel mio elenco, una delle tante esercitazioni in cui – per varie influenze di esempi famigliari – mi ero divertito da sempre, inventando cataloghi e calembour, cercando nelle parole, nei vocaboli o nelle immagini disegnate, assonanze o significati bizzarri, riunendo le istintive tendenze, appunto, al disegno ed al gioco. Passatempi, forse, dovuti all’abitudine per riflessioni solitarie da figlio unico, attenuate dall’esuberanza espansiva e vivace del colloquio continuo con i genitori e dall’impulso impellente ad attrarre amicizie coetanee, maschili (scolastiche) e femminili (amicizie parentali), per attività di gruppo, con ruoli “da cronista” (ancora connessi al disegno e all’umorismo, cioè alla caricatura ed alla “vignetta” di commento spiritoso di fatti e situazioni). Così ho spedito al Blog quella serie di parole, 50 in totale, tutte contraddistinte dalla radice BAR (mi sono sentito obbligato a inserirci il cognome del “blogger”, con un risultato molto stiracchiato), che vedo – dai miei appunti – originate dal file «2000.08.24. Diario e ricordi» e aggiornate il 1° luglio 2006 e ancora il 26 e 28 aprile 2008.
Gli articoli successivi, La Santa Magnanza di Civitavecchia, un racconto di viaggio sulla scoperta di una storia inedita, e Rilettura d’una rilettura. Senza parole. Per vedere l’effetto che fa, che riproponeva l’introduzione al mio Chome lo papa uole… (appunto una “rilettura critica” da cui sono state originate numerose adozioni dei due termini), dimostrano il rapido rientro nei ranghi del pubblico funzionario, istituzionalmente addetto allo studio e alla divulgazione di cognizioni settoriali (storia urbana) corrette e scientificamente controllate. Cioè il compito assolto – spero non indegnamente, ma certo nel deserto di iniziative analoghe – dal 1979 (ma con episodi saltuari nel decennio precedente) con la direzione del periodico «OC/quaderni del Cdu» e l’iscrizione nell’Elenco Speciale dell’Ordine dei Giornalisti, quale direttore responsabile di pubblicazioni a carattere tecnico, professionale e scientifico e quale curatore delle Edizioni del Cdu (UCITuscia). Di questo, sono molto grato alle amministrazioni comunali che hanno approvato le iniziative, a partire dalla mostra-convegno Civitavecchia da salvare del 1971 (con il determinante contributo organizzativo dell’Azienda di Soggiorno e Turismo presieduta da Maurizio Busnengo) ed in particolare ai sindaci Archilde Izzi, Mario Venanzi, Ennio Piroli, Vincenzo Iovine, Fabrizio Barbaranelli, Valentino Carluccio ed Ezio Calderai ed all’assessore alla cultura Alfio Insolera, per l’impulso o il patrocinio dato a tappe fondamentali di un lungo cammino. Senza però dimenticare che, per poter continuare la pubblicazione delle vedute di Civitavecchia attraverso i secoli disegnate da Arnaldo Massarelli, visto che mi erano stati tagliati inopinatamente i fondi disponibili dal bilancio dell’ufficio, ho dovuto chiedere l’aiuto finanziario dell’Autorità Portuale del presidente Francesco Nerli e del segretario generale Gianni Moscherini.
Tornando a quell’Almanacco universale del Gran Pescatore di Chiaravalle per l’Anno del Signore 1922, come si vede nella relativa figura, contiene un calendario delle stagioni e dei giorni dell’anno, con i santi del giorno e con le indicazioni astronomiche, cioè le fasi lunari, e qualche previsione meteorologica molto vaga. Sappiamo tutti che ad ottobre di quell’anno accaddero fatti di una certa portata e di una certa durata. Ma il Gran Pescatore di Chiaravalle non li aveva previsti, limitandosi a “indovinare” pioggia e nevi, insieme ad una “ripresa del commercio”, che avrà dapprima consolato i commercianti, salvo poi fatti diversi. Ma per quel sabato della festa dei santi Simone e Taddeo apostoli, di cui a giorni ricorrerà il centenario, ovviamente, il Gran Pescatore non dice altro. Per questo, nel constatare che da allora è trascorso un secolo, voglio tentare di esprimere qualche idea, solo per il Blog e per questa rubrica sui “Beni comuni”. Nella seconda parte, tra una settimana. (continua)
FRANCESCO CORRENTI