“PESCI, PESCATORI, PESCIVENDOLI E CONSUMATORI” DI GIORGIO CORATI – Speciale “Appuntamento con la stagionalità in tavola” (1) – Ottobre, che pesci cucinare?
di GIORGIO CORATI ♦
Con questo articolo inauguro una rubrica nella rubrica e cioè uno speciale “Appuntamento con la stagionalità in tavola”.
Ogni inizio del mese, questo Appuntamento porrà attenzione su quelle specie ittiche definite “pesce bianco” e “pesce azzurro” che, cosiddette “minori” e anche considerate “di scarto”, sono appellate comunemente come “pesce povero” o ancora come pesce “dimenticato”, in quanto, generalmente, sono poco frequenti sul mercato, nonché quasi sconosciute al consumatore oppure scarsamente considerate valide sostitute di quelle specie considerate maggiormente “commerciali” dall’attività di pesca.
L’auspicio è che l’Appuntamento possa risultare gradito è rivelarsi utile per il consumatore, ai fini delle sue scelte e delle decisioni di consumo anche rispetto all’effettivo proprio bisogno.
La consuetudine che caratterizza il comportamento del consumatore, spesse volte, tende a rigettare qualsiasi cambiamento rispetto ad abitudini e modalità di consumo. Di fronte a un prodotto della pesca ovvero di una specie ittica, un consumatore potrebbe, ad esempio, ribaltare in curiosità la propria eventuale diffidenza in merito. Una specie mai vista prima potrebbe essere motivo di curiosità e, dunque, un motivo di cambiamento, sfidando gli atteggiamenti e il comportamento di chiusura a priori.
A tal fine, rivolgendosi al pescivendolo o all’addetto al bancone di un supermercato, il consumatore potrebbe essere aiutato nella decisione, ricevendo su richiesta esplicita informazioni e consigli su come utilizzare al meglio il prodotto. Tra le molte possibili scelte, vi sono, ad esempio, tre specie su cui incentrare l’attenzione e cioè la tanuta, il cefalo bosega e il luccio di mare o barracuda che comunemente e commercialmente sono considerate “pesce bianco”.
Tale denominazione è attribuita in genere a specie di media e di grande taglia, con carni bianche e morbide dal sapore delicato, con un livello di grassi piuttosto modesto, un contenuto medio alto di proteine e sali minerali. Sul mercato locale, a titolo di esempio, sono spesso presenti specie di “pesce bianco” quali il dentice, la spigola o branzino, il sarago (varie specie), il rombo (varie specie), l’orata, la sogliola, la gallinella o cappone (varie specie), il tordo (varie specie). È da rilevare, inoltre, che alcuni “pesci bianchi”, come le tre specie in evidenza, sono anche dette comunemente “pesce povero” o ancora pesce “dimenticato”, perché generalmente sono poco frequenti sul mercato, nonché quasi sconosciute al consumatore o scarsamente considerate valide sostitute di altre. La tanuta, il cefalo bosega e il luccio di mare o barracuda, interessanti in gastronomia e versatili per la realizzazione di piatti della tradizione ma anche “innovativi”, sono tre specie nostrane in evidenza che durante il mese di ottobre sono definibili “pescato di stagione” – ovvero non sono nella loro fase di riproduzione naturale (ndr.) -, così come sono definite le derrate agricole prodotte e consumate secondo i propri tempi naturali. In merito al concetto che sostiene l’importanza e, per certi aspetti, l’utilità pubblica del consumo di stagione delle specie ittiche, è fondamentale, quale aspetto centrale, il periodo di deposizione delle uova. È da considerare che tale periodo, variabile da specie a specie, è sempre più mutevole, perché dovuto anche al continuo adattamento delle specie agli effetti negativi degli eventi esterni al loro ecosistema naturale. Il consumo stagionale assume rilievo come pratica di consumo, perché è associato alla consapevolezza dell’importanza che rivestono i nuovi individui delle specie dopo la riproduzione, il loro accrescimento fino allo stadio giovanile e il definitivo reclutamento degli individui cosiddetti maturi ai fini della disponibilità delle quantità destinate al consumo umano nel presente e nel futuro.
Per la scelta e la decisione di consumo, comunque, può essere utile conoscere in precedenza alcune informazioni riguardo le tecniche di cattura e le modalità di cottura. Rispetto alla tecnica di pesca utilizzata, è da notare che essa dipende dalla specie ittica “bersaglio”, ossia dalla specie oggetto della bordata di pesca, e che si distingue anche da altri tipi di tecniche sia per il grado di selettività a cui mira sia per il livello di compatibilità dell’impatto associato alla sostenibilità del prelievo. Anche le tecniche di cottura possono essere molteplici. In generale, alcune sono adatte per la maggior parte delle specie, altre sono più specifiche e, dunque, vi sono quelle che si adattano meglio a carni grasse, altre a carni magre, altre ancora a carni di esemplari interi e poi ancora a tranci e a filetti. Buona conoscenza e buon appetito a chi vorrà provare.
Tanuta Spondyliosoma cantharus
La Tanuta Spondyliosoma cantharus è detta tanuta in dialetto civitavecchiese e nota anche come schianto tra i pescatori locali. È una specie selvatica, di taglia media (fino a 60 cm circa), generalmente commercializzata fresca e soltanto da cattura locale, generalmente frammista ad altre specie, ma, tuttavia, estremamente sporadica sul mercato. A colpo d’occhio potrebbe essere confusa con il sarago maggiore (diplodus sargus) e con l’orata (sparus aurata).
Le principali tecniche di cattura di questa specie sono il palangaro fisso, la rete a strascico, il tramaglio. Le principali tecniche di cottura sono l’arrostitura, la cottura al forno o in tegame, la grigliatura, la cottura al sale o in crosta di sale, la cottura al cartoccio.
Luccio di mare o Barracuda Sphyraena sphyraena
Il Luccio di mare o Barracuda Sphyraena sphyraena è detto aluzzo in dialetto civitavecchiese. I pescatori ottocenteschi del litorale laziale lo chiamavano “merluzzo imperiale”. È una specie selvatica, di taglia media/grande (fino a 165 cm circa), generalmente commercializzata fresca e da cattura locale, ma è estremamente sporadica sul mercato.
Le principali tecniche di cattura di questa specie sono la rete a strascico, la rete da traino pelagica, il dispositivo per la concentrazione dei pesci, il cianciolo, il tramaglio. Le principali tecniche di cottura sono la cottura in umido, la lessatura.
Cefalo bosega Chelon labrosus
Il Cefalo bosega Chelon labrosus è detto mattarèllo e mazzone in dialetto civitavecchiese. È una specie selvatica con un ciclo vitale “breve” (ndr.) e sopporta bene l’intensità di pesca. Di taglia media (fino a 60 cm circa), è generalmente commercializzata fresca e da cattura locale. È, inoltre, commercializzata affumicata, come “sugo pronto”, a filetti. È anche una specie allevata. Con le sue uova si produce la bottarga di muggine, così come con quelle di un’altra specie di cefalo, il cefalo volpina o muggine mugil cephalus.
Le principali tecniche di cattura di questa specie sono la rete da traino pelagica, il dispositivo per la concentrazione dei pesci, il cianciolo, il tramaglio, la sciabica, l’amo, la rete a strascico. Le principali tecniche di cottura sono la lessatura, l’arrostitura, la cottura al forno o in tegame, la grigliatura, la cottura in umido, la gratinatura, il carpaccio, la tartare.
GIORGIO CORATI
Da sommelier e senza scandalizzare nessuno con pesci diciamo meno pregiati e che necessitano di un cottura strutturata ci possiamo anche abbinare un rosso non eccessivamente tannico; meglio un rosato come l’alezio rosato
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