RUBRICA “BENI COMUNI”, 22.3. VIAGGIO IN U.R.S.S. – UNA GUIDA TURISTICA / terza parte

 a cura di FRANCESCO CORRENTI

A parte i racconti degli “Zii Dini” ed una opinione sommaria derivante dalle idee sviluppate in famiglia ed a scuola, non ho avuto esperienze dirette dei Paesi dell’Unione Sovietica. Avevo compiuto 18 anni l’anno prima, quando ho espresso il mio primo voto alle elezioni politiche del 25-26 maggio 1958, iscrivendomi – superato l’esame di maturità – alla facoltà di architettura nel novembre successivo. La formazione di architetto (con tanta parte dedicata all’urbanistica, in quanto premessa e verifica di coerenza di quella) era profondamente legata a scelte precise d’impostazione culturale, che determinavano la visione della politica, in senso generale e, più direttamente, quale governo della polis e visione degli aspetti sociali, economici, giuridici e così via. Riprendendo le parole di Renato Amaturo, quella formazione «doveva molto ai docenti e ai giovani assistenti della facoltà» (tra cui lui stesso e gli altri che ho voluto ricordare con gratitudine in altre puntate di questa rubrica) e, in ugual misura, alla «vivace atmosfera culturale del movimento studentesco dall’immediato dopoguerra» fino, ancora, agli anni di cui parliamo.

Nel 1965, Vieri Quilici, apprezzato collega di facoltà, maggiore di qualche anno, aveva pubblicato il volume Architettura Sovietica Contemporanea, quarto della collana dell’editore Cappelli, diretta da Leonardo Benevolo, sull’architettura contemporanea nel mondo. L’attenta analisi condotta da Quilici si concludeva con la costatazione dei forti limiti del processo critico e creativo della produzione architettonica nell’URSS, viziato da un’intima scissione, sia tra le diverse parti dei problemi funzionali, sia dal loro insieme e i contenuti ed interessi ideali che pure emergevano, a tratti, nella cultura sovietica in quel momento di revisione e di disgelo. Ulteriori elementi per un giudizio complessivo sull’argomento piuttosto negativo, nonostante le nuove prospettive apertesi. Del resto, ho già ricordato, nella puntata n° 8 di questa Rubrica, il 24 marzo scorso, che la percezione di noi studenti della facoltà romana di Valle Giulia, negli anni Sessanta, di quell’architettura, era ottimamente rappresentata dai disegni di Osbert Lancaster, pubblicati nel Breviario di Siegfried Giedion, sul neo-classicismo monumentale della Russia e della Germania degli anni tra le due guerre.

Poi, nei primi anni Settanta, ho avuto occasione di visitare ripetutamente alcuni Paesi «oltrecortina» – come si diceva di qua, da noi (ma «le rideau de fer» non è mai nominato nella nostra guida, come non lo sono certamente le parole «Iron Curtain» nella guida in lingua inglese o «Eiserner Vorhang» in quella in lingua tedesca) – sia come coccolato membro ufficiale della delegazione italiana guidata da Giorgio La Pira (vedi Nota di chiusura) alla Conferenza mondiale di Sofia (Bulgaria) sul tema “L’Uomo e la sua esistenza nella città”, promossa dal capo dello Stato Todor Žicov, sia qualche tempo dopo come preoccupato turista – con moglie e figli bambini a bordo – alla guida di un camper tra molti disagi logistici e alimentari ed altri problemi quotidiani da superare. Entrambe queste esperienze ed i collegamenti – anche inconsapevoli – della mia conduzione della rubrica alla mia attività professionale di architetto nella pubblica amministrazione, hanno naturalmente incanalato l’attenzione verso aspetti e contenuti suggeriti dalla curiosità di conoscere, dal desiderio di comprendere e dall’esigenza di dedurne opinioni motivate.

Riprendiamo quindi la lettura della Guide touristique Voyage en U.R.S.S., che avevamo interrotto alla fine della pagina 91, proseguendo la nostra conoscenza di questa esposizione ufficiale e “ortodossa” dell’ordinamento statale nell’Unione Sovietica del 1962.

Gli organi del potere

«Tutto il potere in U.R.S.S. appartiene ai lavoratori della città e della campagna, rappresentati dai Soviet dei deputati dei lavoratori», dice l’articolo 3 della Costituzione dell’U.R.S.S. I Soviet sono eletti a suffragio universale e costituiscono gli organi del potere a tutti i livelli. Il Soviet Supremo dell’U.R.S.S., eletto per una durata di quattro anni, è l’organo superiore del potere di Stato. Il Soviet Supremo vota le leggi ed esercita il suo controllo sull’applicazione della Costituzione, elegge il Presidium del Soviet Supremo dell’U.R.S.S., che nell’intervallo delle sessioni assume il potere supremo in U.R.S.S., forma il Consiglio dei Ministri dell’U.R.S.S., che è l’organo esecutivo superiore. Il Soviet Supremo approva i piani di economia nazionale e il budget federale. La rappresentanza internazionale dell’U.R.S.S., le questioni della pace e della guerra, la direzione dell’insieme delle forze armate sovietiche, la protezione della sicurezza dello Stato rientrano ugualmente nelle sue competenze. Il Soviet Supremo dell’U.R.S.S. elegge la Corte Suprema e nomina il Procuratore generale dell’U.R.S.S.  Si compone di due camere: il Soviet dell’Unione che rappresenta gli interessi comuni di tutti cittadini dell’U.R.S.S.  indipendentemente dalla loro nazionalità, e il Soviet delle Nazionalità che rappresenta gli interessi propri alle nazionalità dell’U.R.S.S. Il sistema di rappresentanza è differente per le due camere. Il Soviet dell’Unione è eletto dalle circoscrizioni elettorali in ragione di un deputato per 300.000 abitanti. Le elezioni al Soviet delle Nazionalità si svolge in ciascuna repubblica federale, indipendentemente dalla sua popolazione. La Federazione di Russia che conta 120 milioni di abitanti e la piccola Estonia che ne conta solo 1,2 milioni vi sono rappresentate da un numero uguale di deputati (25). Ogni repubblica autonoma invia al Soviet Supremo dell’U.R.S.S. 11 deputati, ogni regione autonoma 5 e ogni circoscrizione nazionale 1 deputato. Le due camere sono investite di diritti eguali. Una legge è definitiva se è votata dalle due camere. Le sessioni del Soviet Supremo dell’U.R.S.S. si svolgono a Mosca nel Gran Palazzo del Cremlino. Il Soviet Supremo della 6a legislatura conta 1.443 deputati di cui 646, cioè il 45%, sono operai e contadini, gli altri intellettuali; vi sono rappresentate 55 nazionalità. La deputazione non costituisce una professione in U.R.S.S. I deputati continuano a lavorare nella loro specialità in officina, al kolchoz o in ufficio. La loro attività di deputato comprende la partecipazione ai lavori delle sessioni del Soviet Supremo dell’U.R.S.S., alla discussione delle leggi, ai lavori di diverse commissioni e del gruppo parlamentare, ai contatti seguiti con gli elettori. Ogni deputato può interpellare il governo o i ministri che sono tenuti a rispondere. Leonida Breznev è presidente del Presidium del Soviet Supremo e Nikita Kruscev presidente del Consiglio dei ministri.

Le repubbliche federali ed autonome possiedono ugualmente i loro Soviet Supremi. Questi Soviet non comportano tuttavia che una sola camera. Sui 5.312 deputati eletti ai Soviet Supremi delle repubbliche federali, 2.902, ossia i 55%, lavorano in officina o in agricoltura. In ciascuna repubblica, la maggioranza dei deputati sono originari del paese. È così che sui 300 deputati del Soviet Supremo d’Armenia, 272 sono Armeni; sui 125 deputati del Soviet Supremo di Estonia, 108 sono Estoni, eccetera. Tutti i territori, regioni, distretti, città e villaggi hanno i loro Soviet locali. Essi sono eletti per due anni ed esercitano tutto il potere nelle loro circoscrizioni amministrative: le compongono 1, 8 milioni di deputati derivati da tutti gli strati della popolazione. Più di 2 milioni di persone prendono inoltre parte ai lavori delle commissioni permanenti dei Soviet locali.

La Giustizia

La Giustizia è resa dalla Corte Suprema dell’U.R.S.S., dalle corti supreme delle repubbliche federali e autonome, dai tribunali di regione, di territorio, di città, da quelli delle regioni autonome, delle circoscrizioni nazionali e dei tribunali popolari. Lo Stato sovietico veglia a che ciascun colpevole non sfugga alla punizione e che nessuno sia illegalmente deferito alla giustizia e, a maggior ragione, sia ingiustamente condannato. Le leggi sovietiche assicurano inoltre la protezione rigorosa dei diritti degli accusati che sono autorizzati ad assicurare ad assicurare la loro difesa con il concorso di un avvocato. Il tribunale sovietico è il solo organo dello Stato competente per decidere della colpevolezza o dell’innocenza di un cittadino e della pena che gli spetta eventualmente. Tutti i giudici sono eletti in U.R.S.S. I giudici e gli assessori popolari sono indipendenti e non obbediscono che alla legge. Ogni cittadino sovietico che abbia 25 anni compiuti può essere eletto giudice. I casi vengono ascoltati al tribunale popolare da un giudice presso il quale seggono obbligatoriamente due assessori popolari aventi ciascuno una voce come il giudice stesso. I dibattiti sono pubblici. Ogni condanna e ogni decisione di qualsiasi tribunale (salvo le corti supreme delle repubbliche federali e la Corte Suprema dell’U.R.S.S.) può ricorrere in appello ad un grado superiore. I giudici esaminano le azioni civili, le controversie di lavoro, i procedimenti penali, ecc. Nel corso degli ultimi anni non si è potuto rilevare nessun caso di procedimenti per crimini politici nei confronti di cittadini sovietici. L’ufficio del pubblico ministero esercita la sua sorveglianza sull’esecuzione rigorosa delle leggi attraverso le istituzioni sovietiche, i funzionari e i cittadini dell’U.R.S.S. I pubblici ministeri devono rispondere solo davanti alle autorità superiori della Procura della Repubblica.

Il sistema elettorale

In U.R.S.S. il suffragio è universale. Hanno diritto di voto tutti i cittadini che abbiano compiuto 18 anni, indipendentemente dalla loro origine sociale, dalla razza e dalla nazionalità, dal sesso, dalla religione, dal grado di istruzione, dal luogo di residenza, dalla loro situazione finanziaria e dalle loro attività passate. Essi sono ugualmente eleggibili in tutti gli organismi del potere di Stato. Solo l’età di eleggibilità agli organi superiori del potere è leggermente più elevata: 23 anni per il Soviet Supremo dell’U.R.S.S. e 21 anni per i Soviet Supremi delle repubbliche federali e autonome. Tutti i cittadini prendono parte alle elezioni sulla base di una piena uguaglianza: nessun tipo di privilegio è dispensato, nessuna discriminazione è esercitata. Ogni elettore ha una voce, le donne hanno gli stessi diritti degli uomini, i militari votano allo stesso titolo degli altri cittadini, tutti i gruppi nazionali e razziali della popolazione godono degli stessi diritti elettorali. I deputati dei Soviet sono eletti a scrutinio diretto a tutti i livelli, dal Soviet di villaggio al Soviet Supremo. Lo scrutinio è segreto e gli elettori passano attraverso le cabine elettorali. Le candidature sono proposte da parte di diverse organizzazioni: organizzazioni del partito, sindacati, cooperative, organizzazioni della gioventù, ecc. La legge non limita il numero di candidati che si presentano in una circoscrizione. Praticamente, i rappresentanti delle diverse organizzazioni scelgono, dopo discussione, il candidato più meritevole, il cui nome è allora messo sulla scheda elettorale. L’elettore può cancellarlo o sostituirlo con un altro. La partecipazione è sempre molto alta. È così che alle elezioni di marzo 1959 al Soviet Supremo dell’U.R.S.S. 139,9 milioni di persone, ossia più del 99% del corpo elettorale, hanno preso parte al voto. I deputati e le altre personalità elette sono tenute a rendere regolarmente conto dei loro mandati davanti agli elettori. Se un deputato ha compiuto un’azione indegna dell’alto nome di rappresentante del popolo, o si sottrae all’adempimento dei suoi obblighi di deputato, gli elettori possono richiamarlo in qualunque momento.

Il Partito comunista

In Unione Sovietica esiste un solo partito politico, il Partito comunista. È la forza dirigente della società sovietica. Il suo ruolo di direzione è sanzionato dalla Costituzione dell’Unione Sovietica. Nel corso della sua esistenza di più di mezzo secolo, il Partito ha percorso un cammino complicato e difficile; accanto a grandi successi, ha conosciuto degli insuccessi e commesso degli errori. Ma il Partito ha sempre devotamente conservato la sua fedeltà al leninismo ed è a questo che deve tutte le sue vittorie. Il Partito dei comunisti ha alzato molto in alto la bandiera della lotta per liberare dai ferri dell’autocrazia e del capitalismo la classe operaia e tutti i lavoratori di Russia; ha portato questa bandiera attraverso tre rivoluzioni. Sotto la sua direzione, la classe operaia unita con i contadini laboriosi ha riportato la vittoria e ha stabilito il potere sovietico nel 1917. La Grande Rivoluzione socialista d’Ottobre ha aperto un’era nuova nella storia dell’umanità: l’era del socialismo. Sotto la guida del Partito, i lavoratori hanno vittoriosamente difeso la rivoluzione dagli attacchi dei suoi nemici interni ed esterni e hanno costruito il socialismo. Il Partito è stato l’organizzatore della vittoria del popolo sovietico nella Grande Guerra Nazionale e orienta l’energia creatrice del popolo per l’edificazione della società comunista. Come si è formato il sistema monopartitico nello Stato sovietico? Dopo la rivoluzione democratica borghese di febbraio 1917, tutti i partiti politici di Russia ebbero la possibilità di mostrare nella pratica come si apprestavano a soddisfare le rivendicazioni essenziali del popolo. Il partito della grande borghesia al potere, i cadetti, i menscevichi e i socialisti rivoluzionari che si erano uniti ad essi più tardi, hanno ben presto rivelato, con la loro politica, che vegliare agli interessi dei lavoratori, dare al popolo la pace, la terra e liberarlo dallo sfruttamento era la minore delle loro preoccupazioni. E allora le masse popolari, rifiutando la loro fiducia ai partiti borghesi, seguirono i comunisti. Nell’ottobre 1917, il Partito comunista divenne il partito dirigente. Dopo, sono passati più di quarant’anni. Attualmente, non soltanto gli amici, ma anche i nemici del socialismo, non possono non riconoscere il successo rimarchevole registrato del popolo sovietico sotto la direzione del Partito comunista. Il bilancio visibile di questa direzione è la trasformazione della Russia zarista miserabile in un grande Stato socialista che occupa il secondo posto nel mondo per la sua potenza economica e che supera di molte volte tutti gli Stati capitalisti per il ritmo del suo sviluppo industriale. Una lotta piena di abnegazione condotta del Partito per la felicità del popolo sovietico gli ha attirato l’amore, la stima e l’appoggio di tutti i Sovietici. La classe operaia, ma anche tutti gli altri lavoratori: i contadini, gli intellettuali, hanno fatto loro la politica del Partito, hanno assimilato la sua ideologia. Il Partito comunista, quello della classe operaia, si è trasformato in un partito del popolo tutto intero, nella sua avanguardia. i membri del Partito non godono di alcun vantaggio né di alcun privilegio. Al contrario si esige molto da loro: ovunque e per tutto, al lavoro, nella società, nella loro famiglia, essi devono servire d’esempio, di modello per gli altri. Il Partito raggruppa nei suoi ranghi quasi 10 milioni di membri. Senza sostituirsi agli organi del potere di Stato, il Partito elabora la politica generale del paese, interna ed estera, unisce e mobilita le masse per risolvere i problemi più importanti concernenti l’edificazione della società comunista, le educa nello spirito del patriottismo sovietico e della fedeltà all’ideale di Marx e di Lenin. La stretta osservanza delle norme leniniste della vita del partito, il rispetto del principio della direzione collettiva, lo sviluppo massimo della democrazia all’interno del Partito, l’iniziativa dei comunisti, la critica e l’autocritica danno impulso alla vita del Partito. L’organo supremo del Partito è il congresso del Partito, che si tiene almeno una volta ogni quattro anni. Al congresso si elegge il Comitato centrale che dirige il Partito durante gli intervalli tra i congressi. Il primo segretario del Comitato centrale è Nikita Kruscev. Al XXII Congresso del Partito che si è tenuto in autunno 1961 è stato adottato il nuovo Programma del Partito, programma di costruzione della società comunista in U.R.S.S.

Concludo così la traduzione delle pagine che mi sono sembrate più significative della Guida “turistica” dell’Unione Sovietica ritrovata in biblioteca, senza altri commenti. Abbiamo ricordato i fatti dell’ottobre 1964 con la deposizione di Kruscev e conosciamo il resto. Fino ad oggi (26.09.2022).

Come spunto di riflessione, in appendice, un articolo tratto da «Les Nouvelles de Moscou», numero 38 (679) del 19 settembre 1964 (il mese prima…), La storia non dimenticherà, del professor Guérgui Zadorojny dottore in legge. Da notare che direttore della rivista era Aleksej Adjubei.

Si commemora il 18 settembre il quinto anniversario dell’iniziativa storica dell’Unione Sovietica mirante a bandire le guerre internazionali di aggressione e ad assicurare una pace duratura sulla Terra. Cinque anni fa, Nikita Kruscev, capo del governo sovietico, ha sottoposto alla XIV sessione dell’Assemblea generale dell’ONU la celebre Dichiarazione sul disarmo generale e completo.

La situazione che si era creata nel mondo a quell’epoca esigeva delle azioni immediate e risolute per evitare che l’umanità non precipitasse nel baratro d’una catastrofe nucleare. Le grandi potenze avevano accumulato una enorme quantità di bombe termonucleari, ognuna delle quali era più potente di tutte le bombe gettate durante tutte le guerre della storia. I vettori più moderni di armi nucleari non hanno lasciato un solo punto sulla Terra che sia invulnerabili da quelle bombe. Però la corsa agli armamenti è proseguita. Dal 1959, il mondo spendeva annualmente più di 100 miliardi di dollari per la corsa agli armamenti, più di 100 milioni di persone, scienziati, ingegneri, tecnici, operai dei più qualificati, sono occupati alla produzione e al perfezionamento dei mostruosi mezzi di sterminio e sono sottratti a lavoro pacifico costruttivo.

In queste condizioni, bisognava trovare la via non solo per coniugare e scongiurare una catastrofe nucleare, ma anche per escludere la possibilità stessa di una guerra. Questa via, Kruscev l’ha indicata cinque anni fa alla tribuna dell’ONU. È il disarmo generale e completo. Gli Stati non avranno allora né i mezzi né la possibilità di fare la guerra ed un controllo internazionale generale completo potrà essere assicurato. Cosa porterà la realizzazione del Programma di disarmo generale e completo? Tutti gli Stati senza eccezioni rinunceranno a mantenere degli effettivi armati, salvo i contingenti minimi necessari per mantenere l’ordine all’interno (milizie, polizia) equipaggiati di armi leggere. Senza parlare della liquidazione delle armi nucleari, dei missili e degli altri mezzi destinati a trasportarle, come pure delle scorte di armi chimiche e batteriologiche, il disarmo generale significherebbe la dissoluzione delle armate di terre, la distruzione delle flotte di guerra aerea e marittima, la soppressione degli stati maggiori generali e dei dipartimenti militari, il divieto dell’istruzione militare, il ritorno di decine di milioni di uomini al lavoro pacifico, ecc.

Questo programma radicale, nell’escludere ogni disuguaglianza di condizioni del disarmo per qualunque paese, la soppressione delle difficoltà concernenti il controllo internazionale, la possibilità di realizzare questo programma in pochi anni soltanto, erano così evidenti per tutti i membri dell’ONU, che l’Assemblea generale, riprendendo l’iniziativa sovietica, ha adottato all’unanimità lo stesso anno, nel 1959, una Dichiarazione sul disarmo generale completo che esprimeva le ragioni collettive di tutta l’umanità, la volontà collettiva di tutti i popoli del mondo e degli Stati membri dell’ONU. Così, l’idea del disarmo generale e completo è divenuta uno dei principi essenziali del diritto internazionale moderno, che riceve delle conferme e degli sviluppi nuovi ad ogni sessione dell’Assemblea generale dell’ONU.

Dopo di allora, l’Unione Sovietica ha fatto numerose nuove proposte, destinate all’applicazione pratica di queste decisioni dell’ONU. Alla XV sessione dell’Assemblea generale, nel 1960, Nikita Kruscev ha esposto le clausole essenziali del Trattato sul disarmo generale completo e, a marzo 1962, l’Unione Sovietica ha sottoposto al Comitato dei 18 a Ginevra un Progetto di «Trattato di disarmo generale completo sotto uno stretto controllo internazionale». Benché importanti misure pratiche siano state realizzate durante questo periodo (distensione internazionale sostanziale, conclusione del Trattato di Mosca sul divieto degli esperimenti nucleari in tre ambienti [nell’atmosfera, nello spazio e sott’acqua], accordo sull’interdizione di mettere in orbita delle armi nucleari, accordo sulla riduzione della produzione di materie fissili a scopo militare, ecc.), l’applicazione pratica delle decisioni dell’ONU sul disarmo generale completo lascia molto a desiderare. La XIX sessione dell’Assemblea generale dell’ONU che sta per aprirsi si propone di occuparsi a fondo di questi problemi. La storia non dimenticherà l’iniziativa storica del governo sovietico. Nel commemorare il suo quinto anniversario, tutti gli uomini di buona volontà augurano alla Organizzazione delle Nazioni Unite ed a tutti i suoi organismi di realizzare praticamente il disarmo generale e completo, e questo nel termine più breve. Quelli che lo faranno saranno glorificati per sempre. Kruscev ha detto in proposito: «I nostri figli e nipoti diranno: non erano tanto sciocchi i nostri padri e i nostri nonni. Potevano anche vivere in cattivi rapporti e litigare tra loro, però comprendevano l’essenziale: non hanno permesso la guerra e hanno assicurato la pace».

 Nota: La figura e le molteplici attività di Giorgio La Pira sono ben note. Qui voglio solo ricordare, a proposito di quella missione del ’72, che egli era dal 1967 presidente della Federazione Mondiale delle Città Unite, era stato promotore di tentativi di mediazione tra gli USA e il Vietnam di Ho Chi Minh, come tra palestinesi e israeliani ed egiziani, continuamente alla guida di iniziative internazionali per il disarmo, la pace e la sicurezza, ed era allora appena rientrato dal Cile, nell’autunno del 1971, dove era stato, su invito di Salvador Allende. La mia partecipazione alla delegazione in qualità di esperto di discipline urbanistiche delle Autonomie, insieme ai colleghi Giorgio Stockel e Franco Tegolini, era finalizzato agli interventi nelle commissioni tematiche internazionali, di cui abbiamo dato conto nelle pubblicazioni delle Edizioni delle Autonomie con due relazioni: 1) Francesco Correnti, I problemi dello sviluppo urbano in Bulgaria, in “Il Comune democratico”, a. XXVII, n° 5, 1972, pp. 56-60. 2) Francesco Correnti, Giorgio Stockel e Franco Tegolini, Sofia e il suo futuro. Il piano regolatore della capitale bulgara presentato alla Conferenza mondiale intercomunale, in “Il Potere Locale”, a. VI, n° 9, maggio 1972, p. 11.

FRANCESCO CORRENTI

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