“LA CITTA’ INVISIBILE” A CURA DI ROSAMARIA SORGE – – Il verde urbano come controllo climatico
di ROSAMARIA SORGE ♦
Una estate particolarmente calda come questa forse non ce la ricordiamo, calda anche perché è stata lunga ed è iniziata molto presto, calda dappertutto in Europa, con punte di 40 ° anche nei paesi del nord Europa per poi trovare l’anomalia dei 24 ° a Pantelleria quando soggiornavo a Colmar posta a 1000 m sul livello del mare, in quella terra incantata che è l’Alsazia concedendomi, per l’eccessivo caldo, solo piccolissimi assaggi sulla strada del vino, senza cedere a Riesling o Muscat o Pinot gris ma preferendo più spesso la birra alsaziana, più rinfrescante visto le temperature.
Trovavamo respiro nel parco, grande, alberato con una fontana a schizzi verticali che a tratti alternava ai getti continui anche acqua vaporizzata che ti ridava la vita. Tanti i bambini mezzi nudi che correvano a rinfrescarsi e anche i genitori, con la scusa di sorvegliarli non disdegnavano di bagnarsi dalla testa ai piedi; ma nel Parco, sotto gli alberi si godeva una condizione accettabile di caldo. Da qui ho meditato sul fatto dell’importanza del verde come controllo del clima non solo come distese extraurbane ma proprio come verde cittadino che attenua gli effetti del clima nelle città.
Che ci sia in atto un modificarsi delle condizioni climatiche credo che non si possa più negare, eventi metereologici estremi sono sempre più frequenti e la necessità che le nostre città mettano in atto strategie per difendersi è una realtà impellente; ma la sostenibilità ecologica oggi è anche economica e si porta dietro l’equa distribuzione e l’uso efficiente ed efficace delle risorse.
Rendere le città “verdi “ comporta la riduzione delle emissioni di CO2 attraverso misure di efficientamento e risparmio energetico e attraverso il trasporto urbano sostenibile.
Affrontando le sfide del cambiamento climatico, la filosofia emergente delle “città verdi” implica che le piante e gli spazi verdi dovrebbero essere considerati beni comuni (e quindi investimenti) che danno valore dal punto di vista sociale, economico e ambientale e forniscono una moltitudine di benefici per le popolazioni urbane. Il sistema più logico per ridurre sia il caldo estremo che l’inquinamento atmosferico è piantare più alberi perché gli alberi agiscono al contempo sulla riduzione della concentrazione di CO2 , mitigano l’isola di calore urbana, moderano l’effetto degli eventi estremi, moderano il particolato atmosferico e la presenza dei metalli pesanti.
Tutto ovvio ma spesso la politica su certi argomenti fa orecchie da mercanti, concentrata ad autocelebrarsi e dimenticando troppo spesso le esigenze dei cittadini, esigenze che oggi sono diventate quelle di un pianeta che rischia la desertificazione e l’asfissia. Andrebbero stimolati ed incentivati i tetti verdi nelle città, sarebbe opportuno fare una puntuale ricognizione di tutti quegli standards urbanistici che sono solo squallide sterpaglie; i parchi urbani, le piazze alberate, straordinarie oasi di pace andrebbero moltiplicate e tutto questo concorrerebbe a quella Riqualificazione urbana di cui tanto si parla ma poco si fa.
Di questi temi i politici ne parlano poco e solo in campagna elettorale per accalappiare i voti di tutti quegli ingenui che su questi temi si sgolano da anni e con modesti risultati; temi che vengono considerati meno importanti davanti al pericolo di una guerra mondiale di cui si vocifera sempre meno sommessamente senza rendersi conto che all’origine del tutto c’è una visione del mondo in cui la sopraffazione e il dominio sono gli elementi principali che guidano gli Stati mentre ai cittadini si raccontano favole.
Nel mentre le nostre città bollono, grazie all’asfalto delle strade, alla cementificazione, alle emissioni delle auto e degli impianti di riscaldamento.
Civitavecchia non è da meno; una trascuratezza del verde pubblico è sotto gli occhi di tutti, basta fare una passeggiata a Piazza Calamatta per rendersene conto: aiuole che non possono più definirsi aiuole, dove una sterpaglia gialla ha preso il posto di prato e fiori. Ma lo sapete quanta acqua restituisce un prato erboso nell’atmosfera attraverso l’evapotraspirazione? Inoltre la differenza di temperatura tra un parco cittadino e gli edifici costruiti determina brezze termiche urbane che aiutano a raffrescare gli edifici.
Oggi in architettura sono di grande attualità i giardini verticali, ne è esempio il Bosco verticale di Stefano Boeri a City life a Milano e prima di lui Jean Nouvel con il suo straordinario progetto del Quai Branly, due esempi che fanno onore all’invenzione di Patrick Blank, botanico e paesaggista francese a cui si deve la creazione delle pareti verdi che altro non sono che” un pezzo di natura in città “
Curare gli spazi verdi serve a rallentare la crisi climatica, probabilmente allontanare future pandemie e sicuramente a riequilibrare il nostro rapporto con la Natura creando i presupposti per una vita più sana.
In attesa che i nostri Amministratori ne prendano consapevolezza invito ogni cittadino a creare in ogni terrazza una piccola oasi di verde perché 10, 1000, 10000, terrazze fanno la differenza.
ROSAMARIA SORGE
Purtroppo, dopo anni di impegno ambientalista, non posso non notare come la consapevolezza ambientale, ma direi là sensibilità ecologica é, da queste parti, veramente bassa. Purtroppo.
Luciano Damiani
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Brava, Rosamaria. Penso a quanta gente indugia nei grandi magazzini o centri commerciali mentre le città infuocano. A Civitavecchia ancora aspettiamo il bosco amazzonico che doveva mitigare la centrale a carbone.
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Rosamaria scrive cose sacrosante. L’acqua è un complemento indispensabile del verde. Lo sapeva Pirro Ligorio a Tivoli, Vanvitelli a Caserta, Le Nôtre a Versailles e tanti altri precedenti e successivi in una infinità di realizzazioni dove l’elemento liquido era parte integrante di parchi e giardini, fatti anche per divertire e giocare, con la disinvoltura e lo spirito di Colmar, ma anche di certi spazi di Parigi, di Lione e, perché no, degli “scherzi d’acqua” di Villa Lante a Bagnaia.
Ricordo bene di quando io mi rimiravo le guglie gotiche di Saint-Eustache con i piedi nudi nella vasca del “trou des Halles”, mentre, giustamente, ritengo indecoroso che qualcuno faccia altrettanto guardando i campanili gemelli di Trinità dei Monti con i piedacci nella Barcaccia.
Da noi, progettare giardini con vasche d’acqua accessibili è un rischio da molti punti di vista. Ed una semplice fontana o fontanile o lavatoio o anche meno, senza neanche citare i luoghi, noti a tutti, rischiano di non vederla neppure, l’acqua. E certo quelle, poi, non sono adatte ai giochi.
Rosamaria, con quello che potremmo definire l’ottimismo di (alcuni) architetti, invita tutti i cittadini a creare 10, 1000, 10000 terrazze verdi. Se altrettanti cittadini avessero considerato 10, 1000, 10000 aiuole, quando c’erano, oppure quelle poche fontane che pure c’erano, cosa loro, cioè un bene comune, e non una “cosa der Commune” , forse avremmo più parchi verdi e fontane e giochi d’acqua.
Temo che questo sia un problema da affrontare e vorrei sentire se ci possano essere soluzioni. O qualcuno pensa che oggi – con i tempi che corrono – i più ripeterebbero l’antico lamento: “Altro volemo che guje e fontane! Pane volemo, pane, pane”?
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Parole sacrosante Francesco ma in questa città manca il senso del bello e del giusto
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