ARNALDO MASSARELLI
di FRANCESCO CORRENTI ♦
Arnaldo Massarelli, 9 dicembre 1923-11 agosto 2022. Un artista ed uno studioso di rara sensibilità. Ricordi accorati e commemorazioni ammirate saranno numerosi. Ho riferito poco tempo fa il pensiero di Arnaldo e la mia preoccupazione. Del ricordo e delle commemorazioni di Giovanni Ranalli abbiamo visto l’esito. Credo ci sia poco altro da dire, con rammarico. Riporto qui alcune pagine della mia “Premessa del curatore” (Recupero e riqualificazione del nucleo urbano storico e delle aree retro portuali di Civitavecchia: il metodo dell’anastilosi grafica nelle ricerche sulla storia urbana applicato ad un programma innovativo. La città senza “cuore” e le vedute di Arnaldo Massarelli) all’opera Civitavecchia veduta. Immagini e vedute panoramiche della città dal 1495 al 1850, Ufficio Consortile Interregionale della Tuscia / Edizioni del C.D.U. / Centro di documentazione urbanistica sulla storia urbana e l’assetto del territorio, pp. 11-12, in cui ho raccontato “l’antefatto” delle straordinarie vedute ed il significato – che non era banalmente “artistico” – della loro sponsorizzazione e della più ampia ricerca alla scoperta della città in cui sono state inserite.
Era il 1992, e precisamente la mattina di venerdì 5 giugno, quando Giovanni Massarelli – dopo Renato Pucci, secondo sindaco di Civitavecchia nel dopoguerra, durante gli anni seguiti alla ricostruzione e all’adozione del Piano Regolatore8 – venne a trovarmi al Parco della Resistenza, nella sede dell’Ufficio Urbanistico ricavata dalle stalle della tenuta Antonelli nei primi mesi del 1972. Al tempo, il casale era ancora chiamato da qualcuno la Dacia Correnti, malgrado il ventennio trascorso dall’allestimento dell’ufficio, per le diffidenze e critiche ‘paesane’ che avevano suscitato le iniziative anticonformiste e poco burocratiche assunte nell’organizzazione di quel nuovo servizio comunale e per i materiali e le soluzioni utilizzate nel restauro dell’edificio e nell’arredamento dei locali. Diffidenze e critiche compensate dai complimenti di altri, come Nico Di Cagno, che ogni volta, partecipando con Luigi Piccinato e Renato Amaturo a qualche riunione, si compiaceva per l’atmosfera dell’ufficio, «degna d’un County Council britannico».
Massarelli era venuto per avere notizie sul progetto di sistemazione della storica area della Rocca che stavo studiando in quel periodo e per mostrarmi la copia di un volumetto sulla “Chiesa della Morte”, in cui era pubblicata una ricerca del cugino Arnaldo, che non avevo avuto ancora occasione di conoscere. Colpito dai disegni del libro, lo volli subito acquistare e lo lessi per intero il giorno stesso.
Il libro Santa Maria dell’Orazione: indagini intorno a un antico monumento in Civitavecchia di Luigi Iannone e Arnaldo Massarelli, con un disegno in copertina di Mario Giorgio e una presentazione di Vittorio Citterich, forniva in poco più di ottanta pagine una sintesi documentata della storia della bella e trascurata chiesa, tra i più interessanti esempi di arte barocca a Civitavecchia. Ma la sorpresa era data dalle nove tavole finali, tra cui piante e prospetti, quattro vedute di genere molto precise e fedeli ed una inaspettata veduta ricostruttiva a volo d’uccello della darsena nel 1783, di ottimo effetto e di grande precisione.
A parte i rilievi planimetrici della chiesa, di cui potevo controllare l’esattezza – non sempre consueta nel panorama locale – confrontandoli con i miei, eseguiti nel 1975, trovai singolari e piacevoli le vedute, ispirate a scene di Bartolomeo e Achille Pinelli, della processione in piazza San Giovanni e degli altri episodi sull’ attività della Confraternita dell’Orazione e Morte. Mi entusiasmò, in particolare, la puntigliosa panoramica della darsena, tutta tracciata in punta di matita con abilità e padronanza della prospettiva e della storia. Da esse mi era facile dedurre che l’ancora per me sconosciuto autore dei disegni – nonché paziente ricercatore – era anch’egli un frequentatore attento e approfondito della BAV, dell’ASV, dell’ACS e dell’ASR, oltre che lettore e studioso delle opere storiografiche sulla città, visto che vi erano dotte “citazioni” di schizzi e rilievi di illustri testimoni d’epoca, da Carlo Fontana e Felice della Greca a Claude Lorrain.
Chiesi quindi a Giovanni di farmi incontrare quel cugino straordinario, vissuto a Roma e tuttavia rimasto affettivamente legato a Civitavecchia, tanto da dedicare allo studio della storia civitavecchiese il suo tempo libero e il suo talento. Il mio desiderio si concretizzò da lì a pochi giorni. Scaturì, da quell’incontro, il patrocinio da parte del Comune della prima veduta di Arnaldo Massarelli, che vide poi la luce nel 1994.
In quel periodo, con i miei rilievi di edifici storici elaborati dagli anni ’60 in poi, dal campanile di Sant’Egidio – San Giusto alla ricostruzione del fronte portuale del 1975, fino alla veduta “a volo d’uccello” del ’90 della Civitavecchia nel 1660, avevo iniziato la ricostruzione dell’immagine della città nei secoli passati, utilizzando gli accurati studi grafici di Paola Moretti – messi gentilmente a mia disposizione – che riproponevano, in pianta e in alzato e con profili ante e postbellici, appunto lo stato originario di tutti i complessi edilizi del porto monumentale, integrati dai rilievi dello stato attuale e corredati dei documenti archivistici pertinenti. Il tempo per questa attività era quello, molto limitato, lasciato libero dai miei doveri istituzionali di architetto comunale, ed ho accolto con gioia la nuova conoscenza, vedendovi l’opportunità di concretizzare un forte desiderio, che personalmente avrei potuto realizzare con molte difficoltà e solo in tempi lunghissimi. Mi ero infatti prefisso di avviare per il Cdu – che era stato, anche nella stessa denominazione, un “Urban Center” ideato con decenni di anticipo rispetto alle attuali tendenze – il coordinamento e la consulenza storico-urbanistica per realizzare una serie di vedute di Civitavecchia nelle varie fasi del suo sviluppo urbanistico, che avevo già rappresentato in decine di planimetrie (dalla città romana ad oggi, le tavole sono attualmente ottanta, per altrettanti periodi o momenti storici significativi, riferiti, dal 1477 al 1870, a ciascun pontificato), e questo poteva avvenire, appunto, con l’opera di Arnaldo Massarelli, inizialmente apparsomi come un disegnatore “industriale” dal tratto un po’ duro e rigido ma estremamente meticoloso e padrone delle tecniche per realizzare precise prospettive “con le regole”. Solo in seguito, con il tempo e con la souplesse acquisita nel perfezionare i suoi lavori, Arnaldo ha raggiunto quella disinvoltura ed eleganza del segno che ne fanno un artista a tutto campo. Allora, non aveva mai avuto occasione di sperimentare tecniche pittoriche e di disegno non geometrico, per cui, quando la prima veduta fu completata, tracciata a matita, in bianco e nero, gli proposi di chiedere all’architetto Marcella Morlacchi di acquerellarla e lui ne fu felicissimo.
Marcella Morlacchi, già compagna di studi universitari e docente presso il Dipartimento di Rappresentazione e Rilievo della Facoltà di Architettura dell’Università di Roma “La Sapienza”, aveva iniziato a pubblicare sulla rivista Roma ieri, oggi, domani, fin dal primo numero apparso nel maggio 1988, la rubrica «Il colore della strada», in cui era illustrata di volta in volta una via o una piazza degli antichi rioni di Roma con una nota di carattere storico-urbanistico e architettonico e con i prospetti ad acquerello delle facciate sui lati dello spazio urbano, realizzati attraverso un rilievo a vista delle architetture e del colore di grande freschezza e suggestione, ma anche con un fondamentale valore di analisi e documentazione dello stato di fatto, indispensabile per una operazione qualificata di definizione e pianificazione cromatica del colore di Roma, in linea con gli orientamenti della cultura urbanistica tesi ad introdurre finalmente anche in Italia i «piani del colore». La prima veduta – riferita allo stato di Civitavecchia nell’anno MDCL – pubblicata nel ’94 dal Centro di documentazione urbanistica, quindi, aveva questa triplice compagine di curatori. L’autore del disegno, in primo luogo, che aveva anche interpretato attraverso le ricerche e i documenti l’aspetto tridimensionale, volumetrico, della struttura edilizia. Su questa base aveva lavorato l’architetto Morlacchi, quale “tecnica” delle coloriture, con un intervento peraltro non facile, dato che il supporto cartaceo della riproduzione eliografica del disegno di base non era assolutamente adatto ad una resa adeguata delle velature. A coordinare il lavoro d’insieme era intervenuto il sottoscritto “editor” con la doppia veste “critica” di storico che si è fatto una sua idea della città e di disegnatore che vorrebbe esprimere il suo gusto grafico e la sua tecnica.
In proposito, voglio ricordare che il nostro scopo era, principalmente, quello di “scoprire” com’era la Civitavecchia del passato, nei suoi vicoli, nelle sue case, nelle sue modificazioni temporali, in tutti quegli aspetti fisici di cui i secoli, le demolizioni e infine gli sventramenti della guerra e del dopoguerra avevano lasciato poche tracce e di difficile lettura. Poiché di quella che si riteneva esser stata la “città romana” (in realtà, mi ero andato convincendo, mai esistita in quanto tale, se non per una fase di trasformazioni e adattamenti estemporanei) e di quella creata dagli interventi dei pontefici, i “grands traveaux” del ’500 e del ’600, avevamo, per l’una, diverse ipotesi e, per l’altra, dati molto dettagliati, restava da indagare e immaginare la città intermedia. Avevamo pochi resti e labili indizi per ricostruire la fase tra la “villa imperiale” in trasformazione e il borgo in formazione, a cominciare da quella città di Gregorio Magno che, non a caso, era stata il tema del convegno organizzato insieme a Giovanni Insolera, nel 1989, con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose e sotto l’alto patronato del Vescovo Mons. Girolamo Grillo. Fu proprio in quell’occasione, tuttavia, che tentammo, procedendo cautamente ma con molto entusiasmo, di ricomporre i tasselli per dare forma a quell’insediamento ancora misterioso (cercando, ad esempio di capire, il significato di immagini forse solo simboliche e tuttavia eloquenti, come la «Centũcellis» della Tabula Peutingeriana).
FRANCESCO CORRENTI
In un mondo sempre più iconico Arnaldo ci ha data la possibilità di entrare in Civitavecchia nel tempo. Le pietre, le vie, il luoghi della vita nel loro dinamismo temporale ci hanno raccontato molto più del documento scritto.
La sua è stata un’ operazione didattica di grande spessore. E’ un onore averlo avuto come cittadino amante del suo Paese.
Il minimo che la Città possa fare è che il suo nome titoli qualcosa di degno e non la solita stradina di periferia.
Sappia chi deve decidere essere all’altezza di quel sentimento così intensamente espresso dal nostro Arnaldo.
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Pensieri come vengono. Un luogo dove poter vedere rappresentate in modo straordinario ed esatto la storia e l’evoluzione della città fisica (con il corredo di tantissimo altro materiale iconografico) sarebbe prezioso e di semplicissima realizzazione. Però, che dire? La Galleria Calamatta, il Fondo Ranalli, il CDU, il Lapidarium… L’auspicio di Carlo Alberto è una invocazione di serietà. Se si dovessoro, un giorno, fornire a ipotetici turisti gli indirizzi di alcuni beni monumentali da visitare, troveremmo intitolazioni del tutto avulse dalla storia dei luoghi (che pure avevano una storia antica e dei toponimi ben noti e storici), con uno svilimento che ferisce in primo luogo la memoria di quelle persone. Perché?
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