“PESCI, PESCATORI, PESCIVENDOLI E CONSUMATORI” DI GIORGIO CORATI – “Indagine” sul consumo di pesce di specie minore
di GIORGIO CORATI ♦
Quando si parla di cibo, si parla di cultura. Ogni comunità tramanda ai propri membri tradizioni a volte millenarie e già per questo motivo l’uomo dovrebbe mostrare attenzione al tema. Le culture gastronomiche troppo spesso vengono “aggredite” dalla frenesia quotidiana e da comportamenti di consumo che possono tendere alla omologazione e, a tratti, alla banalizzazione del cibo.
Le qualità organolettiche, le qualità nutrizionali e il gusto del cibo sono importanti, ma a volte si parla di cibo soltanto in termini di prezzo di mercato.
Quando si parla di cibo, si parla di “ponti” fra comunità. Il commercio è un fattore civilizzante, sosteneva il filosofo illuminista napoletano Antonio Genovesi vissuto nel Settecento. Oggigiorno il commercio e il trasferimento di prodotti alimentari da una parte all’altra del Pianeta è un dato di fatto scontato.
Di cibo si parla in termini economici di produzione e consumo. Se ne parla meno marcatamente in termini di consumo di risorse naturali impiegate. Se al concetto di consumo alimentare si associa il concetto di uso di risorse naturali impiegate nella produzione di cibo, non può essere evitato il riferimento ai concetti di biodiversità di specie e di sostenibilità associata al consumo stesso. La variabilità delle specie animali e vegetali e la disponibilità delle risorse naturali sono una ricchezza donata all’uomo dalla natura, sono parte di un capitale naturale che consente all’uomo la sopravvivenza e che produce anche benessere in senso lato. Un loro impoverimento e indisponibilità si ripercuote negativamente sugli stili di vita. In effetti, si tratta soprattutto di risorse naturali rinnovabili e per questo soggette a limiti e vincoli naturali, ma anche esterni. La loro disponibilità dipende da molti fattori e condizioni come, ad esempio, nel caso delle risorse ittiche, dalla velocità del prelievo dal mare che, secondo la letteratura economica, dovrebbe essere pari alla velocità di riproduzione. Il prelievo che è sempre più correlato al consumo quotidiano, un consumo legittimo, ma tanto crescente da mettere a rischio l’equilibrio biologico delle specie. Un consumo tendente al limite della sostenibilità, spesso incentrato su alcune specie in particolare ovvero che un consumo che va oltre la capacità delle stesse di riprodursi e di rinnovarsi ciascuna secondo il proprio ciclo di vita naturale. In questo senso, un problema che emerge poco all’attenzione del consumatore è il crescente aumento delle catture di pesci di piccola taglia che potrebbe indicare l’esistenza di un problema che tende a compromettere sia l’accrescimento in tempi adeguati sia il reclutamento di individui di taglia maggiore. Cosicché andando per pescherie e supermercati non è difficile imbattersi in commenti che giudicano come poco “appetibili” quei pesci freschi rappresentati da individui di piccola taglia.
Esprimere giudizi perentori sullo stato dell’arte del consumo potrebbe essere relativamente facile; astenersi può essere anche più semplice.
Esiste un’ampia letteratura scientifica sul comportamento di consumo che pone all’attenzione del consumatore le conseguenze del suo comportamento, senza per questo demonizzarlo. Tutt’altro. Studi, ricerche, indagini e analisi si rivelano utili per migliorare il rapporto dell’uomo con l’ecosistema e quello del consumatore con le risorse. Assumono rilevanza, perché sostengono modalità di consumo virtuose, pongono moniti sull’uso e sull’utilizzo delle risorse naturali al fine di un corretto e legittimo soddisfacimento dei bisogni attuali e cercano di salvaguardare le necessità alimentari delle future generazioni.
Anche a me, recentemente, è stato possibile effettuare una ricerca attraverso un’indagine di studio. Ho potuto organizzare e somministrare un questionario pubblico sul comportamento di consumo sostenibile dei prodotti della pesca nell’area del Compartimento marittimo di Civitavecchia. L’indagine ha rilevato e analizzato i primi dati in assoluto in termini di preferenze e di comportamento di consumo nell’area di studio. I dati rivestono importanza anche rispetto alla scarsità di ulteriori informazioni disponibili a livello di Compartimento reperibili in letteratura scientifica. L’indagine è stata condotta nel periodo di marzo/aprile 2021 per mezzo di un questionario online e alle domande ha risposto un campione di consumatori di prodotti della pesca composto da 543 persone, sia locali residenti sia residenti “di prossimità” che hanno partecipato in modo spontaneo e anonimo.
I risultati del campione indicano che il pesce fresco è il prodotto della pesca maggiormente frequente. Le categorie di pescato maggiormente gradite sono i crostacei, poi i molluschi bivalvi e i molluschi in genere e a seguire il “pesce bianco”; la categoria del “pesce azzurro” è quella che riscuote il minor gradimento. In generale, i consumatori rivelano apprezzamento sia per la possibilità di acquistare pesce fresco anche direttamente presso i pescatori sia verso prodotti della pesca di ”origine locale” e da cattura “di prossimità”. Inoltre, rivelano consapevolezza dell’importanza di modalità di consumo sostenibile, evidenziano interesse per la biodiversità, esprimendosi a favore del consumo di specie ittiche cosiddette “minori” e di specie considerate “di scarto” poste al confronto con specie considerate di maggiore o largo consumo.
In termini di biodiversità e sostenibilità, la condizione di sostituibilità tra specie ittiche assume rilevanza, perché tendenzialmente contribuisce ad alleviare la pressione di pesca e il consumo di specie maggiormente sfruttate.
In particolare, i risultati si ritengono molto interessanti perché, sebbene il 18% circa dei consumatori dichiari di non essere in grado di dire se compie scelte di consumo sostenibili, la maggior parte (80% circa) di fatto rivela disponibilità o orientamento verso comportamenti di consumo maggiormente informati, consapevoli e sostenibili. Appare evidente che le informazioni disponibili o utili per attuare scelte di consumo sostenibile non siano ampiamente diffuse o non siano ampiamente efficaci al fine di capire la differenza tra una decisione di consumo non sostenibile e una decisione di scelta orientata alla sostenibilità e alla diversità di specie. Certamente è necessaria un’informazione più ampia e concreta che possa incidere effettivamente sulla sostenibilità del comportamento di consumo.
In conclusione, i risultati offrono anche la possibilità di condurre indagini e analisi ulteriori.
Considerando il consumo stagionale dei prodotti della pesca alla stessa stregua del concetto del consumo stagionale dei prodotti agricoli, si potrebbero indagare e analizzare le priorità delle preferenze in termini di scelta di “specie di stagione” da cattura locale, ponendo a confronto specie cosiddette “minori” e specie considerate “di scarto” con quelle considerate di maggiore o largo consumo. Ciò anche al fine di verificare la disponibilità (volontà) del consumatore al cambiamento. Queste due analisi potrebbero essere realizzate, ad esempio, dopo aver definito delle possibili azioni che ciascun consumatore può intraprendere e attuare in autonomia a seconda delle proprie considerazioni e giudizi personali. Avendo a disposizione informazioni puntuali in merito al concetto di sostenibilità e conoscendo azioni concrete, il consumatore può orientarsi, se lo ritiene un aspetto importante, verso un consumo dei prodotti della pesca che di fatto tenda a soddisfare sia i propri bisogni alimentari sia quel principio di sviluppo sostenibile volto anche a favorire il consumo anche alle future generazioni.
Dall’indagine, con piacere, si può evincere come il consumatore sia sensibile, in modo quasi consapevole, alla cultura e alla tradizione gastronomica locale che impiega pesce generalmente considerato “minore” che varia con il mutare delle stagioni.
GIORGIO CORATI
Giorgio, il tuo articolo è fondamentale e corredato da una attualissima ricerca.
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