RUBRICA – “BENI COMUNI” – 15. 23 NOVEMBRE 1986: VOGLIA DI MUSEO CIVICO…

a cura di FRANCESCO CORRENTI ♦

Il 6 giugno 2016 è stato pubblicato su questo Blog il mio articolo intitolato Un Sito Istituzionale di forte connotazione aliena, nel quale mettevo in evidenza – senza voler offendere nessuno – alcune “originalità” del portale ufficiale del Comune di Civitavecchia, riferite a notizie sulla storia cittadina che avrebbero lasciato “oltremodo” perplesso, se avesse potuto leggerle, un personaggio come il senatore Carlo Calisse, notoriamente attento sul rigoroso controllo delle fonti, a parte qualche comprensibile “partito preso” sull’attendibilità di miti e leggende delle origini della Civita Vecchia, che già Philippe Lauer, Giuseppe Signorelli e Giulio Silvestrelli, come è noto,  avevano smentito, con ampio corredo di documentazione, tra il 1900 ed il 1940 (agevolando assai le successive «riletture critiche»). 

Suscitava (e suscita, dato che nulla è mutato) analoga perplessità anche la disinvoltura del linguaggio nel ricorso ad affermazioni apodittiche, perentorie, mentre risulta quasi del tutto corretto quello che era un tempo, in alcuni atti e comunicati, l’uso improprio di emblemi grafici difformi – anche concettualmente – dallo Stemma Civico approvato con proprio decreto dal Presidente della Repubblica e parte integrante dello Statuto. È però scomparsa la pagina informativa del PRUSST della Tuscia – contravvenendo così all’impegno di doverosa informazione e trasparenza assunto verso tutti gli altri enti pubblici e soggetti privati con gli accordi e le intese nel 1999, 2002 e 2012 –, come è stata eliminata, insieme agli elaborati planimetrici ed alle norme sulla disciplina urbanistica del territorio comunale – che in qualunque altro Comune d’Italia, ma anche d’Europa e, penso di poter dire, di tutti i continenti e terre emerse del globo, è un servizio dovuto ai cittadini ed a chiunque debba presentare istanze o richiedere certificazioni attinenti alla proprietà ed all’uso dei suoli – la sintetica esposizione che avevo fornito sulla storia urbana della città.

In quell’articolo, avevo segnalato che mi aveva sorpreso, in modo particolare, il paragrafo sui “Luoghi di culto”, per alcune affermazioni che ritenevo “strane” e che erano forse dovute a timori e cautele eccessive nell’evitare nei testi l’uso di espressioni “politicamente non corrette” (nel rispetto per qualunque forma di religiosità), anche dove tale scrupolo non aveva senso. Infatti, il paragrafo che un tempo si sarebbe chiamato semplicemente «Le chiese di Civitavecchia» ed ora è denominato «Luoghi di culto» – anche se poi non riporta altro che la cattedrale, due chiese ed un santuario, tutti di religione cristiana, della Chiesa cattolica romana e di rito latino – recita così:

«A Civitavecchia sono presenti molti luoghi di culto, la maggior parte dei quali di forte connotazione Cattolica. In alcuni casi si tratta di strutture sopravvissute alla furia dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, che rasero al suolo i tre quarti della città, mentre altri furono ricostruiti. Tra gli edifici parzialmente o totalmente ricostruiti ci sono senza dubbio la chiesa Cattedrale, duramente colpita dagli ordigni alleati, essendo a ridosso dell’area portuale e la Chiesa francescana dei SS. Martiri Giapponesi, interamente ricostruita negli anni ’50 e che oggi custodisce affreschi ispirati al martirio di 26 persone avvenute nel 1597 e realizzati dal pittore giapponese Lukas Hasegawa, quale dono alla città in ragione dello storico rapporto con il Giappone. Tra i gioielli scampati alla distruzione figurano invece la storica Chiesa della Stella e la Chiesa di Santa Maria dell’Orazione e Morte, in assoluto la più antica della città, nella quale sono da poco terminati i lavori di ristrutturazione della splendida Cappella Guglielmi.»

Ho trascritto in grassetto le affermazioni e i giudizi che suonano inappropriati, non corretti o decisamente errati e, pertanto, non ne sottolineo ulteriormente l’incongruenza, come lascio senza commenti, a chi voglia approfondirne il contenuto, le singole descrizioni storico-artistiche di ciascuna chiesa e l’intera didascalia del «Santuario Madonnina delle Lacrime», dove evidentemente quello scrupolo di cui ho parlato non ha prevalso sullo stupore del credente. Da architetto, prego tuttavia chi possa dare a quei testi una forma più pertinente, di voler almeno eliminare gli errori evidenti, come la serie che affligge le righe dedicate alla chiesa dell’Orazione e Morte che, oltre a non essere la più antica della città, in nessun senso, non è un «edificio dotato di una pianta centrale con croce greca ed una grande sala ellittica che rievoca la forma di un teschio». Altrimenti anche il Colosseo sarebbe stato conformato per rievocare la “crozza” dei gladiatori (?!) e così tante altre strutture a pianta ellittica, che proprio per questo non sono “centrali” né “a croce greca” e non hanno nulla a che vedere con la morte.

Ma a questo punto, volendo finalmente entrare nel tema di questa puntata, mi riferisco ancora al sito del Comune, per notare un’altra svista, che è una contraddizione in termini veramente non comprensibile. Si dice, infatti, testualmente: «il Museo Nazionale Archeologico di Civitavecchia, conosciuto anche come Museo Civico…». Delle due, l’una. E questa volta, davvero senza dubbio, quello che esiste attualmente a Civitavecchia è un Museo Nazionale. Ne abbiamo parlato più volte nelle puntate precedenti e non ne parliamo oggi, perché oggetto del mio racconto e dei documenti che voglio produrre è “l’altro”, il Museo Civico, cosa completamente diversa per natura istituzionale e, in genere, per appartenenza e tipologia dei materiali che vi vengono custoditi, esposti e “narrati”.

Prima delle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, a Civitavecchia non vi era un Museo Nazionale, realizzato solo nel 1965 (lo si è detto nella puntata su Mario Moretti, la 10^ della seria, uscita il 10 maggio scorso), ma era stato istituito, fin dal 1918, il Museo Civico, con l’apporto fondamentale dell’Associazione archeologica “Centumcellae” (11^ puntata del 12 maggio, nelle sentite parole di Carlo Alberto Falzetti). Ne ho mostrato la planimetria e alcune immagini nella scorsa puntata, e le ritrovate nella copertina di questa. Un opuscolo della “Centumcellae” datato 29 settembre 1974, giorno dell’inaugurazione della nuova sede sociale in piazza Leandra e intitolato appunto L’Associazione Archeologica “Centumcellae”: origine – scopi – attività, 1911-1974, descrive – con le parole del vice presidente Basilio Pergi – la vita del Museo dall’apertura alla drammatica distruzione. Il primo nucleo, ben visibile nella piantina del ’18 che ho ritrovato all’Archivio Centrale dello Stato, era ricavato nel portico sul lato verso il mare del chiostro del convento dei Padri Domenicani. Come sappiamo, il chiostro, in origine uno spazio irregolare di fianco alle cappelle sulla sinistra della navata della chiesa di Santa Maria, fu realizzato dal padre Jean-Baptiste Labat dal 1710 in poi, utilizzando per il quarto lato l’area di alcune case che erano state già acquistate nel 1691 a tale scopo e, per dare un più comodo ingresso al convento dalla prima strada, sul terreno ceduto – grazie ad un onorevole compromesso, con comuni vantaggi – dal dottor Paolo Biancardi, «governatore del Monte di Pietà», uomo di grande fermezza ma anche persona ragionevole, come aveva dimostrato quale capo della Confraternita della Stella, nel famoso caso dei due Angeli di marmo bianco mutilati dal giovane e zelante prete della Dottrina Cristiana e poi “risanati” con un’altra saggia transazione, senza applicare al colpevole la Legge del Taglione. Ampliatesi le collezioni di reperti, grazie alle campagne di scavo condotte dall’Associazione, soprattutto, alle Terme Taurine, il Museo Civico fu adeguato da Francesco Cinciari, allora al vertice dell’Amministrazione comunale, destinandogli tutti i locali a pianterreno intorno al chiostro ed anche al piano superiore, con ampie sale e vari corridoi, mentre in limitrofo locale trovò sede la stessa “Centumcellae” «e la sua ricca biblioteca sempre aperta agli studiosi».

Curatore per lungo tempo ed autore della sistemazione scientifica e della guida del Museo Civico (già pubblicata sulla monografia Civitavecchia “vedetta imperiale sul mare latino”, Edizioni Latina Gens, Roma 1932), è Salvatore Bastianelli, segretario, anima e “cuore pulsante” dell’Associazione, meticoloso investigatore e scopritore dei segreti ancora celati nel sottosuolo. È sua la prima relazione scientifica sui ritrovamenti, Gli antichi avanzi esistenti nel territorio di Civitavecchia, in “Studi Etruschi”, XIII, Roma 1939, che segue una Guida di Civitavecchia e dintorni. Compresi i due importanti centri archeologici di Tarquinia e Cerveteri, del 1925, curata con Arnolfo Becchini, a carattere più divulgativo e turistico.

Di quegli stessi anni, esattamente del 1937 – ricorda Basilio Pergi nell’opuscolo citato – è il «gesto munifico che il presidente della “Centumcellae”, marchese Benedetto Guglielmi, volle compiere. Egli fece donazione di tutta la sua vasta raccolta, composta di preziosi reperti etruschi e romani tra i quali ricchi bronzi di Vulci, interessanti marmi romani, e pregevolissimi vasi greci attici e corinzi, al Museo Vaticano, tanto che alla Direzione Generale del Museo occorsero ben quattro vaste sale per sistemare tanto pregevole materiale, che oggi può essere ammirato e studiato da tutti nelle sale, le quali a ricordo del munifico donatore ne portano il nome.»

Fortunatamente, quella ricca donazione non era stata destinata al Museo Civico civitavecchiese, che fin dal primo bombardamento alleato, in quel fatale 14 maggio del ’43, fu «colpito e distrutto e con esso reperti di altissimo valore storico-artistico ed archeologico». Ed ancora una volta, Salvatore Bastianelli, «non curante di possibili successive incursioni, che purtroppo avvennero, e con pericolo per la propria incolumità, si recò più e più volte a rovistare fra le macerie del Museo Civico; chiese ed ottenne dalle autorità comunali quanto necessario al trasporto, ed in fine poté portare in salvo quanto rimasto degli oggetti esposti, per ricoverarlo, ben sistemato in appositi involucri proprio nei vani delle Terme Taurine, distanti dall’abitato e certo non oggetto di eventuali incursioni, anche se potevano essere miraggio di scorrerie di quanti in quei tristi tempi potevano guardare a quelle cose per pura bramosia di lucro.

Superato il doloroso periodo della guerra, delle distruzioni e dei lutti ed avviato quello della rinascita nel nuovo ordinamento democratico e repubblicano, nel 1952 riprende con la presidenza del cavalier Carlo Toti l’attività della “Centumcellae”. È l’anno che vede la definitiva rinuncia dell’Ordine dei Frati Predicatori al progetto di restauro di Vincenzo Fasolo della loro antichissima sede, costretti all’insensata «ricostruzione fuori sito» dagli assurdi accordi sottoscritti al di sopra di loro, suggellati irreversibilmente dalla demolizione finale della facciata di Santa Maria, che era rimasta salda e ferma, con tenacia incrollabile, senza appigli e sostegni, per ben nove anni, dal 1943 al ’52, a contrastare le mire barbariche e sacrileghe della speculazione. E qui apro una parentesi, riprendendo un mio pensiero.

Un monito quasi arcano, quella sagoma a capanna dalle occhiaie vuote, infine sola e isolata (come lo sarà nel 1990, per circa tre mesi, la sua ricostruzione in legno, un “devoto” ex voto espiatorio a grandezza naturale), quell’incredibile connubio murario tra l’antica facciata della chiesa templare duecentesca, «costruita nel più rustico gusto gotico a pezzi e bocconi», e quella abilmente composta, in forme settecentesche, con gli elementi architettonici della demolita doppia Fontana di Sisto V (1588-89) e di Urbano VIII (1632), dal padre Labat. A lui imputiamo la colpa di averci, così, impedito per sempre di conoscere l’aspetto della chiesa primitiva – e potervi trarre utili indizi per leggerne l’origine e la fase iniziale – ma dobbiamo riconoscergli l’abilità di aver eretto una struttura solidissima che ha ricucito e tenuto in piedi i “pezzi” della precedente, ha dimostrato l’esattezza dei calcoli del progettista ed ha smentito le pessimistiche previsioni degli operai locali. Del resto, non ci è noto il contenuto del certo cospicuo bagaglio del frate architetto, imbarcato il 21 gennaio 1716 sul piccolo vascello inglese, puzzolente di baccalà e di vernice, diretto a Marsiglia, per tornare il 18 maggio successivo, dopo un’assenza di sette anni e cinque giorni, al suo amato convento des Jacobins dedicato all’Annunciazione, a Parigi, in Rue St-Honoré. Lì il nostro eclettico Père si dedicherà alla sedentaria vita conventuale, abbandonando la sua abitudine ai veri, grandi, straordinari voyages d’un tempo, che tuttavia proseguirà con più tranquilli viaggi letterari, quale Auteur di memorie e di descrizioni di terre esotiche e lontane, viste di persona o attraverso gli occhi di altri esploratori e geografi, fino alla definitiva, ultima partenza, il 6 gennaio 1738, all’età di 75 anni.

Per quell’affinità di sentimenti consueta tra architetti dopo lunghe frequentazioni, conoscendone ormai indole e metodi, credo di poter tranquillamente supporre che tra le carte del suo bagaglio, insieme a diari, appunti e souvenir d’ogni tipo, ci fossero i disegni dei suoi progetti, compreso un preciso rilievo della facciata medievale ch’era stato obbligato a ricoprire. Perché non ho alcun dubbio sul fatto che le confrère Jean-Baptiste (a parte tutte le differenze che volete, sostanzialmente apparteniamo ad uno stesso “Ordine” che non è quello religioso) abbia disegnato la sua soluzione progettuale sulla base del rilievo dello stato di fatto, com’è prassi in qualsiasi lavoro del genere. Forse aiutato nelle misurazioni anche dal “giovane chirurgo” conosciuto a Marsiglia e divenuto suo assistente o forse – azzardo un’ipotesi indimostrabile ma possibile – dal brillante Cinzio Fiori, architetto e amministratore di antica famiglia civitavecchiese, un cui nipote sarà a fine secolo tra gli ostaggi consegnati a un altro francese, il generale Merlin, a garanzia dell’armistizio pattuito. Quei disegni, purtroppo, non ci sono finora pervenuti, ma il Plan de Civitavechia che ho ritenuto l’originale labatiano della mappa poi incisa e pubblicata nel IV tomo dei Voyages ed ho inserito tra le illustrazioni del racconto Parlava franco italiano (SpazioLiberoBlog, 3 settembre 2020), mi lasciano sperare che prima o poi qualcosa possa essere ritrovato.

Chiudo la parentesi e riprendo il racconto sul Museo Civico, alla cui ricostruzione pensò subito la rinnovata Associazione. «Nelle discussioni che seguirono si delinearono due tendenze: l’una voleva il ripristino, ovviamente in altra sede, del Museo Civico prima esistente; l’altra, conscia delle difficoltà e delle forti spese da incontrare, pensò alla costituzione in Civitavecchia di un Museo Nazionale. Dapprima per la realizzazione di un Museo Civico si pensò di poter usufruire di alcuni locali siti nel Forte Michelangelo, ma questo è di proprietà del Demanio Marina ed è ubicato entro l’ambito portuale. Perciò dopo lunghe trattative con le varie autorità competenti ed a causa delle difficoltà incontrate, fra cui non ultima lo stato nel quale allora si trovava il Forte, prevalse il progetto del Museo Nazionale».

Intanto, Salvatore Bastianelli, già nel 1954, pone le basi per la ripresa degli studi e pubblica, nella prestigiosa collana “Italia Romana: Municipi e Colonie” (Serie I, Vol. XIV), per i tipi dell’Istituto di Studi Romani, il volume Centumcellae (Civitavecchia), Castrum Novum (Torre Chiaruccia), Regio VII – Etruria, il punto fermo più autorevole sullo stato delle conoscenze di questo territorio. Seguito da altri studi, che si completano nel 1981 con L’abitato etrusco sul poggio detto “La Castellina”. Castrum Vetus (?) e la sua necropoli, per concludersi con gli Appunti di campagna nel 1988, omaggio postumo dell’Associazione al suo grande socio e massima colonna portante. Presidenti della “Centumcellae” sono, nel 1955, Fernando Cordelli e alla sua morte, nel 1959, Fabrizio Pirani. La sede è in via Zara ed il consiglio direttivo è formato da Basilio Pergi (vice presidente), Fabrizio Ferrari (segretario), Carlo De Paolis, Gino Graziosi, Mario Lucidi, Luigi Nunzi, Rinaldo Panetta, Odoardo Toti.

Abbiamo seguito attraverso la rievocazione di Carlo Alberto Falzetti le vicende di quel periodo e degli anni successivi (e voglio anche ricordare che in tanti, allora, eravamo iscritti tra i soci della “Centumcellae” e lo siamo ancora sentimentalmente) e la tavola cronologica che ho composto con le copertine delle pubblicazioni edite dall’Associazione, credo, dà il quadro esauriente della feconda attività di tutti i soci, che ha poi visto ancora l’uscita di nuovi studi con quello che è attualmente l’ultimo lavoro del presidente pro-tempore Antonio Maffei, presentato recentemente. E qui si dovrebbe aprire una riflessione sull’attuale momento molto particolare, a decenni di distanza da alcuni cambiamenti epocali, dopo un lunghissimo lasso di tempo di eclissi di alcune istituzioni, dopo il biennio drammatico della pandemia e dopo la scomparsa dolorosa di tanti protagonisti, locali, nazionali o mondiali, della cultura, delle arti e delle scienze. Con l’auspicio che sia possibile, a breve termine, formulare alcune ipotesi e proposte per giungere – con la collaborazione di alcuni “soggetti” – a quel risultato per cui, ancora ad agosto del 2018, un gruppo di persone di buona volontà ha redatto, in accordo con l’assessore al ramo, l’ennesimo progetto. Lo scopo era di dare una sede ai vari beni storico-artistici già di proprietà del Comune di Civitavecchia o da acquisire, che potrebbero formare il nucleo iniziale di un Museo Civico o Museo della Città o “Urban Center”, qualcosa come è a Milano, per le opere di grafica e simili, la Civica raccolta delle stampe “Achille Bertarelli” nel Castello Sforzesco. Di quei beni, ho cercato di dare un panorama esemplificativo nelle varie immagini della copertina di oggi. Fornirò in una prossima puntata della rubrica ragguagli più precisi e, per quanto possibile, spunti di riflessione per stimolare apporti costruttivi da chiunque vorrà proporne.

Prendo spunto dal commento di Annalisa Tomassini – che ringrazio anche per altri interventi cortesi sui miei scritti – alla scorsa puntata sul Giubileo, in cui ha parlato «di un destino di superficialità ed insipienza che ha caratterizzato la storia politica, sociale e culturale di questa città». Aggiungendo che «elementi giustificativi rispetto a certe scelte ce ne sono stati ma certamente alcuni interventi potevano essere compiuti con un’unità di intenti che coinvolgesse la totalità dei soggetti in campo». Al riguardo, desidero innanzitutto assicurare che tutte le rievocazioni di avvenimenti del passato recente (dagli anni Sessanta del XX secolo in poi) in cui ho fatto ricorso a ricordi personali e ad attività, lavori o altre cose cui ho partecipato, vogliono avere solo valore di testimonianza diretta e autentica, senza alcun intento elogiativo e di autocompiacimento. Non hanno, naturalmente, neppure intenti denigratori, alla “Heautontimorumenos”, pur essendo sempre disposto all’autocritica quando sia il caso. Gli aspetti positivi riscontrabili in varie circostanze, corrispondono ai buoni risultati di azioni professionali o culturali conseguiti a favore della collettività, premiati a vario titolo e in vari modi da enti sovraordinati, spesso in competizioni pubbliche tra più soggetti a livelli elevati, per cui si propongono quali “buone pratiche” da utilizzare. Così, gli aspetti negativi messi in luce da Annalisa Tomassini sono stati, purtroppo, il risultato di mentalità, comportamenti, tendenze e convinzioni derivanti da condizionamenti e da influenze che la società e i cittadini hanno subito, tollerato o accettato.

Ed ecco il documento del titolo, il “CDU” di questa puntata sulla “Voglia di Museo Civico”: la relazione alla proposta di provvedimento per la Giunta, firmata da me, quale dirigente dell’Ufficio Urbanistico, e scritta (a mano, su fogli a quadretti, come sempre) in un paio d’ore a casa mia, a Roma, nella mattinata di domenica 23 novembre 1986, per portarla la mattina dopo a Civitavecchia. La mattina prima, sabato 22, alle 11 (leggo gli appunti sull’agenda di quell’anno), sono stato “sentito” in Procura (non è detto l’argomento, ma l’audizione è un rito frequente) e poi alle 12,30 ho appuntamento all’Archetto, per un sopralluogo relativo al progetto di restauro che ho redatto, con l’ingegner Antonio Amaturo (per la Ca.Ri.Civ, che finanzia il lavoro), il maestro Carlo Galli (Ispettore onorario ai Monumenti), l’impresa Tassi ed il giovane geometra (futuro architetto) Paolo Sposito del mio ufficio. Spiego come vorrei realizzare la pavimentazione in blocchetti di selce e tutti concordano. Torno quindi in ufficio, al Parco della Resistenza, ed ho un lungo colloquio con il mio assessore (all’Urbanistica) Mario Venanzi, che è anche il vicesindaco della Amministrazione in carica (PCI, PSI, PSDI, PRI), guidata da Fabrizio Barbaranelli, al suo secondo mandato (1985-1988). Assessore ai lavori pubblici è Domenico Condoluci, assessore alla cultura Alfio Insolera, che ho consultato ripetutamente, in precedenza, sull’iniziativa.  

Istituzione del nuovo museo civico di Civitavecchia. Relazione

Ufficio Urbanistico – 23 novembre 1986

 

Premessa

Fino all’ultimo conflitto mondiale, la città di Civitavecchia era dotata di un Museo Civico, formato nel 1918, con sede nei locali attigui al chiostro della chiesa matrice di Santa Maria, già appartenuti al Convento domenicano.

Le raccolte erano collocate in nove gallerie, per una superficie complessiva di circa 1.000 mq, e comprendevano materiali e reperti, rinvenuti nel territorio di Civitavecchia (che allora si estendeva fino a Ladispoli), attestanti tutte le fasi di civilizzazione, dall’epoca preistorica all’età etrusca e a quella romana. Del periodo altomedioevale era conservata la nota epigrafe di Leone IV proveniente dalla “Leopoli” di Centocelle. Numerosi erano gli stemmi dei pontefici recuperati dalla demolizione della cinta urbana.

I bombardamenti del 1943-44 hanno distrutto la sede del Museo, mentre parte dei materiali è stata salvata ed ha poi costituito la base espositiva del nuovo Museo Nazionale Archeologico, istituito ed inaugurato nel 1965 a cura della Soprintendenza alle Antichità dell’Etruria Meridionale, con sede nella palazzina settecentesca costruita da Clemente XIII per il Comando della guarnigione, che fu poi sede dal 1924 del comando della Scuola Centrale del Genio. L’istituzione del Museo Nazionale non ha sminuito l’esigenza di un Museo Civico, sia per la diversità dei contenuti sia per la diversità dei fini e dei metodi della pubblica fruizione. L’auspicato Museo Civico dovrà, infatti, costituire il “museo della città” nel senso più ampio dell’espressione, fornendo non solo informazioni e documentazioni a fini didattici, ma soprattutto ponendosi come strumento di supporto e di promozione culturale, aperto alla più ampia partecipazione della cittadinanza.

Finalità della struttura museale

Gli obiettivi generali del nuovo Museo Civico, quale servizio culturale pubblico, sono quelli indicati dalla L.R. 18 giugno 1975, n° 76, che li individua nel concorso al progresso degli studi e all’educazione permanente dei cittadini attraverso:

  1. la raccolta e la conservazione dei beni culturali, anche nella loro caratteristica locale;
  2. la ricerca scientifica nel settore dei beni culturali e ambientali;
  3. l’espletamento di attività volte a promuovere la diffusione della conoscenza dei beni culturali e ambientali in tutte le loro forme e manifestazioni.

Gli obiettivi specifici che ci si prefigge di raggiungere con l’istituzione del Museo sono distinguibili per i tempi di realizzazione, intendendosi pervenire nel medio e lungo termine alla costituzione di una struttura articolata in diversi settori (anche con sedi diverse, dislocate nel territorio, attraverso il recupero di edifici storici o monumentali e di aree d’interesse culturale o naturalistico-ambientale), concernenti le varie categorie di beni, in grado di rappresentare una completa e puntuale fonte di conoscenza del territorio stesso ed un supporto all’incremento ed alla qualificazione degli afflussi turistici, in funzione dei quali sono in atto studi e iniziative parallele.

Nel breve termine, gli obiettivi fondamentali da raggiungere sono costituiti essenzialmente:

  1. dal recupero dei beni culturali dispersi in varie parti del territorio;
  2. dall’acquisizione di raccolte private e dal riordino di beni già in possesso del Comune o di altri enti;
  3. dalla catalogazione dei beni culturali e ambientali esistenti.

Documentazione da predisporre

La L.R. n° 76/1975, “Musei locali e di interesse locale” prevede che, ai fini dell’accoglimento delle richieste di istituzione di un museo civico è condizione essenziale inviare all’Assessorato regionale la seguente documentazione:

  1. delibera di richiesta del contributo contenente l’indicazione del relativo programma di intervento e, all’interno di esso, delle priorità prescelte;
  2. per le richieste relative ad opere edilizie la documentazione deve essere conforme a quanto previsto dalla circolare n° 1675/BC del 10 agosto 1985;
  3. per le richieste di contributi per integrazione di arredi: relativo progetto, completo di preventivo di spesa analitico, con l’indicazione dei tipi e delle quantità;
  4. per le richieste relative al funzionamento e sviluppo delle strutture:
  • il programma delle iniziative ed il parere della Commissione di gestione;
  • la indicazione degli enti o associazioni compresi nel programma;
  • i preventivi analitici di spesa;
  • se è compreso l’acquisto di attrezzature e materiali audiovisivi, oltre a far riferimento ai criteri previsti nella circolare n° 1676 del 10 agosto 1985, deve essere indicato il tipo richiesto, il relativo costo e il programma di utilizzazione, precisando le attrezzature esistenti;
  1. indicazione del previsto impegno finanziario dell’ente locale, sia per la realizzazione della struttura, sia per la gestione e il funzionamento, sia per l’attuazione degli interventi proposti

SCHEMA DI DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA MUNICIPALE

Oggetto: Istituzione e allestimento del nuovo Museo Civico. Attività preliminari e sistematiche a cura della Ripartizione Urbanistica Comunale e delega alla Associazione Archeologica “Centumcellae” delle attività concernenti la gestione, l’assistenza al pubblico e la custodia. Provvedimenti.

Premesso che:

  • il Comune di Civitavecchia, con deliberazione n° … in data … … …, ha stabilito di istituire un proprio Museo Civico per la raccolta e la conservazione dei beni culturali, essendo andato distrutto negli eventi bellici quello esistente fin dal 1918;
  • ai sensi della legge regionale 18 giugno 1975, n° 76, questa Amministrazione intende avvalersi dei contributi previsti dalla Regione Lazio per gli interventi relativi ai musei degli Enti locali ed ha predisposto la richiesta e la documentazione necessaria;

Considerato che:

  • per lo svolgimento delle attività preliminari alla costituzione del museo e di quelle relative al suo allestimento ed alla successiva gestione, questo Comune dovrebbe integrare il proprio organico con apposito personale specializzato;
  • la Ripartizione Urbanistica Comunale è in grado di svolgere le attività preliminari concernenti la progettazione architettonica del “contenitore” – sia che si tratti, almeno in parte, di un edificio da costruire, sia che si tratti di un edificio monumentale o comunque esistente da restaurare o da recuperare all’uso in questione – e delle sistemazioni interne, dell’arredamento e dell’allestimento museale, nonché quelle relative al progetto scientifico e ad alcuni aspetti sistematici della fase successiva;
  • né la Ripartizione Urbanistica né altri Uffici e Servizi del Comune sono in condizioni, per quella che è la dotazione di personale attuale e prevedibile in futuro, di poter svolgere i ruoli concernenti la gestione, l’assistenza al pubblico e la custodia della struttura museale;
  • peraltro, svolge egregiamente in Civitavecchia la propria attività culturale l’Associazione Archeologica “Centumcellae”, fondata nel 1911 e posta sotto il patrocinio di questo Comune, la quale ha come scopi statutari la ricerca scientifica nel settore dei beni culturali e ambientali e la promozione della tutela e della diffusione della conoscenza dei beni stessi;

Ritenuto che:

  • tale Associazione, pertanto, sia particolarmente e specificatamente qualificata a collaborare con questo Comune per il raggiungimento degli obiettivi connessi all’istituzione del Museo Civico, affiancandosi alle strutture comunali competenti nelle materie interessate e più precisamente agli uffici dell’Assessorato alla Cultura ed al Centro di documentazione sull’assetto del territorio e la storia urbana della Ripartizione Urbanistica;
  • sia opportuno, di conseguenza, delegare alla predetta Associazione l’espletamento delle attività che saranno richieste in funzione della istituzione del Museo Civico, adottando le iniziative necessarie e svolgendo i compiti richiesti, di concerto con i richiamati uffici comunali degli Assessorati alla Cultura e all’Urbanistica;
  • a voti …

delibera

(Si rimette la parte deliberativa all’indicazione delle modalità attuative e dei criteri di cui tenere conto da parte dei componenti della Giunta col supporto della Segreteria generale).

Nota finale: nelle mie carte ho ritrovato il mio manoscritto del provvedimento qui pubblicato, ma non ho altra documentazione su quanto avvenuto successivamente, per cui al momento non so dire se l’atto sia stato adottato e cosa sia stato fatto in seguito. Credo comunque significativi i contenuti della proposta. Voglio sperare che qualcuno tra i lettori o tra gli amici del Blog – e ve ne sono che ne hanno pieno titolo – conosca gli sviluppi e le azioni svolte poi dal Comune e voglia farcene partecipi.

FRANCESCO CORRENTI