RUBRICA – “BENI COMUNI” – 14. UN EVENTO INATTESO: IL GIUBILEO DEL 2000
a cura di FRANCESCO CORRENTI ♦
Premessa del curatore
Sembrava che duemila anni di attesa non bastassero, nel senso che quell’evento, ideato – come prima ragione – per celebrare la Buona Novella dell’anno 0, che dal 1300 si ripeteva periodicamente e dal 1475 ogni venticinque anni, ci cogliesse di sorpresa. Forse per via di quei tanti zeri, che era capitato una sola volta, quasi che tutti ce ne ricordassimo… e poi il 2000… Il DU-E-MI-LA! che per noi nati, anche se di poco, negli Anni Trenta e prima della guerra, era un futuro lontano, mitico… «Ner 2000 vedremo tutto er monno trasformato quant’è largo e quant’è tonno…» cantava Aldo Fabrizi da un disco (78 giri Parlophon) che appunto girava per casa. «Nel 2000 avrò sessant’anni compiuti da un anno!» mi dicevo io. E pensavo: ci sarò?
Fatto sta che nei nostri enti locali, la regione, la provincia, i comuni, nei nostri uffici, quando si cominciò a fare mente locale, ad affrontare il problema, c’era un po’ l’aria di chi cada dalle nuvole… caspita! (nei nostri uffici si sentivano già anche altre varianti di esclamazioni, ma normalmente non erano sulla bocca di tutti), il Grande Giubileo dell’Anno 2000, e chi se l’aspettava!
All’epoca, mi riferisco al 1997 – un anno di novità positive, per me –, i segni, i vuoti, i resti di vecchi muri sono ancora diffusi, in città e più ancora nel porto, con l’aggiunta di uno stato di avanzato degrado, di evidente abbandono in alcune zone, con le alterazioni dovute alla “ricostruzione” affrettata ed agli interventi di emergenza sulla viabilità per uscire dalla calata o arrivare alla darsena.
Porta Livorno, quasi un rudere, è murata e lo spazio antistante, rimossa la carcassa di auto rimasta lì per mesi, è occluso da baracche, così come tante altre parti della struttura portuale, che era stata quella “mirabile” di Traiano e dei pontefici per secoli, sono ingombre da superfetazioni assurde, locali in muratura, tettoie di eternit, verande metalliche, tendoni, insegne e quant’altro, addossati ai resti monumentali, incastrati tra le pietre ultracentenarie, fissati con tagli indiscriminati dei marmi o ancorati con zanche finanche su lapidi celebrative o su altri elementi decorativi papalini o più antichi.
Per lunedì 17 febbraio di quel 1997 sono stato convocato in Sala Consiliare per un “incontro pubblico” sul tema “Utilizzo del patrimonio demaniale di Civitavecchia per il decentramento culturale romano”, in cui interverrà l’on. Alberto La Volpe, parlamentare socialista al momento sottosegretario ai Beni culturali e ambientali, ma notissimo giornalista Rai. Come direttore del Tg2, tra l’altro, aveva ideato con Giovanni Falcone la trasmissione “Lezioni di mafia”, andata però in onda nell’autunno del ’92, dopo la strage di Capaci, con la sedia del magistrato vuota. Nel 2012, la trasmissione è stata poi ripresa da Pietro Grasso, Procuratore Nazionale Antimafia.
Ho ritrovato un mio appunto di quei giorni, in cui mi ero annotato alcuni fatti, «che potrebbero essere utili per far comprendere a quanti forse non comprendono, per non aver seguito nel tempo i progressi compiuti, il valore che molti di noi attribuiscono a certe situazioni acquisite».
E proseguivo, elencando alcuni ricordi personali e le date dei fatti rilevanti: «Ieri ho compiuto 28 anni come dirigente del Comune di Civitavecchia e quindi ho seguito di persona tutti gli avvenimenti di questi anni. Sono ormai il decano dei dirigenti, l’unico ancora in servizio, tra quelli che si trovavano in Comune alla fine degli anni Sessanta. Ripercorrendo le molte vicende della città vissute in questo periodo, vedo quanto esse si siano intrecciate con la mia vita quotidiana e l’abbiano condizionata:
– maggio 1965: inizio degli studi di un piano di sviluppo dell’Alto Lazio per l’esame di Urbanistica II con il prof. Luigi Piccinato e poi visite alla città e al porto monumentale di Civitavecchia, con acquisizione di documentazione per la tesi di laurea, quando ero molto critico (giovinezza, inesperienza e spirito di contestazione) verso il PRG di Piccinato, Amaturo e Di Cagno, adottato da circa due anni;
– febbraio 1967: discussione della tesi di laurea in architettura (“town-design” e composizione architettonica) “Il water front di Civitavecchia. Ipotesi di elaborazione architettonica della fascia costiera del P.R.G. di Civitavecchia (Piccinato,1961)”, relatore prof. arch. Ludovico Quaroni; coordinata con la tesi di laurea in architettura (restauro dei monumenti) di Paola Moretti “Un intervento per la salvaguardia e la riqualificazione ambientale del porto monumentale di Civitavecchia”, relatore prof. arch. Guglielmo De Angelis d’Ossat;
– febbraio 1968: rilievo e progetto di restauro del Molo e del Fortino del Lazzaretto nel porto di Civitavecchia per la Soprintendenza ai Monumenti del Lazio;
– varie date 1968/febbraio 1969: vincitore del concorso per esami bandito dal Ministero della Pubblica Istruzione con D.M. 4 luglio 1967, a 9 posti di architetto della carriera direttiva delle Soprintendenze alle Antichità e Belle Arti (su 250 partecipanti), nominato in ruolo ed assegnato alla Soprintendenza ai Monumenti di Genova; ho rinunciato alla nomina, in quanto nel frattempo vincitore di altro concorso, per il quale ho optato, quello per titoli ed esami bandito dal Comune di Civitavecchia in data 1° agosto 1968, per il posto di Urbanista, nominato in ruolo con deliberazione consiliare n° 56 del 20 gennaio 1969, in servizio dal 16 febbraio 1969;
Iniziative assunte per proposte all’Amministrazione comunale sul patrimonio storico:
– 20 maggio 1970: lettera al Sindaco Izzi per l’acquisizione del Forte Michelangelo;
– 31 luglio 1970: lettera al Sindaco Izzi per fermare i lavori della chiesa sulla Rocca dopo il ritrovamento del basolato romano e della scalinata monumentale verso la darsena;
– ottobre 1970: risposta all’interpellanza che propone la demolizione dei “decrepiti” antichi Ospedali per consentire una costruzione alta 42 metri, “in deroga al piano di ricostruzione come gli altri realizzati sul corso Marconi”;
– 18 settembre 1971: organizzazione della mostra e tavola rotonda “Civitavecchia da salvare” con la collaborazione dell’A.A.S.T.;
– 2 dicembre 1972: proposta al Sindaco Venanzi per avviare le pratiche di acquisizione dell’Ospedale e dell’Infermeria Presidiaria, procedendo al rilievo con la collaborazione della Facoltà di Architettura di Roma “La Sapienza”;
– 27 dicembre 1978: incontro con l’assessore alla cultura Alfio Insolera;
– febbraio/ottobre 1978: organizzazione e tenuta delle sedute quindicinali della conferenza generale dei servizi pubblici per il primo P.P.A., fino alle iniziative per permutare l’Infermeria con la concessione di aree al Ministero della Difesa nel PZ San Liborio (1980-1982);
– settembre/ottobre 1986: redazione del secondo P.P.A./Programma di attuazione del P.R.G. 1988-1990, con i suoi interventi per il recupero e la valorizzazione del patrimonio storico (adottato con deliberazione consiliare n° 1142 del 18.10.1988);
– gennaio 1997: proposta di destinazione del Penitenziario di via Tarquinia a servizi portuali, attualmente in esame da parte degli enti sovraordinati.»
Poi, per concludere, annotavo: «Le idee sono state molte, ma con enormi difficoltà burocratiche per concretizzarle. Oggi la ferma volontà del Sindaco ha trovato un atteggiamento disponibile negli organi statali e questo, se da una parte ci rallegra e ci consola per i risultati ottenuti, dall’altra ci dimostra – e ci indigna – quanto fossero assurdi e pretestuosi i rilievi di allora, che ad altro non hanno portato se non ad un abbandono dei monumenti per 30 anni, con il conseguente degrado subito da quelle strutture.»
Trascrivo, ora, ritenendolo indicativo degli indirizzi dell’Amministrazione, il mio intervento, quale dirigente dell’Ufficio Speciale per il Territorio e i Beni Culturali e Ambientali del Comune di Civitavecchia, all’Incontro pubblico sul tema “Utilizzo del patrimonio demaniale di Civitavecchia per il decentramento culturale romano”, Civitavecchia, Aula consiliare del Comune, 17 febbraio 1997.
Verso il 2000, forse …
La celebrazione del Giubileo dell’anno 2000 rappresenta per Civitavecchia un’occasione di ritrovare l’antica funzione di polo dei traffici marittimi, stradali e ferroviari e di riqualificare la propria struttura urbana che difficilmente potrà più ripetersi, così come non si era mai presentata dal dopoguerra ad oggi. Per decenni, i piani e i progetti che, pure, sono stati fatti per l’ampliamento del porto commerciale e industriale (come allora era chiamato), per recuperare i valori storico-artistici del porto monumentale e della città e per dotare il territorio di infrastrutture efficienti, sono stati costantemente accantonati, rinviati o relegati nel cassetto delle utopie, con la motivazione, realistica ma avvilente, che mai si sarebbero potuti reperire per Civitavecchia quei finanziamenti così elevati che sarebbero stati necessari per eseguire le opere.
Ogni assurdo compromesso è stato quindi accettato, pur di ottenere – a fronte di sacrifici territoriali e ambientali molto forti – almeno i modestissimi risultati positivi connessi ai diversi insediamenti inquinanti che venivano imposti.
Una costa vincolata per il suo valore paesaggistico e le presenze archeologiche, è stata deturpata da tre centrali termoelettriche; una inutile e monca autostrada, venuta a spaccare le zone di maggior pregio turistico, ha impedito la realizzazione della variante Aurelia; la darsena petrolifera è stata addossata agli invasi per le navi-traghetto, inserendo nel porto passeggeri una mina che potrebbe provocare vittime e danni incommensurabili in qualunque momento.
Non è possibile perdere, ora, l’improvvisa e imprevista ricchezza di finanziamenti offerta dal Giubileo. Non la si può perdere, né vanificare in opere che non diano alla città un risultato utile e definitivo in termini di sviluppo sociale ed economico, di occupazione, di qualità ambientale, di valorizzazione del patrimonio storico e naturale.
Civitavecchia ha sofferto per lunghi anni delle numerose forme di inquinamento (atmosferico, del suolo, delle acque, acustico) provocate dalla presenza di attività insalubri. Ha sofferto per più di un secolo della separazione del proprio centro storico determinata dalla trincea ferroviaria. Ha sofferto per l’attraversamento del traffico nel cuore dell’abitato e per la mancanza di collegamenti tra i quartieri e con il porto. Ha sofferto per la mancanza di un lungomare libero, di spiagge frequentabili, di luoghi di ritrovo, di spazi per la cultura e il tempo libero.
A tutto ciò va posto rimedio, senza indugi e in un quadro coerente e unitario di iniziative e di interventi interconnessi, utilizzando nel modo migliore i molti risultati che l’amministrazione comunale ha già saputo conseguire – ed è un merito che non si può disconoscere –, tra i quali va posta in rilievo l’ottenuta disponibilità degli immobili demaniali dismessi dall’uso militare originario e rimasti in totale abbandono, anche fino al completo degrado, per anni e anni.
Credo sia utile, in proposito, ripercorrere le tappe “storiche” di questa finalmente raggiunta disponibilità, che ha rappresentato il sogno, la speranza, l’obiettivo di alcuni di noi per tanti anni, ma sempre considerato una meta lontana,
Per quanto riguarda il centro storico e il porto antico, il recupero d’una armonica spazialità del complesso e della fruibilità dei suoi monumenti assume, in tale ottica, una funzione strategica essenziale.
Gli interventi necessari a raggiungere gli obiettivi enunciati, indipendentemente dalle fasi attuative (la cui definizione richiede la preventiva precisazione dei programmi relativi alle altre zone portuali e cittadine), comprendono opere di restauro e di ripristino architettonico, di razionalizzazione funzionale e di arredo urbano, che possiamo riassumere in una specie di decalogo:
1) la graduale demolizione dei numerosi manufatti, edifici ed impianti incompatibili con il carattere da conferire alla zona monumentale e le cui funzioni dovranno essere trasferite in nuovo strutture nelle nuove aree di espansione portuale;
2) il restauro scientifico dei resti monumentali emergenti destinati a costituire gli elementi caratterizzanti della nuova scena portuale ed urbana, anche attraverso opere di ripristino della situazione originaria, alterata da manomissioni recenti;
3) il recupero funzionale a fini culturali degli edifici e dei resti monumentali suscettibili di utilizzazione (Fortezza Bramantesca, Rocca, Fortino del Lazzaretto, magazzini della Calata, complesso degli antichi Ospedali, caserme e Carcerette);
4) ricostituzione di elementi volumetrici destinati a ripristinare, attraverso un attento e delicato studio di inserimento ambientale, le principali quinte architettoniche andate perdute (Arsenale del Bernini, Torre civica, edifici della Darsena e del Lazzaretto, Porta Marina e Porta Livorno, Faro, Scaletta, Lungoporto e Lungomare, con il Pirgo e la costa a sud);
5) ripristino e visualizzazione di elementi caratterizzanti del porto antico, attraverso la ricostituzione degli andamenti primitivi delle banchine interne (Molo del Bicchiere) o la rimessa in luce – con sistemazioni di arredo urbano – di parti attualmente interrate (fossato della Fortezza, bocca della Darsena, gradonate di Porta Livorno);
6) scavo e sistemazione dei resti archeologici romani, tardo-antichi e medioevali esistenti all’interno della Darsena, a nord della medesima e nel cortile della Fortezza e valorizzazione turistica di quelli esistenti negli scantinati di corso Marconi, sotto la pavimentazione di chiese e palazzi, in piazza Vittorio Emanuele;
7) ricollocazione in sito, su opportuni supporti da individuare nello studio di cui al precedente punto 4), dei frammenti di lapidi, degli stemmi e degli altri elementi architettonici e decorativi giacenti in varie parti del Porto o custoditi presso il Museo Archeologico (tra i quali i “mascheroni” leonini di Jacopo dell’Opera, con eventuali repliche di quelli mancanti);
8) sistemazione a verde della zona circostante le mura cinquecentesche della Darsena, ripristino della pavimentazione a sampietrini dei piazzali e delle banchine portuali, delle vie del centro storico e di altri ambienti caratteristici, realizzazione di murali e di altri elementi ornamentali di qualità artistica elevata;
9) realizzazione di parcheggi d’interscambio nelle aree individuate dai piani urbanistici vigenti, istituzione di zone pedonali attrezzate, con l’eliminazione delle barriere architettoniche e con interventi per favorire l’accessibilità, istituzione di mezzi pubblici di collegamento tra le aree di parcheggio e le zone pedonali;
10) incentivazione amministrativa ed economica dell’insediamento nelle zone suddette di attività culturali, artigianali e commerciali integrate, anche con manifestazioni temporanee o periodiche, tali da attrarre i cittadini e i turisti e rivitalizzare il centro storico, agevolando gli interventi di recupero edilizio con provvidenze o contributi ed utilizzando parzialmente alcuni locali degli immobili nella disponibilità del Comune e di altri enti (tra cui la Curia Vescovile, proprietaria di vari edifici storici nel nucleo di origine medioevale) per trasferirvi attività, anche private, attualmente ubicate in manufatti contrastanti con il decoro ambientale e per offrire spazi di riunione e di studio ad associazioni di giovani o di studenti.
La nuova vocazione che Civitavecchia ha riscoperto e che oggi può coltivare, essendo passati da una situazione di totale mancanza di spazi pubblici per le manifestazioni culturali ad una vasta disponibilità di “contenitori” di elevato valore storico e architettonico, indica tra le molte iniziative possibili quella di divenire la sede privilegiata per l’esposizione – temporanea o semipermanente – delle collezioni di oggetti d’arte in deposito nei magazzini dei musei romani. Si tratta di un numero incommensurabile, perché mai misurato, di reperti archeologici, quadri, sculture, utensili, mobili, armi antiche e quant’altro, che giacciono abbandonati e invisibili al pubblico, negli scaffali delle istituzioni museali di Roma, degli altri centri italiani e della nostra stessa città. Solo nei magazzini del Museo Etrusco di Villa Giulia, esistono 120mila pezzi non esposti, visibili a più da qualche studioso impegnato in qualche particolare ricerca scientifica. E parlo dei pezzi catalogati o pre-catalogati, cioè inseriti in inventario, ma il numero potrebbe raddoppiarsi, triplicarsi, decuplicarsi, se si potessero contare tutti i materiali, pervenuti da scavi o da sequestri o da altre provenienze e non ancora inventariati e catalogati.
A Roma esistono venti musei archeologici, venticinque tra musei e gallerie di arte medioevale e moderna, diciannove musei scientifici, nove musei militari, otto musei religiosi, otto musei di interesse vario. Poi vi sono i Musei Vaticani con le loro ventitré sezioni (che sono altrettanti musei autonomi e specifici), quello filatelico e numismatico, sempre del Vaticano, ed i trentuno musei pubblici della provincia di Roma.
Superfluo, credo, trarre qui le possibili conclusioni su tanta ricchezza.
FRANCESCO CORRENTI
Leggere il tuo intervento Francesco, significa prendere atto di un destino di superficialità ed insipienza che ha caratterizzato la storia politica, sociale e culturale di questa città. Elementi giustificativi rispetto a certe scelte ce ne sono stati ma certamente alcuni interventi potevano essere compiuti con un’unità di intenti che coinvolgesse la totalità dei soggetti in campo. I Prusst potevano essere uno strumento importante. Ora credo che dall’elenco completo, occorra passare almeno a definire alcune priorità.
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Cara Annalisa, gli interventi per concludere il Prusst e non dover restituire i fondi residui (ormai pochi) al ministero sono quelli stabiliti nel 2002, ribaditi nel 2012 e nel 2014 definitivamente approvati dall’organismo di controllo. Sono quelli e non possono essere cambiati ma sono importanti: pubblicazioni storiche e fotografiche sul territorio e le opere realizzate nei cento comuni, ripristino del centro di documentazione con materiale che al comune non si trova (tu che sei stata assessore sai benissimo che tutti i funzionari avevano una copia di tutti i documenti necessari), recupero e apertura al pubblico della galleria Calamatta, del lapidarium degli stemmi pontifici, del Campanile di San Giulio/Sant’Egidio e altro. Ci riusciremo? Aspetto notizie dall’ufficio incaricato sull‘approvazione del bilancio per il ripristino di quei fondi giacenti dal 2002, vincolati e riservati, resi inaccessibili dalla GM pro tempore in alcuni periodi e mandati in avanzo di bilancio più volte.
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darò voce nelle prossime settimane a padre Alberto ed all’amore per la sua città natale che tu hai tanto cantato e difeso.
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