DA CHE PARTE STARE?

di TULLIO NUNZI

Premetto che sono uomo che pratica il dubbio, che non nasce nei giardini di ayatollah, o in campi esclusivamente ideologici e nemmeno tra chi pratica dogmi, però ho in me poche certezze, imprescindibili, immutabili, inderogabili.
In questo bailamme di opinionisti alle vongole, di esperti in analisi geopolitiche, o di retoriche di reduci da guerre mai fatte, provo ad avviare alcune riflessioni sul blog, essendo consapevole, che non sono verità, ma semplice momento di discussione.
Unica certezza inscalfibile è che quando sono in gioco i valori della democrazia liberale, non c’è spazio per posizioni terziste, ne di ”neneismi” (il termine è di Roland Barthes).
Bisogna assolutamente scegliere da che parte stare: o di qua o di là.
E per la mia fede in una costituzione, nata dall’antifascismo, nel momento in cui ci si sveglia una mattina, e si trova l’invasore, bisogna combatterlo.
Su questo credo che tutti indistintamente siano d’accordo.
Se poi il paese aggredito è un paese dove ci sono i basilari principi della democrazia (contestabili, come in tutti i paesi democratici) e invece il paese aggressore ha precedenti orripilanti in Cecenia, Crimea, attua massacri come a Grozny, o Kadyrov Yuri, sopprime la libertà di stampa, leggi Anna Politkovskaja, o Pavel Klebnikov e 31 giornalisti scomparsi, uccide deputati liberali come Sergey Yushenkov e condanna a 15 anni chi pronuncia la parola guerra, o sfoggia inutili brutalità e spietatezza indiscriminata, beh credo che ci troviamo davanti un regime spietato; aggiungerei fascista, ma mi sembra un termine non storicamente adeguato e troppo abusato a sinistra.
Sicuramente un regime illiberale non democratico, dove le opposizioni vengono distrutte, dove non esistono nemmeno le più banali libertà personali e la dittatura si regge su una spirale continua di violenza.
Leggendo del massacro di Bucha, non so per quali ragioni, o quale sinapsi, mi è venuto alla mente il massacro perpetrato dall‘esercito americano presso il villaggio di Mỹ Lai, il 16 marzo del 1968.
Il tenente W. Colley uccise donne, bambini, civili.
Ci furono immediate manifestazioni in Italia, ma in particolare ci furono imponenti manifestazioni negli Stati Uniti.
Ecco la differenza tra una dittatura ed una democrazia sta qui.
Si possono perpetrare crimini orrendi, ma all’interno di una democrazia ci sono gli anticorpi per contrastare il virus della violenza e della infamia.
In Russia invece, vengono date medaglie ai macellai, chi protesta viene arrestato, e in Europa e in Italia, non mi sembra ci siano grandi e imponenti forme di protesta .
Ci battevamo un tempo, tutti contro l’imperialismo americano, oggi nessuno si batte contro l’imperialismo Russo, anzi in alcuni casi si chiede la resa in condizionata degli aggrediti.
Sempre per strane logiche di sinapsi, mi vengono in mente alcune parole di Martin Niemöller, utilizzate su internet e  per alcuni versi diventate retoriche per il loro abuso :prima di tutto vennero a prendersi gli zingari……
Dopo Cecenia, Crimea, Donbass, cosa avverrà? C’è da comprendere che Svedesi e Finlandesi chiedano garanzie, decise democraticamente; non si favorisce l’escalation della guerra, ma si limitano mire espansionistiche di un imperialismo trucido.
Non solo ma abbiamo giustamente criticato populismo e sovranismo nel momento in cui si metteva in dubbio l’Europa, e la nostra adesione; ora nel momento in cui si avvia un barlume di unità su alcuni temi contro una spietata dittatura, dovremmo venire meno agli impegni assunti con i paesi facenti parti della comunità.
Io sono un combattente per la pace, e non trovo corretto dire che l’esito di tutte le guerre sia eguale.
Dove si calpestano diritti e si sparge sangue innocente, dove si combatte contro la dittatura e gli invasori, è giusto combattere come fu giusta e sacrosanta la guerra alleata contro il nazifascimo e come fu sacrosanta la resistenza partigiana.
Ricordo altresì che quando Cina e URSS rifornivano di armi gli eroici compagni vietnamiti in tanti, me compreso, parteggiavamo per questo; oggi in condizioni diverse, (non voglio essere accusato di non storicizzare o di paragonare contesti diversi) si giudica folle inviare armi ai coraggiosi combattenti Ucraini.
Sono un combattente per la pace ma non mi è mai piaciuta la retorica, luoghi comuni ed il qualunquismo; in questo caso il qualunquismo della pace dove vengono equiparati vittime e carnefici, si confondono aggressori ed aggrediti, dove non si chiariscono le responsabilità e non si sostiene nemmeno il diritto di difendere i diritti violati.
Sono sempre stato antifascista, ma ho sempre pensato che il fascismo sia un fatto storico limitato ad un tragico ventennio, equiparabile al nazismo, e una pagina tragica per il nostro paese, e che spesso si da del fascista non tenendo conto della storia.
Ma Putin mi ricorda il fascismo in tutta la sua drammaticità sociale, nella violenza nei rapporti con l’opposizione, nei confronti delle libertà universali, nel rapporto con la stampa.
Come se ne esce?
Ovviamente ricercando la pace a tutti i costi, ma nella consapevolezza che non ci può essere pace dove viene negata la libertà, dove si calpestano diritti inviolabili della persona
L’Europa, Bruxelles ha rinunciato a svolgere un ruolo diplomatico nella promozione di una soluzione diplomatica.
L’ Italia non ha più una politica estera, che ai tempi del trentennio democristiano, tanto vituperato ci vedeva principali referenti di palestinesi e medio oriente, con una autonomia (Sigonella) che oggi dovrebbe essere definita a Bruxelles.
La risposta non è la resa al più forte, ma la ricerca continua della pace, ma senza un mediatore istituzionale e super partes non credo che ci si possa arrivare.
E ci troviamo con un conflitto barbaro, tremendo nel cuore dell’Europa che ci chiama in causa tutte le democrazie liberali.
Una sfida cruciale tra autocrazie e democrazie e se la dittatura dovesse prevalere ci troveremmo davanti a conseguenze inimmaginabili.
Poiché sono anche un maestro di partigianeria, e spero sempre in una affermazione della sinistra per potere cambiare questo mondo, credo che stante le profondi differenze che sorgono nei momenti cruciali della storia, si avvii una nuova Bad Godesberg a sinistra.
E ci si renda conto che bisogna ridefinire i contorni della sinistra, capace di ritrovare la propria unità solo contro qualcuno: il fascismo, Berlusconi, Salvini. il populismo, il sovranismo, ma senza un programma comune, valori condivisi che permettano di stilare un programma futuro. Ad esempio l’atlantismo è ancora un valore a sinistra, Il riformismo, l’appartenenza alla Nato?
Bad Godesberg determinò un programma che fu la linea guida principale della SPD, criticata e contestata, e che fu sostituito dal programma di Berlino. Ma che dette un indirizzo preciso elle politiche di una parte della sinistra.
Il rischio a cui si va incontro, e cito non un populista o sovranista, ma un uomo di sinistra sicuramente come Paolo Flores d’Arcais: ”il pacifismo è mosso dall’amore per la pace o da un odio per l’Occidente?
Un chiarimento sarebbe necessario.

TULLIO NUNZI

* Immagine da Russia forcibly annexed Crimea from Ukraine in 2014, establishing new Ukraine and Russian borders. Site https://theconversation.com/global