LA CONSAPEVOLEZZA DELL’ALBERO ED IL NOSTRO BLOG.

di CARLO ALBERTO FALZETTI

La guerra, la maledetta, ha portato un amaro sapore in tutte le comunità occidentali.

Anche il nostro blog ne ha risentito.

Mi si permetta alcune considerazioni che traccio, come sempre, non in forma diretta ma facendo appello alla figura metaforica o per certi tratti allegorica.

Inizio, dunque, la figura retorica modulandola in una  tonalità” buddhista”.

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Come un  piccolo drappo garriva la fogliolina al vento caldo della primavera.

L’albero s’era appena infogliato dopo le durezze dell’inverno. La foglia cresceva giorno dopo giorno godendo del caldo tepore del sole temperato. Pensava, essa, d’esser così laboriosa nel respirare quell’aria frizzante e nel catturare i raggi luminosi da attribuirsi il merito  esclusivo del suo successo.  Giorno dopo giorno vedeva irrobustire  le sue agili nervature ed espandersi la sua verde lamina.  Ciò la riempiva di smisurato orgoglio e di brama per diventare più bella.

Osservava con curiosità quegli esserini  verdi che si agitavano nel suo intorno e  che le sembravano assai simili a sé stessa. Impertinenti e testardi nell’imitare la sua operosità, essa non poteva che odiare quegli esseri.

Il mondo le apparteneva. Solo il suo impegno era capace di tanto. Si sentiva al centro dell’universo, unica a godere delle ricchezze che le sembravano  venissero offerte con generosità e reverenza. Ignorava ogni altra possibilità che essere al centro del mondo.

Avvenne, un giorno, che un anziano e lento porcospino si trovasse a passare al di sotto della nostra fogliolina e, guardando verso l’alto, le mormorasse una verità devastante.

Disse il vecchio : “ Mia parvula ma diletta creaturina non t’avvedi d’esser legata a doppio filo? Tu reputi d’esser la favorita della luce, del sole e dell’aria. Ma io ti dico che non è così! Osserva il tuo peduncolo. Non t’avvedi che quella coda  ti costringe al ramoscello? Osserva, poi, quel ramoscello come sia costretto ad essere unito al ramo grande e questo, a sua volta, sia innestato al possente tronco che si dispone verso il basso in mille minute radici che penetrano il suolo alla ricerca affannosa  di cibo. Tu sei sempre stata sostenuta, come ogni singola parte del possente albero, dalla linfa che scorre nel tronco e che ti nutre e che nutre ogni branca del sistema. Infine, sappi, fogliolina, tu non sei permanente così ,come ogni cosa al mondo.

Il porcospino proseguì la sua strada lasciando la foglia desolata. Ma qualcosa era entrata in essa. Qualcosa che andava al di là del suo egocentrismo.

 Ora essa cominciava a non avere più false illusioni ed essere consapevole di non  avere una esistenza separata dagli altri e di non essere permanente.

 Ora non più ignorava.

Ora essa comprendeva di essere intrisa in una rete di relazioni con le radici, con i tronchi con le altre foglie, con il sole, con l’aria. Il suo respirare , l’andare e venire del respiro era condiviso da una miriade di altri esseri.

 Ora aveva cessato di bramare.

Ora essa comprendeva che la vera sostanza delle cose era  vacuità. La sostanza degli esseri era solo la relazione, intreccio con gli altri, con le cose del mondo.

 Ora aveva cessato di odiare.

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Per secoli l’Occidente ha pensato che l’uomo sia prima sostanza ( Ente razionale) e poi, se del caso, possa entrare in relazione con qualcuno o qualcosa, fondando comunità, nazioni, patrie, consorzi, unioni, ma anche provocando odio, etnocentrismi, discriminazioni razziali, ma soprattutto, guerre!

Eppure non pochi sono i saggi che in  Oriente ed in Occidente hanno da tempo posto in evidenza che l’uomo non è in relazione ma è da sempre e originariamente una relazione.

Prima di entrare in una relazione l’uomo è una relazione. Prima di far parte di una comunità l’uomo in sé è una comunità!!

L’ ignoranza, la brama, l’odio, tre stati mentali negativi all’origine delle discordie, delle guerre, dell’intolleranza. Tutto questo dipende semplicemente dal non aver pensato ad anteporre la relazione alla sostanza favorendo una cultura basata su tante “egoità” che competono fra loro.

Non credo che questa sia la VERITA’(nessun uomo sarà mai in possesso della Verità)  ma certo è un contributo importante verso la dignità dell’uomo, verso la Verità.

Vorrei  citare, tra i possibili esempi di questa saggezza occidentale ed orientale, una norma in lingua pāli: “Sappe dhamma anātta”, ovvero ogni ente non ha il sé! Ogni ente, cioè, è solo un fascio di relazioni con gli altri e con le cose del mondo. Ogni individuo non è un punto isolato ma un luogo di passaggio di infinite rette (ciascuno è qualcuno solo perché è figlio-figlia di genitori, padre-madre di figli, fratello-sorella di fratelli, marito-moglie, amico-amica, cittadino-cittadina, associato-associata……..).

E, nel nostro blog?

Caterina fa osservare:  “da gruppo a comunità”.

Poter sciogliere ogni separazione. Un insieme non di individui che espongono le loro doti ma qualcosa che assomigli ad una comunità che trascenda la condizione di individui. Fare comunità non è banalmente sommare individui .

Attenzione, i tre stati mentali negativi di cui sopra sono espressi secondo una gradazione massima, ma potrebbero essere espressi nella modalità “normale” come: mancanza di visione comunitaria, attaccamento egocentrico, scarsa gentilezza amorevole. E con questa gradazione potrebbero essere adattati a molti sodalizi esistenti in giro.

Penso che avremmo, per la maggior parte di noi associati al blog, l’età giusta  per acquisire con pienezza la consapevolezza dell’albero!!

E, naturalmente, “absit iniuria verbis”.

 CARLO ALBERTO FALZETTI