RUBRICA – “BENI COMUNI” – 9. TI CONOSCO, MASCHERINA… Dal “folleggiar della carne” alla follia della guerra, usi e costumi verso la Quaresima… Capitolo 2  

Catalogo Documenti Utili: Manuale delle istruzioni e norme per la maschera tipo “PIR. 35” del 1939

a cura di FRANCESCO CORRENTI

Ci siamo lasciati, nel capitolo precedente, parlando della maschera al tempo della pandemia, che ha, se non altro, acquistato il tratto foneticamente “gentile” del diminutivo. E mascherina, su qualunque dizionario, trova almeno sei o sette definizioni diverse, note a tutti. Ricordandone a me stesso (e credo a tutti i miei coetanei) un’ottava, riguardante la persona, effettivamente gentile, in genere una ragazza ma non sempre, che ci accompagnava, precedendoci e proiettando un dischetto luminoso a pavimento con una lampadina tascabile per farci lume, fino ad un posto libero nella sala buia. Era quando al cinema si arrivava in qualsiasi momento della proiezione del film e si rimaneva seduti anche dopo la “FINE”, restando fino al punto di quando eravamo entrati, per vedere e capire “cosa era successo prima”. Strane abitudini, che si accompagnavano a quella d’avere (e respirare), in quella sala buia, le “nuvole” mobili del fumo di tabacco emesso da buona parte degli spettatori.

Ma credo di dovere ai miei lettori – se ve ne sono, ed ho qualche motivo di dubitarne – una spiegazione sul nesso tra l’argomento della maschera e suoi derivati con questa rubrica dedicata ai “Beni comuni”. Dato che tale nesso non era evidente nei vecchi ricordi della Facoltà, dei travestimenti di carnevale e di quegli anni lontani. Anche se vi erano riferimenti alla salute, attraverso la mascherina protettiva, che è certamente un bene primario: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti» (Art. 32 della Costituzione). E con riferimento alla salute, un “Bene comune” è l’aria che respiriamo, l’ambiente dove viviamo ed il modo in cui viviamo, con tutti gli altri nostri diritti – e connessi doveri – che sono la serenità, il benessere fisico e spirituale, la pacifica convivenza. La Pace…

Proprio riflettendo su questo grande tema della pace, gli avvenimenti iniziati il 24 febbraio scorso con l’attacco violentissimo della Russia alle città dell’Ucraina, con le tante vittime di ogni età nella popolazione inerme, la fuga di civili dalle loro case e la insensata e spietata distruzione di interi quartieri, compresi i monumenti e il patrimonio culturale, con la conseguenza dei rischi terribili di questa rottura degli equilibri nella convivenza tra le nazioni, mi hanno spinto a ritrovare vecchi oggetti e documenti, prendendone spunto per raccontarli qui, evidenziandone gli aspetti più curiosi e insoliti per la nostra mentalità di oggi.

Volendo poi trattare con sistematicità, rigore e completezza il tema della Maschera, riporto, intanto, il sommario di tale voce, come lo trovo nell’Enciclopedia italiana di scienze lettere ed arti, Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma 1934-XII, volume XXII, Malc-Messic, pag. 481, appunto sub voce. Ma nel farlo, dichiaro che la mia trattazione sarà arbitraria, omissiva e di parte, con qualche velleità d’essere spiritosa.

«MASCHERA (prob. dall’arabo maskharah “caricatura, beffa”; fr. masque; sp. máscara; ted. Maske; ingl. mask). Etnografia [e maschere tribali]; Maschere rituali, teatrali, decora-tive, da guerra e da travestimento: Antichità, Medioevo ed età moderna; Oriente.  Le maschere come tipi fissi: Antichità; Oriente; Le maschere nella Commedia dell’arte e oggi.  Maschere sportive e professionali moderne.  Maschere antigas.»

Altre voci pertinenti sono poi MASCHERA DI FERRO, MASCHERAMENTO, MASCHERATA, MASCHERONE (e ci sarà molto da dire!), mentre trascureremo le persone con tali cognomi, come pure Ottaviano Mascherino (Bologna 1524-Roma 1606), architetto e pittore.

I primi oggetti di cui voglio parlare sono quelli all’ultimo posto del sommario qui sopra: le maschere antigas. Semplicissimo è stato ritrovare l’opuscolo che riproduco nella figura a tutta pagina. Era, al solito, in biblioteca, ma questa volta in quella paterna, negli scaffali con le moltissime opere da lui raccolte sulle due guerre cui aveva partecipato. Ma anche le stesse maschere, mi viene da dire “in carne ed ossa”, in gomma e stoffa e metallo, le ho ritrovate, dopo decenni di dimenticanza, in pochi minuti.

Sono andato a colpo sicuro, la mia memoria anche visiva per ritrovare le cose è notevole, per cui in una cassapanca della veranda, utilizzata normalmente come piano d’appoggio della cesta della biancheria, malgrado il parere contrario di mia moglie, ho effettivamente ritrovato i recipienti in cui erano ben chiusi i due per me cari e preziosi cimeli. Esaminarli e leggere l’opuscolo ci consente di scoprire usi, modi d’uso e caratteristiche di questa invenzione che poi ha tanti punti di contatto con altre consimili che servono appunto a respirare in ambienti inadatti a tale funzione umana, nati e diffusisi dai primi del ’900 e divenuti con i loro “accessori” strumento importantissimo di offesa e di difesa. La maschera, dalla Grande Guerra ’15-18 alla Seconda Guerra Mondiale, simile come concezione, ha però avuto vari cambiamenti e miglioramenti tecnici, soprattutto nei materiali, divenuti più sicuri e confortevoli, ed è di questa che l’opuscolo del 1939 ci fornisce ogni dettaglio e lo vedremo. Esattamente mia coetanea, la maschera Pirelli tipo “PIR. 35” è rimasta, con altre anticaglie ingombranti, in quella cassapanca, avendoci seguito nei due traslochi avvenuti da allora. È stata una mia compagna di giochi o meglio è stata proprio un gioco della mia infanzia. La indossavo – naturalmente mi stava un po’ larga ma non troppo – ed ecco che diventavo immediatamente un palombaro. Infatti, non immaginavo scenari di guerra con l’uso originario dell’apparecchiatura, il sogno che realizzavo e ripetevo anche nei miei disegni, era quello di “fare” il palombaro e così mi immergevo in acque fantastiche, in mari misteriosi, fluttuando silenziosamente e avanzando su fondali lussureggianti di alghe, di coralli e madrepore, tra pesci, crostacei e altri animali marini, alla ricerca di galeoni spagnoli affondati che custodivano bauli chiodati, vere e proprie “casse forti”, piene di tesori preziosi d’ogni genere.

Come annoto alla fine di questo capitolo, dopo la trascrizione delle istruzioni d’uso, la durata in perfette condizioni di questi cimeli e, in particolare della maschera in gomma del 1939, di produzione Pirelli, è davvero straordinaria: oltre venti volte gli anni della garanzia.

Fondo di documentazione archivistica e bibliografica sul tema “BENI COMUNI” – CDU / Catalogo Documenti Utili: Manuale delle istruzioni e norme per la maschera tipo “PIR. 35” del 1939

 

LA MASCHERA PIRELLI TIPO “PIR. 35”

Approvata dal servizio chimico militare (Licenza N. 10 in data 23 novembre 1935-XIV)

Milano 1939 – XVII / Tipografia degli stabilimenti Pirelli

  1. – Descrizione della maschera “Pir. 35”.

 Questo apparecchio di protezione è costituito; dalla maschera propriamente detta; dal filtro; dalla custodia metallica o di canapa.

  1. La maschera è propriamente detta e si compone delle seguenti parti:
  2. I) il facciale – parte che aderisce alla faccia – costituito è un foglio di gomma a stampo sul quale sono applicati:
  3. a) l’alloggiamento della valvola di scarico;
  4. b) il bocchello metallico portante la filettatura per l’avvitamento del filtro e l’alloggiamento della valvola di aspirazione;
  5. c) gli occhiali.

Il facciale porta in rilievo il contrassegno «Pir. 35» ed un numero indicante la taglia (I o II o III o IV).

I numeri più alti corrispondono alle taglie più piccole. In linea generale si può dire che la taglia IV è adatta per ragazzi; la taglia III per giovanetti; la taglia II si adatta alla maggioranza degli adulti; infine la taglia I è indicata per visi molto sviluppati.

  1. II) La valvola di inspirazione, che permette di aspirare l’aria purificata attraverso il filtro e impedisce il ritorno dell’aria espirata nel filtro stesso. Detta valvola è di gomma ed è disposta nell’alloggiamento del bocchello metallico.

III) La valvola di scarico, che permette di scaricare all’esterno l’aria espirata e impedisce di aspirare direttamente dall’esterno. Essa è di gomma; si apre sotto la leggera pressione esercitata dalla espirazione, e si chiude ermeticamente sotto la depressione provocata dalla inspirazione. Può essere ispezionate ed eventualmente ricambiata svitando il coperchio dell’alloggiamento della valvola stessa.

  1. IV) Gli occhiali, costituiti da dischi di vetro composto (di sicurezza), formato da due vetri semplici racchiudenti tra loro un foglio di celluloide. Tali vetri, anche se colpiti da un corpo duro, non subiscono soluzioni di continuità, ma soltanto «si screpolano» garantendo ancora la tenuta della maschera ai gas ed evitando all’occhio il pericolo delle schegge. Gli occhiali sono fissati al facciale a mezzo di armature di alluminio.
  2. V) La bardatura elastica, che ha lo scopo di assicurare e adattare il facciale al viso, in modo da assicurare una perfetta tenuta. È costituita da 5 tiranti regolabili (uno frontale non elastico, due temporali e due guanciali elastici), fissati al bordo del facciale e che si riuniscono ad un cuscinetto nucale.
  3. VI) I dischi antiappannanti, tenuti aderenti ai vetri degli occhiali, a mezzo di speciali mollette. Hanno lo scopo di impedire l’appannamento degli occhiali e di mantenere in tal modo una buona visibilità.
  4. – Il Filtro è formato da una scatola metallica, verniciata esternamente e internamente, che contiene le sostanze assorbenti e neutralizzanti, attraverso le quali l’aria gassata viene purificata e resa respirabile. Il filtro si avvita alla maschera, dopo di aver tolto il cappellotto di chiusura, svitandolo. Nella parte inferiore del filtro vi è un foro di entrata per l’immissione dell’aria esterna, normalmente chiuso da un tappo trattenuto da una cordicella, il quale si toglie al momento dell’uso. Dopo l’uso poi, per assicurare una buona conservazione del filtro, occorre ricordarsi di richiudere i due fori rimettendo il tappo di fondo ed il cappellotto superiore di chiusura.
  5. – La custodia metallica, che serve a contenere la maschera, è provvista di un nastro-cinghia per il trasporto a tracolla o a spalla ed è verniciata esternamente e internamente. È corredata da una valvola di scarico di riserva. Invece che con custodia metallica la maschera può essere fornita con custodia di canapa. Confezionata in un robusto tessuto impermeabilizzato, presenta una forma tronco-conica, adatta a contenere contemporaneamente la maschera e il filtro. Anche la custodia è corredata di una valvola di scarico di riserva ed è provvista di un nastro-cinghia per il trasporto a tracolla o a spalla.
  6. – Modo di indossare e togliere la maschera. Le figure qui riportate, dalle quali si rileva anche la struttura della maschera, insegnano come essa debba essere scalzata e tolta.

La maschera di regola sarà indossata con il filtro non è ancora avvitato al facciale (figg. 1 e 2), ciò che renderà più agevole l’operazione. A maschera indossata e aggiustata, si procederà ad una rapida verifica della tenuta come in appresso descritto; quindi si avviterà il filtro. Soltanto dopo una buona pratica di indossamento, la maschera potrà essere calzata con il filtro già fissato al facciale.

La maschera si toglie dal viso con il filtro ancora montato (fig. 3); quindi, separate le parti e munito il filtro del suo cappellotto a vite e del tappo, si ripongono le parti stesse nella custodia.

  1. – Norme per la verifica dell’efficienza della maschera. Prima del suo impiego la maschera deve essere bene adattata al capo e deve essere verificata nel suo funzionamento.

L’adattamento della bardatura al capo si fa regolando successivamente la lunghezza dei vari tiranti, incominciando da quello frontale. Il cuscinetto nucale deve risultare abbastanza indietro per non avere tendenza a sollevarsi. Le lunghezze dei tiranti guanciali e temporali devono essere simmetricamente uguali da una parte e dall’altra. Una volta regolata la bardatura, la maschera può essere scalzata e tolta senza allentare o accorciare i tiranti.

La verifica del suo funzionamento si riferisce essenzialmente a quella della tenuta della maschera sul viso e della valvola di scarico che, se in perfetta efficienza, deve totalmente escludere l’ingresso dell’aria gassata. Ciò si prova con maschera indossata senza filtro, chiudendo ermeticamente col palmo della mano il foro di avvitamento e aspirando energicamente. Se la valvola di scarico funziona a dovere e la maschera è bene indossata. l’ingresso dell’aria deve essere del tutto impedito (fig. 4).

Dopo una certa pratica, tutte le operazioni sopra indicate si eseguono con grande facilità e rapidità.

  1. – Norme per la disinfestazione della maschera (senza filtro). Dopo un uso prolungato, la maschera dovrà essere lavata con una soluzione tiepida di acqua e sapone, quindi accuratamente risciacquare con acqua pura, ed asciugata. Dovranno essere tolti in precedenza i dischi antiappannanti. Quando la maschera già impiegata debba servire ad altra persona, sarà conveniente, dopo la lavatura, sterilizzarla lavandola con pezzuole abbondantemente imbevute di alcool (anche denaturato); o meglio ancora lasciandola immersa completamente in alcool per mezz’ora facendola poi asciugare all’aria, senza però esporla al sole. La sterilizzazione si può eseguire anche sostituendo l’alcool con soluzioni di lisoformio, sublimato corrosivo ecc.
  2. – Norme per la conservazione della maschera. Per assicurare una lunga e buona conservazione, la maschera e il filtro, racchiusi nell’apposita scatola custodia o borsa di canapa, dovranno essere riposti in ambiente fresco (meglio se costantemente fresco, anche se un po’ umido), al riparo dalla luce e dal calore. Il filtro sarà conservato col cappellotto avvitato e col tappo ben chiuso. Sarà anche utile umettare, prima di riporre la maschera, la valvola di scarico con una soluzione di glicerina al 30%. I dischi antiappannanti, specialmente se umidi, debbono essere trattati con delicatezza per non sciupare la superficie di gelatina destinata ad impedire l’appannamento. Si eviti pertanto di bagnarli, sfregarli, o urtarli, e si tolgano e si rimettano a posto, facendo presa soltanto agli orli. Se sporchi si puliscano con riguardo e quando siano perfettamente asciutti. La maschera «Pir. 35», se conservata secondo le norme sopra riportate, viene garantita per un periodo minimo di anni quattro.

Ne sono passati 83! Ottima durata, direi! (Nota di FC)

FRANCESCO CORRENTI