OLTRE LA LINEA” A CURA DI S.BISI E N. R. PORRO – ERAVAMO POPULISTI.
di SIMONETTA BISI ♦
“Il postmodernismo dimostra che ogni cosiddetta verità dipende dal crederci oppure no. Noi crediamo in quello che facciamo, crediamo in quello che diciamo. E questo è l’unico modo di definire la realtà. Abbiamo la nostra verità russa specifica, che voi dovete accettare”. (Dugin, filosofo russo putiniano)
Credo sia innegabile che la guerra di Putin abbia messo in crisi il populismo, creando serio imbarazzo ai tanti leader europei e americani che avevano per anni considerato Vladimir Putin come una figura politica influente.
Da decenni finanziamo il riarmo di Putin comprando il suo gas, abdicando ai principi fondativi della nostra democrazia. Cecenia? Anna Politkovskaja? Durante i suoi primi anni al potere, Putin è stato visto positivamente da politici e giornalisti occidentali. Thomas L. Friedman del Times ha consigliato ai suoi lettori di “fare il tifo per Putin” nel 2001, mentre Madeleine Albright lo ha definito una “persona che può fare” e Bill Clinton lo ha ritenuto qualcuno con cui “gli Stati Uniti possono fare affari”. In Italia ricordiamo il legame amicale tra Berlusconi e Putin, l’affaire Savoini e Salvini, le relazioni avviate durante il primo Governo Conte, i vasti legami commerciali tra i due Paesi. Il despota russo, d’altra parte, ha cercato di sfruttare ogni opportunità, a volte anche con mezzi illegali, per “sedurre” i movimenti politici populisti allo scopo di minarne la fiducia nella politica europea. Nel frattempo, l’estrema destra dipingeva come spregevoli in sé e per sé i valori fondamentali della nostra civiltà – verità, giustizia, uguaglianza, libertà – e un’ondata antidemocratica investiva alcuni Paesi europei, le cosiddette democrature del gruppo di Visegrad, con i loro governi illiberali e razzisti.
Tutto questo fino alle quattro del mattino (ora italiana) del 24 febbraio 2022, quando ha avuto inizio l’invasione russa, annunciata da Vladimir Putin in tivvù come “operazione speciale”.
Che conseguenze avrà la guerra in Ucraina sul populismo? È presto per dirlo, ma alcuni effetti sono già evidenti.
L’invasione dell’Ucraina ha costretto – non sappiamo se in buona fede – a innestare la retromarcia, sperando di stendere un velo di oblio sui pregressi arruffianamenti con Putin.
Prendiamo ad esempio la Polonia. Come sappiamo, negli ultimi mesi si discuteva a livello Unione Europea se minacciarla di espulsione per l’illiberalità del governo populista con una evidente tendenza al conservatorismo autoritario (contro l’accoglienza dei profughi, contro l’aborto) o congelarle i fondi del Pnnr.
Dal primo giorno dell’invasione russa dell’Ucraina, la Polonia si è apertamente schierata in difesa del Paese, riconoscendo apertamente in Putin l’aggressore. (nella foto una manifestazione pro-Ucraina a Przemysl). Forniture di armi e accoglienza dei profughi sono state le reazioni immediate, mettendo in moto una catena di solidarietà che ancora oggi affronta al meglio, con grande sollecitudine, numeri sempre più rilevanti di donne, anziani e bambini in fuga dall’orrore. È partita da Morawiecki l’idea di andare a Kiev, insieme ai presidenti della Slovacchia e della Repubblica Ceca, per manifestare concretamente l’appoggio a Kiev.
Ed è indubbio che per i governi populisti dell’Europa, in particolare quelli del gruppo di Visegrad, sia difficile mantenere le loro posizioni critiche verso l’Europa e insieme confermare l’alleanza sovranista.
Ma c’è un’altra conseguenza che, in modo indiretto, ha tarpato le ali al vecchio populismo. L’invasione dell’Ucraina ha rivelato quanto incerto e in mare aperto diventi l’istinto populista quando si trova di fronte un avversario che non può essere contrastato e arginato con i metodi della democrazia. Quanto sia stata fallace la loro politica estera e come invece sia importante non essere da soli, perché quello che è successo all’Ucraina può succedere ancora. Viene da chiedersi dove saremmo ora se la Polonia o gli Stati baltici non fossero nella nato. Sarebbero nello stesso limbo, nello stesso mondo in cui si trova l’Ucraina?
L’aggressione putiniana viene percepita come un’aggressione all’unità e ai valori dell’Occidente che, seppure in modo imperfetto, sono pur sempre quelli della democrazia.
Non è solo del populismo di destra questa consapevolezza.
In troppi non si aspettavano questa invasione, e soprattutto non credevano nella capacità di resistenza degli ucraini, accusati di essere neonazisti in toto mentre la componente neonazi locale ha quote vicine a quelle, per esempio, della Germania e della Francia. Della tristezza del pacifismo nostrano ha parlato in dettaglio Nicola R. Porro nel suo articolo: Con l’Ucraina senza se e senza ma ( SpazioLiberoBlog).
Così quello che fino a ieri sembrava impossibile, cioè un accordo della UE sulla politica estera e sulla sicurezza, si è realizzato. In pieno accordo con gli Stati Uniti – tanto deprecati ma nei momenti di difficoltà chiamati ad aiutarci – tutti i Paesi dell’Unione hanno adottato dure sanzioni contro la Russia putiniana e aumentato la spesa per la difesa con una velocità fino a ieri impensabile.
Molto decise le parole della presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, intervistata dalla CNN: “(Putin) ha sottovalutato la determinazione dell’Europa e l’importanza che gli europei danno alla libertà e alla democrazia, così come ha sottovalutato la resilienza e la resistenza del popolo ucraino…. La strategia di Putin era quella di seminare incertezza in Europa, promuovendo un insieme di valori molto diversi dai nostri. Per anni, il Cremlino ha usato la disinformazione per sfruttare le persone e massimizzare le divisioni nella società”.
Nel suo discorso sullo stato dell’Unione, il presidente Biden ha dichiarato che di fronte all’aggressione di Vladimir Putin, “vediamo un’Europa più unita, un Occidente più unificato”. Ha ragione.
I nazionalisti polacchi e i burocrati dell’Unione europea si sono improvvisamente riscoperti fratelli. Questo perché l’aggressione di Putin ha anche contribuito a spiazzare un’altra idea “in voga”: l’idea di un Occidente reso più debole dalla decadenza, più vulnerabile, non per il declino dei valori tradizionali come quelli della famiglia, ma per il declino dei valori democratici tradizionali.
Ora si parla di Occidente, e le parole che lo definiscono sono, a pieno diritto, il “mondo libero” e la “civiltà occidentale”. Espressioni che dobbiamo avere il coraggio e l’orgoglio di sottrarre all’uso che ne hanno fatto per decenni le forze conservatrici, impadronendosi di valori e di modelli culturali che appartengono invece alla tradizione umanista e democratica dell’Europa, e che hanno trovato espressione nella lotta dei popoli e delle democrazie contro il totalitarismo fascista fra le due guerre e poi nella stagione eroica della Resistenza europea.
La scorsa settimana, ad esempio, lo studioso russo Stephen Kotkin ha dichiarato a David Remnick del New Yorker che l’invasione di Putin smentisce “tutte le sciocchezze su come l’Occidente sia decadente, l’Occidente sia finito, l’Occidente sia in declino, essendo noi in un mondo multipolare segnato dall’ascesa della Cina”. Con l’Occidente che si sta unendo e mobilitando a sostegno di un’Ucraina resiliente, “tutto ciò si è rivelato essere una visione distorta della realtà”. (David Remnick Un esperto di Stalin discute di Putin, della Russia e dell’Occidente. New Yorker, 11 marzo2022)
Le stragi di civili, le morti innocenti, la distruzione di intere città, l’incredibile tenacia della resistenza ucraina influenzeranno anche la politica interna di coloro che in precedenza erano stati al fianco di Putin. Immaginiamo la Le Pen e Orban costretti, nella loro propaganda in vista delle elezioni di aprile, a rimangiarsi i legami con Putin più volte enfaticamente sbandierati. Ricordiamo che i “fans putiniani” sono stati essenzialmente i leader populisti e sovranisti. Non è un caso che L’Italia sia stata, e purtroppo sia ancora, una nazione con partiti ed esponenti politici (in larga parte della Lega e M5S) con forti simpatie per la Russia e il suo capo, ammaliati dall’uomo forte e poco propensi a difendere libertà e democrazia. C’è sempre un alibi per l’aggressore di turno, una ragione per cui si può essere equidistanti. Ma qui si tratta dell’equidistanza tra chi uccide e chi viene ucciso. Mentre un dato di fondo rimane: è stata la Russia, e il nostro errore è stato quello di non crederci.
Putin, responsabile di una guerra che sta provocando perdite umane e difficoltà economiche, vivrà il resto della sua vita come persona non gradita anche ad alcuni di quelli che lo hanno aiutato a far crescere la sua ricchezza e il suo status di attore globale.
Il populismo è in difficoltà, ma siamo sicuri che ne benefici il liberalismo?
Mi sembra abbastanza evidente la difficoltà in cui si trovano oggi i partiti populisti (per la definizione di populismo rimando al mio articolo su SpazioLiberoBlog: Il popolo: una comunità immaginata. La sottile seduzione dell’autoritarismo), ma chi ne sarà il beneficiario? Rispondere che avvantaggerà il liberalismo tout court, al momento, non è asseribile.
L’improvviso senso di unità occidentale, mostrato in primis dal governo nazionalista e conservatore della Polonia, non disegna una coalizione globale bensì una coalizione euro-americana.
Francis Fukuyama ha inquadrato il momento attuale come un’opportunità per gli occidentali e gli americani di scegliere di nuovo il liberalismo, per riconoscere che l’alternativa nazionalista non è auspicabile. In una intervista concessa a Greg Sargent del Washington Post afferma: “Una sconfitta russa renderà possibile una ‘nuova nascita della libertà’ … e ci farà uscire da una visione depressiva della democrazia globale. Lo spirito del 1989 continuerà a vivere” (American Purpose, 10 marzo 2022).
Niente di tutto questo dovrebbe sorprendere: è sempre successo che una società liberale dipendesse anche dal sostegno di forze e di ispirazioni non propriamente liberali: pietà religiosa, orgoglio nazionalista, senso di missione provvidenziale, un certo grado di solidarietà etnica e, naturalmente, la paura di qualche nemico esterno.
Non va dimenticato però che lo spirito del 1989 conteneva sia una forma di patriottismo europeista dell’Europa orientale, sia una virtuale riabilitazione del solo liberalismo. E sul primo si sono sviluppati Paesi come l’Ungheria e la Polonia, fino a poco tempo fa considerate le “Bestie nere” della democrazia europea.
Guardiamo allora alla possibilità di una comprensione equilibrata del liberismo che sappia gestire il nazionalismo e riesca a far sì che il bene (ammirazione per il patriottismo degli ucraini e del loro presidente Zelensky) superi il male (boicottaggio dei prodotti e della cultura russa, corsa verso la guerra nucleare). Sono in proposito inquietanti le parole del filosofo Dugin, l’ispiratore del pensiero di Putin:
“La Russia oggi è il nemico numero uno dell’Europa perché il nostro presidente non condivide questa ideologia postmoderna liberal. … L’Europa occidentale è decadente, perde tutta l’identità e questa non è la conseguenza di processi naturali, ma ideologici. Le élite liberal vogliono che l’Europa perda la propria identità, con la politica dell’immigrazione e del gender. L’Europa perde quindi potere, la possibilità di autoaffermarsi, la sua natura interiore. L’Europa è molto debole, nel senso dell’intelletto, è culturalmente debole.”
Deliri pronunciati in uno scenario che vede però sempre presenti i molti problemi occidentali: il potere americano in relativo declino, quello della Cina in aumento, il declino demografico, la delusione economica, un tessuto sociale iniquo e oscurato da disuguaglianze, corruzione e aumento del consumo di droghe. La guerra in Ucraina avrà anche una ricaduta economica con probabili contraccolpi politici, che dovranno essere ben gestiti. La Polonia e l’Ungheria stanno agendo nel modo migliore ma i loro governi rimangono illiberali. E anche negli altri paesi europei c’è il rischio di una sfaldatura se non viene rafforzata l’UE.
Stiamo vivendo un momento cupo e stressante, pieno di incognite. Discettiamo seduti in poltrona e facciamo il tifo per i coraggiosi ucraini, con la volontà di delegare alla sola America la nostra difesa, senza integrare il pensiero atlantico con una visione mediterranea.
Eppure, dovremmo capire che questa guerra, di cui tutti dovremo pagare un prezzo economico molto gravoso, con un calo del nostro tenore di vita, riguarda i nostri valori: verità, libertà, uguaglianza, giustizia, democrazia. Sarebbe un tragico paradosso vedere la democrazia liberale soccombere al nemico interno.
SIMONETTA BISI
Solo chi non ha ancora letto la Quarta Teoria ed Evola può avere ancora dubbi.
Letture piacevoli, intriganti.
Ma dopo aver lette ecco il miracolo. Il velo di Maya si squarcia e d’un colpo comprendi.
Meglio tardi che mai.
Riprenderò l’argomento Venerdì.
Non dimentichiamo la Santa Madre Russia. Cirillo ci terrà compagnia.
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Logica stringente e analisi storica altamente documentata nel contributo di Simonetta. Mi vien da dire. Punto e basta. Il neomodernismo o postmodernismo che dir si voglia ha avuto una fortuna diversa anche in rapporto ai differenti fenomeni cui si applica ma sempre porta con sé l’idea del contro-esempio dell’intellegibilita’differenziante che in letteratura è stata ed è un grande strumento di creatività. Diverso il discorso politico o geopolitico in cui non mi azzardo ad addentrarmi, visto che abbiamo tante risorse specialistiche. Ma quella postmoderna è una condizione anche etica di dissenso e rifiuto di saldature totalizzanti del discorso. Di qualunque discirso. Grazie dei vostri contenuti di sapere. 🤗
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Cara Simonetta, la tua analisi è di una chiarezza inoppugnabile, è una analisi politica che io accetto solo per la vista dei bambini uccisi, per quella somma di istanti tragici, che vanno a costruire la “storia”, quella vera, subita.
Poi c’è la storia delle forme politiche, dell’auctoritas religioso-spirituale e i veri miracoli dell’amore e dell’essere liberi.
La nostra terra, l’Europa, fin dal primo Novecento vive l’epoca di una permanente “Crisis”, senza soluzione di continuità.
Mi è capitato di spiegare la conferenza di pace dopo la prima guerra mondiale e il conflitto tra nazionalisti e democratici in Italia.
Concordo con te sul futuro ruolo della UE, ma ho presente la sua “mission” mancata consapevolmente :le correnti migratorie verso le coste mediterranee, una occasione precedente per fare l’Europa unita.
Ma vedo che tu hai posto il problema sui “diritti umani” per tutti in altri tuoi scritti.
Paola.
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