“SALUTI & BACI” DI SILVIO SERANGELI – 13. CARBONE
di SILVIO SERANGELI ♦
Non avrei mai e poi mai voluto scrivere questa cartolina con l’amaro del fiele in bocca e un disorientamento totale. Che dire: dopo la pandemia, che non è ancora finita, che ci ha fiaccato e violentato, è arrivata la guerra. Non quella lontana, a cui siamo abituati, con le immagini da terre lontane che magari guardi il video e mandi giù un boccone. Ma di questo preferisco non parlare, bastano e avanzano le nutrite truppe televisive urlanti che dal virus sono passate alle dirette con le bombe: senza ritegno, sorridenti e ansiose di mostrare il bambino in braccio alla mamma, l’assalto ai treni, e bla bla bla….. E vado alla cartolina con il primo ministro Draghi che ha dichiarato: «Le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni. In Italia, abbiamo ridotto la produzione di gas da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020 a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi. Dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione, per superare quanto prima la nostra vulnerabilità e evitare il rischio di crisi future». (ANSA).
Come dire: torna il carbone, e torna Torre Nord.
E il ministro Cingolani denuncia l’incapacità di avere saputo prevedere la tutela delle fonti energetiche: «Quello che mi fa un po’ impressione è che non abbiamo nemmeno tutelato l’ambiente, perché poi alla fine il consumo energetico grosso modo è sempre rimasto lo stesso». (Il Foglio) Riporto queste dichiarazione a supporto di un’amara riflessione personale su trent’anni di fulgido, rampante, festoso, e sconsiderato ambientalismo che ho seguito passo passo come giornalista e testimone (TRC e, soprattutto L’Unità). Le gloriose manifestazioni, i festanti cortei, gli articoloni da 60 e più righe con foto e paginoni e, spesso in cronaca nazionale. Le conservo tutte queste medagliette, spesso conquistate faticosamente sul campo di scarpinate estenuanti con il fraterno amico Nando Mori. Tutti al porto! C’è Staffen de Mistura per la campagna della salvaguardia della foca monaca in Sardegna. Tv nazionali, inviati davanti ai cartelloni per questo animaletto che molti di noi non conoscevamo. Faceva notizia: 60 righe difficili da inventare. E poi la poseidonia da salvare con due spedizioni, sempre tv inviati e foto, fino a Santa Severa con una parte consistente di operatori e reporter con il mal di mare per il beccheggio del battello. E come dimenticare l’intera giornata a bordo del “Rainbow Warrion” di Green Peace, con l’arcobaleno e il gabbiano sulla fiancata nera, contro il passaggio delle scorie nucleari della centrale di Borgo Sabotino. E Pino Grasso particolarmente, e giustamente, contrariato per il cibo immangiabile. Bei tempi! E il blocco al Centro Chimico santa Lucia per l’arrivo dei camion con l’iprite recuperata durante i lavori al porto di Monfalcone. Vado a braccio, e ricordo le manifestazioni contro la costruzione del porto turistico che cancellava cozze e tilline, e la boa petrolifera che magari allontanava da Porta Tarquinia le petroliere a ridosso della strada. Cortei, manifestazioni all’insegna del No. Neanche a parlarne del rigassificatore: vade retro; e poi il metano prima sì poi no. Un affronto le pale eoliche perché deturpavano il suggestivo panorama dei Monti della Tolfa. Cortei, manifestazioni, allegri striscioni. Tiriamo a campare, va bene così. Neppure il fotovoltaico perché toglie spazio all’agricoltura. Quante righe e foto, senza l’ausilio di telefonini e internet, e scrivere con la Olivetti portatile sulle ginocchia e dettare il pezzo dal telefono pubblico più vicino, e quanta fatica nell’epopea del “No Nuke” della centrale di Montalto. Pagine intere, richiami in pagina nazionale, e tutti i colonnelli ambientalisti in prima fila dietro gli striscioni: cori e allegria spensierata. Un po’ meno la reazione degli operai che si incatenarono sulla sommità della ciminiera perché avevano perso il posto di lavoro. E poi le pubblicazioni, i convegni a Villa Albani all’insegna del No e dell’energia pulita (?). Ricordate la campagna del mattone nella cassetta del gabinetto per risparmiare acqua (e magari essere costretti a tirare lo sciacquone due tre volte perché la materia rimaneva lì). E la guerra alla lavastoviglie perché consumavano acqua ed elettricità (che si è poi ampiamente dimostrato che non era per niente vero)? E l’araba fenice dell’elettrificazione delle banchine del porto che ricicciava ogni sei mesi? Tralascio l’epoca d’oro del polo energetico, l’ombelico del mondo ambientalista. Qui era di casa lo stato maggiore: De Luca, Scalia, Gubiotti, Chicco Testa. Di qui sono partite le fortunate carriere politiche di consiglieri, assessori, ministri. Eh sì, perché l’onda verde non era soltanto quella della protesta, ma raggiunse i moli del potere con tre ministri: il bel Rutelli, il serioso Ronchi, il nulla Pecoraro Scanio. Magari sempre in testa ai cortei e pronti ai proclami del No, assenti ingiustificati nei programmi seri. Trent’anni buttati via, si potrebbe dire di questi giorni, come sottolinea, del resto lo stesso ministro Cingolani al “Foglio” : «Siamo contro la produzione autonoma di gas, ma quando ne abbiamo bisogno lo compriamo da altri. Siamo contro il nucleare ma quando ci serve energia la compriamo anche da paesi come la Francia, che il sistema energetico lo foraggia con il nucleare. Siamo contro i termovalorizzatori ma quando non sappiamo dove mettere l’immondizia mandiamo la nostra spazzatura nelle città che i termovalorizzatori li usano».. E così per le centrali a carbone. Una necessità che impongono questi tempi di guerra in cui magari il ministro Cinquestelle Di Maio va a tendere il cappello in Algeria per un po’ di gas in più, ma l’eterna brigata del No si è già schierata, da Green Peace al WWF, Cinquestelle comprese, definendo inammissibili le riaperture delle centrali a carbone. E l’alternativa? Non sarebbe ora che questi venditori e consumatori di fumo fossero relegati nella ridente Asinara a pettinare le ranocchie e a inebriarsi di canne? Neppure la guerra gli concede il dono del sacrificio.
SILVIO SERANGELI
Caro Silvio,
articolo amaro nel solito stile di ottimo giornalista ben informatoe forgiato da una esperienza di vita.
Un bilancio triste che non si può non condividere.
Posso solo aggiungere qualcosa in merito.
Il “fodamentalismo”!
Quando si osserva un principio in modo rigido, conforme all’ortodossia e non si ammette che il rigido rispetto dell’idea posta a fondamento del proprio credo, il percorso è sempre lo stesso, sia in campo religioso, politico, ideologico.
Avere ragione a prescindere dal pensiero altrui. Non credere di essere mai nell’errore, non nutrire dubbi.
Svanita la potenza del sacro, del tremendum, del fascinoso è subentrata una laicità che si riversa nel dominio dell’ecologia fondamentalista.
L’ecologia!
Cosa buona e giusta quando Francesco, primo vero promotore della Natura da rispettare come dono di Dio. Ma l’ecologia moderna non rispetta la Natura perchè creatura al pari dell’umano, ma solo per egoismo messo in movimento da un edonismo sfrenato che è posto in pericolo dai disastri climatici. In ciò consiste il laicismo dogmatico dei “Verdi”:
Cosa buona e giusta proteggere la Natura, non pensare di offenderla con una Tecnica sempre più pervasiva e dominante.
E’ assurdo difatti pensare ad un monte solo come “ammasso di materia prima mineraria”. Pensare al mare come contenitore dell’industria della pesca. Pensare alle foreste solo come superficie agraria da rendere libera da alberi e pensare questi come sola materia per far carta.
Ma……
tutto ha il limite.
“Niente di troppo”!!
Questa antica massima è il rovesciamento del fondamentalismo.
La crisi valoriale che ha investito l’umanità oggi ha come sfogo la ricerca affannosa di Deità materiali.
I vecchi Dei sono fuggiti ed i nuovi non stentano più ad entrare. Qualcuno ha fatto ingresso e affascinato masse di fondamentalisti non solo delle Sacre Scritture ma della Dea Natura.
“Niente di troppo”.
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Amaro bilancio di come idee e ideali in sé stessi commendevoli e condivisibili una volta cristalizzati in idologie possano rovesciarsi in bandiere fisse non più sventolanti e festose ma surreali come quella conficcata nel suolo della luna. Non eri il solo a tenere quelle bandiere che in quel momento storico non era certo furori dissennati o materia da pasionari. Post res perditas, come tipico della nostra politica, si prende atto dello scenario mutato ma non trasformato. Nessuna “rivoluzione” verde in realtà e il sole non ride ancora… Che fare? (per ricordare altre rivoluzioni)
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Le crisi mostrano spesso quanta incapacità di progettazione e programmazione ci sia stata nel tempo precedente, quanta incapacità di visione globale sacrificata al particolare delle questioni contingenti. Scriverò un articolo a seguito di questo.
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Riflessione onesta e coraggiosa che condivido in toto.
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Analisi nella quale mi ritrovo pienamente.
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Vi leggo e ritrovo dentro di me l’amarezza di Silvio, la saggia analisi di Carlo Alberto. La nuvola nera e tossica che sovrasta il mondo è la conseguenza di una visione della vita legata solo a interessi materiali, non solo predominanti, direi addirittura unici. A volte penso di respirare solo aridità e avidità, di essere considerata “out” solo perché non rinuncio a una visione etico-spirituale che differenzia l’essere umano da un freddo robot umanizzato con circuiti realizzati da disvalori. È vero Silvio, tutto è cambiato. Probabilmente è la tipica frase della persona anziana che non dimentica il passato, che presenta sintomi di Alzheimer anche se non ne soffre. Il mondo corre, senza chiedersi dove sia il traguardo. Non è più il tempo in cui una testa canuta possa rappresentare un bagaglio di esperienza e saggezza…occorre rincorrere il progresso, giustamente, che pero’non è tale se imperniato su basi corrotte e impastate dalla voglia del successo e potere immediato. Noi stessi pero’siamo in parte i responsabili di questa svolta negativa e mi riferisco alla generazione cresciuta nel dopoguerra. I genitori di allora, sopravissuti agli orrori, rimboccandosi le maniche, hanno troppo generosamente voluto dare tutto, forse troppo ai loro figli dimenticandosi pero’del valore della memoria, anche se dolorosa. Si è così plasmata una generazione tesa ai diritti più che ai doveri, estimatrice del “materiale”, dissacratrice dei valori spirituali esistenti nell’uomo dai tempi della sua comparsa sulla terra. Ma la materia da sola non paga, non riflette, non pondera, non è alleata del sentimento, inteso come globo interiore di rispetto e positività. Le utopie di oggi sono i valori di ieri, le conquiste tecnologiche, le innovazioni, le scoperte realizzate stanno diventando armi per un’assurda guerra e per farci rivivere le difficoltà e gli orrori di 80-70 anni fa. Scusatemi, forse il mio commento non è dei più pertinenti, ma SpazioLiberoBlog consente anche questo. Buona giornata a voi
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Ottimo, Silvio. Hai proclamato a piena voce la nudità del re. Ci vuole coraggio a essere così politicamente scorretti.
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