“LE PROMESSE DELL’EQUINOZIO” DI CARLO ALBERTO FALZETTI – QUANTUM

di CARLO ALBERTO FALZETTI

La panchina del viale lo aveva accolto sostenendo il suo corpo con fermezza e con orgoglio. Faceva il suo dovere ubbidendo al mandato che il suo costruttore le aveva imposto. Era una di quelle panchine un po’ liberty fatte di liste di legno ed ossatura di ferro  che si esprimeva in volute ardimentose. L’avevano posta non distante dal mare e questa sua ubicazione le forniva la grande opportunità di ospitare  i corpi  di tanti frequentatori. Ma , al tempo stesso, il luogo le cagionava erosioni fastidiose alla sua vernice e cenni di impietosa ruggine.

Nella maggior parte dei casi nessuno si curava di essa. La gente si sedeva, si adagiava, si assestava nella più completa indifferenza  di  quello strumento. Eppure la sua missione non era da poco essendo essa   sostegno  delle parti posteriori  del corpo umano nel momento in cui, piegando le gambe oltre una data angolazione , il corpo si troverebbe attratto da una perniciosa forza gravitazionale.

Ma , ora, tutto sembrava  diverso dall’usuale. Infatti, l’uomo seduto cominciò ad interessarsi della panchina. La scrutò, la accarezzò con garbo. Era la prima volta che la panchina riceveva un diretto interesse.

Due sistemi stavano entrando in relazione: il sistema sedile ed il sistema ,altamente complesso, dell’osservatore curioso. Il sedile in sè non era altro che un ammasso di ferro e legno. Le sue proprietà non avevano alcun senso per esso. Tuttavia, la sua struttura stava interagendo con le strutture recettive dell’uomo osservante. Da quel groviglio, da quell’intrigo di contatti scaturiva nella mente dell’uomo tutta una fitta rete di osservazioni che lo stesso pensava, nell’immediato, essere delle proprietà dell’oggetto.

Quel groviglio di legno e ferro aveva un significato ed un significante per quell’uomo seduto. L’oggetto aveva un colore, denunciava una ruvidezza, una freddezza delle parti in ferro. Ma tutto questo non corrispondeva a ciò che veramente era quell’oggetto. L’uomo seduto era entrato in una relazione sempre più stretta con la panchina. Cominciò a percepire che essa veniva rivestita di attributi che erano esclusivamente l’effetto delle sue sensazioni. Che cosa era la panchina per se stessa?

  Improvvisamente, l’uomo seduto ebbe una illuminazione : se tutti gli uomini della terra scomparissero come d’incanto, che cosa sarebbe quell’oggetto? Ed immediatamente ebbe una risposta: tutte le sue qualità svanirebbero! Sarebbe un aggregato di ferro e legno senza nome, senza significato, senza attributi. E, di seguito si domandava cosa  succede quando  gli occhi di un uomo si posano su  quella e su ogni altra struttura.

 La mente dell’uomo seduto cominciò ad elaborare una analisi acuta. Improvvisamente gli apparve una spiegazione illuminante. La panchina stava riuscendo a comunicargli notizie strabilianti

 Gli atomi di quella struttura stavano emettendo una frequenza che a contatto della luce solare venivano percepiti dalla retina e si traducevano in un preciso segnale, un significato di colore, un significato di forma, un significato di solidità, un significante ben preciso espresso in un dato nome.

L’uomo si stava sempre più convincendo che tutto quel flusso di informazioni non era del “sedile”. Era il risultato di una relazione precisa, di un contatto fra due strutture. Quelle proprietà che stava osservando nascevano in quel preciso momento, scaturivano solo perché un  “uomo” ed un  “sedile” erano entrati in relazione.

In quel pomeriggio primaverile investito da una leggera brezza marina l’uomo seduto sulla panchina era riuscito ad avere una luce. La panchina aveva parlato di sé non di come appariva allo sguardo dell’altro.

Impossessatosi di questa illuminazione l’uomo ,esterrefatto, balzò in piedi, fece un passo indietro e cominciò a bofonchiare a sé stesso.

-“Tutto ciò che mi circonda non sono cose, oggetti ma solo relazioni fra strutture. Il cielo che io vedo colorato di azzurro dipende solo dal fatto che io sono ora in relazione con esso: l’azzurro è perché io lo osservo. Il cielo è una vibrazione di onde che incrociano altre vibrazioni e da queste relazioni nascono particolari manifestazioni relative a quelle relazioni. L’azzurro che io vedo non appartiene alla “cosa cielo” ma al particolare tipo di relazione, quella di una struttura umana con la cosa “cielo”.

Il nostro uomo sempre più elettrizzato per quella  luce che era entrata nel suo cuore riscaldandolo si allontanò dal luogo. Lanciò uno sguardo intenso alla panchina. Essa era lì immobile e sorniona. Aveva adempiuto con onore al suo compito di struttura utensile ma, aveva fatto molto più!

L’uomo dirigeva i suoi passi verso casa e comprendeva, ormai, il tessuto fine del mondo. La grana del mondo. Il fitto intrecciarsi di nodi relazionali dei quali ogni uomo, lungi dall’essere l’”osservatore privilegiato” era solo uno dei nodi , pur se dotato di straordinaria complessità.

Non esistevano più le cose con i loro dovuti attributi. Senza una struttura osservante gli attributi erano come  sospesi nel cielo delle possibilità.

Giunto nei  pressi del suo abituale Caffè si avvicinò emozionato ad un amico sussurrandogli nell’orecchio: “Ascolta, ascolta e fissa attentamente nella tua memoria:  ogni proprietà che noi pensiamo di qualcosa è tale solo e soltanto rispetto  all’altro qualcosa con cui è in relazione. Addio sostanza, addio accidenti. Credimi, ho ricevuto il lampo della rotonda verità. Ovvero ogni verità è relativa! Ogni verità è relazionale!”

 Inutile e poco civilmente corretto riferire la risposta che l’uomo ricevette  dal suo amico uditore.

.   .   .

Il lettore non si precipiti a scavare nel mondo della filosofia. Lasci stare la cassetta degli attrezzi al suo posto.

La panchina ci parla, come esprime il titolo, di quanti e di funzioni d’onda. In modo molto semplicistico ci indica che nella fisica quantistica non si descrivono le cose come “sono”, ma si tenta di descrivere le cose come “accadono”o meglio come influiscono le une sulle altre.

Più precisamente il raccontino ci descrive una dei fondamenti della struttura elementare delle cose del mondo: le relazionalità (le altre due sono la granularità e l’indeterminismo sui quali ci soffermeremo in seguito).

Provate a sperimentare sulle panchine (di marmo o di calce) del viale. Ma se il “lampo” vi scuote evitate, incontrando l’amico, di riferire l’accaduto.

CARLO ALBERTO FALZETTI