RUBRICA – “BENI COMUNI” – 6. Persone. L’architetto urbanista Renato Amaturo: il senso della misura.
Catalogo Documenti Utili: Antica Abbazia di Sant’Egidio Vecchio sulla via Tolfetana (arch. Guglielmo Calderini, 21 marzo 1895).
di FRANCESCO CORRENTI ♦
Il ritratto dell’architetto Renato Amaturo nel 1995 (foto FC) ed uno scorcio della Scuola Elementare “Gianni Rodari” in via Apollodoro, progetto del 1965, una delle sue molte opere realizzate a Civitavecchia.
Parlando di “Beni comuni”, credo sia doveroso occuparsi delle persone che quei beni hanno contribuito a crearli, se si tratta di opere dell’ingegno nel campo dell’architettura, della scultura e della pittura, ovvero in altri campi, o se hanno operato in modo esemplare per conservarle, recuperarle, tramandarle ai posteri. In questa puntata, in effetti, ricordo due persone che, per la loro professione e per le modalità di esercitarla, hanno rivestito entrambi i ruoli, in tempi diversi della loro esistenza. Il mio vuole essere un semplice “pro-memoria”, per me stesso e per i lettori, e quindi non contiene ragguagli biografici se non marginali.
Nel caso di Guglielmo Calderini (Perugia 1837-Roma 1916), la notorietà delle sue opere principali ed in particolare del Palazzo di Giustizia di Roma, pur con tutte le maldicenze e le falsità delle critiche contemporanee e successive, rende significativo il suo giudizio sulla grande importanza storica del nostro Campanile di San Giulio-Sant’Egidio. Mi auguro che anche tutti gli amici del Blog lo considerino veramente un nostro bene comune e, quindi, nel rendere il dovuto merito a Calderini per il suo intervento urgente di allora, che ne ha evitato ulteriori crolli, non aggiungo altro, se non l’invito a tutti a rileggere quanto ripetutamente scritto in queste pagine e trarne le conclusioni.
Nel caso di Renato Amaturo (Civitavecchia 1927-Roma 2012), chiarisco ulteriormente che queste mie righe non intendono ricordarne l’intensa attività professionale, i quartieri e le opere pubbliche progettate o il suo curriculum di consulente di tante amministrazioni, in Italia e all’estero. L’immagine che ho scelto per questa nota è quella di un angolo secondario di una delle sue tante scuole, eppure emblematica delle sue forme, dei suoi materiali, dei suoi colori. Del suo senso della misura, evidente in tutte le sue architetture, dalle prime opere di edilizia abitativa a Civitavecchia al comprensorio turistico di Cabo Frio in Brasile, dai quartieri della periferia romana a quello dell’espansione di Bologna o al grande isolato nel centro di Ferrara, dalle raffinate ville unifamiliari alle case per alloggi economici dell’Istituto Autonomo per le Case Popolari, dai poliambulatori in Toscana alle agenzie della CaRiCiv. Un senso della misura senza fanfare e senza colpi di grancassa. Studiato dall’inserimento urbanistico al minimo dettaglio.
Quindi, mi limito a trascrivere le mie riflessioni, espresse in altra pubblicazione, il 10 gennaio 2012, dopo la sua improvvisa scomparsa, avvenuta l’8, che ci aveva definitivamente privato della possibilità di ricorrere ancora al suo esempio, al suo insegnamento, al suo consiglio.
Nel 1982-83 e nel 1994-95, avevo promosso alcune sperimentazioni didattiche a Civitavecchia. Analogamente, coordinando i gruppi di professionisti selezionati con il concorso pubblico per la redazione dei progetti di sistemazione e arredo urbano delle vie e piazze del centro storico (Leandra, Saffi, Fratti, Regina Margherita e vie adiacenti; 1997-98) con il recupero di antiche preesistenze e l’inserimento di opere d’arte, avevo ottenuto che quegli ottimi studi professionali (di Roma e di Firenze, tra cui quello di Claudio Michelato) si giovassero del lavoro degli studenti di architettura di Civitavecchia per il rilievo dei siti e per lo studio di creazioni artistiche (bassorilievi, pitture murali, giochi d’acqua). Frequenti gli scambi di idee con Renato Amaturo, come anche con un altro grande professionista, l’ingegner Aldo Ferri, con cui fortunatamente sono ancora oggi in cordiale contatto. Nell’ambito del programma “Porti e Stazioni”, Amaturo ha voluto generosamente offrire il suo tempo per numerosi incontri con i giovani collaboratori esterni, fornendo il prezioso supporto dei suoi studi e progetti, senza però accettare alcun compenso né alcun rimborso spese. Autentico Maestro di architettura ed esempio inarrivabile di professionalità, ha rappresentato, per il mio lavoro di urbanista comunale, fin dal mio primo anno di servizio, un punto di riferimento costante. Quale autore del Piano Regolatore Generale, dei primi tre Piani di zona 167 e di progetti urbanistici ed architettonici di altissima qualità, come ho accennato, a Civitavecchia, in altre città d’Italia e all’estero, oltre che – per diverso tempo – consulente dell’Amministrazione e membro della Commissione Urbanistica tecnica, ha dato all’Ufficio il supporto delle sue acute riflessioni e dei suoi pazienti approfondimenti, ogni volta che – come ai tempi delle “revisioni” in Facoltà – mi sono trovato di fronte a qualche problema interpretativo del PRG di ardua soluzione. Le troppe delusioni che hanno concluso i suoi più recenti impegni progettuali a Civitavecchia (anche perché seguite alle delusioni meno recenti), relative ad alcuni progetti di grande qualità non realizzati e al piano urbanistico d’un intero quartiere – studiato fino al dettaglio esecutivo – di cui ha preferito abbandonare la fase attuativa per coerenza con le sue convinzioni), hanno tolto al suo rapporto con la città natale l’entusiasmo della fiducia. Tra gli esempi della mancanza di sensibilità che ha determinato il suo stato d’animo, devo citare la decisione che molti anni addietro portò ad inglobare una delle sue scuole in un involucro di cemento e muratura, una specie di cappa di piombo, come quella fatta a Chernobyl, per evitare che qualche “radiazione di architettura” potesse contaminare la città. Possiamo definirlo “un caso di architettura incappata” o forse “handicappata”. Anche altri suoi esemplari progetti – è del resto un malvezzo frequente – sono stati snaturati da direzioni dei lavori affidate ad altri. Malgrado ciò, Renato Amaturo ha proseguito i suoi studi ambientali “teorici” sull’immagine urbana, con intuizioni e soluzioni di grande suggestione, per il centro storico di Civitavecchia. Tra l’altro, la ricerca ha riguardato le possibilità di rimediare ai danni provocati dal mancato rispetto del Piano di ricostruzione di Luigi Piccinato del 1945, nelle zone centrali di corso Marconi e piazza Vittorio Emanuele II e nei profili della città sopra la cinta muraria di Urbano VIII lungo il porto storico. Per restare in tema di occasioni perdute per le città e di scorrettezze deontologiche, purtroppo non infrequenti, va detto che simili situazioni sono avvenute anche altrove. Nella mia introduzione al grande volume sugli scavi a La Castellina del Marangone di Jean Gran-Aymerich e di Almudena Dominguez-Arranz edito da “L’Erma” di Bretschneider, ho citato il caso apparso sulla rivista “Parametro” del progetto di Ludovico Quaroni per la riorganizzazione dell’area nel centro storico di Bologna, accantonato dall’ente locale per realizzare un intervento di routine curato dal proprio ufficio tecnico, calpestando il codice etico e privando la collettività dei contributi della professionalità più qualificata. Forse, le occasioni perdute, in architettura, sono state in tutti i tempi più di quelle colte ed ho considerato sempre molto consolatoria la frase, ancor più divertente per le indubitabili virtù di carità cristiana dell’autore, con cui padre Couturier, provinciale dei domenicani di Lione e committente del progetto per il convento di Santa Maria de la Tourette a Eveux sur l’Arbresle, in una lettera del 28 luglio 1953, commenta la mancata realizzazione di molte delle opere che ha ammirato in un libro inviatogli dal grande architetto svizzero: « Je vous remercie de m’avoir envoyé le 5e volume. Tout ce que j’y vois ne fait que me confirmer dans mon admiration, mais aussi dans ma colère de voir tant de belles occasions manquées par la faute des imbéciles ». Rattrista il fatto che, a parte l’occasione di “Porti e stazioni” che ha permesso al gruppo di borsisti di conoscerlo e apprezzarlo, nessuna amministrazione abbia avuto memoria di Renato negli ultimi quindici anni, privandosi d’una testimonianza di vero rigore morale e di alta professionalità.
Fondo di documentazione archivistica e bibliografica sul tema “BENI COMUNI” – CDU
Relazione dell’architetto Guglielmo Calderini – Direttore del Regio Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti – al Ministro della Pubblica Istruzione Guido Baccelli (Governo Crispi IV) sulle peculiarità del Campanile della Chiesa dell’Antica Abbazia di Sant’Egidio Vecchio sulla via Tolfetana, nei dintorni di Civitavecchia, e sulla opportunità di un intervento di conservazione e consolidamento con piccoli risarcimenti murari per una spesa di circa Lire cinquanta.
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Documentazione ottenuta nel 1982, con autorizzazione alla divulgazione, dall’Archivio Centrale dello Stato di Roma (Piazzale degli Archivi, 27, 00144 Roma Eur), Fondo Ministero Pubblica Istruzione / Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II versamento, parte II, busta 525.
R.° UFFICIO REGIONALE PER LA CONSERVAZIONE DEI MONUMENTI
DELLE PROVINCE DI ROMA AQUILA CHIETI
- di Prot. 531 – N. di Partenza 331
Risposta a ………. del …………. Divisione …………. N. …………. N. 2196
OGGETTO: Civitavecchia. Antica Abbazia di S. Egidio Vecchio sulla via Tolfetana
A S. E. Il Signor Ministro della Pubb.ca Istruzione / Div. pei Monumenti – Roma
- 1 Allegati
Roma, addì 21 Marzo 1895
Poco oltre le Terme Taurine sulla sinistra della Via Tolfetana, 4 miglia al Nord di Civitavecchia, fra i rottami di una antica Badia completamente diroccata, sorge nei campi isolato il rudere di un campanile, alto dal suolo non più che sette od otto metri.
La Chiesa di cui faceva parte questo Campanile era dedicata a S. Egidio, ed oggi le tradizioni locali hanno attribuito all’insieme dei ruderi della Chiesa e della Abbazia, il vocabolo di S. ’Egidio Vecchio.
La sua costruzione poi, come rilevasi dallo stile architettonico del rudere, doveva rimontare al XII o XIII secolo. La base del campanile di forma quasi quadrata, misura sui lati esterni metri 4,10 × 3,60, E l’ambiente interno delle dimensioni di metri 2,16 × 1,92 è tuttora coperta da una volta ben conservata, costruita in pietra da taglio, a forma di crociera decorata di costoloni sporgenti dal piano convesso dell’intradosso.
Il basamento quadrangolare, che consta di venti ordini di pietre, presenta sulla faccia rivolta a levante una porticina arcuata, ed in ognuna delle altre faccie reca una fenestrella a feritoia larga non più di 15 o 20 centimetri, terminata a sesto semicircolare, strombata all’interno, la quale campeggia in uno sfondo della parete leggermente rincassato, e decorato superiormente da un fregio archeggiato.
Corona il basamento una cornice intagliata con dentelli a scacchiera, scolpiti a basso rilievo e scaglionati a guisa di squamme, di bell’effetto. Questa cornice ed il predetto fregio sono costruiti in pietra tufo di colore rossigno che dona vivacità alla decorazione ed armonizza con la vecchia tinta naturalmente acquistata dalle pietre del paramento.
La struttura del campanile è accurata, ed è fatta a ricorsi regolari di calcare del luogo, chiamato “scaglia” alti centimetri 24. Fra questi ricorsi veggonsi murati, per successivi risarcimenti, alcuni laterizi antichi, tolti forse dai muri distrutti delle prossime Terme, i cui materiali furono probabilmente adoperati in larga misura anche nella costruzione dell’Edificio Abbaziale; come ne fanno fede i frammenti trovati mescolati alle macerie oggi disseminate pel campo nelle adiacenze del campanile, fra i quali si rinvenne qualche pezzo di marmo bianco ed un pezzo di breccia corallina.
La rarità in Civitavecchia e suo territorio di avanzi Monumentali della accennata epoca e stile, rende importante questo rudere, finora non osservato né considerato, per la storia locale; ed esso certo meriterebbe che fosse conservato e mantenuto col farvi qualche piccolo risarcimento consistente in qualche opera muraria, che importerà una spesa di circa Lire cinquanta.
Questo Ufficio non ha mancato di raccomandarne la sorveglianza al solerte R[egi]o Ispettore locale dei Monumenti, ed al medesimo potrebbe essere affidata la cura di farvi eseguire l’accennato risarcimento, mettendo a di Lui disposizione l’indicata somma.
Del pregevole avanzo monumentale invio pertanto a codesto Onor[evo]le Ministero un cenno dimostrativo nell’accluso bozzetto, riservandomi di farne rilevare a suo tempo la fotografia, non appena se ne presenterà l’opportunità, inviandone poi copia al Ministero.
L’Architetto Direttore
- Calderini
Sul primo foglio è riportata l’annotazione riguardante l’approvazione della spesa, unitamente ad una raccomandazione molto opportuna, la prescrizione che dovrebbe essere sempre espressa in questo genere di lavori su manufatti preesistenti, la cui regola generale è quella (troppo spesso ignorata o volutamente trasgredita) di conservare e non modificare nulla. Rilevo dai miei appunti che l’autorizzazione alla spesa era stata emessa dal Sottosegretario di Stato professor Settimio Costantini.
App[rova] la spesa di £ 50 per i piccoli risarcimenti, raccomandando d’invigilare affinché i muratori incaricati di eseguirli non imbrattino il pietrame antico.
La scheda del mio archivio iconografico cronologico con le immagini e i dati archivistici relativi alla relazione di Guglielmo Calderini del marzo 1895 sul Campanile di Sant’Egidio a Civitavecchia, rinvenuta nel corso delle ricerche presso l’Archivio Centrale dello Stato (Via degli Archivi, 27 – Roma Eur), Fondo Ministero della Pubblica Istruzione. Dopo la ricognizione del 1971, avevo iniziato il rilievo del monumento a marzo del 1975.
FRANCESCO CORRENTI