“SALUTI & BACI” DI SILVIO SERANGELI – 3 – Torna il bacio peccaminoso
di SILVIO SERANGELI ♦
Senza la mascherina d’ordinanza l’infermiera e il marinaio torneranno a baciarsi con passione sul lungomare della Marina. Finalmente, un messaggio gioioso e gaudente fra tante tristezze della piatta quotidianità che boccheggia e sopravvive solo di cattiverie e polemiche astruse. Com’è come non è, con i soldi messi insieme da alcuni benefattori la statua, dopo sette lunghi anni di esilio forzato, si staglierà verso il cielo multicolore dei tramonti marini con la cornice dei palmizi, tanto cara ai turisti e, perché no anche, e soprattutto, agli indigeni. Finalmente viene rimarginata una dolorosa ferita, provocata, è bene ricordarlo in questi tempi di spudorata mutazione genetica, dalla masnada urticante dei cinque stelle e dei loro tanti esagitati, ora in estinzione, che a suon di vaffa hanno fatto terra bruciata di ogni ragione. Cinque anni co-stellati di penitenze, di affronti e di insulsa demagogia. Una liberazione parziale, per la verità, per Cv, perché se a Torino e Roma sono state prese a calci nei loro sederini presuntuosi le due sindache del No, qui dal male si è passati al peggio. Non c’è stata nessuna liberazione. Come le olimpiadi romane e quelle torinesi qui, nel nostro piccolo piccolo era immorale mantenere la statua. Non c’è voluto molto, sette anni fa, a rimestare nel putrido calderone dell’amore patrio autarchico, insorto contro il simbolo della celebrazione della sottomissione delle bombe a stelle e strisce.
C’è da dire che questi pensatori, parenti intimi degli attuali no vax, hanno da tempo lasciato la ragione vicino al caricabatterie del telefonino, meglio alla carta igienica del gabinetto. Così al grido: «Va fuori lo straniero, zum, zum» la statua venne smontata e spedita lontano, fra l’incredulità generale, o almeno dei cittadini ancora pensanti, allora vaccinati dal virus grillino che aveva infestato la casa comunale, e che vedevano semplicemente quel giocattolone multicolore come un tocco di novità, un’attrazione divenuta familiare che aveva colpito l’immaginario tanto da farne delle calamite per frigo che trovavi in vendita perfino a Napoli. E ora che viene annunciato il suo ritorno si è aizzata di nuovo la canizzola di chi guaisce che la statua «deturpa il paesaggio e offende la memoria». Vien da rispondere: «ma quali vedute inebrianti? E quali astruse ricostruzioni storiche?» Per dovere di cronaca c’è da ricordare che all’inaugurazione era presente con sindaco e assessore una scelta delegazione dei Marinai d’Italia [v. foto] a dimostrazione del carattere festoso dell’iniziativa.
I signori dell’amor patrio del Comitato 14 maggio “in piedi tra le rovine” rialzano la cresta e sgomitato per trovare spazio, avendo come unica attività quella di rivangare il glorioso passato del porto traianeo e di evitare la sosta selvaggia davanti alle lapide dei caduti in via Mazzini. Una proposta, avanzata con alcuni rispettabili amici di spostarle sulle pareti dell’atrio dell’aula Pucci fu rispedita al mittente. Su queste pagine ho già espresso molto chiaramente le mie critiche alle campagne di guerra a stelle e strisce. Questa immunità mi permette di ricordare l’entusiasmo e la gioia sfrenata con cui la popolazione italica accolse i bombardatori che avevano messo fine all’incubo in camicia nera. Smontata la statua, tolto di mezzo l’affronto, la montagna patriottica partorì il classico topolino. Attenzione: nulla da dire sulla legittimità delle scelte, ma il mignon della statuetta del bacetto con l’aggiunta dell’infelice scelta del bronzo cimiteriale, inaugurata in pompa magna nel 2020, suggerisce il senso del copiaticcio rabberciato. Questa giovane donna che bacia un marinaio della regia capitaneria di porto è una fotocopia venuta male, nello spirito del tipico revancismo provincialotto: «Americanii… tiè, guarda che siamo capaci di fare pure noi». Ne è uscita fuori un’utilitaria che voleva copiare una Ferrari.
A volere completare il concetto, me ne predo tutta la responsabilità, è un po’ del genere dei film caricatura di Franco e Ciccio che spernacchiavano gli originali, del tipo “Per un pugno nell’occhio, I figli del Leopardo, Ultimo tango a Zagarol”, che almeno ti suscitavano sonore risate di gruppo al Cine Star, il sabato pomeriggio. Una parodia riuscita proprio male. Su queste pagine qualche tempo fa è apparso un magistrale «apo’ lue» con il quale si analizzava il vizio, quasi la perversione tutta Cv di osteggiare il prossimo. Bene, il ritorno della statua, manco a dirlo, ha resuscitato le anime belle. È di nuovo insorto il Comitato, ci sono dichiarazioni infuocate di alcuni cittadini, c’è la presa di posizione dell’associazione di guide e accompagnatori turistici e del signor Anelli, da sempre impegnato per la costituzione del Museo del mare. Ha ragione il sig. Anelli e con lui tutti gli altri a chiedere i fondi necessari per aprire il Museo, ma è pur vero che di questa meritoria istituzione già ne parlava il mio maestro di terza elementare, via XVI settembre, e che da anni rimane un tormentone e una chimera. Ricordate l’acquario al porto, e le polene al Forte? Se ne parlò tanto e non se ne fece niente. Accontentiamoci di qualche foto con lo sfondo del colosso dell’abbraccio erotico sentimentale. Come si diceva : «Ce basta e ce va puro d’avanzo».
SILVIO SERANGELI
** Le foto sono dell’amico Roberto Diottasi
A me quest’opera pop piace e poi ha un grande valore simbolico: la fine della guerra, il ritorno alla normalità, alla gioia di vivere. Il marinaio appartiene alla categoria dei liberatori che per le ragioni orribili della guerra usarono strategicamente anche i bombardamenti.
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Posso permettermi un ricordo ancora vivo. Con questo ricordo rispondo a tutti i miseri nostrani citando rapidamente un frammento vetero-liturgico :…… e dei miseri abbi pietà!
Rapidissimo!
Via Aurelia. Sherman di Mark Wayne Clark corrono veloci verso. Toscana. Breve sosta, pochi minuti. Stop.Lancio caramelle gomme, latte condensato, Stop.
Bambini sbigottiti ma felice, molto. Stop.
Adulti abituati a calci tedeschi tutti molto contenti. Stop.
Tutti con occhi allargati Stop. Soldati USA vestiti belli, facce giovani, tutti sorridenti Stop
Niente aquiloni, Eia, eia cancellato, tutto OK. Stop.
Generale americano magro, agile, allegro. Solo cognome un programma.Stop.
Incubo finito Stop. Tutti ballare boogie woogie versione casareccia The Raspa dance.
Nota per i miseri: trattasi della II guerra mondiale vinta dagli Alleati con , per grazia di Dio, l’apporto della Resistenza italiana. Più o meno anni quaranta.
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Silvio, il tuo articolo è molto complesso
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Non capisco il ” molto complesso”. E’ semplice e lineare nella sua tesi di fondo, senza auliche citazioni filosofiche e riferimenti bibliografici. Statua=gioco=divertente, tutto il resto è stramaledetta noia provinciale.
l’autore
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Silvio, in primo luogo ti ringrazio di aver risposto.
Ho rimuginato il tuo articolo per la sua complessità in ordine a tre motivi: uno politico, il secondo storico ed il terzo affettivo.
Da una tua foto si evince chi sia stato il deus ex machina del reale allontanamento del Porto dall’economia della nostra città. Noi siamo attenti, anche se stupidi e prepotenti, a coloro che” Dona ferentes”ci hanno allontanato da ogni economia del Porto. Del resto i pentastellati sono stati una pausa, rispetto al dono della statua, fatto da benefattori che sono insediati nel Porto, anche made in USA…
Dal punto di vista storico, non posso dimenticare che gli Americani, portatori del Bene, hanno avuto sempre la pistola e la bomba facile, dal nostro bombardamento ad Apocalipse Now, alle guerre in Medio Oriente.
Ma è il terzo motivo che per me denota la complessità. Vedo mia madre ventenne, sfollata a Canale Monterano. I Tedeschi occupanti che vogliono fucilare mio zio giovanissimo, per rappresaglia nei confronti di
Egle, core Civitavecchiese, che, di nascosto, portava viveri a due piloti, giovani come Lei, sratunitensi, che, terrorizzati e affamati, si nascondevano dalla bestia nazifascista.
Il Pop mi piace? Preferisco il tuo “gioco” sulla mia storia e su quella tua “quando intervistavi
le donne di CV sul bombardamento del ’43.
Con affetto Paola.
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Cara Paola, un abbraccio con il grande affetto che ci lega da sempre, Silvio
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