“Parole di donna” a cura di Valentina Di Gennaro e Anna Luisa Contu – Le città femministe.
“Parole di donna” – Il punto di vista femminista, che diverge, ribalta. L’indagine sul femminismo di oggi e di domani, su temi che si intrecciano e sulla necessità di essere intersezionale. Le donne, i corpi e la città.
di VALENTINA DI GENNARO ♦
“La città femminista è quella in cui le barriere- fisiche e sociali- vengono smantellate e tutti i corpi sono accolti e ospitati allo stesso modo.
La città femminista mette al centro l’assistenza (la cura, ndr), non perché questa debba rimanere un lavoro esclusivamente delle donne, ma perché la città ha il potenziale per ripartirlo in modo più uniforme. La città femminista deve prendere spunto dagli strumenti creativi che le donne hanno sempre utilizzato per sostenersi a vicenda e trovare modalità per ricreare quel supporto all’interno del tessuto urbano stesso.”
Leslie Kern è autrice del libro “la città femminista” – Lotta per lo spazio in un mondo disegnato da uomini.
Cosa dice di noi la città che abitiamo? Che accoglie i nostri corpi?
Cosa dice di noi la progettazione di una città che accoglie aspetti positivi e negativi delle considerazioni delle donne sulla città?
Le strade attraversate dalle donne, lavoratrici, single, madri, trans, di diverse generazioni, parlano di città vivibili, decentrate, senza barriere architettoniche, la cui mobilità è sostenibile ed efficace. I cui servizi sono prossimali e funzionano.
Tra le forme politiche dei beni comuni e la politica del femminismo esistono forti consonanze.
Non solo, alcune tra le più importanti politiche urbane sui servizi e l’inclusività, sono nate dalla mobilitazione dei movimenti femministi.
Nel 1964 l’UDI, Unione delle donne italiane, avanzava la proposta di prossimità dei servizi nelle zone prettamente residenziali.
Divenne legge, qualche anno dopo.
La necessità era dettata dall’uscire dalla segregazione spaziale della casa, da quella sociale del ruolo e mischiarsi nella città.
Ci sono diversi punti in comune tra municipalismo e femminismo, linee che si intrecciano: la democrazia, la partecipazione ai processi decisionali, la trasparenza quindi, la tutela dei beni comuni, la decentralizzazione delle autonomie e l’ identità e il riconoscimento delle esperienze femministe situate nei luoghi in cui si può dare una risposta concreta: come le case delle donne, i centri e gli sportelli antiviolenza.
Il municipalismo e femminilizzazione della politica si basa quindi sugli affetti, sulle esperienze, sui legami, sul fare comunità ed essere comunità.
Cioè tutti quegli aspetti che mostrano la faccia umana della politica.
Al centro della citta femminista c’è il corpo. Questo corpo che è campo di battaglia, e, a sua volta, al centro del corpo si sono i diritti, civili e riproduttivi.
Ricordiamo la protesta che ha avuto un’eco nazionale come il cimitero dei residui degli aborti.
Una violenza chiaramente istituzionale quindi.
Abbiamo avuto prova di come il corpo nella città sia fonte di soggettività. Perché come dice Maria Eugenia Palop, Europarlamentare spagnola. “Sì, il corpo è mio, ma il mio corpo sono io.”
Ecco che bella citta femminista. c’è il l’importanza di creare alleanza tra soggettività di genere, con le comunità Lgbtq+A, ma anche di essere capace di essere una città decoloniale, un femminismo post coloniale, un
alleanza con le nuove forme di comunità. Con le donne migranti, o di seconda generazione.
Su questo, un punto vorrei sottolineare.
Sempre sulla cura, sul sapere curare e l’essere curati, il rapporto con le generazioni, con le nonne, ad esempio.
Questi legami di cura che andiamo accumulando generazione su generazioni.
Sono le donne migranti che si prendono cura dei nostri legami intergenerazionali. Ed è un legame prezioso.
I tempi, i tempi della città e della polis, e quindi della politica, sono ancora tempi maschili. Così come lo sono gli spazi.
Occorre lavorare su questo quando pensiamo al progetto, all’idea che abbiamo di città.
VALENTINA DI GENNARO
Brava. La città femminista è la soluzione per la solitudine che vivono molte donne anziane single o vedove, che dopo la morte dei mariti e l’andata via dei figli non hanno nessuno, nessuna comunità che le sostiene, nessun club o circolo da frequentare, relazioni essicate. Questo pensiero mi è costante questo periodo, osservando anche la vita di molte di noi. Sviluppiamo il concetto e facciamo proposte ad una se mai verrà giunta di sinistra.
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Cara Valentina, pur non partendo da un discorso di femminismo o dal termine corpo, come non applaudirti nel sostenere la concretezza di certe osservazioni che ancora, oggigiorno, vengono ignorate, come è ignorata la sensibilità umana, frutto dell’intelligenza! La donna senza dubbio è più aperta, per sua natura, a considerare aspetti che possono essere produttivi al di là dell’aspetto prettamente finanziario. Il bene della società coinvolge tutti, ma ancora la donna si trova a scalare dei gradini in più. Anche il commento di Anna Luisa ribadisce il nostro pensiero comune. Brevemente voglio raccontare una mia esperienza. Ho vissuto in famiglia fino a 20 anni, poi mi sono sposata e spostata nel Lazio . e per il resto della mia vita non ho potuto godere della vicinanza di mia madre che stava a quasi 400 km di distanza. Arrivò il momento in cui presi mia mamma con me, quando le fu diagnosticata la demenza senile. La prima cosa che feci fu quella di cercare un centro in cui, per qualche ora al giorno , gli ammalati di Alzheimer, venivano seguiti e impegnati in attività atte a mantenere, forse meglio dire “trattenere” una certa padronanza fisica e mentale, nonché il senso di socializzazione. Sono centri che dovrebbero esistere in ogni città e non solo al nord. Feci grande fatica a individuarlo nella nostra città, per sentirmi poi dire che poteva accogliere solo sei persone. Era un centro con personale qualificato ma assolutamente, a mio parere, non facilitato nel proprio lavoro e dotato di una sede misera. Dopo 15 giorni , causa taglio delle spese, l’amministrazione comunale l’aveva chiuso. Io ho sopperito a tutto e alla fine, quando fisicamente ho avuto bisogno di aiuto, l’ho trovato in una lodevole migrante. Ecco Valentina, il tuo pensiero è giusto. Anna Luisa dice “facciamo proposte”anche questo è giusto, ma sarebbe ancora più giusto che non ci fosse bisogno di fare proposte! Che si prendesse in considerazione ciò che è necessario alla comunità sociale oppure….attendiamo un sindaco donna?
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Dico che problemi di questo o di altro tipo sono presenti in molte famiglie. Ma la parola femminismo va oltre, va su una parità di genere che porta poi a far diventare realtà l’uguaglianza nelle decisioni politiche e non, alla libertà d’azione che non è solo un requisito maschile. Le parole devono diventare azione (non rassegnazione )per far diventare realtà queste forza della donna che è in grado di superare l’insuperabile. Valentina apre una porta,da una spinta, cerca di svegliare dal sonno del parlare e non fare. Trovo che sia una cosa giusta ma sempre nel rispetto tra i due generi.
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