La superstrada Orte – Civitavecchia torna alla ribalta

di LUCIANO DAMIANI

Torna alla ribalta la superstrada Orte – Civitavecchia, il 26 maggio scorso (in questi giorni alla ribalta della cronaca) il Tribunale Amministrativo ha sentenziato che il tracciato che corre lungo la valle del Mignone non è ammissibile, con buona pace del Consiglio dei Ministri (delibera 2017) e del CIPE (delibera 2018) che avrebbero voluto realizzare l’opera viaria facendole percorrere quella valle. Nella lunga guerra fra governo e le organizzazioni ambientaliste, quest’ultime si sono aggiudicate un punto pesante. È pesante perché supportata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea alla quale il TAR del Lazio ha posto una serie di quesiti che vedremo più avanti.

La trasversale Civitavecchia Orte, è in discussione da decenni, realizzata in parte, inizia poco dopo Monteromano ed arriva ad Orte dove si unisce con le altre direttrici, l’idea è che arrivi all’Adriatico per un completo collegamento viario linee marittime comprese che uniscono la Spagna all’Europa orientale. Manca, per quel che ci riguarda, la parte che unisce il porto a Monteromano, non é, sia chiaro, l’unico tratto che manca a quella ipotesi di grande direttrice.

Occorre, a beneficio del lettore, esporre la sequenza degli ultimi eventi salienti, necessaria a comprendere questa storia infinita.

2001 il CIPE approva il progetto di massima per la tratta Viterbo Civitavecchia

2004 la procedura di Valutazione di impatto ambientale VIA da semaforo verde alla tratta Vetralla Tarquinia

2015 ANAS chiede l’autorizzazione ambientale (VIA) ad un nuovo percorso (verde) per il tratto Monteromano – Civitavecchia ritenendo troppo oneroso il percorso (viola) già autorizzato. La Commissione respinge l’autorizzazione poiché parte del tracciato percorre una Zona a Protezione Speciale (ZPS) ovvero la valle del Mignone e non avendo ANAS prodotto le motivazioni necessarie a superare l’ostacolo, ovvero che fosse il miglior ed unico percorso possibile.

2017 La convinzione che i costi richiesti dal percorso “Viola”, il percorso originario e con minore impatto ambientale di quello “Verde” (valle del Mignone), spinge il governo a chiedere una nuova “Valutazione Ambientale” (VIA), ancora una volta però con esito negativo. La commissione rafforza la decisione evidenziando come manchi la possibilità di “mitigare” l’impatto con eventuali prescrizioni.

2017 La Presidenza del Consiglio dei Ministri adotta autonomamente un provvedimento di compatibilità ambientale  del “tracciato Verde” ed impone il “rilevante interesse pubblico” riavviando così l’iter per il completamento della tratta Verde, nonostante l’ulteriore parere negativo del Ministro dell’Ambiente.

L’anno dopo il CIPE delibera gli investimenti e quanto di sua competenza per la realizzazione di quel tratto di percorso.

A seguire un gruppo di associazioni, comitati e comuni persone ricorrono al TAR poiché motivazioni di carattere economico sono state considerate preminenti rispetto a quelle che riguardano la tutela ambientale, nella fattispecie protezione a livello europeo, leggasi Rete Natura 2000 (UE) e direttiva CEE “Habitat”.

2018 il CIPE delibera che il tratto alternativo (Viola) ha un costo tale che ne impedisce la realizzazione.

Il ricorso viene esteso anche a questa delibera.

2018 il Collegio Giudicante invoca il parere della Corte di Giustizia Europea ponendo 7 quesiti di compatibilità dell’opera rispetto alla normativa comunitaria.

2020 La Corte di giustizia si esprime sui quesiti posti, fra l’altro esprime il concetto che le direttive chiamate in causa non ostano alla realizzazione di opere in contrasto purché non esistano alternative che garantiscano un minore impatto ambientale. Nella enunciazione non è considerato l’aspetto economico del costo.

Maggio 2021 Il TAR, in buona sostanza, fa proprie le motivazioni della Corte Europea affermando sostanzialmente che un’alternativa è possibile e che le valutazioni economiche non possono essere considerate.

DAMIAN MIGNO

 Manifesto contro il tracciato verde, fonte Civonline 2016, come si vede il tracciato verde affianca a il fiume nella sua valle mentre quello viola corre più a nord.

In origine dunque era il tracciato Viola, ma i problemi di finanziamento dell’opera hanno fatto propendere l’azione governativa verso quello conosciuto come tracciato Verde (ad ogni ipotesi di tracciato è stato assegnato un colore, ce n’era anche uno rosso e un blu.). La volontà governativa si è però scontrata non solo con gli ambientalisti e il suo stesso ministro dell’ambiente ma contro le normative esistenti anche e soprattutto di origine comunitaria. Nonostante i ripetuti pareri negativi il governo ha continuato a ‘forzare la mano’ su questa questione, per ora inutilmente.

Intanto la cronaca riporta che il 31 agosto scorso, ANAS e le autorità di Tarquinia e Monteromano si sono recate sul luogo per discutere di un possibile percorso alternativo che garantisca un minore impatto, pare che ANAS abbia promesso un rapido riscontro.

La storia è dunque infinita una storia che vede le amministrazioni scontrarsi contro la legge, cercando stratagemmi per aggirarla, ma la questione sarebbe più facile se non fosse che quella da aggirare è una normativa comunitaria, ed a poco vale prendersela con gli “ambientalisti”, occorre invece prendere atto che ci sono norme superiori alla volontà governativa e che non sempre sono aggirabili. In fondo si tratta della ‘separazione dei poteri’, in fondo è solo una questione di soldi.

Non resta forse che impugnare la sentenza del TAR asserendo che la spesa per il tracciato Viola non sia sostenibile e che quindi questo in realtà non esista come ipotesi. Questa cosa però é difficile da affermare visto che quello viola era il tracciato approvato in origine. Ma si sa… i costi lievitano.

Bisogna vedere ora cosa il governo deciderà di fare, deciderà forse ancora di riaffermare che il tracciato Verde è l’unico possibile? Per ora è certo che gli ambientalisti hanno messo a segno una importante vittoria, piaccia o no, la legge è dalla loro ed è una legge difficilmente modificabile e tanto meno superabile purché si tratta di superare direttive e norme Europee.

Si può anche pensare che gli “ambientalisti” hanno rotto i cosiddetti, ma la realtà è che quella strada li non si può fare non certo per l’opposizione degli ambientalisti e dei sindaci del posto che hanno trovato solido riscontro nella corte italiana ed europea. Allora forse bisognerebbe prendersela con l’azione governativa che incapace di trovare i finanziamenti per il percorso viola già approvato, ha pensato di poter ‘risparmiare’ adottando un’alternativa ben sapendo, forse, che era una strada difficilmente percorribile, e continuando così nonostante le ripetute bocciature ne abbiano ostacolato l’iter.

LUCIANO DAMIANI