La terza Casta
di SILVIO SERANGELI ♦
«La caricatura obesa e ingorda della politica italiana». È del 2007, tanto tempo fa, la denuncia della «Casta di intoccabili» nel saggio che fruttò più di un milione di copie vendute, soldi e successo agli autori Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. Documenti e riscontri, un bel calderone che non salvò nessuno di quel mondo e diede una vigorosa, e nefasta, spinta alla lunga stagione dei «Vaffa» dei «No qui, No qua» che ci ha regalato l’inebriante avventura a cinque stelle, sponsorizzata dallo stesso Corriere e dalla 7, unita e compatta a fare il tifo, salvo i mea culpa d’occasione dopo il patatrac della banda Grillo-Casaleggio. Oltre allo sfacelo provocato dagli irresponsabili e incapaci trionfalmente mandati al potere, restano molti interrogativi su una campagna indiscriminata che mise insieme cattivi e pessimi, ma anche inconsapevoli e brave persone. Siamo alla prima casta. La seconda è più recente, e riguarda lo scoperchiamento del calderone nauseante di certa magistratura: il potere dei Palamara, i teoremi di Davigo, il passamano farlocco con i giornali amici Fatto, Repubblica, la Verità per mettere in croce innocenti. Anche a questa è stata messa mano. Da valutare gli esiti. Tuttavia non si parla mai della potentissima terza casta. Il motivo è lapalissiano: come potrebbe la Loggia dei giornalisti mettere in discussione se stessa? Diceva il “divo” Giulio Andreotti, pensate un po’, che bisogna distinguere le persone morali dai moralisti, perché molti di coloro che danno lezioni di etica a forza di discuterne non hanno il tempo per praticarla. Quello che ormai succede da tempo nei giornali, nell’informazione televisiva e via internet.
Si è formata una partita di giro, un circo mediatico autoreferenziale e senza nessuno scrupolo che si alimenta spavaldamente, ritenendosi intoccabile. Una casta, appunto, senza regole e senza giudizi di merito. La fine delle ferie, per la verità più come atto liturgico, ha riportato a galla i putridi liquami dell’informazione televisiva che è uno spettacolo unico di indecenza e di mistificazione. Ricordo quando, qualche anno fa, con un certo stupore, seguendo con mia moglie alcune puntate di Forum, allora condotto da Rita della Chiesa, scoprimmo che le persone che si azzuffavano non erano vere, erano attori. Sì perché un padre e poi una madre e poi una figlia facevano parte di una nota compagnia teatrale amatoriale che si esibiva puntualmente nella nostra città. Questo sistema, questo format, è stato preso di peso e catapultato nelle gazzarre televisive con abilissimi personaggi, ovviamente a paghetta, che a comando si azzuffano, sparano cazz…. a ripetizione, senza nessun contraddittorio. E passano da un canale all’altro. In teoria sono giornalisti, filosofi, critici, nella realtà recitano una parte ben precisa a loro assegnata, in cui eccellono e procurano audience. Attenzione, non è uno scherzo, non è carnevale, perché quando ci va di mezzo la pandemia, i vaccini e compagnia cantando, l’etica (?) professionale richiederebbe almeno un po’ di cautela. Niente. Prendete la 7, che trova il lievito madre delle sue tante rosette rafferme nel più classico Santoro inquisitore, dalla mattina alla sera con conduttori di tutti i generi recita lo stesso copione: comunque contro, comunque denunciare, comunque cercare la rissa. Ognuno con la sua parte: la ammiccante, un tempo scosciata Tiziana Panella, la sbracciante inginocchiata e ingioiellata Myrta Merlino, fino alle vette della Lilly Gruber con la puzzetta sotto al naso, dei Formigli mani pulite forever, fino al tribuno Giachetti, senza dimenticare il maratoneta Mentana dei predicozzi, sempre a galla ora di qua ora di là, dove tira il vento favorevole. Dimenticavo la papessa Concita che sparge fuffa ex cathedra con il chierichetto Parenzo in ginocchio. Avete mai seguito gli editorialini della Gabanelli che scopre l’acqua calda che la pesca a strascico inquina (ma il pesce lo mangio lo stesso), sull’assedio all’eccellenza del pomodoro (la passata della mia pasta è buona lo stesso), sui medici di base (ci sto più che bene con la mia dottoressa) sull’idrogeno verde che ci salverà (non mi toccate la mia pandina a benzina!) Lei divulga il verbo con il suo fastidioso accento nordico, mentre Mentana annuisce e benedice. Non è malafede o pressapposchismo è un costume: comunque gettare il sasso, scandalizzare anche quando ci stanno di mezzo la salute pubblica, i vaccini, lo sforzo ad arginare questo male che ti si è attaccato e non ti molla. Annoto qua e là queste scempiaggini giornalisti che attraverso Blob e veloci zapping di curiosità, anche perché questi programmi sono tutti omologati: Rai, Mediaset, la 7 non fa differenza, è come i seggiolini del calcio in culo, in cui ti trovi anche la Alba Parietti e l’attricetta tutte curvette e labbro boto. A che titolo? Leggo che con gli ascolti moscetti la bianchina Berlinguer (senza offendere il padre) ha riproposto in completo da sera l’opinionista (?) alticcio perché fa audience. Del giornalismo vero non importa niente. I programmi di mamma Rai, dalle mattiniere “Storie italiane” alla “Cronaca in diretta” del pomeriggio sono la riproposizione (ricordate?) di “Cronaca Vera” con la bambinetta Denise Pipitone straziata e violentata dall’orgia dei perché montati ad arte. Le dirette sul luogo del delitto, le interviste strazianti, che poi scopri regolarmente pagate. E sempre gli stessi pseudo opinionisti del circo con l’ospite femminile regolarmente con cosce in bella vista sullo scomodo sgabello. Puoi trovare qualche squarcio su Rai Tre come nel Che ci faccio qui? di Domenico Iannaccone che ti apre al mondo vero e sofferto, lontano da lor signori, impegnati a costruire campagne di pura diffamazione che quando vengono smascherate trovano solo qualche riga e una indispettita replica, ma nessuno paga per una famiglia, una carriera politica, imprenditoriale distrutta. Se seguite la rassegna stampa del giorno dopo su Rai News, come mi capita prima di mezzanotte, scoprirete le fandonie a tutta pagina, i titoli ad effetto che non hanno nessun riscontro con la realtà: n.1 il Fatto Quotidiano, tallonato dalla Verità poi Libero, e la ricerca spasmodica dello scoop del Domani debenedettiano che da grande vuole diventare tanto la Repubblica delle inchieste scandalistiche dei bei tempi. Allora? Non mi avventuro, come qualche persona seria a me vicina nell’invocare la censura. Eppure in casi di emergenza come questo della pandemia sarebbe necessario evitare le notizie infondate, le campagne allarmistiche che fanno danni incalcolabili alla comunità come nel caso Astrazeneca. Pura illusione, meglio ledere la salute comune e nascondere la mano, in nome della cosiddetta libertà di stampa. È la casta, non tutti i giornalisti, perché nella stiva dei giornaloni delle grandi firme ci sono quelli legati alla catena dei loro portatili a due euro e cinquanta al pezzo e 300 euro al mese, magari pagati in nero. Mentre in prima pagina moraleggiano gli opinionisti, sempre ben allineati e coperti per non farsi del male fra loro. Altro che la loggia Ungheria. Straziano con i loro pezzoni, intervengono in diretta con le loro librerie, si danno tutti del tu, e quando li tocchi sono uniti a difendere la pagnotta. Prendete l’ultimo caso gossipparo: la Barbara Palombelli, quella che ha sfilato sorridente e impettita con il bel rutello sul red carpet festivaliero veneziano (ma a che titolo? Attori, registi? De che? Imbucati da Franceschini?). Gli esce lo sfondone che le donne vittime del femminicidio, in fondo in fondo, esasperavano i loro compagni. Apriti cielo con le solite vestali (Murgia, Boldrini, Lucarelli) all’attacco. Non gli è parso vero. Del resto la suddetta Palombelli che passerebbe per una di sinistra (!?) è la regina della Rete 4 berlusconiana, chiaramente leghista 24 ore su 24, compresa la sua trasmissione serale, nella quale bene che vada, viene infiocinato da un esercito di balenieri di destra il malcapitato piddino di turno: solo contro tutti, e gli ospiti d’onore Salvini&Meloni si fanno un bel comizio senza contraddittorio. Che c’è da stupirsi se il pensiero della Barbarella è in perfetta sintonia con la linea editoriale del suo canale? Ma la casta, alla quale ella appartiene di diritto e da lunga pezza, ha fatto subito quadrato, il Merlo parlante in testa e, a seguire tutti gli altri impegnati a fare da scudo e indignati difensori della poverina turlupinata. Che dire? Immaginate cosa sarebbe successo se quella frase l’avesse pronunciata qualche libero pensatore che non fa parte della casta.
P.S. Leggo di un primo segnale di buon senso, del decreto che richiede l’autorizzazione della loro struttura sanitaria a medici ed esperti per apparire in tv. Ma forse è un’altra casta intoccabile.
SILVIO SERANGELI
“Fatti e fattacci” nell’Ottocento e peggio ancora nei giorni nostri… Ma come salvarsi? Scusatemi, sono perplesso… (i miei soliti tre puntini di sospensione).
E per ora mi fermo al Settecento di JBL e di JHW!
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Bravo Silvio come sempre.
Che cosa stiamo lasciando ai posteri?
Soliti discorsi di vecchi crepuscolari?
Forse e’cosi’
Eppure mai come adesso l ‘apparire sembra aver posto oblio all’essere.
Il disincanto creato dal mondo in Real time ci ha reso insensibili anche al Male.
Vorrei riflettere su questo disincanto a seguito dei fatti di Kabul.
Sempre grazie per gli stimoli caro giovin Silvio
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Caro Livio Spinelli, la mia domanda è forse più inquietante: dove è finita Civitavecchia antifascista e solidale con la realtà di questi giorni che fa strombazzare i fascistelli del circolo del criminale Almirante?
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caro Silvio, sono d’accordo, in linea di massima con quello che dici, ma non sarà che questa ” casta” è talmente furba da dare ciò che la gente vuole ed aggiungo, purtroppo merita?
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Silvio, con rigore cartesiano (Io, Dio, la realtà esterna) ti espongo il triangolo :Affari, Informazione, politica. Non dico affari sporchi, ma Affari. La piccola città in questo è esemplare.
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Grazie Silvio per questa puntuale analisi sull’informazione in Italia e soprattutto per avere esposto con estrema chiarezza quanto sia “intoccabile” la casta dei giornalisti.
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