LE BACCANTI A KABUL
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
CORO. Giunse il Dio, di tralci ed uve ricoperto col suo corteo trionfale, a questa terra perché un tempo dalla Tracia si recò nella lontana India ad apprendere l’esperienza misterica. Ora nel luogo ritorna perché agli uomini sia palese che egli è un Dio che non può perdonare le offese.
Entra il Dio in Kabul e la mania presto si diffonde tra le donne. Timpani e cembali e flauti accompagnano lo spirito che si impossessa d’ogni femmina trasformandola in Menade furiosa.
CORIFEA. Ecco le vedo invasate dalla follia strepitano e scemano per le vie con i loro vestiti sgargianti: il rosso, l’ametista, il cobalto, l’indaco, il turchese, il blu, l’arancione, il viola, il verde dalle tante tonalità. Urlano in una lingua che non comprendo e salgono le vie che conducono ai monti ed alle selve.
DIONISO. Se i maschi di questa città vorranno dar la caccia alle donne ribelli a cui io trasmisi la follia lo facciano. Io mi unirò alle donne e darò loro battaglia.
CORO. Eccole dunque traboccanti di entusiasmo discendere i sentieri che prima salirono. Grandi dolori si stanno per manifestare.
CORIFEA. Aguzzate lo sguardo. Non hanno più i loro vestiti sgargianti dai mille colori. Vestono prigioni di panno cupo che tutto copre. Appaiono fantasmi diabolici di blu ceruleo. Udite le grida feroci e come agitano il tirso ?
CORO. Ho timore di dire parole. Ma devo riferire ciò che gli occhi vedono.
Le Menadi dalla follia rapite prendono a smembrare i maschi , staccando le giunture, amputando le arti, lacerando le carni. I maschi spogliati brano a brano della loro carne che ne vestiva le ossa, con laceranti grida lasciano l’esistenza. Gli uomini ancora interi, terrificati, tentano l’ultimo assalto alle Menadi. Ma queste li volgono in fuga, segno che un Dio le conduce. Poi, ultimato l’atroce agone, ritornano ai monti per detergersi le mani ed il viso dal sangue rosso cupo della battaglia.
DIONISO. L’orgia è compiuta! Ma la vendetta non ha riposo. Lascerò questo luogo con un segno del mio furore.
CORO. Terribile a dirsi, terribile a sopportarsi. Chi un tempo esercitava tracotanza sulla donna ora sembra vittima ed incute tenero affetto.
CORIFEA. A tanto giunge il tuo cuore? Come si può avere compassione di chi fino a ieri terrificò.
CORO. Ascolta fino a che punto giunge l’ira del Dio e capirai la compassione.
Dioniso diffonde prima di partire un funesto male a tutti i maschi superstiti. Un male che affligge l’organo maschile. Una disfunzione erettile costringe il rattrappimento del simbolo del potere sulla donna.
Invano, invano i portatori dell’organo si industriano a far rivivere l’antico vigore. Tutto è perduto, derelitto, appassito.
Le donne non sono più Menadi da quando Dioniso è scomparso. I maschi vorrebbero ritornare a dominare la femmina imponendole il nero burqa. Ma la voce è cambiata perché il rattrappimento ha contaminato anche la ghiandola testicolare. Che potere ha l’uomo quando la sua voce è donna?
CORIFEA. Mi accorgo di un gran trambusto. Perché tanto affanno tra i maschi?
CORO. Sollecita è la nostra cura ad informarti, o sorella.
L’industria per restituire l’erettilità perduta è tutta in fermento. Molti provano con la cantaride che è insetto coleottero dal quale se essiccato se ne ricava una droga, ma invano. Altri provano con massaggi con unguenti e limatura di ferro, ma invano. Altri, ancora, provano ad ingoiare testicoli di capro o taurino, ma invano. Altri, infine, si industriano col gonfiar d’aria l’epidermide, ma invano.
Disperato è il presente senza poter sottomettere la femmina. Disperato il futuro quando, in paradiso, al cospetto del Misericordioso dovranno ( oh mestizia!) esser premiati delle tante vergini Uri.
CORIFEA. Guardate ! Le donne stanno cementando una lapide alle pareti esterne della moschea Sha- Do Shamshira di Kabul. Provo a leggere perché, previdente, ho con me chi può tradurre dal pashto al greco. Ecco cosa vi si legge:
PER TUTTE LE VIOLENZE CONSUMATE ,
PER TUTTE LE UMILIAZIONI SUBITE,
PER IL MIO CORPO SFRUTTATO,
PER L’INTELLIGENZA CALPESTATA,
PER L’IGNORANZA IN CUI SONO STATA LASCIATA,
PER LA LIBERTA’ NEGATA,
PER LA BOCCA TAPPATA,
PER LE ALI TARPATE.
Firmato da:
Zahra,Shekiba, Peymana, Bahar, Spozhmay, Jalali, Ruhi, Tahmina, Nahal, Mahvash,Mena, Laleh, Crystal, Roya, Shukria, Roxana, Fariah, Mina, Sodaba, Malali, Elaha, Khat, Merman, Fatima, Sonia,…………………….. …………..Spozhmay,Nahid………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………Wazhma,Ahmad,Kahkashan,Selsela.
CARLO ALBERTO FALZETTI
Non si può dire molto, solo BELLO
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Lo spirito dionisiaco, multiforme, ambiguo, femmineo, fallico. Rappresenta quella spinta irrazionale, primitiva, a vivere in contrapposizione alla armonia e alla razionalità apollinea. Tu l’hai tradotto in voglia di ribellarsi, di lottare al di fuori dei conformismi, della acquiescenza, della “razionale” accettazione dello stato di fatto. Il potere non capirà mai queste donne e finirà per essere sbranato: è la inevitabilità della Storia.
Enrico iengo
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Che intreccio originale, Carlo, tra questo richiamo nicciano alle radici dionisiache della tragedia greca e la grande tragedia afghana! Potranno mai le neobaccanti gridare Euvoe’??? Al seguito di quale dio?? 👏👏
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Purché, per errore, non sbranino Orfeo.
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Ed oggi la lettura nella impolverata biblioteca di Nietzsche, La nascita della tragedia. Il dio, Caterina, rimane lo stesso: Zagreus che diviene Dioniso e Carlo lo annuncia nel Coro. Nel Coro vi è il Drama, l’ incantesimo, l’azione tragica, l’abisso imperscrutabile del grido dionisiaco, la sua ” sofferenza”, come annunciatore di una salvezza tratta dal seno più profondo della Natura, come simbolo della onnipotenza sessuale della Natura. Viene così via il menzognero addobbo di quella supposta realtà dell’uomo civile. ” Ascolta fino a che punto giunge l’ira del Dio e capirai la compassione” ed il dramma è completo, con la completa rappresentazione apollinea di conoscenze ed azioni dionisiache, che noi tentiamo di ritrovare nel simbolismo della danza e della Parola. Anche noi dovremmo essere di nuovo ” partecipi della sofferenza” e annunciatori di saggezza. E Carlo ha tentato di annunciare la verità dal cuore del mondo.
Ascoltiamo un lontano e melanconico canto – esso narra delle Madri dell’ essere, i cui nomi suonano: follia, volontà, dolore. Accompagnerete il corteo dionisiaco dall’ India alla Grecia! Armatevi per dure lotte, ma credete ai portenti del vostro dio!
Questa è la visione di Nietzsche ed io l’accolgo. Grazie Carlo.
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