Riflessioni sul ddl Zan
di VALENTINA DI GENNARO ♦
La questione sollevata in queste ultime settimane riguardo il linguaggio, in questo caso quello usato verso la comunità Lgbtq+a, che può o non può più essere usato, ha attirato sicuramente chi, come me, si occupa di simbolico.
La funzione del linguaggio, dell’essere chiamato, dell’essere nominato, affonda le sue radici antropologiche nei primi testi sacri.
Adamo ed Eva non parlano tra di loro, è il serpente a prendere la parola, Caino e Abele, non discutono, Dio si rivolge a Caino: “dov’è tuo fratello?”
La scoperta dell’altro, della relazione, della “intra-relazione”, nasce con il linguaggio, con la chiamata, con il prendere parola.
Se non sei chiamato non esisti.
La riduzione ai minimi termini del dibattito con la dicitura :”politicamente corretto”, ne abbrutisce i contorni, passando dal simbolico, al comico e l’umoristico.
Sulla vicenda di cui è stata protagonista, e che ha ricordato la stessa Rosamaria Sorge su queste pagine, le implicazioni sono di carattere linguistico, sociale e, ovviamente, politico.
Lo dico senza mezzi termini, parole di quel tipo non sono ovviamente più tollerabili.
Anche ammettendo il fine provocatorio di certi insulti, questi non possono più e non devono più essere pronunciati.
Così come, invece, è sempre più necessaria la declinazione al femminile.
In questo caso, appunto, il DDL Zan invece inserisce delle novità, questo scatto in avanti, dettate da rivoluzioni e cambiamenti legislativi.
Sia perché introduce nell’ordinamento giuridico il concetto di “identità di genere”, ma anche perché insegna a parlare un linguaggio nuovo.
Il testo del Ddl Zan ha suscitato un dibattito tra i movimenti femministi italiani circa la centralità del sesso biologico che ora avrebbe lasciato il posto all’identità di genere, che finalmente dico io, sancisce che non esiste una coincidenza tra sesso biologico e genere, che l’identità è qualcosa che si costruisce nel tempo, che attiene alle esperienze e alla cultura di ognuno.
Qualcosa di più articolato e composito.
La pretesa di voler difendere una identità femminile contro quella di genere, dal timore infondato di vedere i propri diritti ridotti dall’acquisizione di nuovi diritti da parte di persone trans, elimina decenni di lotte femministe di emancipazione e di liberazione dei nostri corpi.
Nasconde sotto al tappeto l’evidenza di una violenza strutturale che invece è proprio sul sistema binario che poggia la sua forza. La battaglia per la definizione del sé, fuori dagli schemi voluti dal patriarcato, da padri, mariti, fratelli e giudici è pars construens della storia del femminismo.
Da femminista e operatrice antiviolenza credo che sia proprio quella imposizione di un’identità di genere, binaria, di ruolo che genera violenza quotidiana, contro donne, contro trans, lesbiche e gay.
Dunque, in cammino da anni sul terreno dei diritti e dell’autodeterminazione, il tema dell’identità di genere è fondamentale per combattere per tutte e tutti ogni forma di discriminazione, e moltiplicare i diritti estendendoli ad oltranza oltre i confini del sesso costituito.
Ecco perchè le proposte di modifica del DDl Zan si sono dimostrate irricevibili.
Ritornando al nostro dibattito e all’eco che ha avuto nella nostra città, in particolare la gogna mediatica e nazionale subito aizzata.
Il dato politico che ci consegna questa vicenda è quello di un partito riottoso tenti, prepotentemente, di cavalcare la scena politica e di come lo faccia con strategie di comunicazione sopraffine, e di quelle che piacciono a me, così “novecentescamente” organizzate come macchine da guerra.
Così, basta che una signora civitavecchiese si mostri decisamente inopportuna e volgare, per cui la notizia non è più che i rappresentanti di Italia Viva portino avanti la difesa del leader, coraggiosa ma meschina, perché il calendario parlamentare ora parlava di Ddl Zan, ma come ha opportunamente commentato Mauro Biani, poteva essere un altro disegno di legge atto alla possibile unificazione del voto parlamentare a sinistra.
Quindi non c’entrano niente i diritti della comunità Lgbtq+a, le differenze tra la legge Scalfarotto e quella Zan, che pure ci sono e sono importanti, non c’entrava il Recovery Fund, non c’entrava l’incapacità di Conte e la bravura di Draghi, c’entrano la necessità di visibilità e la capacità di comunicazione. Smessi i panni del Blair del duemilaquindici, maniche arrotolate e senza cravatta, simpatico e guascone, ora, con la popolarità sotto le suole, Renzi ha deciso di vestire quelli del cinico manovratore di palazzo che piace così tanto agli addetti ai lavori. E pare funzioni.
Un’unica reazione avversa: si va sempre più a destra. Anche in tema di diritti.
VALENTINA DI GENNARO
A destra si va da tanto, basterebbe guardare i sondaggi che vedono al primo posto due partiti di destra estrema .Su questo sarebbe utile una riflessione non con i paraocchi;bisogna anche prendere atto che se i suddetti partiti non sono al governo , lo si deve al guascone in maniche di camicia che prima haimpedito il voto( a sinistra voluto per una resa dei conti) poi sicuramente con manovre da prima repubblica ha permesso il governo Draghi, per L incapacità dei partiti di sinistra. Nessuno tiene conto che il segretario uscente del pd ha detto parole di fuoco sul proprio partito .
Comunque a mio avviso il problema non è il guascone, ma che molto spesso il nemico e’ a sinistra e lo dico per tutti,mentre io credo che il nemico sia salvini e meloni
Ps purtroppo a sinistra siamo abituati a giustificare gli amici ed essere spietati con i nemici; siano di destra ma in particolare di sinistra.
Per quanto riguarda i diritti credo che la legge sui diritti civili di ottenne mettendo la fiducia nel governo renzi.
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Forse si riferisce alla legge sulle Unioni Civili . Che fu possibile per l’impegno della senatrice Cirinnà, che sostiene anche il DDl Zan.
Un grande risultato, anche se di mediazione, perché a mio avviso l’obiettivo è il matrimonio come istituzione universale.
Detto questo, la mia riflessione non è il solo bacchettamento a sinistra, anche perché Renzi ha abbandonato quella collocazione.
Piuttosto una riflessione in generale sul linguaggio e su come si dovrebbe evolvere. I nemici sono Salvini e Meloni, ed è proprio per questo che non si può cedere alle richieste di modifica di questa legge.
Non credo di meritarmi l’etichetta della sinistra riottosa che si guarda l’ombelico. Come non se lo merita questo mio umile scritto, che trovo equilibrato e una possibile riflessione su un nuovo linguaggio.
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Figurati io sono pieno di dubbi ne ho scienza infusa ne sono in grado di affibbiare patenti
Di sinistra a chicchessia
So solo che la sinistra ha un senso di superiorita che nessuno le ha mai attribuito, condividendo negatività degli altri partiti
Io so solo che questo paese vorrei cambiarlo da sinistra e che per vincere hai bisogno di forze democratiche; perché solo a sinistra non vinci
Per ragioni universitari ho studiato periodo storico pre e post bellico Mi ha colpito chi comeStalin dava del social fascista a partiti socialistiper denigrarli e distriuggerli
Absit iniuria verbis nessun riferimento credimi
Però se vuoi vincere devi allargare il perimetro, non con polverini e ciampolillo ma con forze che rientrano nel dettato costituzionale e riformista Civitavecchia docet
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Comprendo che l’identità di genere richieda/produca un nuovo linguaggio o la necessità di esso, quelll che mi è molto meno chiaro è il come sia o debba essere il “nuovo linguaggio”, non mi pare semplice rinnovare ciò che è in qualche modo condizionato dall’identificazione sessuale biologica. Certo occorre iniziare, ma da dove?
Riguardo poi la politica, penso che dovremmo prima comprendere che c’è una sinistra ideologica che vuol mantenere la netta identità ed una “di governo” che comprende la necessità di dover mediare con istanze di natura diversa. Il fatto che a volte prevalga l’una ed a volte l’altra crea un problema identitario per altro difficile da risolvere. In entrambe le parti, comunque, la presunzione di superiorità rende tutto più difficile.
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