Notti magiche
di SILVIO SERANGELI ♦
Si è aperto il portellone dell’aereo e, come una magia, è comparsa la coppa argentea, grande e scintillante ai raggi del solleone romano. Dopo tempo inenarrabile, il popolo italico ha assistito col fiato sospeso, con un filo di contenuta commozione dei pochi e con la smodata caciara dei molti all’apoteosi della vittoria azzurra. Campioni d’Europa: tutti eroi, e dai con le dirette, con le interviste e i titoloni. Va bene così. E’ andata bene anche a me che confesso di avere grande simpatia per il gioco della Spagna e per il suo grande uomo e allenatore Luis Enrique, dai tempi della Roma. E va ancora meglio se hai spinto nel baratro dell’incredulità la potenza secolare della perfida albione. Tiè! Perfino la ducetta Meloni e il bibitaro Salvini, e con loro il KKK della stampa del Nord (Verità, Giornale, Libero) in questo tripudio patrio, in questa solenne ora tricolore, hanno abbandonato al suo destino lo scapigliato scapestrato Boris Johnson e la sua tanto ammirata brexit. Una vittoria dell’Europa unita contro gli spocchiosi d’oltremanica. Confesso che fin dai tempi di Waterloo e di Trafalgar nutro un sentimento di sincera avversione nei confronti degli inglesi, accresciuta nel tempo da alcune visite turistiche oltremanica che ricordo per essere stato costretto a guidare a destra per chilometri con il rischio di non capirci niente e andare contromano, che ricordo per il cambio dell’euro perché loro hanno mantenuto la sterlina, che ricordo per l’assenza di bidet nei bagni di hotel e B&B. Un altro mondo, diverso e spocchioso che sta bene dove sta, al di là del mare, con l’operetta della casa reale, del tè e compagnia cantando. Come non gioire della disgrazia di questa genia un po’ ammuffita nelle sue tradizioni a cui è stata tolta di mano la coppa d’Europa; a loro che non sono europei. Avevano già preparato la festa, la birra a fiumi, i pub, il ricevimento regale con l’eterna regina. Invece no! E ci sono rimasti così male che alcuni calciatori (non tutti) si sono tolti la medaglia dal collo con disprezzo. Lasciamo perdere che ci sono le telecamere a cui non sfugge niente, ma dovrebbe essere punita la cafonaggine nei confronti di chi ti ha appena premiato per quello che sei: secondo. Un gesto sotto gli occhi del presidente dell’UEFA che sarebbe dovuto intervenire facendo ingoiare ai suddetti le medaglie. Il mondo del tifo patriottico giornalistico nostrano, tutto in spasmodica diretta, non si è lasciata sfuggire l’occasione per un processo al comportamento antisportivo degli inglesi degno dell’Inquisizione: e giù contro gli hooligans, che c’erano prima e ci saranno dopo, contro i tifosi ubriachi, che non sono un’invenzione di questa finale, fino ai fischi all’inno italiano, con un copione già visto. Accuse e rimproveri, con l’esempio della sportività italica immacolata e da esibire con orgoglio. In molti, spinti fuori giri dall’insperata vittoria, hanno calcato la mano, rinverdendo l’autarchico esempio del ventennio, anche nello stile. E’ il caso del Corriere della Sera, quello dei benpensanti Mieli, Cazzullo, Gramellini, Grasso & C., che nelle pagelle ai calciatori inglesi ha rispolverato l’antico linguaggio in camicia nera. Leggo: “Il Capoccione Maguire, chissà se adesso tornerà a Mykonos, dove è atteso l’appello per la condanna a 21 mesi per aggressione. Trippier: chi avrebbe scommesso che avrebbe confezionato l’assist per il goal di Shaw? Solo lui, che ha preso 80 mila euro e 10 turni di multa per aver puntato sul suo passaggio dal Tottenham all’Atletico. Phillips: lo chiamano il ‘Pirlo dello Yorkshire’ e non è chiaro se Andrea gli abbia già intentato causa. Comunque riceverà oggi una telefonata di complimenti dal carcere, dove si trova papà. Rice l’unico inglese astemio sbatte in faccia a Barella”. Mattarella, Draghi e, magari, il pullman scoperto preteso dalla ditta Bonucci&Chiellini (quelli che circondano e minacciano gli arbitri di casa nostra per reclamare un rigore o evitare un sacrosanto cartellino giallo): una bella cartolina, prontamente gualcita da chi ha voluto esaltare l’italietta pallonara, dimenticando il tifo fascio razzista planetario. La cronaca ricorda che anche l’inno italiano è stato fischiato nei nostri stadi, e non dagli stranieri, per non dire della consuetudine delle bordate di buuuu agli ospiti e ai loro rappresentanti di colore. In questa lezioni di sportività ai nemici inglesi ci si dimentica, ad esempio, Genny la Carogna che non molti anni fa (2014) bloccò la finale di Coppa Italia all’Olimpico, Fiorentina Napoli, alla presenza del presidente del consiglio. E gli scontri programmati a Ponte Milvio per il derby Lazio-Roma? E la simpatica tollerante tifoseria bergamasca? E il motorino lanciato dall’anello superiore di San Siro? Cronache domenicali che affratellano le tifoserie del vasto mondo del pallone. Che è quello che è; che magari cerca di fa passare per uno studentello preparato a dovere lo sprovveduto Suarez in procinto di migrare alla corte della Signora che, nella sua lunga storia, è un bell’esempio di moralità aristocratica e nobiliare. P.S. Una sorsata di fredda Coca Cola Zero è un vero piacere, non state a seguire l’esempio di Cristiano Ronaldo.
SILVIO SERANGELI
Sono ignorante! Dico sciocchezze se paragono, con tutte le precauzioni del caso, l’articolo a qualcosa che si avvicina a Gianni Brera?
Non oso entrare sul contenuto specifico ma la forma mi piace.
L’avversione per gli inglesi è certo datata ma condivisibile (ricordo la storpiatura del nome Churchill negli anni ’40) anche se poi in guerra abbiano compreso e patito tante amarezze. Condivido pienamente che il “bon ton” non di casa nostra come non lo è altrove.
Il predicato “ducetta” e “bibitaro” li trovo perfetti.
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Brillante incursione nei territori – spesso melmosi – del calcio spettacolo. Senza voler buttare tutto in politica e scusandomi per l’indebita generalizzazione – aggiungo che gli inglesi pagano simbolicamente il frutto avvelenato della Brexit. Johnson voleva la Coppa per farne il simbolo vincente di una sfida all’Europa. Ha finito così per concentrare sugli azzurri simpatie che andavano oltre il tifo agonistico. Come ignorare, del resto, le inattese esternazioni pro Italia di politici navigati, dalla Von der Leyen a Michel? Un sondaggio condotto due giorni prima della finale da una prestigiosa rivista sportiva francese rivelava che in tutti i Paesi UE, nessuno escluso, era largamente prevalente il tifo per l’Italia. Non credo si trattasse solo di un riconoscimento alle prestazioni tecniche della Nazionale di Mancini. Personalmente sono stato sorpreso dalla quantità di amici e colleghi stranieri che a un nanosecondo dal fischio finale, mi hanno dedicato una tempesta digitale di congratulazioni (malgrado, ve ne sarete accorti, io non fossi materialmente sceso in campo a Wembley). Un amico residente a Londra mi ha descritto emozionato il boato di entusiasmo che nei pub, nelle residenze universitarie e nelle pizzerie affollate (ancora per poco) da studenti Erasmus di tutte le provenienze ha accompagnato la decisiva parata di Donnarumma. Che dire? Lo sport sa regalare a intere comunità scariche di adrenalina come nessun altro fenomeno. Magari ogni tanto un’iniezione collettiva di autostima non guasta. Ai leader inglesi andrebbe invece iniettata un po’ di umiltà. O almeno di prudenza…
Nicola
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