STORIA DELLE OLIMPIADI: I GIOCHI DEBUTTANO IN TELEVISIONE

di STEFANO CERVARELLI


Melbourne 1956.

Se Helsinki aveva rappresentato il trionfo della preparazione, dell’allenamento dai  metodi scientifici, tanto che vennero pubblicati studi di assoluta serietà, e si trassero osservazioni di straordinario valore, Melbourne ribadì ed esaltò quei risultati.

Si arrivò a temere  addirittura che la chimica e la biologia potessero creare “il campione assoluto“, posto al di fuori dell’umana misura (cosa avrebbero detto oggi ?..).

Si scelse Melbourne soprattutto perché non si poteva più restare in Europa; delle precedenti edizioni 10 si erano svolte nel vecchio continente e due in America. Era necessario guardare all’Asia o all’Africa, ma da queste parti nessuna città era in grado di organizzare i giochi, dunque  si guardò verso….gli antipodi, anche se i problemi non erano pochi.

La distanza non costituiva l’ostacolo maggiore, dato lo sviluppo avuto negli ultimi tempi dall’aviazione commerciale. Quello che destava maggiori preoccupazioni era il periodo dell’anno; in un primo momento si era pensato a Febbraio, ma i giochi estivi sarebbero venuti a coincidere con quelli invernali, organizzati quell’anno in Italia, a Cortina d’ Ampezzo; alla fine fu trovato l’accordo sul periodo che andava dal 22 novembre al’8 dicembre.

Restava ancora un problema. Una vecchia legge australiana obbligava i cavalli importati ad osservare una quarantena di sei mesi per evitare il rischio di contaminazioni! Non sto a dirvi le discussioni che nacquero; dico solo che fu sfiorato il pericolo di non fare le olimpiadi!

Alla fine fu deciso di far svolgere le prove equestri in Svezia, nel mese di Giugno, con la clausola solenne però che “questa decisione non  potesse essere invocata come un precedente”.

Questi però, purtroppo, risultarono essere i problemi minori di quell’edizione; grosse, molto grosse nuvole s’addensarono sul cielo dell’Olimpiade.

L’Unione Sovietica invase l’Ungheria attuando una violenta repressione,  e Nasser, presidente della repubblica egiziana, nazionalizzò la società del canale di Suez.

Molti atleti ungheresi furono coinvolti nella rivolta contro l’invasione russa; diversi di loro furono uccisi o arrestati, ma la squadra ungherese, radunata alla meno peggio a Vienna, venne inviata ugualmente in Australia grazie al CIO e al giornale sportivo francese “L’Equipe” che si fecero carico di quanto occorreva.

Nel frattempo Francia ed Inghilterra erano intervenute in appoggio agli israeliani  che attaccavano gli egiziani nella zona del canale.

Se questa guerra fu, in qualche modo, bloccata dagli Stati Uniti, l’invasione dell’Ungheria, la repressione esercitata sul popolo e la conseguente rivolta era stata per l’Europa un vero dramma, che non mancò di ripercuotersi sui giochi.

La Spagna, la Svizzera e l’Olanda ritirarono le loro rappresentative e il comitato olimpico di quest’ultima mise a disposizione delle vittime ungheresi la somma destina al viaggio in Australia.

Per quanto riguarda l’affare Suez il Comitato olimpico egiziano chiese l’espulsione dai giochi delle nazioni che avevano “commesso una vile aggressione “contro l’Egitto, a questa richiesta si unirono Libano ed Iraq; ovviamente la richiesta non fu accolta e i paesi assenti diventarono dunque sei.

La Cina Popolare, dal canto suo, avanzò anch’essa una richiesta di radiazione: quella  del Comitato Olimpico che aveva sede a Formosa; soddisfare tale richiesta non era nelle facoltà del CIO, anche perché il Comitato in questione aveva tutto in regola, pertanto la Cina rifiuta di partecipare ai giochi e nel  1958 uscirà dal CIO.

Tutte queste complicazioni indussero lo stesso CIO ad votare all’unanimità una mozione nella quale “si esprimeva tristezza e rammarico per il ritiro dai giochi di numerosi Paesi, per motivi e ragioni che non riguardano lo sport”.

Su questo si apriranno “fiumi” di discussioni che sono andati, via via ingrossandosi e dove sport e politica sono entrati sempre più in simbiosi.

Motivo di piacere fu il fatto che le due Germanie gareggiarono unite sotto  la stessa bandiera (come era successo anche a Cortina). Torneranno ad avere squadre separate nel 1968.

Dopo tanta politica eccoci  alle cose sportive.  Nonostante le defezioni, il numero dei paesi partecipanti non fu basso (67) due solo in meno di Helsinki.

I giochi furono dichiarati aperti da Filippo di Edimburgo in nome della regina consorte Elisabetta d’Inghilterra; la fiaccola olimpica arrivò al termine della più lunga staffetta  registrata fino a quella edizione, a  portarla furono infatti  2.750 atleti, l’ultimo staffettista fu un giovanissimo Ron Clarke (nome da ricordare).

Nell’atletica leggera il dominio statunitense fu netto, delle 24 medaglie d’oro in palio, ne conquistarono15; c’è il pastore Robert Richards che vince la seconda olimpiade nel salto con l’asta.

Nel nuoto  l’Australia trionfa con i suoi ragazzi e ragazzine terribili. Il 1956 è un anno fondamentale nella storia di questo sport, l’anno della “rivoluzione”: gli australiani dimostrano che fino a quel momento si aveva una vaga conoscenza di quello che un uomo può nell’acqua.

E proprio a Melbourne l’Italia entra per la prima volta nell’elite mondiale del nuoto, mettendo un suo atleta nella finale dei 400 s.l, e piazzandosi settima nella finale della staffetta

Il risultato migliore,  quello che possiamo definire storico, l’otteniamo nel ciclismo dove, grazie ad un romagnolo dal fisico possente, vinciamo  tenendo finalmente fede alle nostre tradizioni la prova regina: quella su strada.

Protagonista di quell’impresa fu Ercole Baldini che, due anni dopo, vincerà il campionato del mondo su strada professionisti.

Non si può chiudere quest’Olimpiade senza un pensiero sull’Ungheria. Gli atleti magiari, com’è comprensibile, stretti nel loro dolore, nella rabbia, nell’angoscia di quanto accadeva in patria, non potettero ripetere la brillante prestazione di Helsinki ma, nonostante tutto, si piazzarono al quarto posto dopo USA, Russia ed Australia, un risultato di tutto onore.

Sabato otto dicembre ore 16,45 la XVI Olimpiade è terminata, sul tabellone luminoso appare la scritta “arrivederci a Roma”.

ROMA 1960

Un dolce tramonto di fine estate sta scendendo su Roma quando l’ultimo tedoforo fa il suo ingresso nello stadio Olimpico; con corsa leggera ed elegante compie il giro di pista iniziando poi a salire i 99 gradini che lo portano al grande tripode dove accenderà il fuoco dei XVII Giochi olimpici.

Il suo nome è Giancarlo Peris.

Solo per questo l’Olimpiade di Roma non si potrà dimenticare; Civitavecchia era  immersa nel silenzio, nell’emozione, tutti davanti al televisore: un suo figlio in quel momento, lassù in alto accanto al braciere, stava accendendo  il fuoco di Olimpia, in  ogni angolo del pianeta sarebbe giunta la sua immagine a noi tanto familiare.

I giochi di Roma meriterebbero un’attenzione che vada oltre ad una fugace escursione storica anche perché la partecipazione nostrana non si esaurisce nel più suggestivo gesto dell’Olimpiade,  un altro nostro concittadino  Giulio Saraudi, trovò modo di mettersi in mostra e fare onore a lui e alla nostra città,

ne parlerò dopo.

Mi piace iniziare il  racconto di questa straordinaria edizione con una curiosa analogia; la sindaca Raggi non fu la prima a rifiutare di ospitare i giochi nella città eterna, la cosa era accaduta già altre due volte, tanto che si temeva che una terza opportunità non ci sarebbe più stata, ma il fascino di Roma ebbe la meglio.

Nel congresso di Londra del 1904, Roma era stata incaricata di organizzare i giochi della IV Olimpiade: De Coubertin, dopo Atene, voleva Roma per simboleggiare l’unità di due civiltà a lui molto care, ma il sindaco Ernesto Nathan disse no, e la città perse la prima occasione.

La seconda si presentò dopo l’Olimpiade di Los Angeles; i giochi del 1936 erano già stati assegnati a Berlino, ma successivamente la nostra candidatura fu riproposta con l’appoggio sempre di De Coubertin. Il CONI stava già lavorando in quella direzione, le cose sembravano andare per il meglio, quando lo stesso Mussolini dette disposizioni per la rinuncia.

Perché? Politica e diplomazia. L’ambasciatore nipponico aveva espresso al duce  il desiderio del suo imperatore di ospitare i giochi in occasione dei festeggiamenti, per il 2.609 anniversario  della dinastia regnante.

Mussolini non ritenne assolutamente opportuno disgustare i suoi amici giapponesi ed i giochi furono assegnati a Tokyo, ma poi si sa come finì.

Dopo due rifiuti come pensare ancora a Roma? Ma, come dicevo, il fascino della città eterna, dei suoi monumenti, della sua bellezza, non poteva essere trascurato; quale altra città avrebbe potuto offrire alle Olimpiadi uno scenario come quello che la capitale prometteva? Il 16 giugno 1955 a Parigi alla terza votazione Roma ebbe la meglio su Losanna, e si apprestò da subito ad accogliere, nel modo migliore, i giochi della XVII Olimpiade.

Si iniziarono a costruire gli impianti, il Palazzo e il Palazzetto dello sport,  opere di audace architettura del Nervi, lo stadio Olimpico, il velodromo all’Eur; vennero ristrutturati lo stadio Flaminio e lo stadio dei Marmi. A nord della città, nel quartiere Flaminio, fu costruito il villaggio olimpico, 33 edifici dai due a cinque piani, 4.723 vani utili e 2960 destinati ai servizi, un complesso che al termine dei giochi divenne poi un quartiere residenziale; in seguito sorsero polemiche  per gli scadenti materiali edili usati.

Le olimpiadi romane si svolsero sotto la presidenza di Giovanni Gronchi, il giuramento fu fatto da un “vecchio” atleta ancora in grado di gareggiare: Adolfo Consolini.

Parteciparono 84 nazioni, 5.337 atleti di cui 651donne. 

Non ci fu nessuna defezione per motivi politici, la partecipazione più significativa fu quella dell’Africa nera, presente in massa (Etiopia, Ghana, Kenya, Liberia, Nigeria, Rhodesia, Sudan, Uganda e, per la prima volta, anche Marocco e Tunisia) assente ancora la Cina popolare, erano presenti gli atleti di Formosa che sfilarono senza bandiera, ma con un cartello recante la scritta: ”Under protest”.

Furono, quelle di Roma, olimpiadi d’incomparabile emotività e suggestione, dal volto umano, del sorriso, con gare avvincenti e personaggi indimenticabili; mi verrebbe da dire, senza togliere assolutamente nulla ai protagonisti, olimpiadi “casarecce” per  il clima e la semplicità con le quali furono vissute  da tutti , atleti compresi, che ci regalarono momenti ed immagini che ancora si ricordano con affetto immutato e, perché, no? con nostalgia.

Parlare delle olimpiadi romane  quindi significherebbe scrivere un libro ed allora ho scelto di fare come si fa – scusate, si faceva- quando si andava in vacanza e si voleva far partecipi parenti ed amici dei bei momenti vissuti, mandare delle cartoline: le cartoline dell’Olimpiade di Roma, che oltretutto rappresentarono una parentesi di distensione alle tensioni internazionali.

La prima cartolina  è proprio per la città eterna; le sue bellezze, gli splendidi scenari nei quali si disputarono alcune competizioni; la lotta, sul palcoscenico della basilica di Massenzio, la ginnastica alle Terme di Caracalla, i giochi equestri nella cornice di Piazza di Siena, la maratona che dopo aver percorso la zona dei fori imperiali si conclude sotto l’Arco di Costantino.  Era Quello che voleva De Coubertin.

Una cartolina la dedicò agli  Stati Uniti perché quella di Roma fu per loro  un’Olimpiade storica- sebbene al negativo-  in quanto  nell’atletica leggera vinsero il minor numero di medaglie d’oro, soltanto (!) nove, uscendo inaspettatamente sconfitti, per la prima volta, nelle gare veloci.

Di conseguenza la prossima cartolina va dovutamente al giovane tedesco Armin Hary, che oltre ad essere il primo europeo ad infrangere il predomino USA sui 100m, fu anche il primo a correre questa distanza nei fatidici 10” netti grazie alla eccezionale rapidità di reazione allo sparo dello start.

Una cartolina la devo necessariamente dedicare al mezzofondista belga Rger Moens, protagonista di una storia commovente.

Nella finale degli 800 m, si trova al comando nel rettilineo finale, dove non bisogna più voltarsi, viene preso dall’emozione  si volta a controllare la posizione degli avversari, lo fa una volta di troppo  e così facendo non si accorge che dal lato opposto, a dove si era girato, lo stava superando Peter Snell,  troppo tardi per recuperare; capisce che ha perso, si ferma, si inginocchia e si mette a piangere, lì sulla pista, quell’Olimpiade era il sogno della sua vita, il pubblico dell’Olimpico è tutto per lui.

La prossima cartolina è quella con immagini multiple: c’è  la pallanuoto con il mitico settebello che dopo aver sconfitto i russi pareggia con l’Ungheria (era un torneo finale a punti) con una rete all’ultimo minuto di Parmegiani. Accanto ai “fusti” della pallanuoto ecco gli esili ma robusti ciclisti che su sei gare ci regalano ben cinque medaglie d’oro, una d’argento e una di bronzo.  Con  loro i ginnasti che nella prova a squadre sono terzi dopo gli inarrivabili URSS e Giappone, inoltre Giovani Carminucci è secondo nelle parallele e Franco Menichelli terzo nel corpo libero.

Per completare questo collage dal predominante colore azzurro non posso non ricordare le cavalcate dei fratelli D’Inzeo che, nella affascinante cornice di piazza di Siena, ci regalano grandi soddisfazioni nella prova di salto ad ostacoli, conquistando, Raimondo il primo e Piero il secondo posto.

Nella prossima cartolina, purtroppo, c’è il ricordo di una tragedia;  un ciclista danese di  23 anni Knud Enemark Jensen, componente del quartetto impegnato nei 100 km a cronometro crolla a terra, per colpa si dice di un colpo di sole, rimane  inanimato, morirà un’ora dopo  all’ospedale S. Eugenio. Subito viene messo sotto accusa il periodo in cui si svolgono i giochi. Gli inglesi sono i  “più cattivi”, troppo caldo a Roma, nel mese di agosto per disputare le olimpiadi, sostenevano oltretutto che il clima avrebbe influito  negativamente sulle prestazioni tecniche (saranno costretti a rivedersi), tristemente dai referti e dal  rapporto medico emerse che il giovane danese, prima della partenza, aveva preso una dose eccessiva di eccitanti ed energetici.  Per quanto riguarda le prestazioni tecniche dirò che nell’atletica su 24 gare furono migliorati 16 primati olimpici ed altri tre eguagliati; nel nuoto su 15 gare, i record olimpici migliorati furono 14! ed uno eguagliato, rimane comunque sempre il dolore per il tragico evento, uno dei primi nello sport.

Cartolina stupenda  per il pugilato italiano che presenta la squadra più forte della storia olimpica; tre medaglie d’oro, Franco Musso nei piuma, Franco de Piccoli nei massimi e Nino Benvenuti nei welters; quest’ultimo  inoltre viene anche premiato come il pugile più tecnico di tutto il torneo.

Sempre per restare nel pugilato una cartolina che tutti i civitavecchiesi conservano gelosamente  tra i ricordi  è quella senza ombra di dubbio dedicata a Giulio Saraudi, protagonista assoluto di questo sport, che nella stessa categoria di Cassius Clay, i mediomassimi, conquista un brillante terzo posto ex equo con l’australiano Madigan.

Ma eccomi arrivato a spedire  le cartoline più belle, quelle che solitamente si mandavano alle persone più vicine, più care.

Inizio con quella di un giovane pugile statunitense,18 anni, alto 1,80 di altezza per 80 Kg, un fisico scolpito nell’acciaio, allora si chiamava Cassius Clay; trionfò con facilità assoluta nella sua categoria, i mediomassimi facendo chiaramente intravedere quello che  sarebbe divenuto in seguito: il pugile più forte di tutti i tempi? Forse, ma senza dubbio il più stupendo e forte, agile e veloce atleta salito sul ring.

La seconda cartolina speciale è ancora per un atleta di colore Wilma Rudholp che a Roma vincerà 100m, 200m e staffetta 4 x 100.

Nata a Nashville in una famiglia poverissima è la 20° di 22 figli; in tenera età,  a causa di una scarlattina combinata con una polmonite,  perse per quattro anni l’uso della gamba sinistra, tutta la famiglia, ogni giorno, le massaggia l’arto infortunato; diventerà una delle velociste più forti della storia  la regina dei giochi, l’atleta più ammirata, fotografata, corteggiata, si parlò anche di una tenera storia d’amore,  tra lei e Berruti (i due furono sorpresi a spasso per le vie di Roma mano per la mano).

La sua corsa, elegantissima, non temeva paragoni, per fluidità, leggerezza e potenza venne paragonata a quella di una gazzella, di un’antilope.

Smise di correre presto per dedicarsi proprio all’insegnamento dell’atletica ma purtroppo la sfortuna non aveva smesso di accanirsi contro di lei: morì nel 1994 a soli 54 anni per un tumore al cervello.

La prossima  cartolina ritrae Roma di notte ed  un uomo che corre  nelle sue vie, tra monumenti, piazze e fori verso l’arco di Costantino; si chiama Abeba Bikila, corre la maratona a piedi nudi, la stravince entrando nella leggenda dello sport anche perché sarà il primo africano a vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi. Anche lui, come vedremo, sarà vittima di un destino beffardo che lo colpisce proprio in quello che ha di più caro: le gambe.

Ed eccoci all’ultima cartolina,  il suo colore è azzurro e c’è ancora un uomo che corre, anzi …vola; vola sulla pista rossa, fino allora terra di conquista delle “ frecce nere” statunitensi; ma quel giorno no, quel giorno, come già avvenuto nei 100m,  c’è ancora un bianco europeo, italiano questa volta, a lasciarsele alle spalle.

Livio Berruti esce dalla curva già davanti a tutti, alcune colombe ferme sul prato si alzano in volo quando sta per tagliare il traguardo: primo italiano a vincere una corsa veloce.

L’Olimpico, Roma, l’ Italia esplode in  un boato di gioia, in un pianto  di commozione: non ci credete? Domandate a chi ha visto quella gara.

Le olimpiadi sono finite.

Resteranno nella storia dell’olimpismo come le più brillanti disputate fino a quel momento; Roma  aveva risposto a tutte le aspettative, città cordiale, simpatica, gioiosa, dalla quale in molti ripartiranno  portando via emozioni, immagini e….. dolci ricordi.

Anche le cartoline sono finite (meno male che erano gratis !), ma resta un post.

Un post dove è  ritratto un giovane atleta accanto al tripode,  che davanti agli occhi di tutto il mondo, accende il fuoco olimpico.

E un italiano, un civitavecchiese…. un ghettarolo.

STEFANO CERVARELLI