Il “nero” che incastrò i “rossi”
di ENRICO CIANCARINI ♦
Civitavecchia 1927
Dedicato a mio suocero, Giovanni Conti, già maresciallo maggiore aiutante dei Carabinieri.
Il Bollettino Ufficiale dei Carabinieri Reali del 31 ottobre 1927 registra la promozione da vicebrigadiere a brigadiere di Maggio Ronchey, appartenente alla Legione Roma, arma a cavallo, un avanzamento di grado per scelta dei superiori, non dettato da anzianità di servizio. Maggio ha solo ventidue anni, essendo nato l’8 maggio 1905.
Più avanti, nello stesso Bollettino, è pubblicato l’encomio solenne concesso dal Comando Generale dell’Arma a “RONCHEY Maggio, brigadiere a cavallo. – Per importanti risultati conseguiti in operazioni di servizio di carattere politico e riservato. – Civitavecchia, 24 luglio – 3 settembre 1927”.
Ricevere una promozione ed un encomio solenne per la stessa operazione non è così frequente.
Le poche righe trovate su quella pubblicazione, riprodotta su Internet dalla Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele di Roma, hanno acceso la mia curiosità e dato vita ad una ricerca storica svolta pressoché totalmente sulla rete. Le mie richieste al Museo e all’Archivio Storico dell’Arma, a cui è stata data cortese e sollecita risposta, non hanno apportato documentazione in merito al 1927.
Nelle mie precedenti ricerche sul movimento antifascista civitavecchiese avevo individuato il 1927 come l’anno in cui si registra la maggiore repressione a carico dei sovversivi della Città. Scrivevo nel sesto volume della Storia di Civitavecchia (2007, pag.139):
Nel settembre la polizia si attiva per stroncare un presunto risveglio dell’attività sovversiva in città, ritenuto molto pericoloso, arrestando 53 sospetti. Il 26 settembre ben 38 antifascisti sono condannati dalla Commissione provinciale al confino di polizia, per durate che variano dai due ai cinque anni. La motivazione è: “Antifascisti di Civitavecchia di varie correnti politiche, tra cui numerosi ex Arditi del Popolo, tengono riunioni, organizzano espatri clandestini, svolgono attività contraria al Regime”.
Ecco l’elenco dei condannati e il loro colore politico: Domenico Alocci (comunista), Bruno Anastasi (ardito del popolo, comunista), Giordano Bruno Anzuinelli (AdP ed anarchico), Ferdinando Biferali (AdP e comunista), Cesare Bomba (AdP, comunista), Salvatore Cima (AdP, comunista), Carlo Conti (AdP, anarchico), Sante De Felice (AdP, comunista), Alfredo Di Giovanni (AdP, comunista), Benedetto Fiorentini (anarchico), Antonio Fraticelli (AdP, anarchico), Otello Gargiullo (AdP, anarchico), Pietro Gorla (AdP, comunista), Giuseppe Iengo (comunista), Nicola Iengo (comunista), Angelo Leoni (AdP, comunista), Umberto Lini (AdP, anarchico), Galliano Lisoni (AdP, anarchico), Giglio Marrani (AdP, anarchico), Basilio Mecozzi (AdP, anarchico), Antonio Morra (AdP, comunista), Angelo Parigiani (socialista), Arduino Pierotti (AdP, comunista), Domenico Pierucci (AdP, comunista), Archimede Pucci (AdP, comunista), Corrado Reali (comunista), Cesare Ribuffi ( AdP, anarchico), Gioacchino Ribuffi (AdP, comunista), Silvio Ribuffi (comunista), Angelo Rinaldi (AdP, comunista), Clodoveo Sabatini (AdP, comunista), Augusto Salerni (AdP, anarchico), Menotti Salerni (AdP, anarchico), Settimio Salerni (AdP, anarchico), Ugo Tarantini (AdP, comunista), Fioravante Tassi (AdP, comunista), Amilcare Urbani (AdP, anarchico), Armando Zuccari (AdP, comunista).
Sono molti gli ex arditi del popolo, forse lo sono tutti. In qualche modo il battaglione civitavecchiese prosegue in clandestinità la sua attività, mettendosi a disposizione di qualche perseguitato politico, di cui non conosciamo il nome, che prova ad espatriare.
Il fascismo si appresta a festeggiare i primi cinque anni della sua “rivoluzione”. Esce ad ottobre 1927 il numero di Gerarchia rivista politica diretta da Benito Mussolini dedicato al V annuale della Marcia su Roma. Alcuni articoli sono dedicati alla lotta contro i sovversivi civitavecchiesi. Quello di Sante Ceccherini Le legioni toscane, l’articolo di Dino Perrone Compagni, La colonna Perrone:
Sono venuti a Civitavecchia a conflitto diverse volte fascisti e comunisti. Mi avvisano che i fascisti hanno arrestati novanta arditi del popolo che erano chiusi alla “Nona” con armi. Li hanno portati in piazza: Sono giunto dinanzi a loro: li ho guardati ed a altissima voce ho detto “Siano tutti fucilati”.
Un fulmine in un branco di pecore avrebbe fatto meno effetto. La pazienza dei fascisti ha raggiunto il limite massimo. Allora parlo. Sono tutti commossi ed invece che alla morte i novanta arditi del popolo sono stati accompagnati per ordine mio alle loro case. La voce della generosità fascista si è divulgata in un attimo per la città ed è stata la cessazione di conflitti e provocazioni. Civitavecchia è ormai italiana.
Il fascismo però non dimentica e ritorna a perseguire gli ex arditi del popolo: cinque anni dopo presenta un conto assai salato a chi “generosamente” non aveva fucilato il 29 ottobre del 1922.
Le date degli arresti e delle condanne di Civitavecchia combaciano con quelle indicate nell’encomio solenne del brigadiere Ronchey.
Dopo la promozione e l’encomio il giovane carabiniere Maggio è inviato pochi mesi dopo all’Accademia di Fanteria e Cavalleria di Modena per frequentarvi il corso speciale per la nomina ad ufficiale in s.p.e. È promosso sottotenente il 1 febbraio 1931. Inviato in Sicilia, destinato alla Legione di Palermo, dopo aver frequentato la Scuola centrale di Firenze ed esser stato promosso tenente. Da Palermo nel 1933 raggiunge la Legione di Catanzaro, che gli affida la Tenenza di Lagonegro dove rimane fino al 1940 quando è assegnato al Reggimento Carabinieri mobilitato, comandante di compagnia del III Battaglione inviato sul fronte greco-albanese. Qui trova la morte il 15/16 dicembre dello stesso anno in combattimento. Per la sua eroica e valorosa condotta gli è assegnata la medaglia d’oro al valor militare alla memoria con la seguente motivazione:
Magnifica figura di combattente, ardente di fede e di entusiasmo, comandante ardito ed energico di una compagnia carabinieri reali, impegnata in aspro combattimento notturno contro rilevanti forze nemiche, alla testa dei più audaci, si slanciava all’attacco di forte posizione e sotto il persistente tiro di armi automatiche, incurante del pericolo, ne snidava i difensori a colpi di bombe a mano. Ferito una prima volta ed invitato dal proprio superiore a recarsi al posto di medicazione, rifiutava ogni cura e, cosciente della critica situazione per la incombente grave minaccia nemica, si preoccupava soltanto della sorte dei dipendenti, e ritornava all’attacco per aprirsi un passaggio attraverso lo schieramento nemico, finché rimaneva nuovamente e mortalmente colpito da pallottola. Moribondo seguitava ad incitare i dipendenti ed inneggiava ripetutamente alla Patria, al Re, al Duce e all’Arma, spirando dopo atroci sofferenze, soddisfatto di aver potuto, col suo sacrificio, contribuire al successo dell’azione. Nobile esempio di elette virtù, di alti sentimenti militari e di consapevole spirito di sacrificio. Data concessione: R.D. 2 ottobre 1942.
A lui oggi è dedicata la via e la Caserma dei Carabinieri di Lagonegro, al cui interno è posta una lapide che ricorda la sua morte e la motivazione della medaglia.
Torniamo ora a quell’estate del 1927. Azzarderemo delle ipotesi e congetture, non abbiamo trovato documenti che riferiscono quale fu l’operato di Ronchey a Civitavecchia.
Immaginiamo che un mattino di fine luglio dal treno proveniente da Roma scenda in città un bel ragazzo o forse no, sbarca da un mercantile, si presenta come un marinaio, cerca lavoro nel porto.
Molti lo notano: è di pelle nera, allora la presenza di gente di colore non era comune nella nostra città Il ragazzo è infatti di origini africane: è nato a Staneyville (oggi Kisangani) l’8 maggio 1905. Il padre è Azzo Ronchey, militare italiano che per alcuni anni vive nello Stato Libero del Congo (colonia belga, oggi Repubblica Democratica del Congo), autore di un articolo sulla Rivista coloniale nel 1924 intitolato I Suhaeli, il Kishwocili e l’Oltre Giuba documento della sua familiarità con il continente africano. La madre è Iema Batetela Mirondia, figlia di un notabile del luogo, una pagina internet molto fantasiosa sulla Famiglia Ronchey addirittura la ricorda come la principessa Yema, figlia del Re del Congo.
Nelle forze armate del periodo fascista sono presenti anche se rari ufficiali di origine africana. Il più noto è il generale Domenico Mondelli, sulla cui figura Mauro Valeri ha pubblicato Il generale nero. Domenico Mondelli: bersagliere, aviatore, ardito (Roma, 2015). In una recensione del libro, uscita sul sito internet Il Corno d’Africa, Valeria Isacchini scrive:
Dopo essere uscito con ottimi risultati dalla Scuola Militare di Modena, ottiene subito un comando, il che, come fa notare Valeri, “scardina, o per lo meno contraddice, una regola […] che voleva che nessun militare bianco potesse sottostare agli ordini di un militare nero.” Tale “regola”, a quanto risulta, nelle Forze Armate dell’epoca non aveva valore, tant’è vero che Domenico Mondelli non è stato l’unico ufficiale di colore ad avere posizioni di comando, anche se la sua è stata certo la carriera in assoluto più brillante: “ciò che conta è l’amor patrio più che il colore della pelle, che, anzi, può essere un ulteriore elemento positivo”.
Parole che possono essere riservate anche per il tenente carabiniere Ronchey, originario del Congo.
Non sappiamo se a Civitavecchia Maggio adotta un’identità falsa o si presenta con le sue vere generalità. Il suo cognome è ben conosciuto a Civitavecchia: per anni Eugenio Ronchey è stato direttore generale della locale Cassa di Risparmio. La pagina internet confusa e fantasiosa che ricostruisce l’albero genealogico della Famiglia Ronchey li dichiara parenti perché anche il padre di Azzo, il nonno di Maggio, si chiama Eugenio, ma non ci sono altre evidenze che lo confermino.
La figlia del direttore Eugenio, Ada, nel 1906 sposa a Civitavecchia il tenente di vascello Carlo Vergara Caffarelli, in servizio presso la locale Capitaneria di Porto (su internet ci sono foto molto belle di Ada e di Carlo scattate nel porto di Civitavecchia), futuro comandante in capo del Corpo delle Capitanerie di Porto (1936). Negli anni Venti Carlo Vergara Caffarelli è a Roma, prima al Ministero della Marina, in seguito delle Comunicazioni, a capo della Direzione Generale della Marina Mercantile, e poi al Ministero delle Colonie, Ufficio della Marina Mercantile. Ruoli importanti e legati alla portualità, che potrebbero aver facilitato Maggio, se fossero parenti, ad inserirsi nella realtà portuale civitavecchiese.
Non sappiamo perciò come Maggio si presenti ai civitavecchiesi con cui entra in contatto ma in quei caldi mesi estivi il giovane carabiniere riesce ad introdursi celermente nella realtà sociale dei sovversivi civitavecchiesi, che non sospettano che un ragazzo di colore possa essere un infiltrato delle forze dell’ordine. Ricordiamo che fra il 1926 e il 1927 è costituita l’OVRA, la polizia segreta di Mussolini e non possiamo escludere che il carabiniere Ronchey ne sia un agente provocatore.
Il carabiniere trascorre a Civitavecchia solo 41 giorni ma i risultati conseguiti sono eccellenti: 53 sovversivi arrestati, di cui 38 inviati al confino di polizia. Alcuni vi resteranno pochi mesi, Menotti Salerni cinque anni. L’antifascismo civitavecchiese incassa una pesante sconfitta ma negli anni successivi riuscirà ad riorganizzarsi, subirà altri scacchi ma alla fine la vittoria sarà sua grazie alle bande partigiane che supporteranno gli Alleati nel 1944 nella liberazione di Civitavecchia e di altre località dell’Alto Lazio. Molti partigiani sono ex arditi e presenti nell’elenco dei confinati del 1927.
I superiori di Maggio sono entusiasti del giovane e lo premiano con un nuovo avanzamento di grado, la sua carriera è particolarmente veloce, in quattro anni passa da allievo carabiniere a brigadiere e per lui si stanno spalancando le porte dei corsi d’istruzione per diventare ufficiale.
Come avete potuto leggere, il mio articolo di concreto ha solo quelle due righe iniziali del bollettino ufficiale dei Carabinieri in cui si fa riferimento ad “operazioni di servizio di carattere politico e riservato”. Il resto sono ipotesi, supposizioni, suggestioni, dettate da coincidenze, piccoli indizi.
Permettetemi l’ultima suggestione: nella memoria collettiva e condivisa della nostra Comunità, soprattutto negli anziani, c’è il ricordo della “pantera nera”, un agente di polizia molto solerte e rigido addetto alla vigilanza e repressione dei sovversivi ed antifascisti della città. È ricordato in poche pubblicazioni, di sfuggita. Un’altra memoria meno diffusa identifica la “pantera nera” con un robusto sergente americano, ex pugile, addetto al posto di guardia all’entrata del porto semidistrutto nel 1944, ma è poco solida.
Allora azzardo una mia ipotesi: potrebbe essere che il poliziotto civitavecchiese attento guardiano degli antifascisti cittadini abbia ereditato il colorito soprannome dal carabiniere originario del Congo, che certamente aveva lasciato nei sovversivi di Civitavecchia forte e dolorosa impressione?
Nessun documentato a confermarlo, una personale suggestione e un esercizio di fantasia storica, in attesa che gli archivi un giorno restituiscano maggiori testimonianze di quella calda estate del 1927.
Niente di più.
ENRICO CIANCARINI
Articolo di ricca documentazione archivistica, che si legge come un giallo “noir” fin dall’inizio. La tua caparbietà nell’indagine ha dato ancora ottimi risultati. Considerata la ricchezza espressiva nel dare soprannomi da parte dei nostri nonni, anche io credo che fosse la ” pantera nera”!!!
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