Da un grande potere derivano grandi responsabilità.
di ROBERTO FIORENTINI ♦
Visto che mi accingo a parlare nuovamente del web, la citazione di Spiderman nel titolo ci sta tutta. Il potere che c’è dietro alla Rete, effettivamente, è molto grande ma la responsabilità , per ora, non è che si veda granchè. Per capire quanto è grande questo potere vi offro qualche dato: nel 2006 le cinque aziende con il maggior valore azionario al mondo erano , nell’ordine : EXXON MOBIL ( petrolio) GENERAL ELECTRIC ( energia) MICROSOFT ( software) CITIGROUP ( finanza) e BANK OF AMERICA. Quest’anno ( dopo circa 10 anni) sono, sempre nell’ordine: APPLE , ALPHABET ( cioè Google) , MICROSOFT, AMAZON e FACEBOOK. Aggiungiamo qualche dettaglio. Google ha una quota dell’88% della pubblicità sui motori di ricerca. Facebook ( che controlla Instagram, WhatsApp e Messenger) possiede il 77% del traffico ( e dei dati ) sui social network. Amazon ha una quota del 74% sulla vendita di libri on line. Colossi economici e – praticamente – monopolisti.
Dal web, con annessi e connessi, passa la gran parte della ricchezza del Mondo. Ed ormai anche dell’informazione. Studi molto accreditati sostengono che i social media ( Facebook e Twitter in particolare) siano diventati le fonti primarie di notizie e di informazione per moltissime persone ( e quindi moltissimi elettori ). Si è molto parlato dell’influenza dei social sulla Brexit e sull’elezione di Trump. In Italia il successo del Movimento Cinque Stelle ha chiarissime radici nell’uso sapiente, massiccio e professionale della Rete e dei social network. Da uno studio dell’eminente psicologo americano Michael Kosinski è nata Cambridge Analytica, società di ricerche che sta dietro il successo del “Leave “ nel referendum inglese sull’Europa ed ha aiutato Donald Trump a diventare presidente USA. Lo studioso ha elaborato una teoria sulla base della quale è possibile capire orientamento sessuale e politico, gusti e personalità di una persona, semplicemente dall’esame di 68 likes su Facebook, con una accuratezza che si è dimostrata superiore all’85%. E’ quindi possibile veicolare messaggi perfettamente profilati sull’utente di Facebook. Ciò che accade da tempo per la pubblicità , che sembra conoscere i nostri gusti ed interessi ( chi ha un profilo saprà benissimo di cosa parlo perché sarà quotidianamente raggiunto da innumerevoli post e banner su prodotti che lo interessano ) , sta già accadendo per la politica. Il potere economico, quello dell’informazione e quello della formazione del consenso rischiano di essere detenuti dalle stesse – pochissime – mani.
Tutti sanno che ormai “ l’ho letto su internet “ ha sostituito da tempo “ l’ho sentito in tv “. La differenza , però, la fanno le fonti dell’informazione. Di solito le informazioni in tv sono fornite da esperti ( giornalisti, professori universitari, scienziati, politici) e spesso avvengono nel corso di dibattiti in cui è favorito il pluralismo delle idee e il confronto. Le informazioni dei social , saltando a piè pari il fenomeno delle fake news e delle bufale costruite ad arte per scopi propagandistici, fenomeno certamente non minoritario e di cui ho già parlato su questo blog, scontano invece una grande approssimazione e superficialità. Tutti sono titolati a parlare di tutto, indipendentemente da quanto ne sappiano di quel determinato argomento. Il caso della cosiddetta campagna No Vax è , per me , emblematico. L’immediatezza dei social network crea un falso senso di uguaglianza e l’illusione di un ipocrita egualitarismo. Se io e te abbiamo un account Twitter e un profilo Facebook siamo uguali ed abbiamo lo stesso diritto a parlare di vaccini. Peccato che tu sia un immunologo di fama mondiale ed io un venditore di aspirapolveri. In questa epoca, moltissimi di quelli che usano internet, paradossalmente, danno per scontato che qualsiasi parere, qualsiasi notizia, qualsiasi post leggano su un determinato argomento sia ugualmente attendibile e degno di condivisione, indipendentemente da chi l’abbia prodotto. Un giornalista di primo piano ( un Mentana, per esempio) è titolare di un account come il mio o come quello di mia zia. Perché mai il suo parere dovrebbe essere più importante del mio, o di quello di mia zia? Gli esperti, nella piazza virtuale, non ci sono più. Perché non conta quello che sai ma quanti siano quelli che ti seguono. Pertanto lo studioso che ha dedicato una vita su un singolo tema è meno attendibile dell’influencer, che ha migliaia e migliaia di follower e – quindi – influenza il pubblico, promovendo se stesso, le sue idee ( o quelle di chi lo paga ) e, sottobanco, i brand , con pubblicità che un tempo sarebbero state definite sleali od ingannevoli. Niente è ingannevole, niente è sleale , niente è falso di ciò che è virale. Ciò che è virale è vero. Od almeno lo diventa. Ed un mondo in cui si possa plasmare persino la verità meriterebbe davvero una maggiore responsabilità da parte di chi può gestire questi miliardi di informazioni che , ogni giorno, rimbalzano in ogni dove.
ROBERTO FIORENTINI
Uno scenario agghiacciante, meno male che la temperatura è tropicale…battute a parte, la questione è serissima.
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Che tutto ciò sia un problema serio è indiscutibile, che sia necessario imparare a discernere fra le informazioni attendibili e quelle non attendibili, anche è indiscutibile, ma mi pare altrettanto indiscutibile che l’avere a disposizione una vastissima quantità di fonti non può non essere considerato una forma di garanzia democratica. Basta pensare alla possibilità di accedere alle fonti ufficiali sino ad ora negata. Ora posso verificare, leggendo il documento ufficiale, se il tale personaggio abbia mentito o detto la verità, se l’abbia detta completamente o abbia omesso parti più o meno sostanziali. Fino ad ora tutto ciò era negato. Ovvio che bisogna avere una certa preparazione per usare questi strumenti in modo corretto e per tutelarsi dai tentativi di plagio. Ma del resto, prima eravamo plagiati dal prete, dalla TV lottizzata, dalla parlantina dei politici nelle Tribune elettorali di Iader Iacobelli o dai giornali di confindustria o di partito e via dicendo. L’unico modo di garantire un livello accettabile di informazione è il moltiplicarsi delle fonti e la pratica della trasparenza, e in questo senso il nuovo mondo è davvero rivoluzionario. Rivoluzionario perchè tutti hanno accesso alle informazioni, siano esse commenti o documenti ufficiali. Certo, anche questo ha un prezzo, ma credo sia assolutamente affrontabile a fronte di un passato nel quale l’informazione era autoreferenziale e non verificabile. Importante in questo è la scuola, perchè ad essa è demandata gran parte della formazione degli uomini del domani, nel tempo moderno la scuola dovrà anche insegnare a comprendere come approcciare e considerare l’informazione.
Chi avrebbe ad esempio, dieci o quindici anni fa, potuto andarsi a leggere il “Trattato di Lisbona” o il “CETA” o lo statuto di Bankitalia? Lo avrebbero potuto fare solo i pochissimi addetti, i pochissimi in possesso dell’accesso alla fonte. Ora è possibile a tutti, non solo la rete ti da anche la possibilità di meglio comprendere poichè puoi verificare e confrontare altre fonti ed altre opinioni. Si è vero, c’è un problema di controllo degli strumenti, ma è proprio la natura di questi che ne garantisce la “libertà democratica”. Poi gli ignoranti e gli stolti ci sono ora come sempre.
Insomma dovremmo davvero rimpiangere il tempo dell’informazione detenuta dai pochi?
Mia madre votava repubblicano perchè “Ugo La Malfa parlava bene”, invece per mio nonno parlava bene Almirante. Non che fossero poco istruiti, anzi, ma non avendo strumento alcuno che l’unico canale televisivo dovevano, gioco forza, fidarsi di ciò che veniva detto. Riguardo poi gli esperti, oggi possiamo dire che spesso e volentieri neppure loro sono espressione di verità “unica”, spesso non sono d’accordo, come non lo sono medici, architetti ecc… Ma mentre prima dovevo scegliere a chi credere senza un criterio oggettivo, senza una motivazione formata ora posso invece verificare, confrontare e farmi una opinione “critica” nonostante il grande potere di Amazon o Google.
Allora sarebbe il caso di portare il discorso focalizzandolo all’interno del mondo della scuola. Domandiamoci come e se la scuola insegni il “senso critico” ai suoi studenti. E su questo invito al dibattito chi fra noi è insegnante.
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Che il web offra strumenti che prima non c’erano è innegabile. Come è innegabile che il consenso sia stato sempre, più o meno, manipolato. I problemi sono , però, 2 e questi sono indubbiamente inediti: la quantità di potere che è concentrata in pochissime mani e la possibilità di profilare sui singoli individui la pubblicità e la propaganda politica, scenari che non erano stati nemmeno immaginati da Orwell in 1984…
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Vero… tanto più che è una questione sovranazionale. orse un giorno ci sarà veramente un “orine internazionale”. Una sorta i governo mondiale o semi che prenderà possesso di queste tecnologie di queste piattaforme. Mi viene in mente un libro di Mario Soldati che lessi tantissimi anni fa. Il mondo era diviso in due, il nord ricco e sviluppato, il sud non sviluppato e governato da una sorta di dittatura di partito assoluto. Sarà così un giorno? Sarà il controllo di questi media che spingerà all’aggregazione bipolare del mondo? Ci saranno due Facebook e due Google? O ce ne sarà uno solo? E le banche in tutto questo? La storia ci racconta di Banche che spadroneggiavano nel nostro mondo occidentale arrivando a finanziare le guerre di entrambe i contendenti. Ora? Il potere delle banche scivola via dalle mani per passare a coloro che maneggiano le piattaforme multimediali? Parliamone tenendo a conto che la formazione dell’opinione pubblica è da sempre oggetto di attenzione ma in quanto strumento per raggiungere, alla fine, lo scopo del potere nelle sue varie forme, oggi come sempre. Ma se vogliamo discutere di questi nuovi protagonisti in chiave di influenze internazionali non possiamo farlo senza considerare il ruolo di organismi come il WTO. Insomma una bella guerra. O sono d’accordo?
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Casca a fagiolo la trasmissione che ho appena visto. A fronte della concentrazione delle informazioni si affacciano al mondo le o la (non ho ben capito) “block-chain” ed il “bit-coin”.
Il Giappone pare sia il primo stato ad acer in qualche modo regolato il bit-coin e consentito l’uso nella rete commerciale, grandi magazzini ecc.
A dire il vero non sono sicuro di aver ben capito, ma l’idea genitrice è quella di condividere fra tutti le informazioni che ora sono gestite da pochi, ovvero istituti bancari, gestori di piattaforme come Facebok ecc… Sicuramente Roberto Fiorentini su questo è più informato di me, ma certo credo sia, se pur qualcosa di “molto futuro”, un tema che è molto attinente all’articolo e che potrebbe accendere luci nuove e prospettive diverse. Il bit-coin, essendo una sorta di valuta extraterritoriale, sfuggirebbe ad ogni controllo tradizionale e, ammesso e non concesso che riesca ad avere un futuro, sarebbe davvero una rivoluzione da far impallidire tutte le altre.
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il futuro già ce l’ha … il rendimento dei bit coin ( per chi ci ha creduto ) è stato a TRE CIFRE in qualche anno… per capirci un bit coin valeva qualche anno fa 100 dollari , ora ne vale 3000
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Per curiosità sono andato a vedere come funziona… sono giunto in un sito nel quale si comprano e si vendono bit-coin ho visto la curva del cambio con l’euro… impressionante. Non mi posso permettere di comprare un bit-coin per provare.. 🙂
La domanda è: sarà l’ennesima bolla finanziaria o avrà un futuro? Le o il block-chain sradicheranno il sistema?
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