“PESCI, PESCATORI, PESCIVENDOLI E CONSUMATORI” DI GIORGIO CORATI – “Chi lo vò cotto, chi lo vò crudo”

di GIORGIO CORATI ♦

“Chi lo vò cotto, chi lo vò crudo”Il pesce? C’è “chi lo vò cotto e chi lo vò crudo”! Si tratta, né più né meno di una situazione che implica o che è alla base di una scelta. È come dire o bianco o nero, o amico o nemico; è schierarsi? Ognuno pensi e tragga le proprie conclusioni. Di fatto, una scelta può essere meditata o meno, felice o meno, sensata o meno, propria nel senso che origina dalle proprie intenzione e volontà o al contrario può essere indotta. Quanto altro ancora?

Con il pescato, “chi lo vò cotto, chi lo vò crudo” implica una scelta sostanzialmente connessa al gusto personale, anche se certamente è possibile pensare che chi lo vò crudo insegua anche una nuova modalità di consumo. Chi lo vò cotto è magari ancora sentimentalmente coinvolto da una qualche convenzione o consuetudine. In ogni caso, ciascuno legittimamente decide come soddisfare la propria curiosità prima e il proprio palato poi, quando intende porsi a testimone di buongusto nell’accertare la prelibatezza delle carni di un pesce, magari nostrano e legato ad una tradizione tipica.

Intorno al tema della cattura e al consumo alimentare di prodotti della pesca si assiste da più parti ad un crescente interesse pubblico. Eventi e manifestazioni vengono promossi da istituzioni pubbliche, talvolta private, ormai con una buona frequenza, segno questo, che non può passare inosservato, che evidentemente sta maturando sensibilmente l’interesse generale verso una risorsa alimentare, importante anche per le sue implicazioni di carattere sociale, economico ed ambientale.

Da tempo si assiste ad una ricerca di gusto del cibo, sostenuta anche dai media televisivi, che sembra abbia portato ad una maggiore sensibilizzazione dei consumatori verso nuove esperienze gustative. Certamente il consumatore ha acquisito una maggiore sensibilità, mostrandola nelle scelte di consumo.

La modernità a condotto a un maggior consumo di pesce “crudo” anche in termini di tipologia di pescato. C’è una ricerca della purezza del sapore, perché il gusto si è raffinato, c’è la ricerca di sapori originali, autentici, c’è tutto sommato la ricerca di un contatto con la natura, anche se, tuttavia, a volte sembra trattarsi di un comportamento che insegue una moda. D’altro canto, chi lo vò cotto, oltre a sperimentare nuove modalità di consumo, sta riscoprendo piatti tradizionali a base di pescato locale.

Pur ammiccando quando propone la modernità, il consumatore rimane tendenzialmente legato alla tradizione, anche se questa subisce inevitabilmente influssi e contaminazioni dall’esterno. Ciò che forse determina questa “alchimia” è un rinnovamento della cultura gastronomica che sostiene la dinamicità della tradizione nel tempo.

Un monito, semmai, può essere legato alla necessità della risorsa che è un bene comune, una risorsa di tutti, sulla quale la curiosità del consumatore dovrebbe procedere lungo la traiettoria dell’uso e del consumo sostenibili, in modo tale che anche in futuro la risorsa stessa possa continuare a suscitare interesse, curiosità e magari essere artefice del consolidamento di una comunità che si stringe intorno al suo bene.

GIORGIO CORATI

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