“AGORÀ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI – ‘O CIUCCIARIELLO
di STEFANO CERVARELLI ♦
Indubbiamente una rubrica che tratta argomenti sportivi non poteva non interessarsi del terzo scudetto, vinto, dopo trentatré anni, dal Napoli.
Come prima cosa mi piace rilevare come la Smorfia abbia, quasi completamente, avvolto nelle sue spire questo avvenimento; quella Smorfia che, proprio a Napoli, ha uno dei suoi caposaldi, arricchendosi del folclore di unire gesta, fatti, episodi, per non dire dei sogni, ai numeri.
Perché dico questo? Avete fatto caso come in questo avvenimento ricorra il numero tre? Terzo scudetto, dopo 33 anni, 3 anni dopo la morte di Maradona, e solo un cambio di calendario, avvenuto all’ultimo momento, ha impedito che questa vittoria arrivasse il 3 maggio! Pensate che a Napoli questa coincidenza sia passata inosservata?
Sulla vittoria della squadra partenopea, complice una vittoria largamente annunciata ed arrivata oltretutto con cinque turni di anticipo, non sono mancate le occasioni di svolgere profonde ed accurate analisi che hanno spaziato dal valore dei singoli giocatori, alle capacità del tecnico Luciano Spalletti, il quale, oltre a dare alla squadra senza dubbio il miglior gioco del campionato, è riuscito a tenerla sempre compatta, anche nei momenti, pochi per la verità, in cui sembrava che il sogno stesse allontanandosi. A Spalletti e ai suoi giocatori va dato il merito di aver costruito una squadra eccellente, proprio quando questa sembrava indebolita dalla partenza dello “scugnizzo” Insigne che alla squadra della sua città, al pubblico che lo aveva osannato, ha preferito i dollari statunitensi che, secondo me, sono un compenso ben oltre superiore alle sue effettive capacità.
Non va dimenticato naturalmente l’apporto calorosissimo, folcloristico, oltre ogni immaginazione, dei tifosi napoletani; ed proprio di un simbolo, probabilmente il più conosciuto, di questo folclore
che voglio parlare.
Un simbolo, entrato a pieno diritto nella tradizione napoletana, lo stemma, la mascotte sempre raffigurata, seppure con alterne fortune, sui vessilli azzurri dei tifosi: il ciuccio.
Oggi l’immagine del bistrattato quadrupede è talmente compromessa che evoca per i più significati sprezzanti: ignorante, zotico o caparbio senza motivo, cioè “Testone”; per di più la tradizione, il linguaggio popolare in un proverbio lo usa per dare di qualcuno un giudizio negativo: “Chi nasce asino non muore cavallo”.
La storia del Napoli sembra però fatta apposta per dimostrare il contrario; il terzo scudetto è anche la rivincita di questo simpatico animale, Ciuccio come lo chiamano sotto il Vesuvio.
Il legame tra il “Ciucciariello” e la società partenopea risale alle origini di questa quando il ciuccio fu capace di scalzare dallo stemma della società un poderoso destriero.
Il “Corsiero del sole” era un cavallo bianco, rampante, simbolo della città durante il Regno delle Due Sicilie; figurava il “Corsiero del sole” nel logo dell’ Associazione Calcio Napoli già nel 1926, l’anno cioè della fondazione.
In precedenza i calciatori dell’Internaples Foot-Ball Club, i pionieri del calcio nel capoluogo campano, erano “soprannominati” i Poulains” i puledri.
Devo dire che il simbolo del cavallo rampante era stato voluto dagli Svevi come simbolo dell’indomabilità e dell’impetuosità del popolo napoletano.
Ma questa indomabilità e questa impetuosità nel primo campionato nazionale (1926-1927) non trovarono riscontro, anzi fu una stagione disastrosa: 17 sconfitte su 18 partite e 1 solo pareggio. A questo punto diamo spazio alle cronache del tempo che dicono che un tifoso, esasperato dai quei risultati, si lasciò andare in un bar, urlando tra le risate dei presenti: ”Ma quale cavallo rampante?Sta squadra nostra me pare o ciuccio ‘e Fechella trentatré chiaie a coda fraceta”.
Nelle leggende popolari napoletane Fechella era un personaggio che per vivere raccoglieva fichi di notte per rivenderli di giorno; in questo lavoro si faceva aiutare da un vecchio asino così pieno di piaghe e di acciacchi con la coda in cancrena che a stento riusciva a camminare.
Il successo dell’espressione fu immediato, un asinello incerottato comparve sulle pagine di un giornale umoristico diffuso nelle edicole di tutta la città. A questo fervore di ilarità dilagante nella città non fu immune nemmeno la società calcistica che, nel 1927, decise di sostituire nello stemma la figura impetuosa del cavallo rampante con quella, docile, dell’asinello.
La docile bestia si rivelò subito un formidabile portafortuna. Nel 1930 il “ciuccio” in carne ed ossa fu portato allo stadio in occasione di un Napoli-Juventus; i napoletani perdevano 0-2, ma riuscirono con una storica rimonta in un insperato pareggio ( 2-2).
Al termine dell’incontro, all’asinello, addobbato con un bel nastro azzurro, venne fatto compiere un trionfale giro di campo, accompagnato da un cartello dove c’era scritto ”ciuccio fai tu”; fu però un momento di gloria passeggero.
Negli anni seguenti questa mascotte fu rimossa e dimenticata perché considerata un’immagine che squalificava il club: addirittura qualcosa di cui vergognarsi, quando nella stagione 1982-83 comparve sulla maglia del Napoli indossata dal grande Rund Kroll.
L’asinello resistette solo il tempo del girone di andata, prima di scomparire di nuovo: erano gli anni di Maradona.
Questo avvenne con il massimo dispiacere di chi invece si è sempre schierato dalla parte dell’asinello, difendendone la genesi goliardica che lo aveva caratterizzato, specchio anche di un popolo che, attraverso l’ironia, la comicità superava e supera i momenti più difficili, più duri, con l’orgoglio e la passionalità, unica, napoletana, un temperamento trasmesso anche alla squadra di calcio.
Del resto anche nella Bibbia l’asinello è simbolo di umiltà e laboriosità; la tradizione lo vuole presente nel presepe proprio dove i maestri di San Gregorio Armeno hanno già collocato, vicino a lui, Spalletti ed i suoi giocatori.
Sacro e profano in una città dove l’asino (almeno quello calcistico) vola per davvero: basta vedere in quante bandiere, striscioni, vessilli di ogni genere il mite ciuccio è riapparso: addobbato, questa volta, con un drappo tricolore.
STEFANO CERVARELLI
Grazie grazie grazie per questo splendido e colto tributo. Il mio animo è nerazzurro lo sai,ma Napoli è una mia terra d’elezione, i miei sono Campani.
"Mi piace""Mi piace"
La storia del Ciuccio è un capolavoro, che bella penna sei, Stefano!
"Mi piace""Mi piace"