Il governo Meloni: a chi dà a chi toglie
di SIMONETTA BISI ♦
Ci sono epoche tranquille, che sembrano contenere ciò che durerà per sempre, e ci sono epoche di cambiamento, che vedono sconvolgimenti che, in casi estremi, sembrano andare alle radici dell’umanità stessa (Karl Jaspers.).
Premessa
La nostra è chiaramente un’epoca di sconvolgimenti. Mentre la guerra infuria in Europa e il mondo misura il costo della pandemia più letale a memoria d’uomo, uno stato d’animo inquieto e preoccupato regna sulla terra. Dopo anni di turbolenze economiche, disordini sociali e instabilità politica, c’è la sensazione diffusa che il mondo sia stato gettato alla deriva – come una nave senza timone in una terribile tempesta.
Per una buona ragione. L’umanità subisce la convergenza di sfide diverse da qualsiasi altra nella sua storia. Il cambiamento climatico sta rapidamente alterando le condizioni di vita sul nostro pianeta. Le tensioni su Ucraina e Taiwan hanno riacceso lo spettro di un conflitto tra superpotenze nucleari. E gli sviluppi vertiginosi nell’intelligenza artificiale stanno sollevando serie preoccupazioni circa il rischio di una catastrofe globale indotta dall’IA.
Questa situazione va affrontata e governata. Ignorarne i rischi crescenti è il modo più sicuro per aggravarli.
Molti governi dei paesi occidentali stanno vivendo una stagione segnata da un ritorno al passato, come dimostrato dal largo successo ottenuto dalla destra radicale e/o a guida sovranista (vedi N.P R. Porro, “Giorgia e i suoi fratelli. Venti di destra sullo stato sociale” spazioliberoblog.)
In Italia, come si sa, per la prima volta ci troviamo con un governo di destra che deve però conciliare due anime distinte. Se è vero che FDI e Lega sono entrambi contro l’immigrazione con sfumature razziste coperte malamente, diverso è il loro approccio all’economia e al welfare. La Meloni tende ad avocare a sé l’ultima parola in ogni decisione (la proposta presidenzialistica è in perfetta sintonia) ma non può scontentare la componente leghista che tende a una visione liberista (riduzione delle tasse per le imprese e per i cittadini, semplificazione delle regole fiscali e burocratiche, privatizzazione di alcune aziende pubbliche), non del tutto compatibile con quella di una leader cresciuta nel MSI e ispirata alla cosiddetta “destra sociale”. Quest’ultima è incline all’idea un welfare “sostenibile”, non troppo oneroso per lo Stato ma che garantisca servizi essenziali come la sanità e l’istruzione e tuteli i lavoratori e i cittadini più deboli, attraverso politiche sociali mirate e la creazione di posti di lavoro. Una visione condita di retorica sulla famiglia “regolare” che va aiutata per “dare figli alla patria”, di protezionismo a favore dei prodotti italiani, di malcelata insofferenza per le ricorrenze dissonanti quali il 25 aprile e il primo maggio, e di tante, troppe “voci dal sen fuggite” a molti dei suoi parlamentari.
Mi chiedo allora, un po’ ironicamente: riuscirà la Meloni a creare un’ibridazione tra la sua visione del mondo e quella della Lega? Accontenteranno tutti i loro votanti o rischieranno di perderli?
È presto per dirlo, ma qualche sintomo proviamo a cercarlo guardando a quanto è già avvenuto oppure è in procinto di esserlo.
Il ruolo dei nostri leader (i nostri governanti)
La narrazione
In sintesi, possiamo dire che la visione dominante nel governo tende a minimizzare le sfide che dobbiamo affrontare ed evita o tende a evitare interventi che possono infliggere “disagio” ai cittadini, in particolare ai loro elettori (p.e. chiudere i centri città alle macchine inquinanti, costruire termovalizzatori per i rifiuti, non condonare le case abusive, controllo del territorio, smantellamento e dismissione di fonti inquinanti ecc). Lo scenario panglossiano dipinto da questi nuovi ottimisti piace naturalmente ai difensori dello status quo. Se le cose stanno davvero migliorando, non c’è chiaramente bisogno di cambiamenti trasformativi per affrontare i problemi più urgenti del nostro tempo. Finché ci atteniamo al copione e manteniamo la nostra fede nelle qualità redentrici dell’ingegno umano e dell’innovazione tecnologica, tutti i nostri problemi alla fine si risolveranno da soli.
Eppure, è evidente l’implacabile assalto della crisi climatica che, con inondazioni improvvise, incendi, siccità, mette a rischio la nostra produzione agroalimentare. Così come il problema dell’immigrazione esasperato proprio dalle situazioni prodotte dal cambiamento climatico e dalle guerre.
Le opere
Allora, cosa fa il governo? Ricorre alla possibilità di dichiarare lo stato di emergenza, che semplifica anche l’emissione di decreti ad hoc. Lo hanno fatto per l’immigrazione e per il cambiamento climatico. Troppi i migranti che approdano sulle nostre coste? L’esecutivo proclama lo stato di emergenza e nomina, ovviamente, un commissario straordinario per l’emergenza. Non mi soffermo sui contenuti del cosiddetto decreto Cutro se non per sottolinearne un aspetto: anche in questo caso, invece di incrementarli vengono ridotti gli aiuti. Tra le principali misure adottate dal governo Meloni, infatti, ci sono la chiusura di alcuni centri di accoglienza per migranti, la ripresa delle espulsioni degli stranieri irregolari, la riduzione dei fondi destinati alla gestione dell’accoglienza, e la promozione di politiche di cooperazione con i paesi di origine e di transito dei migranti. Tralasciando la vergognosa guerra alle Ong a cui si impedisce di svolgere pienamente il loro compito con regole assurde quali: non più di un salvataggio in mare (e se lì vicino c’è un’altra barca che affonda? Lasciatela affondare), e l’approdo in un porto italiano il più lontano possibile da quello vicino…
Arriva il cataclisma in Emilia? Il governatore Bonaccini richiede doverosamente al governo lo stato di emergenza per far fronte all’immediato, ma poi? E per le altre zone a italiane a rischio?
Per un altro problema da affrontare, è stato nominato dal governo un commissario straordinario per costruire più velocemente opere contro la siccità (Nicola Dell’Acqua, direttore di Veneto Agricoltura, un ente della Regione Veneto).
Il lavoro
Anche in questo caso ci rifacciamo al decreto pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 5 maggio che, in sintesi, promette:
- Credito d’imposta alle imprese che assumono giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni, che abbiano terminato la formazione professionale e frequentino corsi di studio universitari o post-universitari. L’agevolazione consiste in una detrazione fiscale pari al 50% della retribuzione lorda dei nuovi assunti per un massimo di 12 mesi.
- Estensione del contratto a termine a 36 mesi, con la possibilità di proroga fino a 48 mesi, per le imprese che operano nei settori del turismo, del commercio, dei servizi e dell’agricoltura.
- Introduzione di un bonus occupazione per le imprese che assumono lavoratori disoccupati da almeno 6 mesi, con un importo pari a 2.000 euro per ogni nuovo assunto.
- Rafforzamento del contratto di apprendistato, con l’aumento dell’età massima per l’accesso al contratto stesso, l’eliminazione del limite di età per i disabili e l’estensione del contratto di apprendistato ai titolari di diploma di scuola secondaria di secondo grado.
- Incentivi alle imprese che investono in formazione e sviluppo delle competenze dei propri dipendenti.
- nuove regole in materia di lavoro agile e smart working, la semplificazione delle procedure per l’assunzione di personale pubblico, e misure di sostegno al lavoro autonomo e alle nuove attività imprenditoriali.
Le misure si rivolgono soprattutto alle imprese, concedendo ampiamente possibilità di contratti a termine, aiuti economici e sgravi fiscali. Contratti a termine e voucher porteranno a una ulteriore precarizzazione del lavoro.
Nell’insieme un bel pacchetto di soldi da spendere. Mi sono chiesta: da dove prenderanno i soldi, visto che diminuiranno le entrate fiscali? Come scrive in vari articoli su Repubblica Valentina Conte, per coprire parte del decreto lavoro si fa cassa sulle pensioni, attingendo ai fondi destinati all’anticipo pensionistico (trenta milioni per l’Ape) e rivedendo al ribasso e senza arretrati l’adeguamento delle pensioni secondo scaglioni di reddito.
Si soddisfano così le platee elettorali delle partite Iva, ben più corpose e attente su chi convenga loro votare di quelli che si arrabattano per sopravvivere (vedi la proroga per gli stabilimenti balneari nonostante la contrarietà dell’Europa). Ed è a loro soprattutto che si è rivolta la Presidente quando ha detto: “Darò maggiori garanzie contro un Fisco che troppo spesso è sembrato vessatorio”.
Disuguaglianze e povertà:
La qualità di una società civile si verifica osservando come tratta i più vulnerabili. Civiltà significa libertà, dignità, appartenenza, verità, giustizia e, soprattutto, un’idea di società in grado di agire in modo civile.
Lasciamo ora le imprese e guardiamo a chi un lavoro non ce l’ha, a chi è fragile e vulnerabile, alle famiglie con figli, ai senza casa, alle persone sole, ai migranti.
Certo, il reddito di cittadinanza doveva essere migliorato, invece ne è stata fatta tabula rasa. Rimando alle ultime decisioni che sembrano assurde sugli “occupabili”, alla riduzione degli assegni e alla mancanza di concretezza sui percorsi formativi che promuovano lavori in linea con le richieste delle nuove tecnologie. Il taglio al cuneo fiscale secondo molti esperti, non influenzerà che marginalmente sui redditi e sull’occupazione.
Sicurezza
Una premessa è ovvia ma va ribadita. La sicurezza rappresenta un valore importante per ogni società, e la sua tutela richiede l’adozione di politiche e strumenti adeguati, che tengano conto delle esigenze e dei diritti di tutti i cittadini.
Anche se in termini generali, quindi approssimativi e sintetici, possiamo evidenziare il differente approccio al tema secondo l’orientamento politico dei governi. Per governi conservatori e di destra la sicurezza rappresenta un valore fondamentale da tutelare, sia a livello personale che collettivo, e viene spesso associata alla difesa dell’ordine pubblico e alla lotta alla criminalità e all’immigrazione illegale. In questo contesto, le misure di sicurezza vengono spesso percepite come una priorità, e l’adozione di politiche restrittive o punitive viene giustificata in nome della protezione dei cittadini.
Se ricordiamo alcune delle misure adottate dal governo Meloni e altre per ora solo proposte, sarà facile trovare somiglianze con quanto scritto sopra. L’attenzione alla sicurezza, per esempio, si evince dall’aumento degli effettivi delle forze dell’ordine, con l’assunzione di 50.000 nuovi agenti di polizia, carabinieri e guardie di finanza e con la contestuale chiusura di alcuni centri di accoglienza per migranti irregolari. Completano il quadro l’introduzione di misure di prevenzione e contrasto al terrorismo, l’implementazione di nuove norme per la sorveglianza e il monitoraggio delle attività sospette e la creazione di un registro nazionale degli estremisti, nonché il potenziamento della videosorveglianza e delle tecnologie digitali per il controllo del territorio e la prevenzione dei reati.
Non vengono valorizzati la libertà individuale e i diritti umani mentre la sicurezza andrebbe accompagnata da politiche attive per l’inclusione sociale, la solidarietà e la giustizia. Dovrebbero essere perciò privilegiati interventi di prevenzione, educazione e sostegno ai gruppi più vulnerabili, con l’obiettivo di contrastare le cause profonde della criminalità e della violenza.
Sembra che il governo sia più interessato a punire i “rave party” e “terroristi ecologisti” che a operare per una politica inclusiva e che dia a ognuno la dignità di persona. Ricordo che per il decreto anti-rave che prevedeva pene fino a sei anni per partecipanti e promotori, fu necessario tornare indietro, ma la Meloni ha affermato di andarne fiera “perché l’Italia – dopo anni di governi che hanno chinato la testa di fronte all’illegalità – non sarà più maglia nera in tema di sicurezza”. Problema, insieme all’ecoterrorismo dei ragazzi di Ultima Generazione, ritenuto ben più grave di corruzione, abuso d’ufficio ed evasione fiscale.
Sono consapevole che ho molto sintetizzato e molto omesso, per non dilungarmi troppo, ma il lettore potrà controllare e implementare quanto ho scritto sulle politiche del governo Meloni, che continueremo a monitorare, nonostante i vari loro tentativi di “distrazione di massa”, vedi per esempio Ponte di Messina e presidenzialismo.
Mi piace chiudere con le parole di Michael Walzer, tratte dal suo ultimo libro: The Struggle for a Decent Politics, tr.it Che cosa significa essere liberale, Raffaello Cortina, 2023
“Credo nel concetto espresso dal mio amico Avishai Margalit nel suo La società decente: avere una società giusta è un’aspirazione molto alta. Dobbiamo quanto meno impegnarci a costruire una “società decente”. La politica odierna è invece sempre più indecente. Impregnata d’odio verso gli avversari e caratterizzata dal desiderio di prendere tutto e per sempre, cambiando le regole affinché poi nessun altro possa vincere ancora”.
SIMONETTA BISI
Grazie, Simonetta per il tuo articolo che tocca compiutamente tutti i temi politici che devono interessare noi cittadine/i.
Tu hai il pregio di rendere condivisibili temi politici molto complessi.
La “leggerezza” è un un tuo talento!
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