RUBRICA “BENI COMUNI”, 41. 1970 d.C.: brillanti prospettive delle acque termali a Civitavecchia
di FRANCESCO CORRENTI ♦
Nella premessa alla puntata numero 13 di questa rubrica (Luigi Maria Manzi? Stabilimento Traiano? No, grazie!), apparsa il 26 maggio 2022, poco meno di un anno fa, esordivo con una constatazione sconfortata:
“Credo di non aver trascurato occasione, in questi ultimi anni, per esprimere il mio disappunto e la mia addolorata delusione, nel vedere trascorrere i decenni senza che nel vasto comprensorio Terme Taurine, Ficoncella e Sant’Egidio, a monte di Civitavecchia, sulla ‘Strada della Tolfa’, si potesse cogliere qualche segno di attività vitale per valorizzare le risorse termali.” E aggiungevo: “Abbiamo assistito al ripetersi delle stesse situazioni paralizzanti di sempre: analoghi meccanismi, identici ostacoli, consuete rivalità e, come in altre occasioni, la presa in prestito di slogan la cui povertà intellettuale di comprensione era associata all’incapacità di proposizione.”
Al tema delle terme, su SpazioLiberoBlog, ho dedicato diversi articoli – oltre ad altri interventi ed iniziative in varie sedi –, a cominciare dalla puntata Beni comuni, 3. Acque e musei… del 18 gennaio 2022, subito seguita da Beni comuni, 4. In loco qui Taurina dicitur. Piano piano… del 25 gennaio, in cui era pubblicato – come documento del CDU (Catalogo Documenti Utili) – il testo delle Norme del PPA 1988-1990 e progetti termali (Verbale di consegna dell’area archeologica delle Terme Taurine, 12 maggio 1998). Riprenderò più avanti gli argomenti della quarta puntata, ma intanto completo l’elenco iniziato, ricordando l’ultima sul tema, quella pubblicata il 24 marzo u.s., ossia Beni comuni, 37. Terme e progetti di Alfiero: ipotesi d’istruttoria, nella quale ho preso spunto dalla proposta del caro amico e collega Antonini per riprendere le idee espresse nella pianificazione attuativa degli anni Novanta – peraltro, convalidate dal parere del Consiglio comunale – ed ho ribadito alcuni concetti che, a mio parere, restano fondamentali. Non vorrei, però, apparire troppo ancorato alle stesse, immutabili, idee.
Devo ammettere che in queste diverse puntate sul tema termale, i miei argomenti sono stati molto ripetitivi. In tutte, mi sono rifatto a documenti precedenti, in ognuno dei quali ne ho, infatti, “ripetuti” altri, miei o di “precursori”, in una catena piuttosto avvilente di corsi e ricorsi con la costante degli esiti inesorabilmente deludenti. La mia narrazione del progetto Manzi del 1885, infatti, altro non era che la trascrizione del mio intervento al dibattito “Civitavecchia città termale”, esposto nell’Aula consiliare il 24 gennaio 1985, a cento anni di distanza. Le parole di monito sulla necessità di evitare ulteriori “occasioni perdute” (in effetti, ricorrenti in tanti scritti) erano esattamente le stesse, per cui avevo terminato la puntata scrivendo: “E con queste parole avevo terminato il mio intervento del 1985, a quindici anni dalla mia relazione “ufficiale” alla tavola rotonda promossa dall’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo (ottimamente presieduta dal professor Maurizio Busnengo) e ad un secolo dai tentativi di Luigi Maria Manzi.” Mi rendo conto di avere costretto il lettore ad un esercizio mnemonico che potrebbe essere risultato, da una parte, alquanto noioso nelle sue reiterate citazioni e causa di confusione temporale, dall’altra. Non vorrei, addirittura, aver creato un effetto molto simile a quell’incertezza tra gioco grafico ed illusione ottica suscitata dalle assurde “acrobazie” architettoniche di certe notissime opere di Maurits Cornelis Escher (1898-1972) come Relatività, Casa di scale, Salita e discesa.
Opere, per usare le parole di Federica Pirani (Nell’occhio di Escher, catalogo della mostra ai Musei Capitolini, 22 ottobre 2004-23 gennaio 2005, Comune di Roma, Roma 2004), che “creano nell’osservatore un disorientamento spaziale e un senso di capogiro, dovuto alle ripide prospettive di gradini, antri e corridoi che si intersecano, analogo a quello che si prova dinanzi alle vertiginose e labirintiche vedute di Piranesi.”
Augurandomi di non essere giunto a tanto, sto perseverando nel diabolico meccanismo, spinto a ciò dalla lettera di elogio che il professor Maurizio Busnengo, Presidente dell’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Civitavecchia, ebbe la bontà di inviarmi il 26 febbraio 1970 e che ho ritrovata nel mio archivio informatico (ma l’originale è sicuramente nell’archivio cartaceo), allegata alla documentazione della Tavola rotonda Le acque termali di Civitavecchia: problemi e prospettive, Civitavecchia, organizzata per il 24 febbraio 1970 dall’Azienda. Per la precisione, c’è anche un’altra lettera dello stesso autore e con rinnovati ringraziamenti, datata 4 marzo 1970, con la quale mi veniva cortesemente inviata una fotografia della mia partecipazione alla Tavola rotonda. Ed è quella riprodotta nell’immagine di copertina mentre espongo il mio intervento, la terza, con alle spalle la planimetria della zona termale di Piano Regolatore, in giacca e cravatta, diversamente dalle altre due, di quegli stessi anni ma in abbigliamento meno formale. Proprio il particolare accento delle lodi espresse dal rimpianto professor Busnengo – di cui ho ricordato altre volte le benemerenze, sia di funzionario IACP sia di ottimo e attivissimo presidente AAST – mi ha spinto a verificare quale fossero le brillanti idee “meritevoli di ogni elogio” che avevo esposte nella mia relazione. Per capire, mezzo secolo dopo, con l’esperienza e le considerazioni di oggi, a 53 anni da quelle prime riflessioni sulle prospettive della città, quanto vi fosse di logico, di ragionevole, allora e di valido, in qualche modo ancora plausibile, oggi. E quindi, anche in questo caso, trascrivo la mia Relazione, come pubblicata in AAST, Atti della Tavola rotonda, Civitavecchia 1972, pp. 57-66.
Dott. Arch. Francesco Correnti
Capo ufficio urbanistico del Comune di Civitavecchia
La collocazione del nucleo termale nel piano urbanistico di zona
L’assenza del professor Del Vecchio (mio illustre professore di Igiene Edilizia all’Università) ci ha privato di un autorevole intervento sulle proprietà chimiche, fisiche e terapeutiche delle acque termali di Civitavecchia. Penso tuttavia, che – in ogni caso – qualsiasi elenco, per quanto completo, di tali proprietà, avrebbe tralasciato quella che, per i Civitavecchiesi, è senz’altro la più importante. Per tutti loro, infatti, la Ficoncella e le altre vicine sorgenti termali costituiscono, non solo il provato toccasana di molti (anzi, di tutti) i mali fisici che affliggono la povera umanità, ma rappresentano – insieme al porto – il rimedio sicuro per sanare i mali economici della loro città. Questo atteggiamento non deve far sorridere, perché testimonia una costanza ed una pazienza poste a dura prova e che solo una fede assoluta (e quindi con una forte componente di irrazionalità) che resiste da decenni, nella costante e sempre delusa attesa di una risurrezione, troppe volte e troppo puntualmente promessa, ancora oggi drammaticamente incerta, malgrado gli autorevoli auspici, gli innumerevoli discorsi, i tanti programmi. Quale «forestiero», anche se ormai legato da un’inspiegabile attrazione verso questa città, architettonicamente così fortunata a dispetto della passata bellezza, posso tentare di esaminare con obiettività quanto fondate siano – dal punto di vista urbanistico – le speranze riposte in queste acque che, bene o male, come ci assicurano illustri studiosi, hanno costituito la principale fonte di ricchezza delle popolazioni indigene, fin dall’età eneolitica.
Il P.R.G. ha accolto le aspirazioni cittadine ad una rinascita delle Terme, prevedendo in prossimità delle sorgenti un’area ad uso pubblico per stabilimenti di cura e attrezzature analoghe, salvaguardando con vincolo «non aedificandi» una zona di circa 35 ha intorno alle Terme Taurine e prevedendo una vasta estensione (200 ha) a zona Turistico-termale di tipo A. L’area destinata ad uso pubblico copre una superficie di quasi due ettari, ai quali va aggiunta la parte di proprietà comunale, non compresa nella delimitazione, in cui si trovano la sorgente della Ficoncella ed alcuni interessanti ruderi, che ovviamente è protetta da vincolo archeologico.
La zona vincolata delle Terme Taurine, distante in linea d’aria circa un chilometro dalla precedente, ed anch’essa in gran parte di proprietà comunale, comprende il più cospicuo complesso romano di Civitavecchia sopravvissuto alle distruzioni belliche (e pacifiche), recentemente restaurato dalla Soprintendenza alle belle arti dell’Etruria Meridionale. I futuri scavi dovrebbero portare alla luce altri importanti reperti. Nella zona restante, divisa in due parti all’incirca equivalenti dalla A16, il P.R.G. consente l’edificazione, con indice di fabbricabilità territoriale pari a 0,20 mc/mq, di costruzioni ad un solo piano, distanti tra loro non meno di 25 metri, con l’obbligo di piantagioni arboree nelle aree libere. Il Piano dispone, inoltre, che l’edificazione non potrà essere consentita se non dopo la redazione di un piano particolareggiato a carattere paesistico, anche di iniziativa privata, che dovrà essere conforme alle prescrizioni della legge urbanistica ed a quelle della legge 29 giugno 1939, n. 1497 e relativo regolamento.
Il decreto presidenziale di approvazione del P.R.G., infine, poiché gli scavi ed i rinvenimenti in atto impongono particolari cautele, ha disposto che queste norme venissero integrante della prescrizione che qualsiasi intervento sia subordinato al parere favorevole della Soprintendenza ai Monumenti per il Lazio. I problemi che la zona prevista dal P.R.G. presenta, quindi, sono di duplice natura: un primo aspetto, che costituisce lo scopo di questa tavola rotonda, riguarda lo sfruttamento delle acque termali; il secondo – a mio avviso, non meno importante per i rapporti ambientali col primo – concerne lo sviluppo edilizio e le sue caratteristiche. Per avere un’idea dell’ordine di grandezza di questo potenziale insediamento, basti considerare che nei limiti di cubatura imposti dal Piano, è possibile realizzare un nucleo residenziale di almeno 4000 abitanti. Appare evidente l’importanza e l’urgenza di una precisa presa di posizione da parte della Pubblica Amministrazione, che non deve – in questo, come in altri settori fondamentali dell’urbanistica cittadina – procrastinare le sue scelte, soprattutto in vista di già manifestatesi volontà di intervento privato, che vanno incoraggiate, ma anche fermamente indirizzate.
In questo senso, l’Ufficio comunale che oggi rappresento intende inserirsi attivamente nella vita della città, con la massima apertura di idee da una parte, con chiari i programmi ed obiettivi dell’altra, tentando di aprire mantenere vivo un dialogo con la cittadinanza, per portarla ad essere consapevole dei suoi diritti e dei suoi doveri, per renderla cosciente dei problemi connessi all’assetto urbanistico, per promuovere – con mostre, conferenze e dibattiti – una partecipazione democratica, oggi ancora legata ai contingenti interessi dei singoli.
Passando ora dalle prescrizioni di zona al più ampio quadro del Piano Regolatore cittadino, è possibile riscontrare che la zona turistico-termale trova, nell’impostazione dello strumento urbanistico, dei validi motivi di sviluppo ed il sostegno di adeguate infrastrutture di servizio.
Oggi, l’unico collegamento è costituito da quella Via Terme di Traiano, risalente al II secolo, che – dipartendosi della città di Centumcellae sulla direttrice del decumano massimo (quindi, praticamente, attestandosi al porto traianeo) – incrociava la Via Aurelia (il cui antico tracciato non doveva discostarsi da quello della «Variante» prevista del P.R.G.), costeggiava l’ampia villa imperiale del Colle del Belvedere e raggiungeva, finalmente, le Terme Taurine. Allora, una efficiente strada, che si staccava dalla Via Aurelia in prossimità dell’odierna zona dell’Uliveto, raggiunte le Terme Taurine, le collegata con il centro abitato di Aquae Tauri (nella zona oggi destinata agli stabilimenti termali), per proseguire, poi, verso Tarquinia. La situazione attuale, nel brullo paesaggio dei campi incolti e meno felice…
Necessaria premessa di qualsiasi programma per la zona, quindi, è l’attuazione della viabilità di P.R.G., senza la quale verrebbe a cadere la possibilità di valorizzazione, e della rete viaria interna, che dovrà essere indicata del piano particolareggiato. Il Piano Regolatore ha opportunamente inquadrato il complesso archeologico-termale alla confluenza ideale di due fondamentali itinerari turistici: quello parallelo alla costa, che fa capo alle zone archeologiche di Tarquinia e di Cerveteri, attraverso vari centri balneari intermedi; e l’altro, verso l’interno, che dovrà collegare Civitavecchia ai Monti della Tolfa e – vera e propria park-way – raggiungere l’itinerario dei laghi (Bracciano, Vico, Bolsena), attraverso l’auspicato parco archeologico di Luni, Barbarano e Blera. La presenza dell’innesto alla A16 di Civitavecchia Nord, proprio ai margini della zona termale, offre un ulteriore motivo di tranquillità sul suo inserimento territoriale.
Accertate, in tal modo, le necessarie premesse infrastrutturali, rimane ancora aperto il problema più arduo, riguardante i tempi e le modalità di attuazione del complesso termale, nonché le caratteristiche dell’insediamento circostante. Nelle intenzioni dei progettisti del P.R.G., l’ubicazione di un tale nucleo turistico-residenziale dovrebbe evidentemente assumere una funzione incentivante di sostegno alle iniziative comunali. Come mi ha confermato l’architetto Amaturo, redattore (con Piccinato e Di Cagno) del Piano, gli sviluppi possibili della zona potrebbero essere:
- teoricamente (diciamo pure, utopisticamente): insediamento di soggiorno turistico («seconda casa» in zona collinare, panoramica, con l’elemento di richiamo costituito da attrezzature per il tempo libero e lo sport, oltre che dagli stabilimenti termali);
- più realisticamente: centro residenziale lontano della città, nel verde, ma ben collegato alle zone di lavoro, non solo nel raggio di Civitavecchia, ma addirittura su scala più ampia.
È opportuno, a questo punto, per poter giungere a delle conclusioni, compiere una rapida verifica delle considerazioni fin qui fatte, tenendo presenti alcuni problemi a monte delle auspicabili iniziative locali, dalla cui soluzione il successo di tali iniziative dipende in gran parte. Non è, infatti, possibile prescindere dalla situazione più generale, nella quale l’intervento di settore dovrà inserirsi. Come è noto, tutti gli studi di pianificazione aventi per oggetto la regione laziale, pur partendo da diverse considerazioni per la definizione specifica dei criteri di attuazione, presentano alcune importanti convergenze, quali il riconoscere la necessità di affrontare unitariamente la programmazione per l’intero Alto Lazio e l’attribuire una funzione primaria, nello sviluppo di questo territorio, alla prevista superstrada Civitavecchia-Viterbo-Orte-Terni-Rieti.
I motivi di tali scelte primarie discendono dalla constatazione che questo comprensorio (e voglio sottolineare l’uso intenzionale di tale termine ad una scala così vasta per ribadire il concetto di unitarietà degli interventi), questo comprensorio, dunque, presenta nelle sue diverse zone caratteristiche complementari, oltre ad un comune stato di arretratezza economica. Non è qui il caso di richiamare le ben note cause d’ordine storico, politico e geografico che hanno portato all’attuale situazione. Basti ricordare l’isolamento topografico, in cui queste terre sono venute a trovarsi per tanti secoli, una volta cessata quell’unità politica che le legava ai territori della Toscana e dell’Umbria, per renderle periferiche propaggini di un sistema polarizzato su Roma.
La trama lasca degli insediamenti e la dilatazione del territorio suggeriscono un’economia estensiva, nel senso di considerare il territorio stesso in rapporto alle sue capacità produttive, ovviamente non proporzionali alle superfici; si tratta, cioè, di assumere le varie zone come masse ponderali, ove una rete efficiente di collegamento sdrammatizzi il fattore distanza. La trasformazione di alcuni centri, tra i quali Civitavecchia, in poli territoriali a forte potenziale, dovrà riequilibrare, in questo sistema di masse, il peso concentrato di Roma. La presenza della metropoli, in sostanza, che ha finora avuto conseguenze prevalentemente negative, quali, tra l’altro, il sensibile recesso demografico dei centri vicini, deve porsi, d’ora in avanti, come fattore positivo, alimentando alcuni settori di sviluppo, in particolare il turismo.
Come fenomeno economico, il turismo si pone in posizione primaria, nella soluzione dei problemi di sviluppo di una economia depressa, ove i bassi redditi sono tali, anche a causa della forte disoccupazione o della occupazione eccessiva di manodopera in settori scarsamente remunerativi. Si può ritenere che il fenomeno turistico possa portare all’Alto Lazio, esistendo in questa zona le necessarie premesse ambientali, un sostanziale miglioramento del benessere e costi più bassi che in altre attività. È provato, del resto, che dove si è affermato questo fenomeno economico, si è avuto un arresto dell’emigrazione ed uno stimolo alla creazione di locali attività imprenditoriali.
Ancora una volta, il problema a carattere prioritario è rappresentato dalla viabilità, cardine e direttrice di ogni attività su scala urbanistica. Occorre approfittare (e va anzi registrato un ritardo di alcuni anni) dell’alleggerimento dei traffici sulle strade statali che attraversano il territorio, in conseguenza alla creazione dell’Autostrada del Sole, per potenziare e qualificare la viabilità interna, renderla efficiente per le necessità locali ed evitare che la deviazione comporti solo conseguenze negative, acuendo ancor più l’isolamento e privando il territorio di quella fonte di reddito, sia pur modesta, che gli derivava dal flusso di transito. Una indagine sulle risorse economiche suscettibili di incremento porta a riconoscere nell’Alto Lazio alcune zone omogenee, ossia con una prevalente vocazione in un solo settore specifico. Trattandosi di un territorio con larghe aree depresse, occorre puntare su questi settori, che offrono maggiori garanzie, ed assumerli come primari nell’intervento sulle zone relative.
Esistono, poi, delle zone eterogenee, nelle quali le possibilità di sviluppo possono e devono orientarsi in più direzioni, peraltro sempre interdipendenti. Il territorio di Civitavecchia è, appunto, uno di questi e, fra tutti, quello che presenta le più interessanti capacità propulsive. Purtroppo, accanto alla scarsità di iniziative concrete, imputabili in parte ad un certo immobilismo locale, si deve lamentare la mancanza di coordinamento, non solo a livello esecutivo, ma anche – il che più grave – a livello di programmazione generale: tra le conseguenze più vistose che riguardano in particolare Civitavecchia, va ricordata la superflua realizzazione dell’autostrada A16 e l’ancora ipotetica sorte della Variante Aurelia prevista dal P.R.G., indispensabile asse dell’organizzazione urbana.
Una situazione analoga si è fino ad oggi verificata a scala interregionale, con la ritardata attuazione della superstrada trasversale, vero e proprio asse attrezzato del territorio, anche fisicamente capace di indicare la direttrice di sviluppo. Tale asse, che finalmente sembra avviato a soluzione, raccoglierà traffico locale specializzato: industriale, commerciale, turistico, di collegamento e smistamento. Esso verrà così ad inserirsi ed a caratterizzare la maglia esistente, che fin d’ora si presenta suscettibile di precise funzioni: il sistema viario trasversale, normale alla costa, sarà prevalentemente di servizio all’industria ed all’agricoltura; il sistema longitudinale, formato dalla viabilità discendente verso Roma, verrà a formare degli itinerari prevalentemente turistici, tipicizzati ciascuno da uno dei tre classici elementi di richiamo: mare, laghi, monti.
Da quanto detto, possiamo trovare conferma alle impostazioni del P.R.G. di Civitavecchia. A parte l’epoca degli stabilimenti balneari e del Grand Hotel delle Terme, la città è stata in passato caratterizzata da un turismo di transito. Tale caratteristica la conserverà, in gran parte, anche in futuro. Dato, infatti, per scontato che Civitavecchia non può aspirare nel territorio comunale ad un forte sviluppo del turismo marino-balneare, sia per la situazione della sua costa, sia per la vicinanza di centri già affermati, risulta evidente l’opportunità di inserirsi nel territorio con iniziative complementari. Il patrimonio di attrattive turistiche nell’Alto Lazio risulta ricco, vario e, spesso, assolutamente peculiare, specialmente per quanto riguarda le vestigia archeologiche e monumentali. Poiché il problema dello sviluppo di questo settore, così come è stato formulato in sedi autorevoli, deve prevedere:
- la valorizzazione del patrimonio storico, come fattore di avviamento di nuove correnti turistiche, mediante la creazione di parchi archeologici;
- la riorganizzazione dell’industria termale;
- l’attrezzatura di località di soggiorno;
- la creazione di centri turistici, di infrastrutture ed organizzazioni, per il completo ed unitario sviluppo del settore.
Civitavecchia dovrà programmare in questa prospettiva le sue potenzialità. In particolare, con attrezzature sportive e per il tempo libero, porticcioli per il turismo nautico, attrezzature ricettive connesse, potrà costituire un valido sussidio all’intervento nella zona termale. Le caratteristiche ed i tempi di questo intervento non sono, oggi, prevedibili con esattezza: l’importante, in questo momento, è dare avvio alle iniziative. Ma, soprattutto, occorre non dimenticare quella politica unitaria e coordinata nei vari settori che abbiamo ripetutamente invocato, perché le molteplici funzioni del comprensorio civitavecchiese non consentono procedimenti parziali. Così, l’importante questione del porto, il problema della zona industriale, gli sviluppi turistici e termali, trovano validità in un quadro unitario.
Non è, forse, troppo lontano il giorno in cui, dalle rinnovate Terme di Civitavecchia, potremo ripetere le parole di Plinio, quando, dalla bellissima villa di Traiano, «circondata da verdissimi campi, dominante sul mare», seguiva i lavori di costruzione del «nuovo, grandioso porto».
[Qui termino la trascrizione e lascio al lettore, se vorrà, il compito di esprimere un parere. In un prossimo futuro, visto il passato di brillanti prospettive, proverò a fare il punto finale della situazione, alla luce dei tanti indizi, ipotesi, antichità e memorie, con l’auspicio di ritrovare l’attendibile Astrologo Svizzero di padre Labat ed evitando di consultare veggenti, cartomanti e l’Uditorio dei Ciarlatani. Proporrò anche un sondaggio sul dilemma tra le Terme Taurine e le Terme di Traiano, che mi propone l’amico Flavio Martino, che sicuramente appassionerà la pubblica opinione ed i tantissimi dotti cultori della materia.]
FRANCESCO CORRENTI