ATENA Areopagita, MNRVA nel pantheon etrusco.
di PAOLA ANGELONI ♦
In risposta al tema posto da Carlo Alberto Falzetti nell’articolo “Atena l’Areopagita” io pongo alcune considerazioni in tema bioetico, consapevole che le scorciatoie possono essere pericolose.
Accolgo quindi il suo motto: una discussione deve poter apparire dialogo prima di essere “polemos”.
Con la portentosa immagine del pianoro dell’Acropoli sacra ad Atena, io considero il destino non più ineluttabile, aprendosi nuove frontiere in alcuni aspetti della condizione umana. Le biotecnologie mettono in discussione convinzioni, abitudini, idee di durata millenaria, quello che appariva imposto dalla necessità si trasforma ora in libertà di scelta, permettendo di avere un figlio da una madre surrogata, che ha dato il suo utero “in affitto”. Dobbiamo pertanto riformulare parametri mediante i quali si sono orientate le nostre generazioni: il ruolo della sessualità, le norme giuridiche che regolano i diritti del singolo e della famiglia e il sistema dei sentimenti che scandiscono momenti solenni dell’esistenza umana, quali il concepimento, la nascita, la maternità, la morte.
Ma cadono anche, con le biotecnologie, le barriere tra le specie. Ciò indigna il filosofo Hans Jonas ”Io reprimo il brivido metafisico che mi prende pensando all’orrore di ibridi umano animali”.
Sembra di vivere un antidestino e si pongono due questioni :-se quanto è tecnicamente possibile sia per ciò stesso lecito;- quali implicazioni comportano tali cambiamenti sui nostri modi di sentire.
Che dire, il deperimento dell’istituto familiare classico era già auspicato nelle grandi utopie filosofiche di Platone o di Campanella. Nelle Isole Marchesi, a Ivahoa, fino a quaranta anni fa il villaggio era strutturato con una grande Capanna al centro, centro di tutte le attività di relazione. In essa vivevano la Grande Madre (la donna anziana), le donne e i bambini : le donne erano le madri di tutti i bambini e i bambini erano i figli di tutte le donne.
Il problema per noi riguarda l’uso che si sarà capaci di fare di questa maggiore libertà.
Il problema riguarda anche l’etica pubblica, non più relegata nella sfera della morale privata.
L’ etica non riguarda solo la sfera dell’anima, ma quella della corporeità: noi siamo anche un corpo.
Per ritornare al dialogo, posto da Carlo Alberto, io sono convinta che, nella difesa ad oltranza delle proprie ragioni o dei propri dogmi, si tocchino livelli di radicalità tali da porci in aperto contrasto: più che il dialogo appare il “polemos”.
Ritorniamo all’Areopago e ad Atena: Atena non è solo polemos, ma sophrosyne, capacità di controllo, abilità nel dominarsi, sobria scelta dei mezzi per raggiungere i fini. Atena è maschile e femminile in una società di Narciso, con un Io frammentato ed un Super Io eclissato, dove i cambiamenti di ruolo, Uomo e Donna, Padre e Madre, configurano un’area di confusione in atto nei concetti stessi di società, moralità e identità. Si aggiunge la comunicazione mediatica che rende pubblici temi che sono di scelta privata. Ecco il polemos negli scoop svuotati di senso, con una totale indifferenza morale. La Madre ha acquistato centralità, ma a quale prezzo, in una società come spettacolo.
Atena ha duplice valenza, maschile e femminile, nasce dalla testa di Zeus: animus strabordante della donna attualmente-nelle relazioni e nella famiglia.
Le occorre una capacità di mediazione (desiderabile in ogni persona), che diventi un’ isola nella quale ritirarsi per “vedere” l’arcipelago intorno: pensiamo, ascoltiamoci, abbiamo fiducia nell’inconscio, per ritrovare nel proprio mondo interiore quei valori desueti, inattuali.
Ritorniamo ad Atena nei suoi aspetti maschile e femminile- è una immagine guida, idea archetipica e non intellettuale.
Atena (Minerva nel pantheon latino, e Mnrva in quello etrusco) è saggezza e guerra: come capacità di vedere e agire anche con adeguata aggressività per affrontare gli ostacoli.
Ma darsi tempo!
Avviare il dia-logo, recuperare energia. Differenziamoci da un collettivo invadente e distruttivo, ritroviamo il senso del nostro esistere.
Poi ritorniamo nella sfera del sociale e… trasformiamolo.
“ Ogni tensione antitetica urge verso uno sbocco,
da cui deriva il terzo. Nel terzo si risolve la tensione…” (Jung, 1940).
In memoria dell’analista junghiana Simonetta Putti.
PAOLA ANGELONI