RUBRICA “BENI COMUNI”, 39. SE CINQUECENTO SEMBRANO POCHI…
di FRANCESCO CORRENTI ♦
Se cinquecento sembrano pochi… Ma di cosa?! chiederà certamente il curioso lettore, e vedendo le immagini di copertina penserà probabilmente al Cinquecento (’500) come secolo, ovvero il XVI, a cui risale l’oggetto rappresentato sullo sfondo d’un notissimo disegno di mano di Antonio da Sangallo il Giovane. In effetti, la planimetria è il suo progetto di spurgo e ripristino dei fondali del Porticello o Mandracchio di Civitavecchia, il bacino interno che oggi è chiamato “Darsena romana”, del quale lo stesso disegno indica la sistemazione prevista. Una cinta fortificata, costituita da cortine rettilinee sui quattro lati con torrioni poligonali agli angoli, è posta intorno al bacino, il cui circuito è completato dai muraglioni della “Rocca vecchia”, massimo caposaldo difensivo alle cui tre estremità sono infatti posti i tre varchi di accesso: la “bocca” di comunicazione del bacino minore con quello principale (protetta sull’altro lato da una torre quadrata al termine della quarta cortina della nuova cinta); la “Porta Livorno” d’ingresso alla “terra”, munita di fossato, ponte levatoio e rastrello; la porta nella stessa cinta, a capo della banchina lato monte, protetta dal torrione cilindrico della Rocca (con qualche interferenza con quella che era allora la “Porta Corneto” delle cosiddette mura castellane).
Stiamo parlando dell’oggetto la cui fotografia, nella copertina, è posta appunto sulla pianta sangallesca, insieme ad altre immagini allusive della sua storia, della quale non parlo affatto, avendone scritto innumerevoli volte. Si tratta del “Mascherone in bronzo” ossia della “bitta per ormeggio” a testa di leone (o “protome leonina” a parlar forbito) con anello ornato da punta di diamante, proveniente dalla Darsena, unico (unico?! incredibile!) esemplare superstite, dopo i bombardamenti del 1943-44, dei dieci portati a Civitavecchia il 25 luglio 1515 da M° Jacopo Dell’Opera, per esser posti lungo la banchina di terra del Porticello, in onore del papa Leone X Medici, come da progetto di Antonio.
Che dispone, a circondare lo specchio d’acqua, quasi un centinaio di celle per magazzini (non ancora frigorifere), a ricordo di Centumcellae e degli edifici visti da Rutilio Namaziano, con un arsenale a dieci navate – o rimesse per le galere della flotta – e dieci nicchie semicircolari sulla calata di attracco, dove disporre le dieci teste di leone con gli anelloni medicei. Dieci leoni per Leone X. Numeri simbolici. Ma i 500 erano molto concreti. Perché in realtà 500 (cinquecento) erano i milioni di vecchie lire del valore assicurativo stimato quando, a settembre/ottobre del 2001 (pochi giorni dopo il tragico giorno 11!), abbiamo spedito il Mascherone, insieme ad altri preziosi cimeli e opere d’arte, al Museo Juan Bautista di Ishinomaki, prefettura di Miyagi, Giappone, per la mostra “1615, Il Viaggio, la missione Keichô alla scoperta dell’Europa” nel quadro delle manifestazioni di “Italia in Giappone 2001”.
Nella mia duplice situazione di ex dirigente comunale addetto ai beni culturali ed al patrimonio storico e di attuale ispettore onorario del Ministero della Cultura, ho doverosamente avvertito il sindaco avvocato Ernesto Tedesco, immediatamente partecipe e consapevole dell’importanza della questione, affinché richiedesse la restituzione di quella che è una delle opere d’arte di proprietà del Comune di maggior valore, che per misteriosi motivi giace, praticamente incustodita, in un locale aperto al pubblico dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Tirreno Centro Settentrionale. Sono stato io stesso, in anni ormai molto lontani, a firmare la presa in carico del Mascherone e di vari stemmi pontifici recuperati nel dopoguerra e sistemati da quando era stato istituito il Museo Nazionale nei sotterranei dello stesso. Come sono stato io stesso, con molte cautele e con imballaggi affidati a ditte specializzate, a trasportare il Mascherone nelle mostre a cui il nostro Comune ha partecipato, unitamente all’Autorità Portuale ed alla Provincia di Viterbo, nel 1998 all’Expo di Lisbona in Portogallo e poi al Salone internazionale dell’Antiquariato a Montecarlo e infine, appunto nel 2001, in Giappone. Al momento, come ho detto, il Mascherone è “appoggiato” sul suo supporto, in modo improprio, asimmetrico e senza ripari e protezioni di sorta, in un locale nei pressi della Sala conferenze dell’Autorità, “a portata di mano” di qualunque malintenzionato. Con gravissima leggerezza, mi risulta che sia stato addirittura spostato con “mezzi di fortuna” (fortunatamente senza danni apparenti), all’interno del porto. La sua restituzione è urgentissima e la Soprintendenza, debitamente informata, ha immediatamente condiviso l’iniziativa.
Volendo conoscere il valore attuale del Mascherone occorre rivalutare le Lire 500.000.000 (pari ad € 258.228,45) del 2001, moltiplicando tale importo per il coefficiente di quell’anno cioè per 1,311, arrivando a un valore pari a Lire 655.500.000 = Euro 327.750,00. La rivalutazione storica con indice basato sui prezzi al consumo porta ad un capitale rivalutato a febbraio 2023 di Lire 742.825.126 (€ 383.637,16). Insomma, mediamente, siamo sui 350 mila Euro. Una bella cifra, direi, letteralmente da non sottovalutare.
FRANCESCO CORRENTI