Avere un figlio biologico è un diritto?

di VALENTINA DI GENNARO

Il dibattito, di cui la destra di governo sta facendo un uso strumentale riguardo la maternità surrogata, merita di essere approfondito invece su diversi aspetti. Aspetti che non hanno nulla a che vedere con la decisione di ridurre i diritti civili delle bambine e dei bambini nati in famiglie omogenitoriali e a cui questo governo vieta la registrazione di entrambi i genitori. Con la sola discriminante di essere appartenenti alla comunità Lgbtq+a.

La pratica della gravidanza per altro, è ormai consolidata, strutturata e organizzata in molte democrazie occidentali.
Paesi a cui si rivolgono per la stragrande maggioranza coppie etero che non riescono a concepire naturalmente e vedono la pratica dell’adozione come un terreno non privo di insidie e sicuramente molto lungo.
Bisogna partire da un concetto.
È un diritto inalienabile avere un figlio biologicamente proprio anche quando la natura non lo permette?
Dall’alto del mio scalino privilegiato di donna cisgender eterosessuale e con due figli biologici all’attivo, partendo da me, potrei dire che è un accanimento che non comprendo. Da giovane donna incinta credevo che il grosso della mia maternità si sarebbe esaurito con il parto. Con l’allattamento al massimo. Non sapevo che la sfida della genitorialità, che non ti lascia mai, è piena di luce e di tante ombre e che inizia probabilmente il giorno in cui capisci che dovrai prenderti cura di questo essere che hai tra le mani. E che sarà anche adolescente!
Ma la nostra società, anche quella italiana, ha deciso che avere un figlio biologico quando la natura non lo concede è un diritto. Ci si sottopone a cure, analisi, pratiche come la fecondazione in utero, in vita, con la procreazione medicalmente assistita e con la diagnosi pre-impianto. Ricorderete il referendum sulla legge 40 e su come fosse altamente restrittiva.
La maternità surrogata in Italia è un reato.
Le obiezioni sollevate in questi giorni in fatto di etica, sia a destra che a sinistra riguardano ambiti diversi.
Sul mercimonio del proprio corpo.
In Italia, con la legge Merlin, sono stati chiusi i bordelli, rimane il reato di sfruttamento della prostituzione e ovviamente di induzione alla schiavitù al fine della prostituzione. Non è reato prostituirsi in modo consapevole, come scelta autonoma sul proprio corpo.
Una donna può scegliere che si guadagni con il proprio corpo e che lo si faccia sfruttando il concetto che per il maschio che paga la prestazione lei, il suo corpo, siano oggetti in vendita.
Esistono comitati, uno più attivo di tutti da anni, sul riconoscimento civile delle sex workers.
L’autodeterminazione della donna in fatto di poter fare e disfare sul proprio utero è materia ancora così dibattuta. Non si è concluso ancora adesso (anzi!) il dibattito sull’aborto, sulla vita in potenza, sul prodotto del concepimento e i diritti della persona gestante.
La faccenda si fa più complicata per la presenza di una gravidanza che si porta a termine e per l’esistenza quindi di un minore. Un minore però che ha già dei genitori intenzionali.
L’obiezione che ci si troverebbe davanti ad una schiavitù moderna, ad una forma di sfruttamento del ricco alla ricerca di un figlio biologico ai danni di povere donne fertili, credo sia superata. Superata dai numeri delle persone che ricorrono alla maternità surrogata, e anche da chi decide di essere una madre surrogata.
Escludere le donne dal pensiero etico sul proprio corpo, legiferando in modo proibitivo, significa escluderle dalla vita pubblica, relegarle al ruolo di colpevoli, peccatrici inconsapevoli.
La vera sfida è la regolamentazione.
In termini di leggi sul destino del proprio corpo sono sempre a favore di una legislazione leggera, che non vieti, ma regolamenti. Che non proibisca. Il proibizionismo alimenta solo fenomeni clandestini, non sicuri, sicuramente non gratuiti.
Che questo dibattito non ci allontani dall’attualità: il vero problema è la postura di questo governo riguardo il mondo minorile: bambini figli di famiglie omogenitoriali che non vedono appieno i loro diritti civili, bambini e bambine migranti non tutelati, bambini e bambini che rimangono nelle carceri con le madri. E la discriminazione verso le coppie omogenitoriali e verso tutta la comunità Lgbtq+a.
Tutto questo preoccuparsi per quello che succede nei nostri uteri, e così poca preoccupazione per i bambini nati.
VALENTINA DO GENNARO